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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.26 (1899) n.1330, 29 ottobre

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(1)

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA. FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XXVI ■ Voi, XXX

Domenica 29 Ottobre 1899

K . 1330

I Pimi E LI j m i SESIL PIUME

Non occorrono che due o tre settimane alla

riapertura del Parlamento e nulla accenna che

la nuova sessione possa acquistarsi davanti al

paese qualche merito o simpatia maggiore di

quanto ne hanno godute da molto tempo or­

mai le precedenti sessioni od anche legislature.

A parte l’azione del Governo che ancora

non sembra designata e sulla quale la stampa

ufficiosa dà notizie diverse ed anche contrad­

ditorie, non vi è nemmeno tra i singoli par- |

titi il sintomo di una vitalità che affidi a nu- :

trire qualche speranza.

Giorni sono era la

Tribuna

che con malin­

coniche considerazioni si sentiva costretta a ,

domandarsi : — esiste un partito liberale ? —

Ora è uno dei più eminenti uomini del partito |

radicale, che in un discorso che vorrebbe es­

sere conclusivo, è costretto ad usare la cir­

conlocuzione

partiti popolari

per dire qualche

cosa, almeno in apparenza, senza urtare nes­

suno. Domani, è da crederlo, parlerà qualche

Ministro e ripeterà 1’ ormai vecchio ritornello

che il Governo non vuol essere Governo di

partito, ma accetterà l’appoggio di qualunque

ami le istituzioni senza guardare su quali ban­

chi siede; e più tardi parlerà l’on. Sonnino,

il rappresentante più schietto dell’ opportuni­

smo e con forma più rude ancora dirà che i

governanti non devono avere principi e, se ne

hanno, non debbono esserne ossequienti.

Così dall’estremo settore di destra a quello

estremo di sinistra non vi è un partito, nè un

t>Tuppo del Parlamento italiano che abbia un

programma, che dica cosa vuole, che indichi

quale meta vuol raggiungere, che faccia sa­

pere al paese per qual motivo gli uomini che

si dicono appartenuti al partito_ od al gruppo

siano o dicano di esser concordi.

Non ostante le esperienze del passato, la vita

politica dell’Italia promette di essere e mante­

nersi ancora per chi sa quanto tempo, sterile,

apata, meschina; in u n i parola: negativa.

E molti si sorprendono di ciò e tentano di cer­

care in remoti motivi le cause di un fatto che

non solo toglie efficacia alla azione parlamen­

tare, ma addirittura toglie ad essa ogni con­

siderazione nella vita stessa del paese, il quale

comprende che a nulla serve che il Governo

passi dalle mani degli uni in quelle degli altri

dopo una lunga lotta politica ; gli

altri

sono

sempre poco o punto dissimili dagli

uni,

appena

salgono al potere. Eppure la causa di questo

stato di cose che intiSichisce la vita politica

italiana, e minaccia di avere in un avvenire

non lontano delle gravi conseguenze, perche

i partiti più vigorosi, clericali e socialisti, non

trovano resistenza; la causa, diciamo, di questo

stato di cose è pur troppo evidente e sta nel

sempre crescente distacco tra la vita politica

del parlamento e la vita economica del ¡paese.

Ornai da molto tempo andiamo ripetendo lo

stesso concetto, ma pur troppo non si o t t a ­

gono che platoniche adesioni : — quando di­

ciamo che il paese non comprende nè può com­

prendere le questioni politiche come

un fine

della vita parlamentare, mentre le comprende­

rebbe, le tollererebbe ed anzi ad esse si ap­

passionerebbe se i rappresentanti della na­

zione le considerassero come

un

_

m ezzo

per

! raggiungere un fine economico, incontriamo

molti che ci dicono che abbiamo ragione e che

la politica, come tale, non può essere fine a se

stessa. Ma all’ atto pratico gli uomini anche

eminenti, parlamentari si mostrano cosi indù

ferenti ai fini economici, che sembrano vivere

solamente delia politica per la politica, e fanno

di essa un fine per il quale dovrebbero essere

dalla moltitudine apprezzate, amate e sostenute

le istituzioni. E si ingannano evidentemente ;

colla stessa indifferenza colla quale essi nel

campo parlamentare abbandonano leggermente

quei concetti che sembravano essere il caposaldo

del loro programma di governo, le moltitudini,

j ad ogni momento disilluse sulle conseguenze

' invano attese di un mutamento di partito al Go­

verno, cominciano a non credere alla serietà

della vita politica, considerano il Parlamento

come disgiunto dalla vita della nazione, come

un corpo che abbia fine a se; ed allargando

la diffidenza che ispira questo modo con cui

funziona la rappresentanza del paese, diven­

tano disamorati ed indifferenti per le istitu­

zioni stesse.

Nella occasione dell’inaugurazione della pre­

sente legislatura, abbiamo rilevato in quanti

I successivi discorsi della Corona si era pro­

(2)

690

L’ E C O N O M I S T A

29 ottobre 1899

Da quanti anni non si parla della famosa

colonizzazione interna ?

Da quanti anni è sul tappeto la riforma

delle giurisdizioni amministrative ?

E che cosa ne è avvenuto del famoso pro­

getto di Rudinì sulla istituzione dei nuovi co­

muni rurali

?

Era una idea degna di studio ;

ma dopo quel primo progetto affrettatamente

compilato, si è mai compiaciuto l’autore di

esso di dire al paese che cosa pensa per otte­

nerne o migliorarne la attuazione ?

. E la imposta sulla entrata destinata ad ini­

ziare la riforma tributaria trovò propugna­

tori l’ on. Giolitti, l’ on. Sonnino ; ma che

cosa hanno fatto quei due uomini parlamentari

per rendere possibile 1’ attuazione di tale con­

cetto ?

Dove veramente — sebbene in silenzio — si

studiano e si attuano le riforme è al ministero

della Guerra; dove sembra si concentri tutta

la sapienza rinnovatrice dei Governi ; infatti

si assicura che tra poco gli ufficiali dell’eser­

cito avranno il colletto diritto come i carabi­

nieri, ed un pennacchietto nel kepi richiesto

da ragioni di estetica.

Ma gli altri Ministeri ? — Il progetto di legge

sul catasto probatorio, da quanti anni si tra­

scina ? — e la legge sulla riforma universita­

ria ? — e le modificazioni sulla imposta di ric­

chezza mobile ? E la abolizione delle quote mi­

nime della imposta fondiaria ? ecc. ecc.

In verità il paese dà prova di una grande

forza di coesione se rimane sufficientemente

ordinato non ostante tutte questo scialaquo di

promesse non mantenute, dì illusioni che si

convertono in delusioni, delle quali così lar­

gamente lo gratifica la vita politica a cui si

abbandona la rappresentanza nazionale.

Oh ! se si tratta di fare dei discorsi, di di­

scutere delle cose sulle quali più o meno tutti

saprebbero dire qualche serie di luoghi co­

muni, allora gli oratori non mancano e non

mancano nemmeno coloro che stanno a bocca

aperta ad udire ciò che tutti sanno; ma quando

si tra tta di studiare qualche problema impor­

tante, che implica gli interessi di tutto il paese

o di una parte di esso, allora le Camere sono

deserte, nessuno vuol far la fatica, non pure

di rendersi conto da sé delle questioni di cui

si tratta, ma nemmeno di leggere le relazioni

che qualche solitario uomo di coscienza ha

avuto la ingenuità di dettare con cura e con

passione.

E ripetiamo : fra poco si aprirà la nuova

sessione; — il Ministero farà leggere alla Co­

rona uno dei soliti discorsi dei quali ormai non

si critica che la forma, poiché alle promesse

che fa, poco si presta attenzione, poca es­

sendo la speranza che ispirano; tutta la vita

parlamentare si ridurrà a quel solito esame

superficiale dei bilanci, intorno ai quali i so­

liti oratori faranno i soliti discorsi elettorali;

e nulla di più vi è da attendersi.

E non può essere altrimenti. Le leggi im­

portanti non si compilano e non si fanno ap­

provare senza una lunga preparazione, e ve­

ramente non si vedono uomini politici che ab­

biano preparazione a leggi importanti, perché

ciascuno cambia di idee, di concetti, di prin­

cipi con troppa facilità. — E se qualcuno pre­

senta progetti di legge su argomenti impor­

tanti, quasi sempre sono compilati così affret­

tatamente che distolgono dallo studio e dalla

seria discussione.

Eppure troppi^ sono i sintomi dai quali ap­

pare che la nazione va sempre più perdendo

la fiducia che si possa ricavare dai suoi rap­

presentanti qualche cosa di buono, mentre pur

tanti sono i bisogni che occorrerebbe soddi­

sfare.

MOVIMENTO DEL COMMERCIO ITALIANO

N E L Q U I N Q U E N N I O 1 8 9 4 - 9 8

I.

Il commercio internazionale italiano nel quin­

quennio 1894-98 ha dato alla importazione le

seguenti entità:

1 8 9 4 .. . 1 8 9 5 .. .. 1 8 9 6 .. .. 1 8 9 7 .. .. 1898. . . . L. 1,094, 649,000 » 1,187,289,000 » 1,180, 173,000 » 1,191,599,000 » 1,413,335,000

Questo complesso però di movimento si

svolge nella sua maggiore entità in soli otto

paesi che hanno venduto nel 1894 circa 935

dei 1,094 milioni entrati in Italia.

Essi sono in ordine decrescenti :

Gran Brettagna. . . . L. 251,963,000

Germania... ... 140,096,000 F r a n c i a ... » 130,867,000 Austria Ungheria . . . » 115,403,000 Stati Uniti e Canadà . . » 107,352,000 Possedimenti inglesi dell’Asia » 74, 645*, 000 Russia... » 71,894,000 S v izzera...» 43,333,000

tutti gli altri paesi insieme non hanno venduto

che poco meno 160 milioni di nomi all’ Italia ;

e sei soli più di 10 milioni ciascuno cioè - il

Belgio (24.6 milioni), la Spagna (10.7 milioni)

la Turchia Europea e Bulgaria (12 milioni), la

China (13.5 milioni) l’ Egitto (21.1 milioni), la

Argentina (27.5 milioni). Le altre cifre per

conseguenza sono trascurabili.

All’ ultimo anno del quinquennio cioè al 1898

la importazione in Italia era rappresentata da

una cifra totale di 1.413 milioni così divisi per

i diversi paesi :

(3)

29 ottobre 1899

L’ E C O N O M I S T A

691

I primi 9 paesi elencati rappresentano in­

sieme oltre 1225 milioni dei 1413 della to­

tale importazione.

Ma tra il primo e

V

ultimo anno del quin­

quennio vi sono degli spostamenti di cui im­

porta tener conto.

La Gran Brettagna occupa sempre il primo

posto ; non ha partecipato all’ aumento, ma

distanzia sempre di una notevolissima cifra la

entità della importazione in Italia degli altri

singoli Stati ; nel primo anno del quinquennio

i suoi 252 milioni rappresentano il 23 per cento

circa del totale della nostra importazione ; —

nell’ ultimo anno i 254 milioni rappresentano

poco meno del 18 per cento della importazione

totale del 1898. Non assolutamente adunque,

ma relativamente la importazione della Gran

Brettagna è diminuita del 4 per cento circa.

La Russia che occupava il settimo posto con

71.8 milioni è salita al secondo con 188 mi-

liani, superando la Germania che aveva spe­

dito a noi 140 milioni e nel 1898 ne mandò 187.

— La Francia che nel 1894 veniva la terza

con 130 milioni, scende al sesto posto con soli

116, ed è sorpassata dagli Stati-Uniti che da

107 milioni salgono a 167, e dall’Austria-Un-

gheria che da 115 sale a 124 milioni

Entrano nel novero di importazioni in Italia

di qualche importanza la Romania e la China;

r una porta la sua cifra da 3.3 a 5.3 milioni,

1’ altra da 13.5 a 51.2 milioni. Invece perdono

qualche cifra i possedimenti inglesi dell’Asia

da 74 a 68 milioni, e la Svizzera da 43 a 39

milioni.

Ciò premesso cominciamo ad esaminare il

movimento commerciale della Gran Brettagna

che è il paese che manda all’Italia la mag­

giore quantità di merce.

Le cifre nel quinquennio furono le seguenti :

1894 milioni 251. 9 1897 milioni 223. u

1895 » 234.6 1898 » 253.8

1896 » 229.8

Sono adunque il primo e l’ ultimo anno che

hanno dato una cifra così rilevata; la media

del quinquennio è di 238.7 milioni.

La importazione della Gran Brettagna in

Italia si restringe principalmente a sette ca­

tegorie di cui qui sotto si discorre, ed hanno

dato in milioni nel quinquennio il seguente

movimento in milioni di lire;

II Categoria (.

generi coloniali, droghe e ta­ bacchi),

- 20.4 - 20.3 - 19.6 - 5.9 - 4.5 milioni.

Una diminuzione quindi di ben 16 milioni,

che rappresentano sopratutto una minore im­

portazione di

caffè

naturale (13 milioni), di

zucchero

di seconda classe (un milione), di

caccao

in grani (700,000 lire).

Ili Categoria (

Prodotti chimici, generi me­

dicinali, resine e profum erie),

dà nel quin­

quennio : - 13.6 - 13.2 • 17.3 - 15.4 - 20.3

milioni.

Le voci di maggiore traffico sono: La

soda

caustica impura

(1.7 milioni), il

solfato di

" rame

che da 5.7 milioni è salito ad una im­

portazione di 10.2 milioni ; i

generi medicinali

non nominati che da un quarto di milione

sono aumentati ad 1.8 milioni.

VI Categoria

(cotone),

offre nel quinquennio

una notevole diminuzione come lo mostrano le

seguenti cifre : - 16.2 - 16.7 - 9.8 - 11.2 - 7.8

milioni.

Ciò è dovuto principalmente al

cotone in

bioccoli e in massa

che fu introdotto dall’In­

ghilterra in misura decrescente da 3.3 a 1.9

milioni; ai

flati

che hanno diminuito di 300,000

lire; ai

tessuti

da 8 a 2.3 milioni.

VII Categoria

(lana),

offre poche variazioni ;

nel quinquennio si ebbe una entrata di 16.9 -

17.3 - 16.0 - 15.4 - 14.5 milioni.

Sono voci principali : le

lane pettinale tinte

che salirono da uno a quasi 4 milioni, - per

contro

\ filati di lana pettinata ritorti greggi

scesero da 2.7 a 0.8 milioni; i

tessuti dì lana pettinata

da 8.8 milioni scesero a 5.9 milioni ;

il rimanente o non ha importanza o come i

tappeti di lana o borra di lana da pavimenti,

rimasero intorno al milione.

XII Categoria (

minerali, metalli e loro la­

vori),

presenta una cifra importante, ma nel

complesso stazionaria ; 41.3 - 44.8 - 49.5 -

42.1 - 42.7 milioni sono le importazioni del

quinquennio.

Ecco le voci principali : i

rottami e scaglie di

ferro ed acciaio e la ghisa in pani

hanno dato

una importazione di 10.6 milioni nel 1894 e di 13

milioni nel 1898 ; le

lamiere di ferro

con pre­

ponderanza dì quelle della grossezza di meno

di mezzo millimetro da 1.5 a due milioni ; il

rame, ottone, bronzo

i pani, spranghe, tubi,

da 3.0 a 4.4 milioni; lo

stagno e l'antimonio

in pani da 1.4 ad un milione. Le

macchine

per la filatura

furono introdotte nel quin­

quennio per 3.4 - 3.2 - 3.4 - 2.6 - 1.2 mi­

lioni ; le

macchine da cucire

per 1.0 - 1.2 -

2.2 - 3.0 - 2.0 milioni; per quasi un milione

e mezzo le

parti di macchine.

XIII Categoria (

pietre, terre, vasellami e loro lavori),

le cifre totali si svolsero nel quinquen­

nio nella seguente misura 107.9 - 84.8 - 85.6

- 95.7 - 130.1 milioni.

Una sola voce però ha importanza in questa

categoria ed è il

carbón fossile,

di cui ecco le

quantità ed il valore nel quinquennio :

Anni Tonnellate Valore

1894.. .. 4,501,121 1895.. .. 4,149,545 1896.. .. 3,938,684 1897 __ 4,097,944 1898 __ 4,144,665 L. 105,776,000 » 82,991,000 » 82,713,000 » 94, 253,000 » 128,485,000

Come si vede la differenza del valore totale

dipende dalle oscillazioni del prezzo del car­

bone più che dalle oscillazioni delle quantità

importate.

XV. Categoria (

animali e loro prodotti)

si

hanno nel quinquennio 16.1 14.6 11.2

-13.1 - 12.4 milioni.

Meritano osservazione le seguenti voci : -

(4)

692 L ’ E C O N O M I S T A 29 ottobre 1899

primi tre anni del quinquennio salì a 3.4 e 2.5

milioni ; invece fi

acido stearico

che si impor­

tava nel 1894 per 2.2 milioni dall’ Inghilterra

scese a 230,000 lire, e poi a meno di 100,000 lire.

Da questo sguardo sommario attraverso le

principali merci che l’Italia importa dalla Gran

Brettagna risulta che oltre la metà della im­

portazione è costituita dal carbone fossile e

poi vengono i metalli e le macchine.

Diamo ora le cifre di tutte le categorie per

tutto il quinquennio (migliaia di lire) :

1894 1895 1896 1897 1898 I. 1.686 1. 124 850 1.020 1.071 II. 20.418 20. 351 19. 654 5. 981 4. 528 III. 13. 607 13.217 17.311 15. 422 20. 290 IY. 2. 318 3.340 3.155 3. 633 2.689 V. 2. 044 2. 039 2. 104 2.115 2. 344 VI. 16.224 16. 731 9. 850 112. 70 7 873 VII. 16. 936 17. 366 16. 029 15. 408 14. 505 V ili. 2. 215 1.917 1.514 1. 771 1. 566 IX. 1. 982 3. 255 2. 151 3.910 3. 254 X. 438 580 752 809 708 XI. 4. 498 5.127 5. 269 6. 045 4.430 XII. 41.312 44.817 49. 590 42.121 42. 763 XIII. 107. 904 84.865 85. 601 95. 717 130.164 XIV. 2. 307 2. 077 1.281 1.270 1.421 XV. 16.181 14. 678 11.257 13.105 12. 488 XVI. 1. 863 3.153 3. 521 3. 676 3. 786

LI SVILUPPI! DELLI ESPIMI UMILE SEBIICI

Da circa un lustro la Germania si trova in

un periodo di prosperità industriale e commer­

ciale come ne ha conosciuti pochi.

La maggior parte dei rami della produzione

nazionale hanno avuto successivamente la loro

parte in questo raddoppiamento di attività ; il

cui punto di partenza si è avuto sopratutto nella

industria mineraria e metallurgica. La politica

più liberale inaugurata dal conte di Oaprivi, i

trattati di commercio conclusi dal 1891 al 1894

con l’Austria, l’Italia, la Svizzera, il Belgio, la

Rumenia, la Serbia, la Russia, hanno contri­

buito al miglioramento coll’assicurare la sta­

bilità relativa delle tariffe doganali. I prezzi

delle materie prime, dei prodotti semilavo­

rati e finiti sono aumentati considerevolmente,

la mano d’opera è rincarita, immobilizzazioni

enormi hanno avuto luogo in seguito alla

costruzione di strade ferrate, di vie di inte­

resse secondario, di trams, in sèguito all’in­

grandimento delle antiche officine o dello sta­

bilimento di nuove fabbriche. Le ordinazioni

dallo Stato per le strade ferrate, per la guerra

e la marina, le ordinazioni della industria elet­

trica hanno dato ampiamente da lavorare. Gli

accordi tra produttori

(Kartette)

hanno soste­

nuto, poi fatto progredire i prezzi all’ interno,

mentre si continua a vendere meno caro ai-

fi estero. I bisogni della industria e del com­

mercio hanno esercitato una influenza sensi­

bile sul saggio dell’interesse, nello stesso tempo

che la legge sulle borse esigeva per gli affari

di borea somme maggiori come capitale d’eser­

cizio. Da due o tre anni il danaro è diventato

sensibilmente più caro in Germania e paralle­

lamente il corso dei fondi di Stato e dei va­

lori a reddito fisso è sceso da 7 a 10 per cento

se non più. Le città che godono di un credito

di prim’ ordine come Francoforte sul Meno non

trovano danaro che al 3 */? per cento, a sette

punti al disotto del pari ; il maggior numero

dei municipi che avevano già creato del 3 per

cento hanno dovuto tornare al 4 per cento ;

le società industriali non collocano le loro ob­

bligazioni che al 4 l/2 per cento.

Quanto tempo durerà ancora il movimento

ascensionale ? Si è già sorpassato il punto cul­

minante ?

È ben difficile di esprimere una opinione

sicura. Un fatto è certo, ed è che la Germa­

nia si è arricchita, che ha guadagnato non

poco e che spende più facilmente ai nostri

giorni. Anche i tedeschi si muovono con mag­

gior frequenza. D’altra parte si fa notare che

i sindacati mantenendo i prezzi assai alti, ren­

dono possibile la concorrenza dell’estero, così

è stato venduto del carbone inglese a Dortmund;

la grande fabbrica di locomotive Baldwin, a

Filadelfia, ha contrastato il campo all’aggiudi­

catario di una ordinazione di venti locomotive

fatta in Sassonia. L’industria dei ferri in Slesia

subisce urla diminuzione nella domanda russa

e per trovare un compenso dovrà rivolgersi

maggiormente al mercato indigeno, a occidente.

Comunque sia, anche se l’edificio è meno solido

del passato, i risultati acquisiti sono conside­

revoli. L’ aumento dei depositi nelle Casse di

risparmio in Prussia (dove lo Stato non si

serve dei depositi per acquistare rendita) è

stato di un miliardo di marchi in tre anni.

(5)

29 ottobre 1899 L’ E C O N O M I S T A 693

degli abitanti coltivavano la terra. L’aumento

della esportazione implica agli occhi del si­

gnor Oldenberg una dipendenza crescente dal­

l’estero e il prof. W agner mette in guardia

contro le variazioni, contro le fluttuazioni del

commercio internazionale. L’industria del paese

nel quale il suolo non basta più a nutrire gli

abitanti coi grani indigeni fa loro 1’ effetto di

un edifìcio di cui una parte è costruita senza

punti d’appoggio sufficienti.

Queste teorie alquanto reazionarie sono state

esaminate da Paolo Arndt, segretario aggiunto

della Camera di Commercio di Colonia in uno

studio sulle conseguenze economiche della tra ­

sformazione della Germania in Stato indu­

striale. Gli avversari dello sviluppo attuale

fanno osservare che la situazione d’ un paese

la cui industria è volta verso la esportazione

diventa difficile, se la sua clientela all’ estero

diminuisce e se questa clientela si mette a fab-

bricare per conto proprio. I vari Stati d’ Eu­

ropa e gli Stati Uniti si fanno una concorrenza

crescente. I paesi dell’ Estremo Oriente en­

trano in lizza alla lor volta (Giappone, Cina)

quali pericoli, quali minacele, si dice, per gli

operai stranieri ! Ma non bisogna dimenticare

che una parte di queste grida da Cassandra

sono state lanciate prima della grande ripresa

degli affari. In oltre la parte delle popolazioni

selvaggie dell’Africa e dei popoli semi civili

dell’Asia nel commercio tedesco è minore di

quello che si cerca di far credere. E’ una af­

fermazione che rammenta quella dei bimetal­

listi che si lamentano della difficoltà di com­

merciare coi paesi a tipo d’ argento. Del resto

non c’è mezzo di impedire la creazione di of­

ficine, di fabbriche di imprese nei paesi nuovi.

Se si esamina davvicino come si ripartisce

il commercio estero della Germania e si di­

vide F Europa in due gruppi, di cui uno com­

prende la Russia, l’Austria-Ungheria, gli Stati

dei Balcani; l’altro la Francia, l’ Inghilterra,

il Belgio, si constata che nel 1896 il primo

gruppo ha preso il 24.3 per cento della espor­

tazione tedesca; il secondo gruppo il 53.1 per

cento, ossia, insieme, il 77.4 per cento; del

22.6 per cento che rimane, gli Stati Uniti di

America hanno assorbito circa la metà. Quanto

alla importazione in Germania, essa proveniva

per 29.1 per cento dal primo gruppo, per 37.7

per cento dal secondo gruppo, per 12.8 per

cento dagli Stati Uniti.

Il principale acquirente delle merci tedesche

è F Inghilterra, che assorbe regolarmente un

quinto circa della esportazione tedesca (da 450

a 500 milioni di franchi l’anno). L’Arndt crede

che più dei tre quarti siano consumati nella

Inghilterra stessa e che 75 a 100 milioni di fran­

chi al massimo sono ries’L ortati . E’ portato a

questa opinione esaminando gli articoli espor­

tati dalla Germania per un valore superiore

a 12 milioni e mezzo di franchi : anilina, tes­

suti di cotone, spazzole, burro, ferro e lavori

in ferro, cromolitografie, filati, lavori in legno,

vestiti, cuoi e lavori in cuoio, carta, seta e sete­

rie, giocattoli, lane e lanerie, zinco, e da ultimo

il maggior articolo, lo zucchero, che rappresenta

circa la metà della esportazione tedesca.

Da una serie di prospetti che si trovano

nello studio dell’Arndt risulta che il commercio

esterno dei popoli si fa in parte maggiore fra

nazioni che sono in una condizione di relativa

eguaglianza dal punto di vista della civiltà. Il

commercio estero è la conseguenza di una spe­

cie di divisione del lavoro che ha effetti van­

taggiosi al pari di quelli dei vari rami della in­

dustria. E’ inutile di insistere su questo feno­

meno ben noto. L’ industria ha la tendenza a

specializzarsi specialmente per 1’ esportazione.

Se la filatura e anche la tessitura si svilup­

pano nei paesi lontani, per lungo tempo se non

per sempre sono le qualità inferiori che ver­

ranno fabbricate e lo sbocco delle merci di

qualità inferiore ha delle probabilità di au­

mentare. La capacità di consumo aumenta e

le vecchie contrade industriali possono profit­

tarne. Gli utili vi avranno però la tendenza a

diminuire come il saggio dell’ interesse ha avuto

per lungo tempo la tendenza al ribasso. La

retribuzione del lavoro non è diminuita e i

salari sono aumentati.

Vi son forse da temere per la Germania le

conseguenze di un eccesso di popolazione? Quale

sarà la situazione il giorno in cui non le sarà

possibile di procurarsi cereali all’estero? E’

questa una ipotesi poco verosimile. La produ­

zione della carne si è sviluppata, essa può sod­

disfare i bisogni del consumo, mentre quella

del frumento e della segale non basta più.

Non sarebbe impossibile di aumentare il pro­

dotto per ettaro. Tredici milioni di ettari in

media sono seminati. L’ idea di una carestia

cronica, come quella di cui si minaccia il paese,

non è seria. Se si giungesse all’ isolamento

sognato da taluni, alla famosa indipendenza

dall’estero, la messa in coltura delle terre meno

fertili porterebbe a spese considerevoli, e fa­

rebbe aumentare il prezzo del grano fuori di

proporzione con i mezzi degli operai. Questi

sono del resto già tassati a profitto dei pro­

prietari fondiari ; la ripercussione dei tre mar­

chi e mezzo del dazio di entrata si fa sentire

specialmente negli anni di carestia.

(6)

6 9 4 L ’ E C O N O M I S T A

29 ottobre 1899

e s is te n z a a t t r a g g o n o s e m p r e p iù le g io v a n i g e n e r a z i o n i; il s e rv iz io o b b lig a to r io c o n t r i ­ b u is c e d a u n la to a d is to g lie r e i fig li d i c o n ­ la d in i d a l t o r n a r e a l v illa g g io . L ’ H e lf f e r ic h n o n è in q u ie to p e r l’ a v v e n ir e , c o m e lo so n o il W a g n e r e l ’ O ld e n b e rg . S e i p a e s i n u o v i c h e s o n o o g g i _i g r a n d i c o n c o r r e n ti d e ll’ E u r o p a p e r la p r o d u z io n e a g r ic o la , si p o p o la n o di p iù e si danno_ m a g g io r m e n te a lla in d u s t r ia , in m o d o d a d im i n u ir e g li s b o c c h i d e i p a e s i m a ­ n i f a t t u r i e r i , se n o n è im p o s sib ile c h e la im ­ p o r ta z io n e a g r ic o la d im in u is c a , 1’ H e lf f e r ic h v e d e u n c o m p e n s o e v e n tu a le in u n r i t o r n o a ll a g r i c o l t u r a in E u r o p a , in u n a d o m a n d a m a g g io r e d i b r a c c ia p e r le c a m p a g n e . M a s o n q u e s te , in d u b b ia m e n te , e v e n t u a l i t à a n c o r a lo n ta n e .

LA RIFORMA DEI TRIBUTI LOCALI"

XVIII.

La riforma tributaria nei grandi centri.

E certo ardua cosa lo stabilire ora con precisione gli effetti.d i una qualsiasi riform a tributaria sui grandi centri urbani. Lo sviluppo delle città è così vario, le tendenze econom iche che vi si manifestano sono spesso così differenti, i bisogni medesimi assumono intensità e distinzioni tanto diverse, che l'effetto pro­ babile di una riform a in un dato centro urbano può divenire assai im probabile in un altro. Niuno po­ trebbe prevedere le conseguenze di cui sarebbe fer­ tile la municipalizzazione di certi servizi, se cotesto m etodo dovesse avere prevalenza, perchè si può ri­ tenere a priori che esse non sarebbero dappertutto le m edesim e. L e funzioni degli enti locali non sono nem m eno esse rigidam ente determ inate e le trasfor­ m azioni della vita collettiva involgono indubbiam ente altre modificazioni nel governo delle città, specie dei grandi centri soggetti a tante e svariate influenze, di­ pendenti dalla loro posizione territoriale, dallo svi­ luppo delle industrie, dalle condizioni igieniche e via dicendo.

Ad ogni modo, partendo dallo stato di fatto, il prof. Conigliani pensa che il cardine della riform a tributaria per i grandi contri sia la separazione am ­ m inistrativa di quelli, alm eno p er gli scopi della tas­ sazione, dal territorio di carattere rurale che li c ir­ conda. Al di là di certi confini attorno a quei centri urbani, vengono a perdersi tutte le caratteristiche econom iche e sociali che richiedono una conform a­ zione del sistem a tributario locale affatto differente da quella che la giustizia vuole applicata nei piccoli centri e nei Com uni rurali. Al di là di quei con­ fini m ateriali del vero centro urbano, può m ancare ogni giustificazione alla imposta com plem entare sul reddito, e certo non si giustifica più il m antenim ento di un dazio di introduzione. Anche quando perciò si lasci, com e spesso avviene oggi, com preso nel te r­ ritorio di quei Com uni un largo circuito che non ha nessun carattere affine al grande centro urbano, e quando anche, col separare e differenziare la di­ stribuzione del contingente reale sui terren i e sui fabbricati, si Sia resa giusta per tutte le parti attuali di quei com uni, l’applicazione della tassazione reale

‘) Vedi il numero 1328 dell ’Economista.

resta sem pre necessario lim itare praticam ente i co n ­ fini del vero territorio urbano, per modo che la tas­ sazione indiretta prenda al di fuori di quei confini la forma di imposte sulla m acellazione delle carni e sulla produzione del vino, e al di dentro invece quella di dazi di introduzione, e al di dentro e non al di fuori possa applicarsi l’ imposta personale sul reddito.

O r bene, considerando il grande centro urbano e fatta astrazione da quel territorio che per avventura fosse con lui costituito in un unico corpo am m inistra­ tivo, il Conigliani considera anzitutto la tassazione della rendita urbana, di quel così detto aum ento di rendita non guadagnata (unearned increment) che deriva ai proprietari del suolo urbano oltre che da altre cause meno regolari e’ costanti, dal fatto del crescere della popolazione di quei centri e del con­ seguente aum ento nella ricerca delle abitazioni. Il Conigliani non crede che nell’ am biente giuridico e sociale odierno si possa am m ettere una im ­ posta speciale sulla rendita urbana, com e espropria­ zione parziale a favore delle collettività, ma solo com e compenso, agli enti politici locali, per quelle loro attività che, essendo fattori dello sviluppo so­ ciale delle collettività urbane e della loro v irtù di attrazione sui redditi e sulla popolazione sono cause indirette di quei sopraredditi. Si tratterebbe adunque, secondo il nostro autore, di una applicazione nor­ m ale del criterio delle contro prestazioni, analoga a quella relativa alle tasse e ai contributi propriam ente detti e con uno scopo di giustizia distributiva.

(7)

29 ottobre 1899 L ’ E C O N O M I S T A 695 Al qual proposito notiam o che se il plusvalore de­

riva dai lavori di m iglioria diventa legittim o e pra­ ticam ente possibile il colpirlo, possedendo elem enti abbastanza sicuri per farlo nella spesa occorrente pel lavoro di m iglioria, e nel beneficio con esso procurato ; m entre l’ aum ento di valore proveniente da fatti di carattere sociale, quale 1’ aum ento della popolazione nel centro urbano, sarà sem pre di de­ term inazione cosi ardua da in d u rre alla rinuncia di una tassazione diretta di quel sopravalore. E questo diciam o, senza prendere ora in esam e altri aspetti della questione, prim o Ira tutti quello della giustizia di tale parziale tassazione di sopraredditi, perchè l’argom ento esigerebbe uno studio speciale *).

Lasciando quindi da parte questo nuovo cespite di entrate nonché m aggior provento che potrebbe rica­ varsi dalla m aggiore applicazione del principio delle controprestazioni, e venendo a considerare il sistema tributario propriam ente detto, il Conigliani osserva cbe la separazione (agli in tenti della tassazione) del vero centro urbano dalle cam pagne che lo circon­ dano porta nella tassazione reale una prim a conse­ guenza. Quello cioè di una im posta speciale sui ter­ reni interni alla cinta, che han vero carattere di terreni urbani e che, coltivati o no, debbono consi­ derarsi com e destinabili alla fabbricazione e perciò debbon colpirsi o sul loro valore capitale e in quota uguale a quella sul valore capitale dei fabbricati o meglio (per conservare il carattere com une della tassazione reale) sul prodotto netto presunto in base al saggio m edio e norm ale del prodotto netto dei fabbricati.

O lire a questo si dovrebbe applicare la sovrim ­ posta alla tassazione erariale m obiliare resa possibile dalla trasform azione della categoria B dell’ imposta attuale di ricchezza m obile. Basta pensare, scrive il Conigliani, com e quei grandi Com uni, fuori o entro il centro urbano propriam ente detto, sieno sede pre­ ferita di m oltissim e industrie e com m erci, grandi e piccoli, - per convincersi che una parte assai larga dell’im ponibile delle fonti mobiliari potrà localizzarsi nei Com uni capoluoghi di P rovincia o aventi una popolazione accentrata superiore ai 2 0000 abitanti.

Ma la tassazione reale, anche com pletata in tal modo, v errebbe a ragguagliarsi a un saggio medio superiore a quello che la legge, senza cagionare in­ giustizie gravi nella distribuzione com plessiva del carico tributario, potrebbe perm ettere, prim a che divenisse obbligatorio nei Com uni urbani m aggiori l’uso dell’im posta com plem entare personale sul re d ­ dito e facoltativo quello delle im poste in dirette sui consum i (carni e vini). Se la legge fissasse il 5 0|Q com e saggio medio, è certo che nei Com uni u rbani maggiori dovrebbe farsi uso delle tassazioni com ­ plem entari.

Nè sarebbe sufficiente la imposta personale sul reddito, perchè « supposto pure che il contingente di tassazione reale possa com pensare il provento attuale delle sovraim poste im m obiliari, delle due im ­ poste p seu d o -reali m obiliari (sul bestiam e e di eser­ cizio e riv en d ita) e delle altre due pseudo-personali

*) Su tutto ciò che riguarda la tassazione comunale in Inghilterra dell’aumento di valore non guadagnato, può vedersi ora uno scritto recente del dr. R. Hall- garten, Die kommunale Besleurung des unverdienten

Wertzuwachses in England. Stuttgart, Cotta; un vo­

lume di pag. 206.

(sul valor locativo e di famiglia) — in tutto 50 m i­ lioni c ir c a ,—'o c c o rre re b b e cbe quella tassazione sul reddito offrisse un provento pari a quello che q u e ­ sti Comuni ed ivi pure l’erario, ricavano oggi dal dazio, cioè oltre 120 m ilioni. Un tale provento a p ­ pare irraggiungibile, quando si tenga conto della re ­ lativam ente lieve differenziazione fra le classi capi­ talistiche della poca educazione politica delle masse e anche delle classi dirigenti, del poco sviluppo at­ tuale della tassazione schiettam ente personale, e del­ l’alto saggio di tassazione reale com plessiva che già cadrebbe sulle classi capitalistiche a favor dello Stato e dei Com uni ».

T uttavia, il Conigliani calcola che l’ imposta per­ sonale sul reddito potrebbe in parte abbastanza sensibile sostituire l’ uso del dazio nei grandi ce n tri; della qual cosa si può dubitare tanto da ritenere invece piil corretto ¡I dire che solo in piccola parte I’ una imposta potrebbe sostituire l’altra.

Ed egli stesso trova poi che la sorgente finanziaria per cui in quasi tutti i Com uni urbani maggiori si renderebbe possibile una dem ocratica trasform azione del dazio consum o è l’allargam ento della cinta da­ ziaria fino ai confini veri e propri del centro citta­ dino. E stendendo la cinta daziaria sarebbe possibile com pensare il danno che deriverebbe dall’abolizione dei dazi sui generi di prim a necessità. E ciò p e r­ chè il metodo attualm ente in vigore per la riscos­ sione dei dazi nei com uni aperti e nelle parti di com uni chiusi che sono fuori della cinta, ossia la tassa di m inuta, vendita non può colpire che una parte del consum o tassato. Riforma cotesta che sa­ rebbe grandem ente agevolata se lo Stato consolidasse definitivam ente i canoni del dazio consum o gover­ nativo. Nè può dirsi che una trasform azione in senso dem ocratico delle tariffe daziarie sia di necessità fi­ nanziariam ente molto dannosa, perchè attualm ente per certi generi di consum o generale bensì, ma di cui le classi povere fanno m inore uso o a cui contrap­ pongono facili sostitutivi — come il riso, l’olio d’o­ liva, le ova, i form aggi ecc. — le tariffe non rag­ giungono, com e per altri generi più necessari, il grado m assim o consentito dalle leggi e neppure ta­ lora il grado con cui sono colpiti questi ultim i ge­ neri. P er di più in molti generi, com e nei vini e nelle carni, la differenziazione delle tariffe è spesso insufficiente e porta a vantaggio anche delle classi ricche la m ediocre altezza dei dazi ispirata alla pietà

per le classi povere.

(8)

L ’ E C O N O M . I S T A 29 ottobre 1899 <396

del corpo collettivo, varrà, meglio assai di ogni altro artificio della legge, l’ equilibrio giusto e costante nell’incidenza dei tributi sopra le v a rie classi sociali.

Così rim ane esaurito il com pito che il prof. Co- nigliani si era proposto, di esam inare cioè quali ri­ form e possano attuarsi nelle leggi sui tributi locali, e a noi, dopo aver seguito l’ egregio autore nei punti p iù im portanti della sua opera, prima di por term ine a quest’ analisi riassu n tiv a, non rim ane che da sot­ toporre ai lettori, a com plem ento di quelle che già abbiam o avuto occasione di fare, alcune riflessioni sulle proposte ora riassunte e in generale sul pro­ blem a della riform a tributaria locale.'

Rivista Bibliografica

Gli scritti economici di Guglielmo Petty.

Sir William Petty, economista inglese del

secolo XVI è stato in questi ultimi anni ri­

cordato e citato forse più che in passato; in

ogni caso è degno di nota il fatto che di lui

si sono occupati in breve volger d’ anni tre

scrittori, di cui due americani e il terzo in­

glese. Quest’ultimo, lord Edmond Fitzmaurice

ha scritto la vita del Petty, valendosi sopra­

tutto di documenti finora inediti ’). Egli ci ha

dato cosi una biografia esatta e completa, quale

migliore non si potrebbe desiderare. Dei due

scrittori americani, il Dr. Bevan, negli atti del-

VAmerican Economie Association,

s) ha in­

serito uno studio sul Petty, col quale si è pro­

posto di determinare la posizione che occupa

l’autore della

Aritmetica politica

nella lette­

ratura economica inglese, ed egli è forse il

primo che, uscendo dalle affermazioni generali,

ha tentato di precisare la importanza delle

opere del Petty per la storia delle dottrine

economiche. Finalmente, proprio ora, un egre­

gio studioso, il prof. 0. H. Hull, della

Cornell

University,

ha pubblicato, con rara diligenza

e conoscenza grande della materia, gli scritti

economici del Petty s), non solo quelli già noti

e divenuti rarissimi in commercio, ma anche

alcuni inediti, fra i quali un Trattato sull’Ir­

landa. Questa edizione degli scritti vari del

Petty può dirsi soddisfi un voto di Mac Culloch,

Roscher e Ingram che già ebbero a rilevarne

la necessità, e tornerà gradita anche agli'eco­

nomisti italiani, ai quali le idee del Petty in

finanza, in economia, in statistica non sono

certo ignote. Senza parlare del Gossa, che, na­

turalmente, nella sua

Introduzione allo studio

della economia^ politica

non poteva passarle

sotto silenzio, è giustizia notare che il Loria,

il Ricca-Salerno, il Gabaglìo, il Graziani ed

altri vi hanno fatto riferimento nei loro studi

storici e teorici. Ma la mancanza di una edi­

zione esatta e, per quanto è possibile, completa *

)

*) Life of Sir William Petty, chiefly from Private

Documents hitherto unpublished London, John Mur­

ray, 1895).

*) Volume IX, n. 4 (1894).

3) The economic writings of Sir William Petty.... Edited by Charles Henry Hull. - Cambridge, Univer­ sity Press, 1899. - Volumi 2, di pag. xci-700.

degli scritti economici del Petty, toglieva a

molti la possibilità di conoscere di prima mano

le sue dottrine, e non di rado esse erano de­

sunte dagli scritti del Roscher, del Mac Cul­

loch, del Cunningham, ecc. Il servigio reso dal

prof. Hull alle scienze e alla storia dell’ eco­

nomia, della finanza e della statistica, è adun­

que notevole e gli va tributato sincera rico­

noscenza.

Per intendere l’indirizzo delle indagini eco­

nomiche e statistiche del Petty, è necessario

conoscere alcune vicende della sua vita. Gu­

glielmo Petty fu principalmente un uomo di

azione, ma nella sua giovinezza fece studi e-

stesi e dimostrò una grande facilità d’appren­

dere, e una non comune versatilità. Nato nel

1623 nella piccola città di Rumsey, a poco più

di quindici anni si recò a Caen dove per cam­

pare dava lezioni e trafficava in oggetti di

chincaglieria, mentre imparava il francese e

si perfezionava nello studio del latino, del greco

e delle matematiche presso i padri gesuiti.

Ritornato in Inghilterra, se ne parti nuova­

mente nel 1643 per l’Olanda, dove studiò me­

dicina e dopo essere stato a Parigi e ivi aver

frequentato Hobbes_, del quale accettava le idee

.filosofiche, Petty si occupò a Rumsey dell’a­

zienda lasciata dal padre che esercitava l’arte

del pannaiuolo, ma gli studi lo richiamarono

ben presto, e se ne andò a Oxford dove prese

il titolo di dottore in medicina, e vi insegnò

anatomia e musica. Ben presto però egli ot­

tenne un posto che esercitò una influenza con­

siderevole su tutto il corso della sua vita suc­

cessiva: viene cioè nominato medico dell’eser­

cito in Irlanda. Da questo momento i suoi

interessi sia materiali che intellettuali furono

intimamente connessi con gli affari irlandesi.

Non occorre seguire le vicende della vita di

Guglielmo Petty nel paese dove maggiormente

si è mostrata attiva ; ma è opportuno ricordare

che in Irlanda egli si occupò a lungo della

distribuzione delle terre tolte ai ribelli del 1641

e nel corso delle operazioni per questa distri­

buzione si procurò nemici, accuse, calunnie,

che -lo costrinsero a difese frequenti e viva­

cissime. Però gli scritti economici che ha la­

sciato, se riflettono in parte l’indirizzo della

sua attività pratica e gli studi compiuti, non

rispecchiano quelle questioni personali. Così

l'Anatomia politica dell’ Irlanda

rivela fin dal

titolo suo le tendenze descrittive, analizzatrici

della sua mente formata in tal modo dallo

studio della medicina;

VAritmetica politica è

una prova dell’alto valore ch’egli attribuiva

alla conoscenza delle condizioni economiche,

finanziarie e demografiche degli Stati; il tra t­

tato sulle

Imposte

rivela in Petty un acuto

indagatore delle condizioni del sistema tribu­

tario in Inghilterra nel secolo XVII.

(9)

JÈL

L ’ E C O N O M I S T A 097

29 ottobre 1899

loro importanza. Aggiungiamo da ultimo, che

F editore ha inserito in questa raccolta anche

le Osservazioni sui registri dei morti, attribuite

con maggiore probabilità al capitano Giovanni

Graunt, e ciò per la grande identità che vi

è nel metodo seguito dai due autori, e per la

influenza che Graunt ha esercitato su Petty.

Il dr. Hull esamina anche la questione della

paternità delle dette Osservazioni, e la risolve

nel senso che esse sono veramente di Graunt.

R. D. Y.

Rivista Economica

Cause economiche d e lla g u e r r a a n g lo -b o e r a - I l s e r - iflzio d e g l i a u to m o b ili - L a fe d e r a z io n e delle co­ lonie a u s t r a l i a n e ,

Cause economiche della guerra anglo-boera. — I lettori conoscono la storia della repubblica Sud­ africana perchè sia necessario ricordare che la sco­ perta dei giacimenti auriferi rimonta a quindici anni addietro e che fu in dicembre 1886 che furono con­ cesse le parcelle di terreno stille quali oggi si in­ nalza la città di Johannesburg. Ricordiamo, del resto, ai nostri lettoli lo studio sull’oro del Transvaal, sulle condizioni della sua produzione e sugli effetti eco­ nomici che ne potevano derivare, che ha pubblicato in questa Rivista, il nostro collaboratore prof. R. Dalla Volta nel 1896.

Le seguenti cifre, riassùmenti la produzione auri­ fera di Witwatersrand da quell’epoca dimostrano la importanza capitale delle imprese che i capitali in­ glesi dapprima e i capitali europei di poi vi hanno impiegato.

Produzione aurifera di Witwatersrand 1887-1899. Kilogrammi Valore in lire

1887... 720 2,107,000 1888... 6,473 18,939,000 1889... 11.494 33,629,000 1890... 15,390 45,028,000 1891... 22,463 66,360,000 1892... 37,662 110,188,000 1893... 45,986 134,541,000 1894... 62,958 184,198,000' 1895... 69,595 203,697,000 1896... 70,493 207,658,000 1897... 94,387 276,155.000 1898... 133,605 390,900,000 1899 (8 mesi) 108,924 318,686,000 682,106 1,995,681,000 Cosi dalla messa in opera dei filoni di Rand, cioè da dodici anni e quattro mesi, essi hanno fornito quasi due miliardi d’oro.

Nel 1898 la produzione di Witwatersrand è stata di 4,295,602 oncie d’ oro fino del valore di 390 mi­ lioni e quella degli altri distretti del Transvaal di 259,400 oncie del valore di 23,600,000 lire.

Il valore totale della produzione aurifera univer­ sale essendo stato nel medesimo anno di 1,500,000,000 di lire, l’ oro estratto dalle miniere del Transvaal rappresenta il 28 per cento della produzione mondiale.

Per dare un’idea del prodigioso sviluppo dell’in­ dustria aurifera di Witwatersrand, basta dire che fra il 1897 e il 1898, 1’ aumento della produzione è stato di 1,260,928 oncie d'oro fino per un valore complessivo di 114,700,000 lire.

Nel 1898, quaranta Compagnie minerarie del Rand hanno distribuito 122,058,000 lire di dividendi ai loro

azionisti, ossia circa il 32 per cento del totale d’oro estratto, mentre nel 1897 non avevano distribuito che 74,600,000 lire di dividendi, cioè 27 per cento circa della produzione totale.

Il rialzo sopraggiunto nel 1898 sulle azioni di queste quaranta Compagnie è dunque giustificato, poiché al 31 dicembre il valore in Borsa del com­ plesso di queste azioni toccava 55,477,000 lire ster­ line ossia un miliardo e mezzo di franchi ed in rap­ porto a codesto valore, i dividendi distribuiti nel corso dell’esercizio rappresentavano 8.13 per cento.

Nel 1898 l’ industria aurifera sud-africana ha im­ piegato in permanenza 10,000 agenti o operai euro­ pei, che hanno percepito in media 600 lire al mese, ossia circa 72 milioni, e 88,000 lavoratori indigeni che hanno guadagnato in media L. 62,50 al mese, oltre il mantenimento, ossia circa 66 milioni di lire di salari.

E molto difficile, per non dire impossibile, compi­ lare un inventario esatto di tutte le imprese indu­ striali e finanziarie sud-africane, ed a più forte ra­ gione, di calcolare rigorosamente il capitale europeo attualmente investito nel Transvaal.

Non tenendo conto che di 219 Società minerarie, controllate dai principali trusts inglesi, si ha che esse rappresentano un capitale di 101,102,617 ster­ line, equivalenti a 8 miliardi di lire nostre.

La produzione aurifera di Witwatersrand ha se­ guito, in modo quasi matematico, la progressione che gli ingegneri inglesi le avevano assegnato fino dall’ origine.

In dicembre 1895, il numero dei filoni in attività nel Rand non sorpassava i 2870. Attualmente sor­ passano i 6000 e si calcola che aumenteranno a 8000 nel 1900, a 10,000 nel 1901 e a 12,000 nel 1902.

Se queste previsioni si realizzano, nel 1902 la produzione aurifera di Witwatersrand raggiungerà la cifra fantastica di 950 milioni di lire, cifra su­ periore alla produzione universale del 1894 ; ma i dividendi da distribuirsi agli azionisti non sorpasse­ ranno di certo 400 milioni di lire, se si tien conto delle difficoltà della mano d’opera e della mancanza d’ acqua, che andranno sempre crescendo... senza mettere in linea di calcolo le conseguenze della guerra attuale.

I precedenti risultati spiegano infatti le accuse che il sig. A. J. Wilson, direttore dell'Inveslor's

Review, muoveva testé alla politica di Chamberlain.

« La vera causa della guerra contro il Transvaal, egli scrive, è il fallimento imminente della Charlred, il cui deficit annuale tocca i 13 milioni di lire, ed il cui enorme capitale non ha per contropartita che un attivo pressoché senza valore. Soltanto la guerra può salvarla, sia col dare un pretesto per arenarsi, sia col creare, a suo profitto, mediante l’annessione del Transvaal e defila repubblica di Orange, un im­ menso Stato con un magnifico porto, disponente di immense ricchezze sfruttate e da sfruttarsi ».

II servizio degli automobili. — L’ ingegnere Giu­ seppe Spera, consigliere delle tariffe delie strade fer­ rate, ha presentato al ministro dei lavori pubblici una sua relazione sul servizio degli automobili, della quale diamo un largo riassunto.

L’iug. Spera osserva che questo degli automobili è un nuovo problema che si affaccia sull’orizzonte dell’ esercizio ferroviario, sebbene sotto cosi piccole e modeste apparenze da farlo parere di poca o nessuna importanza.

Certo che oggi T automobile non ha ancora vinto e risolto tutte le difficoltà tecniche ed economiche, ma la scienza è intenta a risolverle e ogni giorno che passa segna un progresso.

(10)

L ’ E C O N O M I S T A 29 ottobre 1899 Ora bisogna essere preparati al momento in cui

tutte le nostre strade saranno percorse da essi, affin­ ché codesto movimento riesca fino dal suo inizio come complemento delle ferrovie, in armonico innesto al movimento delle grandi linee ferroviarie.

Il fatto che 1’ automobile corre sulle strade ordi­ narie e non su rotaie non menoma 1' importanza e il carattere sostanziale della sostituzione della trazione meccanica a quella animale.

È in ciò il grande segreto della trasformazione degli antichi mezzi di trasporto. Le grandi distanze, e quindi i lunghi treni e le grandi velocità esigono come condizione necessaria le rotaie ; ma per le pic­ cole distanze, per le limitate velocità, non è più ne­ cessaria la guida, e la rotaia non solo non è con­ dizione indispensabile, ma in certi casi rappresenta un danno.

Il più grande merito del servizio degli automobili è quello di determinare con dati precisi dove real­ mente è possibile l’impianto di una tramvia o di una ferrovia. Quando un buon servizio di automobili sarà più che sufficiente ai bisogni di una regione, sarà evidente che nè pel fatto economico, nè per como­ dità dei trasporti, converrà trasformarlo in tramvia o peggio ancora in ferrovia.

La trasformazione del servizio di automobili in tramvia o ferrovia dipenderà unicamente da una que­ stione di aritmetica.

V’ è dunque da augurarsi che il servizio degli auto­ mobili entri nella pratica attuazione. Le Società fer­ roviarie dovrebbero essere le maggiormente interes­ sate a che ciò avvenga.

È un errore tecnico ed economico il credere che 1’ automobile sarà un concorrente all’ esercizio ferro­ viario. Ciò potrà forse accadere in casi speciali ra­ rissimi, ma nel complesso il solo servizio degli auto­ mobili aumenterà i proventi delle ferovie.

Dopo di avere accennato alle tariffe pei trasporti nel servizio di automobili in rapporto alle tariffe ferroviare, l’ ing. Spera, accenna alla manutenzione stradale da affidarsi esclusivamente all’esercente del- I l’automobile, come del pari dovrebbero essergli con­ cessi i servizi pubblici relativi alla posta.

La cencessione di piccoli nuclei e di linee isolate, dovrebbe essere evitata poiché essa sarebbe un osta­ colo grave all’ impianto di un servizio più vasto ed organico.

E la relazione conclude : Il servizio degli automo- j bili avrà doppio vantaggio : l’ immediata, facile ed economica soluzione del difficile problema delle fer- j rovie secondarie e la sicura e proficua trasformazione in tramvie e ferrovie, con sede propria, di quelle linee j che, collo sviluppo del movimento dimostreranno di ! essere adatte a tale trasfoimazione.

La federazione delle colonie australiane. — De­ cisamente la tendenza degti Stati nuovi è quella di i formarsi in grandi unità, col legame federativo, imi­ tando l’esempio degli Stati Uniti del Nord America.

È nota l’ iniziativa del generale Roca per una j confederazione degli Stati americani del Sud.

La stessa tendenza si manifesta anche in Australia, anzi la questione di confederare le colonie inglesi australiane ha fatto un passo decisivo verso la so- j luzione.

Il progetto di costituzione federale è stato appro­ vato, a considerevole maggioranza, dalle popolazioni ; della Nuova Galles del Sud e del Queensland.

Quali che siano i vantaggi che le colonie austra­ liane potranno ritrarre dalla federazione, a noi im­ porta di considerarla sotto un altro punto di vista, per le conseguenze cioè commerciali che possono ri­ sultarne rispetto all’Europa.

Non è da oggi che l’ Inghilterra si preoccupa di rafforzare i legami che uniscono le colonie alla madre patria e di sviluppare fra le une e 1’ altra gli scambi commerciali rallentati.

Nel 1891 fu fondata una lega, l'United Empire

Lear/ue, il cui scopo era precisamente quello di creare

questa intima unione e Chamberlain, propugnatore di questa lega, è pure autore di un antico progetto

di Zollverein britannico, tendente a stabilire il re­

gime del libero scambio fra l’Inghilterra e le sue colonie e ad adottare misure protezioniste destinate a difendere l’ impero dalla concorrenza estera.

Arrivato al potere, il ministro delle Colonie ha ripreso questa idea e se non ha potuto realizzare subito il suo piano di federazione imperiale, non ha pretermesso sforzi per ottenere l’unione stretta delle colonie alla metropoli.

Inutile ricordare tutti i tentativi fatti a questo scopo ; ciò che emerge evidente da tutto ciò è l'unità di vedute che determina la politica coloniale inglese e la persistenza e la costanza con le quali si è ado­ perata e si adopera a raggiungere il suo intento.

Il sig. Chamberlain non potendo creare d’ un solo pezzo la confederazione imperiale, la prepara pezzo per pezzo, e uno di questi è quello che sta facendosi in Australia.

Il progetto di federazione australe ha sollevato tanto maggiori simpatie in Inghilterra, in quanto si trovano in giuoco grossissimi interessi in quella parte del dominio coloniale brittannico.

Ecco, infatti, quale è 1’ importanza degli scambi commerciali fra la metropoli e l’Australia :

Importazione Esportazione

dall’ Australia dall’ Inghilterra in' Inghilterra in Australia

Idre sterline 18 9 3 ... .. 29,874,362 15,083,490 1* 9 4 ... .. 31,859,210 16,025,573 1 8 9 5 ... .. 33,363, 300 17,314,610 1896... .. 29,402,549 21,915,555 1897... 29,362,124 21,310,884 1 8 9 8 ...... 28,846,000 21,136,000

Il commercio totale dell’Inghilterra con l’ insieme delle sue colonie, essendo stato 1’ anno scorso di 99,450,000 sterline alle importazioni e di 83,397,000 alle esportazioni, ne risulta che le relazioni con l’Au­ stralia rappresentano il 34. 6 per cento delle prime e il 21.2 per cento delle seconde.

Si capisce quindi tutta la importanza del mercato che la progettata confederazione assicurerebbe in maniera più completa alla Granbrettagna.

Il seguente specchietto degli impieghi del capitale inglese in Australia dimostra, d’altra parte, che la metropoli ha il massimo interesse al consolidamento del credito australiano.

Capitale collocato negli affari australiani :

Australiano Inglese

Lire sterline

Debiti pubblici . . . . 25,041,000 208,835,000 Id. municipali . . . 7,721,000 13,836,000 Banche. . ... 24,633,000 18,800,000 Assicurazioni, Gas, Ac­

que, e Società comm. 42,943,000 72,671,000 Società minerarie. . . 27,708,000 8,408,000 128,046,000 394,550,000 In questo quadro non sono compresi i depositi alle banche, tenendone conto, il totale che è di 522,596,000 L. st. dovrebbe aumentare di altri 57 milioni.

Questi capitali hanno il massimo interesse che l’Am­ ministrazione dei diversi Stati australiani possano profittare dei vantaggi di una centralizzazione che ne aumenterà la forza di cessione e di espansione.

Ciò spiega il favore col quale l’ idea degli impe­ rialisti è stata accolta dal pubblico inglese.

In questo quadro luminoso, però, c’ è anche una ombra.

(11)

29 ottobre 1899 L ’ E C O N O M I S T A alle ultime conseguenze l’evoluzione cominciata dalle

varie colonie, formanti allora un solo paese potente e organizzato — scuotendo il giogo della madre pa­ tria e rivendicando, come l’America del Nord, la pro­ pria indipendenza.

Sarebbe questa una conseguenza logica dell’opera politica ora intrapresa. Del resto l’Inghilterra, come le altre grandi coacervazioni di Stati, che la prece­ dettero, compiuto il ciclo della sua opera unitaria, vedrà sfasciarsi l’impero e dividersi in nuove unità. E legge storica fatale, alla quale nemmeno essa po­ trà sfuggire.

LI SITUAZIONE BEL TESORO IM O SEITEU E «

Il Conto di Cassa al 30 settembre 1899 dava i se­ guenti risultati :

Fondo di Cassa alla chiusura dell’esercìzio 1898-99 L.312,746,861.19 » » al 30 settembre 1899 ... 201,138,791.82 Differenza in meno . . L. 111,608,069.37

Pagam. di Tesoreria dal 1° luglio al 30 seti. 1899 :

Per spese di Bilancio. . . 288,733,096.83 \

Debiti e crediti di Tesoreria 944,468,908.79 ( L. 1,233,204,188.86 Altri pagam. (Deer. M. di Scarico) 2.183.24

5

Incassi di Tesoreria dal 1” luglio al 30 seti. 1899:

Per entrate di Bilancio . . 371,353,090.04 1

Id. per Debiti e Cre- i L. 1,121,596,119.49

diti di Tesoreria. . . . 750,243,029.45 )

Eccedenza dei pagamenti sugli incassi . . . L. 111,608,069.37

La situazione dei Debiti e Crediti di Tesoreria ai 30 settembre 1899 risulta dai seguenti prospetti:

al SO al 30

DEBITI giugno settemb.

1899 1899 migliaia migliaia Buoni del T e s o r o ... Lire 297.106 273- 159

Vaglia del Tesoro . . . 20.446 11.989

Banche, Anticipazioni statutarie . — 54.000

Ammin. Debito Pub. in conto cor. fruttii ero 208.234 146. 961

Id. Fondo Culto id. id. 15 995 17 937

Ammin. Debito pub. in c. cor. infruttifero 33.440 29 675

Altre Amministrazioni . . . . . 25.324 52.043

Buoni di cassa... 70. 677 Incassi da r e g o l a r e ...

Biglietti di Stato emessi per l’art. 11, legge 3 56.940 22.508

marzo 1898, n. 47. . . , 11.250 11.250 Totale debiti 778.827 690. 201 CREDITI giugno al 30 1899 al 30 settemb. 1899 migliaia migliaia Valuta presso la Cassa Depositi e Prestiti

ar-ticolo 21 della legge 8 agosto 1895. . L. 91.250 91,250 Amministrazione del Debito Pubblico per

pagamenti da rimborsare . 61.040 123.772

Amministrazione del fondo per il Culto 12.721 16.207 Altre am m inistrazioni... 42.766 64.114 Obbligazioni dell’ Asse Ecclesiastico

Deficenze di Cassa a carico dei contabili del

Tesoro . . . . 1.933 1.933

D i v e r s i ... 5.340 23 855 Totale crediti 215.553 321.133

La eccedenza dei debiti sui credit al 30 settembre 1899 era di milioni 3t>9 e al 30 giugno di 563.6 mi­ lioni. Il_ totale dell’ attivo del Tesoro, formato dal fondo di cassa e da! crediti, risulta al 30 settembre di mil. 522.2 contro 528.8 alla chiusura d’esercizio. I de- I biti di Tesoreria ammontavano alla fine di settem- j bre a 690.2 milioni contro 778.8 alla chiusura d’eser­ cizio. Yi è quindi una eccedenza delle passività del Tesoro per 168 milioni alla fine di settembre contro 250.5 al 30 giugno, ossia una differenza attiva di 82.5

milioni. 1

Gl’ incassi per conto di bilancio che ammontarono nel settembre 1899 a milioni 371.3 (comprese le par­ tite di girol si dividono nel seguente modo:

I N C A S S I M es e di se tt e m b re 18 9 9 D if fer enz a ne l 18 99 Da l lo lu gli o 18 99 a l 3 0 s e tt e m b re 1 89 9 Differ enz a ne l 18 9 9

Entrata ordinaria migliaia migliaia migliaia migliaia E n tra te effettive : di lire di lire di lire di lire Redditi patrimoniali dello

Stato... ... L. 14,528 4- 1,962 27.089 4- 1,682 Imposta sui fondi rustici

e sui fabbricati... 146 - 206 32,818- 889

Imposta sui redditi di ric­

chezza mobile... 4,424-+• 1,203 37,807+ 2 ,414

Tasse in amministraz. del

Ministero delle Finanze. 13,885 4- 374 51,274 4- 179 Tassa sul prodotto del mo­

vimento a grande e pic­

cola vel sulle ferrovie . 1,853 4- 137 5,089 4- 216 Diritti delie Legaz. e dei

Consolati all’ estero.... 7I 4 - 53 2394 - 109 Tassa sulla fabbricazione

degli spiriti, birra, ecc.. 3,475- 137 10,485 - 471 Dogane e diritti marittimi 16,703— 58 54,860-+- 4 ,8 o8

Dazi interni di consumo, esclusi quelli di Napoli

e di Roma... 4,159 4- 126 12,567- 37

Dazio consumo di Napoli. 991 4- 6 2,965- 92

Dazio consumo di Roma . 1,124- 10 3.4064- 12

Tabacchi . ... 16,1344 - 678 48,554 -t- 1.221 S a li... 5 924-f- 56 17,695 4- 103 Lotto... 4,002— 328 15.290 - 5,186 Poste... 4,678 4- 203 14,7394 - 1,140 Telegrafi... 1,2634 - 89 3,466 4- 78 Servizi diversi ... 1,680 4- 418 5,643 4- 1,651 Rimborsi e concorsi nelle

spese... 1,371 - 385 3,822 - 514 Entrate diverse... 1,841 - 557 4,875 - 6,320 Tot. Entrata ordinaria. L. 98,261 4- 3,519 352,693 4- 106

Entrata straordinaria

Categ. I. Entrate effett.: 198 4- 110 72 - 45

» II. Costr. str. ffr . 180 4- 173 228 4- 63

» III. Movimento di

Capitali... 1,084 - 2,905 4,670 - 5,127 Totale Entrata straord. L. 1,414 - 2,601 5,622 - 6,110 Partite di g iro... 42 - 9,391 13,036 - 1,548 Totale generale.... 99,718 - 8,474 371,3 - 6,552

I pagamenti poi effettuati dal Tesoro per le spese

l DiInnniA a! ivi Ann rii n A 11 A»vi Viva dalli t tl D A fi Q 1 G il _

guente prospetto : P a g a m e n t i Mese di Settemb. 1899 D if fe re n za n e l 1 8 9 9 Dal loLuglio a tutto Sett. 1899 D if fe re n za ne l 1 8 9 9

migliaia migliaia migliaia migliaia di lire fli lira di lire di lire Ministero del Tesoro . .L . 9,472 — 5,702 38,578 - 2,908

Id. delle finanze... . 12,762 - 1,481 44,579 - 5,475 Id. di grazia e giust. 3,223 40 9 . 903 4 - 143 Id. degli affari esteri 2,037 — 147 3,223 - 680 Id. dell’ istruz pubb. 3,495 — 497 9,88.1 — 610 Id. dell’ interno... . 7.70I 4- 3,077 23.507 4- 3,892 Id. dei lavori pubbl. 7,175 4- 2,203 27,378 4- 1,597 Id. delle poste e tei. 4,669 904 17,327 4- 1,054 Id. della guerra . . . . 31,521 4- 7,957 79.431 4- 4,272 Id. della m arina..,. 8,412 - 2,976 31,8834 - 9 I 6

Td. della agric. ind.

e commercio . 869 — 180 2,855- 2 1

Totale pagam. di bilancio. 91,3414- 3,117 288,733 4- 2,281

Decreti minist, di scarico. . 2 4 - 2 2•+• 2

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