I SEZIONE : LO STUDIO PRELIMINARE
CAPITOLO 1: IL LUOGO
1.1 LIVORNO: CENNI STORICI
Livorno, che appare citata per la prima volta in un documento del 904, ebbe scarsissimo rilievo fino a tutto il XIV sec.: sul finire di questo secolo, fortificata dai pisani, cominciò ad avvantaggiarsi rispetto al vicino Porto Pisano, ma fu soltanto nel corso del XVI secolo che poté espandersi e diventare una vera città.
La fondazione della città di Livorno, ufficialmente decretata nel 1577 da Francesco I Medici, può essere considerata la realizzazione pratica della mentalità pianificatrice medicea.
La posizione di Livorno allo sbocco del massimo sistema vallivo della Toscana dava a essa le più sicure prospettive di sviluppo, anche perché nella posizione geografica allo sbocco della valle dellʹArno, lʹunico luogo adatto a una città portuale è quello di Livorno: a nord, per decine e decine di chilometri, la costa è bassa e sabbiosa, mentre a sud inizia una impervia costa rocciosa. Lʹunico punto nel quale un terreno relativamente solido arrivi fino al mare, dove vi siano anche fondali adatti è quello nel quale i Medici edificarono la città.
Livorno a partire dal 1577 si presenta come il cantiere dove si cercherà di realizzare i disegni e le intenzioni dellʹautorità granducale, che seguivano almeno in parte i teorici indirizzi cinquecenteschi della città ideale, ma che risentivano dei criteri funzionali della politica territoriale che si delinea a partire dal granduca Cosimo I (1537 ‐1574) che condusse unʹintelligente politica economica volta a promuovere lo sviluppo industriale in tutte le città toscane. Questa politica territoriale verrà realizzata pienamente nel corso dei secoli XVII‐XVIII con la grande espansione dello scalo Livornese.
Ai fini di una più chiara comprensione della strategia medicea volta allo sviluppo economico‐territoriale e della conseguente pianificazione urbanistica della città, non si possono trascurare le
fasi principali che hanno portato Livorno alla sua fondazione ufficiale come città.
ʺLa più antica rappresentazione della città di Livorno è la Carta marittima della Toscana disegnata da Leonardo Da Vinci intorno al 1503 nella quale è visibile lʹinsediamento livornese rilevato solo a livello della cinta muraria difensiva, dati gli scopi cartografici dellʹ opera leonardesca. Dal disegno si ricava la modesta consistenza del primitivo borgo livornese esteso principalmente lungo il fronte del ridosso portuale e circondato da un fosso d’acqua continuo.
Un primo salto di scala delle realizzazioni medicee a Livorno è desumibile dal rilievo, attribuito allʹingegnere militare Giovan Battista Belluzzi, eseguito su commissione di Cosimo I intorno al 1547. Nella pianta è ben visibile lʹassetto delle fortificazioni del borgo con la Fortezza vecchia (1534) in primo piano a difesa del porto e, dalla parte di terra, una cinta muraria circondata da un fossato.
È dunque con Cosimo I che gli interventi medicei a Livorno si fanno più consistenti, finalizzati a renderla uno scalo marittimo da affiancare a Pisa, un avamposto di difesa di scambi commerciali che
secondo i canoni di una rigida suddivisione del lavoro trovano altrove la sede organizzativa e di scambio.”
Questo ambizioso progetto del Granduca non ebbe la riuscita desiderata; tuttavia non fu senza conseguenze: in questo ambito
avvenne lʹadeguamento del sistema difensivo del borgo ed ebbero luogo i grandi interventi di ampliamento portuale.
Per quanto riguarda le fortificazioni dalla parte del mare, infatti, agli inizi del XVI secolo le vecchie fortificazioni pisane del borgo livornese vengono riviste e ristrutturate e viene progettata una nuova fortezza per volontà del cardinale Giulio deʹ Medici, a cui sicuramente lavora Antonio da San Gallo il Vecchio. Questa fortezza, al cui interno rimangono antiche strutture tra cui una torre quadrata del 1000 c.a., il Mastio di Matilde, massiccio torrione circolare del 1241 c.a. e la quadratura dei pisani del 1377, prenderà poi il nome di Fortezza vecchia e sarà ultimata nel 1534 con il Granduca Alessandro I Medici.
Tale opera diventerà un elemento strategico difensivo di grande importanza e modificherà in modo sostanziale il borgo circostante in quanto vengono tagliate in parte le mura pisane, vengono abbattuti alcuni isolati e anche la Pieve di Santa Giulia nel 1525 che si trovava ai bordi del villaggio.
Dalla parte di terra, invece, lʹapparato difensivo rimane essenzialmente quello delle vecchie mura pisane, che furono ristrutturate tra il 1550 e il 1560, con la costruzione di tre baluardi, due a terra e uno a mare, noti come i baluardi di San Cosimo. ʺL’aspetto della città, dopo gli interventi indicati, è ritratto in una veduta di Giorgio Vasari realizzata fra il 1556 e il 1559. Nellʹaffresco si vedono due baluardi ai lati della porta di terra e
uno a mare verso sud, tra il primo e il secondo baluardo è visibile un
fossato. “
Il borgo era comunque ancora poco sviluppato alla metà del Cinquecento, le unità edilizie residenziali erano poco più di un centinaio, c’era poi il Palazzo del Capitano, che si trattava di un blocco di magazzini appartenenti a Cosimo, sullo spiazzo davanti alla Fortezza vecchia, e un magazzino delle galere.
Gli interventi medicei sulla cinta muraria continuarono tra il 1568 e il 1574 con interventi di riparazione, interventi di rinforzo alle cortine e ai baluardi che vedono impegnati architetti e ingegneri della corte granducale. Sempre in questi anni Cosimo I volle ampliare il porto livornese e per questo motivo nacque una serie di progetti, realizzati a partire dal 1572.
Prima di questo ampliamento, anche a causa delle limitate attrezzature commerciali, il borgo non riusciva ad assorbire completamente i traffici commerciali che interessavano lo scalo livornese e così Pisa rappresentava ancora il principale centro commerciale, dove venivano convogliate le merci che dovevano essere immagazzinate.
Il problema del collegamento tra Livorno, dove le merci approdavano, e Pisa, dove venivano immagazzinate, venne risolto con lʹescavazione di un canale navigabile: il Canale dei Navicelli tuttora esistente, così chiamato per il tipo di imbarcazioni che più frequentemente lo attraversavano. I lavori per il Canale,
progettato nel 1541, furono intrapresi nel 1542 e il primo tratto da Pisa a San Piero a Grado fu finito di scavare nel 1563. Dal 1574 al 1575 il tracciato venne prolungato fino a Stagno e Livorno; la gestione del Canale venne affidata allʹUfficio Fiumi e Fossi di Pisa. Il Canale entrò in funzione nel 1603, venne attrezzato con scali per le operazioni di carico e scarico delle merci e divenne il cardine di un sistema di canalizzazione secondaria che sarà poi sviluppata drenando le acque paludose della zona. La realizzazione del Canale e l’ampliamento del porto mostrano la volontà da parte di Cosimo, di realizzare una politica marinara e territoriale che vede in Livorno una zona di grande importanza, sulla quale verrà a concentrarsi lʹinteresse granducale.
In questo contesto Cosimo volle tentare una soluzione al problema dellʹ ampliamento portuale di non facile realizzazione e per questo chiamò Bartolomeo Ammannati nel 1572 per stendere un progetto in base al quale era prevista la costruzione di una diga dalla Torre del fanale, costruita tra il 1304 e il 1305 dai Pisani, alla terraferma e un secondo molo che doveva prolungarsi in mare in direzione nord‐ovest, partendo sempre dal Fanale. Questo secondo braccio avrebbe dovuto lasciare a sud della Fortezza vecchia unʹapertura sufficiente do permettere lʹingresso alle imbarcazioni.
Il progetto appare arduo ma viene portato avanti: nel 1572 si cominciano i lavori di fondazione della diga che avvenne per
lʹaffondamento di barche zavorrate con pietre, ma ostacolati dalla furia del mare di libeccio e dal depositarsi delle alghe, vengono presto interrotti. Si realizzò soltanto lʹAndana degli Anelli che dal Pamiglione (primitivo scalo livornese) arrivava allʹestremità delle fortificazioni. Il ridosso del fanale costituirà, fino alla realizzazione del Molo Mediceo nel secondo decennio del seicento, lʹapprodo e lo scalo per le navi in transito a Livorno. È quindi Cosimo I che cambia il volto di Livorno e comincia la storia del suo porto grazie al quale la città potrà, nei secoli successivi, godere di una notevole espansione.
Nel 1574, alla morte di Cosimo I, divenne granduca Francesco I che, diversamente dal predecessore, si dedicò più all’ampliamento del borgo che all’espansione portuale, anche se, con la creazione di abitazioni e infrastrutture, si ebbero le condizioni favorevoli per il rafforzamento dello scalo marittimo. Il progetto della nuova città viene redatto nel 1574 da Bernardo Buontalenti (1536‐1608), architetto fiorentino che trascorse la sua vita a servizio di Cosimo I e di suo figlio Francesco, da cui fu poi nominato sovrintendente a tutte le fabbriche civili e militari dello Stato. Questo progetto intende realizzare un nuovo centro urbano in grado di accogliere una realtà economica in espansione e, a questo scopo, viene creato un organo amministrativo specifico, l’Ufficio della Fabbrica (1576), che con tecnici e architetti ha il
compito di sovrintendere alla costruzione della città e delle sue fortificazioni.
Il progetto del Buontalenti prevede una città per 12.000 abitanti, a pianta pentagonale, ricavato da una tradizione architettonica militare tipica del Cinquecento, con un circuito fortificato da bastioni in muratura, mentre nelle altre città toscane le antiche mura medioevali vengono semplicemente rafforzate con difese in terra battuta. Il progetto prevedeva la realizzazione di una cinta muraria con quattro baluardi posti sui vertici del pentagono, venendo il quinto a coincidere con la Fortezza vecchia.
Lo spazio urbano allʹinterno è organizzato secondo una maglia a scacchiera ma il progetto non definisce perfettamente lʹorganizzazione degli spazi interni alle mura, così che, nel tempo, il ceto mercantile emergente che occuperà la città potrà modellare lo spazio urbano secondo le proprie esigenze forzando il progetto del Buontalenti.
Anche per quanto riguarda le fortificazioni il piano del Buontalenti sarà modificato in modo consistente nel corso dei secoli XVII e XVIII.
I lavori procedono sotto Francesco I abbastanza velocemente anche se, soprattutto nei primi anni, gli investimenti granducali appaiono contenuti, probabilmente a causa della crisi economica che interessa lo stato della Toscana verso il 1580.
Alla morte di Francesco I (1587) diventa Granduca di Toscana il fratello Ferdinando e durante il suo regno avvengono delle modifiche allʹassetto generale della città previsto da Buontalenti: si prevede infatti lo costruzione di quella che verrà chiamata Fortezza nuova.
ʺAI progetto definitivo di tale struttura contribuiscono, sotto la supervisone di Giovanni deʹ Medici, Pieroni, Bonanni e lo stesso Buontalenti. I lavori iniziano nel 1590 e vengono ultimati di lì a pochi anni: già nel 1594 è attestato un presidio militare; si lavora tuttavia alle opere esterne ancora nel 1601.
È di questi anni una Pianta delle fortificazioni di Livorno, datata 1590‐93, di Giorgio Vasari il Giovane: vi compare la cinta difensiva e il Fortezza Nuova terminata; la vecchia città di Cosimo, risulta ancora intatta.
Nel 1592 si ha notizia di lavori di scavo di un fossato, probabilmente esterno alla stessa Fortezza nuova, realizzato forse in concomitanza ai lavori di scavo sistemazione dellʹarrivo del Canale dei Navicelli; tale fossato viene prolungato tutto intorno alla Fortezza nuova tra il 1596 e il 1597. A questo proposito è interessante segnalare il parere richiesto allʹingegnere militare Orfeo Galiani che visita Livorno nel 1594 e rileva, tra le altre cose, la necessità di scavare un fossato tutto intorno al perimetro fortificato della città.ʺ
Con Ferdinando I, oltre ai lavori di fortificazione, continuano le opere di miglioramento nellʹarea portuale: era infatti prevista la realizzazione di una seconda darsena contigua alla vecchia darsena detta del Pamiglione. Nel 1591 cominciano i lavori presto ultimati sotto la sovraintendenza di vari tecnici e ingegneri fra cui Giovanni dei Medici. Venne poi rafforzato il muro esterno dello nuova darsena e la Torre della Nespola che si trovava allʹ estremità sud.
La nuova darsena fece sì che potesse nascere una zona adatta per la sosta e la riparazione delle navi e, proprio per poter espletare questo servizio, venne fondato una piattaforma davanti alla darsena stessa, con capannoni, che costituì il nuovo arsenale. I lavori presso la zona del porto continuarono fino al 1916; vi furono interventi alla Torre del Fanale, venne fatta la pulitura dei bacini e avvenne lʹapertura di una piccola darsena interna, come si può costatare dal Motuproprio del 27 Marzo 1906, in cui si trova lʹistituzione di una tassa di ancoraggio su tale darsena.
Dal 1580 venne anche costruito, presso il Fanale, il Lazzaretto di San Rocco, a sud della città, in una zona subito fuori dalla cinta muraria, dove attualmente si trova il cantiere navale Luigi Orlando, e che era adatta per le operazioni di movimento delle merci.
Tale lazzaretto, chiuso da un recinto ottagonale, doveva ospitare i numerosi malati infetti che transitavano a Livorno per ragioni
commerciali. AI suo interno questo struttura comprendeva gli spazi per le mercanzie, gli alloggi per i malati ricoverati e le abitazioni dei guardiani.
La città aveva quindi superato le aspettative di Cosimo l, aveva raggiunto una sua fisionomia ben precisa e aveva acquistato una certa autonomia funzionale grazie a nuove strutture e infrastrutture. Lʹunico problema rimaneva quello di mano dʹopera capace di farle funzionare. Le autorità medicee presero a tal fine una serie di provvedimenti per il popolamento di Livorno perché, ancora nel 1590, vi si contavano poco più di cinquecento abitanti. Già Cosimo I, negli anni 1547 e 1548, aveva emanato bandi per cercare di attrarre nuovi abitanti.
In questo periodo i nuovi bandi riescono ad aumentare sensibilmente la popolazione dellʹarea livornese e di quella pisana. Ricordiamo il bando rivolto ai greci del 1589, quello riguardante lʹesenzione da dazi e gabelle e lʹimmunità per debiti e delitti commessi dellʹ8 ottobre 1590 e infine una serie di privilegi ed esenzioni concessi ai mercanti. Oltre al fatto di voler popolare la città cʹè anche lʹintenzione di introdurre attività artigianali e mestieri utili per poter creare una capacità produttiva del porto autonoma e qualificata.
Dato il tipo dei bandi emanati e soprattutto considerate a chi si rivolgono, è logico che inizialmente, fino al primo decennio del nuovo secolo, lʹestrazione sociale degli immigrati sia
genericamente popolare, e solo alla metà del Seicento riesca a diventare propriamente mercantile.
ʺCon la pianta prospettica di Livorno realizzata da Bernardino Poccetti nellʹambito di un ciclo di decorazioni per la Sala di Bona in Palazzo Pitti, attuate fra il 1607 e il 1609, disponiamo di una delle prime vedute della città nuova. Lʹaffresco, realizzato con intenti celebrativi, non è proprio un vero documento scientifico, vista la presenza di strutture non esistenti; tuttavia lo pianta consente una lettura significativa dei principali interventi di pianificazione urbanistica realizzati al primo Seicento. Il fosso circondario, scavato tutto attorno alle nuove mura a partire dal 1601, che la veduta del Poccetti rileva con precisione viene ora a focalizzare la nostra attenzione, costituendo lʹimpianto delle strutture oggetto del nostro studio. Lo scavo del fossato risulta essere uno dei lavori più impegnativi per la città. Il cantiere è diretto dall’ingegner C. Cogorano, coadiuvato dal Pieroni, ed è caratterizzato do una rigorosa organizzazione tecnica e amministrativa. Notevole è il numero dei lavoranti impiegati, quasi totalmente coatti. Si tratta, infatti (come si ricava da più fonti) di schiavi e contadini oscillanti complessivamente fra le 3.000 e le 7.000 unità, costretti a prestare manodopera dietro compensi minimi.
“Nel 1602 e 1603 si lavora alla gagliarda e si finiscono i fossi a torno a
città servendo la terra per i bastioni ... si finiscono i fossi e tutti li baluardi e rivellini e si dà acque alli fossi .... “
Con ogni probabilità lʹacqua di cui si parla nel paragrafo precedente, tratto dal libro da noi citato, non era acqua fluviale poiché il Canale dei Navicelli non aveva nessun collegamento con i fossi, bensì acqua di mare, fatta entrare nei fossi abbattendo le palizzate che chiudevano le due bocche, alla Fortezza vecchia e all’Arsenale.
I fossi vengono realizzati per uno scopo difensivo andandosi a inserire nel sistemo delle fortificazioni. ʺFanno eccezione il piccolo canale aperto per collegare la Darsena nuova (1590) con il fosso circondario e quindi con lʹinsenatura di Porto Pidocchio e lʹultimo tratto del Canale dei Navicelli che, esternamente alla Fortezza nuova, viene a gettarsi in mare di fronte alla Fortezza vecchia; entrambi sono visibili nella pianta del Goccetti (1611).
Anche lo Fortezza nuova, cime abbiamo già detto, viene circondata completamente da un fosso che la separa dalla città. Tale fossato appare, fin dalle piante più antiche più stretto del fosso Reale, come del resto è attualmente.
Da una lettera (24 febbraio 1601) del Cogorano, sovrintendente alle fortificazioni e quindi al cantiere dei fossi, apprendiamo alcune notizie circa lo realizzazione dellʹ opera: AI principio di
serano di larghezza br. 200 e profondi che le galere comodamente Il potranno andare.
In una lettera successiva si apprende chi lavora allʹimpresa: io sono
restato a Livorno per far lavorare intorno a questa fortificazione, di presente lì lavora 5. 000 contadini et 2.000 schiavi.ʺ
Sotto il governo mediceo quello che era un piccolo centro di pescatori si trasformo quindi in una vera città portuale, che appare ultimata nel 1906. I traffici aumentano notevolmente e appare evidente che lʹattività portuale ha bisogno sia di nuove strutture che di infrastrutture.
ʺDa un documento della Compagnia dei Facchini bergamaschi e
valtellini risultano gli scali in uso alla fine del Cinquecento: in
numero limitato sono collocati tutti in unʹarea ben individuabile della città, nei pressi delle Darsene e prossimi allʹarrivo del Canale dei Navicelli; area che manterrà con i successivi sviluppi urbanistici questa valenza funzionale che troverà la sua massima espressione con la creazione del nuovo quartiere di Venezia nuova.
In questa stessa ottica si colloca lʹapertura di una nuova darsena, interna alla città nella piazza dʹArme (attuale piazza Grande), tra le due fortezze, collegata al fosso circondario e quindi alla darsena con in canale acciò che con più comodità e minor spesa i mercanti
potessero imbarcare e sbarcare, come si legge nel Motuproprio 27
Cosimo II successe al padre Ferdinando I nel 1609 e con lui la strategia progettuale portuale cambia in modo radicale soprattutto perché tiene in considerazione le esigenze proprie della nuova classe mercantile che chiedeva sempre più insistentemente infrastrutture sufficienti per poter affrontare lʹaumento continuo dei traffici, continuando inoltre a migliorare lʹassetto difensivo.
Il nuovo Granduca abbandona il progetto di ampliare la zona del Fanale costruendovi un porto: progetto che i Medici avevano intrapreso a partire da Cosimo I nel 1573 e che era stato continuato dai suoi successori ma che non ero mai stato portato a termine.
Il progetto di Cosimo II può essere considerato più modesto ma sicuramente risulta più veloce e facile da realizzare. Il granduca decide di costruire un molo in una posizione maggiormente arretrata verso terra rispetto a quelli del Fanale; tale molo, essendo più vicino alla costa, avrebbe dovuto sostituire lʹattracco presso il molo di Ferdinando, che era possibile utilizzare solo sostenendo gravose opere di manutenzione.
Questo nuovo molo, detto di Cosimo, si sviluppa in modo parallelo alla costa In direzione nord‐ovest, creando un ampio bacino aperto verso nord.
I lavori cominciano nel 1611 e vengono portati a termine nel 1620, assorbendo in questi anni la maggior parte degli investimenti
dellʹUfficio della Fabbrica; dʹaltra parte questo progetto, una volta ultimato, risolverà definitivamente il problema dellʹ attracco allo scalo livornese.
Non si possono identificare con esattezza né gli artefici, né i responsabili del progetto ma sappiamo con sicurezza che parteciparono ad esso Cogorano e Cantagallina.
Intanto, nel 1621, a soli undici anni, Ferdinando II succede al padre Cosimo II e governa prima sotto la reggenza della nonna Maria Cristina di Lorena e poi della madre Maria Maddalena DʹAustria.
Per quanto riguarda il riempimento degli spazi allʹinterno della città, è da notare il ruolo finanziario significativo svolto dallʹente dei Ceppi di Prato per le realizzazioni edilizie, che sostituisce in materia di investimenti lʹUfficio della Fabbrica, il quale mantiene comunque le sue funzioni direttive. Il Granduca, con unʹordinanza del 1627, affida lʹincarico ai Ceppi di costruire magazzini per il deposito delle merci: le nuove strutture saranno edificate nelle vicinanze del Porticciolo. I Ceppi realizzano a Livorno anche altri magazzini a partire dal 1638, lungo il fosso di fronte alla Fortezza nuova.
Tutte queste costruzioni mostrano con chiarezza la tipologia edilizia propria dellʹinsediamento del ceto mercantile a Livorno nei secoli XVII e XVIII. Fondamentali risultavano il legame tra
spazi commerciali e il rapporto con la via dʹacqua, che permettevano le attività produttive della città.
Dal 1620 si comincia a discutere sullʹefficienza dellʹapparato difensivo, partecipano a tale discussione i principali architetti e ingegneri della Corte Medicea: cʹè perfino chi propone lo smantellamento della Fortezza Nuova, che era considerata da qualcuno inutile o comunque non idonea; emerge inoltre la necessità di un rafforzamento delle difese della zona portuale. AI di là della reale necessità di un ripensamento delle strutture difensive, c’è da notare anche la necessità sempre più pressante di nuovi spazi per permettere lʹampliamento della città. Livorno infatti si trovava ad affrontare i problemi connessi al fatto di essere in piena espansione, ma di trovarsi costretta allʹinterno della cinta fortificata.
Il progetto di ampliamento della città, detto poi Primo
accrescimento della Venezia nuova, riguarda lʹarea adiacente al
vecchio borgo verso il mare, tra lo Fortezza Vecchia e quella Nuova, dove si trova lʹultimo tratto del Canale dei Navicelli che collega il porto pisano a Livorno, che appare il luogo adatto per lo svolgimento delle attività dei mercanti.
Il responsabile del progetto di accrescimento della città di Livorno è il senese Giovan Battista Santi, Provveditore allʹArsenale di Pisa; il progetto ha, durante i primi anni, una parziale realizzazione
perché il ruolo economico di Livorno non è ancora ben definito, ma costituisce comunque il primo passo di una strategia urbana di ampio respiro che porterà al decollo dellʹeconomia portuale livornese e delle relative attività mercantili.
ʺSi tratta di realizzare una sorta di isola percorsa da canali, attrezzata con ponti e scali; notevoli risultano i problemi tecnici da affrontare e naturale appare il ricorso alla tradizione veneziana, attraverso il coinvolgi mento di maestranze di quella città. Il nuovo quartiere, assimilabile nella sua configurazione spaziale alla città lagunare, viene a questa associato dalla coscienza collettiva, ... è ritratto di Venezia scrive il Magri, sì da prendere il nome di Venezia nuova.
I lavori risultano iniziare nel 1629 ma, soprattutto per la carenza di finanziamenti, procedono molto lentamente; nel 1631 fra lʹaltro muore il Santi, lʹinterlocutore principale per il progetto.
Dai registri della Decima di Livorno (attivata nel 1646) ricaviamo alcuni dati sulle realizzazioni nel nuovo quartiere che appaiono assai modeste: risultano infatti 7 case e 7 magazzini, questi ultimi allineati lungo il canale.ʺ 7
Gli scali disposti lungo il canale di cui si parla sono gli elementi che più caratterizzano questa zona, perché i nuovi edifici e magazzini vengono costruiti allo stesso livello dei fossi e quindi ne risulta che il collegamento tra la via carrabile e quella dʹacqua
si ottiene mediante scali diretti come Scali delle Barchette, Scali delle Ancore, scali Rosciano. Per quanto riguarda le cantine, strutture caratteristiche, in alcuni casi lʹimpianto di esse corrisponde a quello dei palazzi soprastanti, i cui proprietari intravedono la praticità di un diretto collegamento con il fosso per una più agile conduzione delle operazioni di carico e scarico delle merci, in altri casi sebbene vengano ricavati spazi scantinati sotto lʹedificio questi non vengono, per il momento, collegati al fosso. Con la nascita del quartiere chiamato Venezia nuova, alla metà del XVII secolo, si ripropone il problema delle fortificazioni poiché, oltre al fatto che erano già emersi punti di debolezza, appare evidente che il nuovo quartiere ha bisogno di strutture difensive.
I lavori di fortificazione cominciano intorno al 1630 con la realizzazione di un nuovo fronte fortificato. Ferdinando Il incarica il Cantagallina, assistito dal Cecchi, con la supervisione di Giovanni Medici marchese di Santʹ Angelo, per il disegno di un nuovo tracciato difensivo del porto, realizzato nel periodo che va dal 1637 al 1643. Il progetto prevede la realizzazione di due nuovi bastioni che si estendono dal Bastione del Mulino a Vento verso il mare, a difesa del lato sud del bacino portuale, fra il Lazzaretto di San Rocco e lo specchio racchiuso dal Molo di Cosimo. Alla cortina difensiva che prenderà in seguito il nome di Porta Murata, viene aggiunto, sul lato che si affaccia sul Porto, un torrione
chiamato la Vittoria in onore della moglie del Granduca Ferdinando II, che sarà circondato dalle acque e collegato al baluardo adiacente e al molo con dei ponti. Uno di questi ponti, detto Ponte della Sassaia, si collegava al Molo Cosimo.
A lavori ultimati Jacopo Perruzzi, Provveditore della Fabbrica, assegna il nome di Ferdinando al nuovo porto.
Figura. 1.2 Pianta della città di Livorno e parte della campagna ad essa adiacente (ca 1770)
Negli anni ʹ40 del XVII secolo lʹopera di Porta Murata sarà oggetto di ulteriori lavori, venne infatti progettata unʹintegrazione dei baluardi, sul lato rivolto al porto, di unʹ opera avanzata a forma di tenaglia e di un fortino sulla punta del Molo Cosimo di cui non
conosciamo la data precisa di esecuzione ma sappiamo che sicuramente elabora dei progetti lʹarchitetto Pier Maria Baldi.
La realizzazione del progetto verrà effettuata dal Cecchi almeno dieci anni più tardi. Il Fosso circondario viene in questo modo deviato intorno ai due nuovi baluardi e collegato con i canali del Lazzaretto di San Rocco (1580). Questo Lazzaretto risulta a sua volta collegato con il Lazzaretto di San Jacopo, iniziato nel 1643 e portato a termine alla fine del secolo nella località delle fornaci dei mattoni, attraverso un canale navigabile detto delle ʺFornaciʺ. Il fosso delle Fornaci era stato progettato fin dal 1629 per il trasporto dei blocchi di pietra che si estraevano in quella zona, e viene realizzato in vari momenti fino allʹanno 1704, ed è poi utilizzato come via di collegamento fra i due lazzaretti. Il canale, detto poi dei lazzaretti o della Bassata, percorreva la zona che attualmente prende i nomi di via della Bassata e Borgo San Jacopo. Tale canale sarà interrato nel 1888.
Nel 1670, alla morte di Ferdinando Il, diventa Granduca di Toscana Cosimo III che prosegue le opere paterne.
Riguardo alle fortificazioni, appare pregnante il problema della sistemazione delle opere di difesa a nord della città di cui si era già discusso all’inizio del XVII secolo ma che è reso ora più
urgente dopo la costruzione del nuovo quartiere della Venezia nuova, visto che la difesa era in un primo momento affidata solamente ad un muro alto circa sette braccia.
I lavori per il riassetto della fortificazione in quella zona cominciano nel 1680 su progetto del Generale Marco Alessandro Dal Borro, governatore della città, che mette a punto il progetto di cui sarà esecutore lʹarchitetto Pier Maria Baldi. Nel 1682 si definisce la forma del nuovo baluardo previsto dal piano, nominato dallo stesso Dal Barra San Pietro d’Alcantara, che allacciandosi al muro di protezione della Venezia si sviluppa in mare in direzione della Torre del Marzocco; una volta terminato viene collegato grazie ad una cortina muraria al Rivellino di San Marco, esso collegato al Baluardo della Fortezza Nuova e nellʹ8oo verrà inglobato nella nuova cinta daziaria di Manetti, per poi ospitare i Nuovi macelli alla fine del secolo XIX.
L’ampliamento della cinta difensiva della città continua quindi nel 1688 con i lavori di scavo e fondazione del Rivellino San Marco che costituisce la punta avanzata fra il bastione da poco realizzato e quello grande della Fortezza nuova, su progetto del marchese di Vauban. Il Rivellino sarà ultimato all’inizio del secolo XVIII e poi, avendo perso la sua importanza difensiva nel corso dell’Ottocento, verrà lottizzato.
Il nuovo baluardo e il Rivellino vengono circondati dal prolungamento del fosso circondario, viene inoltre deviato l’arrivo del Canale dei Navicelli nel fosso esterno al baluardo della Fortezza nuova. Questi lavori di scavo e sistemazione dei canali rappresentano un passo avanti per la bonifica della zona. Dopo tutti questi lavori di riorganizzazione dell’apparato difensivo della città, si ripropone il problema della Fortezza nuova, che già era stata considerata negli anni precedenti troppo grande, e a questo punto appare inutile visto che una parte di essa si trova all’interno delle fortificazioni realizzate dal progetto di Del Borro.
La demolizione di una parte della struttura e la relativa lottizzazione, viene attuata nel 1695 secondo il progetto di Alessandro Dal Borro che prevede la realizzazione del secondo accrescimento del quartiere della Venezia Nuova noto come
accrescimento della Fortezza nuova demolita. Lʹespansione del nuovo
quartiere comprende anche le zone vicine ai fossi che circondano la Fortezza, sia verso la città vecchia che a ridosso delle nuove fortificazioni.
Questo seconda zona risulta, come la prima, segnata profondamente dalla presenza di vie dʹacqua e appare originale lʹutilizzo del fosso militare come via dʹacqua per il supporto delle attività commerciali legate al porto di deposito.
Da quanto si è detto si evince che, per ciò che riguarda il nuovo quartiere di Livorno, siamo in presenza di un modello urbanistico originale. Infatti i nuovi palazzi, pur essendo realizzati autonomamente dai proprietari, mantengono, pur nella diversità delle forme e dei materiali, elementi comuni e caratteristici: lʹaffaccio sui canali, la presenza di ampi magazzini a livello dellʹacqua o della strada, lʹutilizzazione di spazi scantinati sotto la strada pubblica, nellʹottica ottimizzazione degli spazi e dei meccanismi di trasporto e deposito delle merci.
Significativo è il fatto che il progetto si realizzerà quasi esclusivamente sulla base dellʹintervento di privati, soprattutto mercanti, gruppo sociale ormai consolidato.
Le esigenze di prestigio che il ceto emergente non può fare a meno di esprimere, determinano la creazione di una nuova tipologia urbana che esige la separazione della dimensione abitativa da quella commerciale; che si vengono quindi a distribuire sui due fronti opposti degli isolati: sulla strada principale la prima, sul canale la seconda.
Risulta inoltre interessante che nel nuovo accrescimento della Venezia vi si possono riscontrare ancora strutture dove risulta evidente la compenetrazione tra la funzione mercantile, esercitata nei magazzini a piano terra, e la funzione abitativa, al piano superiore.
In questo periodo vengono costruite anche strutture di carattere pubblico come la Pescheria, vicino agli scali della Fortezza Nuova, progettata dallʹArchitetto Giovan Battista Foggini e realizzata dal 1699 e il Palazzo del Monte di Pietà, fatto costruire da Cosimo III nel 1701 su progetto degli Architetti Giovanni Del Fantasia e Giuliano Ciacheri. Entrambe le strutture sono realizzate dalla Comunità di Livorno. Nascono anche alcune strutture ecclesiastiche come la Chiesa di Santa Caterina e il retrostante Convento dei Domenicani che si sviluppano lungo gli scali del Refugio o partire dal 1699.
ʺÈ da questo momento dunque che il Sistema dei fossi con le sue afferenze, si viene a configurare nei suoi aspetti più significativi:
• come impianto razionale, ideato e strutturato su due livelli: vie dʹacqua attrezzate con banchine e piano stradale a queste collegato per mezzo degli scalandroni (rampe di accesso dalla strada alla banchina sul fosso );
• come punto nevralgico della spazialità urbana, sul quale vengono ad insistere elementi di pubblica utilità e ritrovo, e più in generale gli spazi e le infrastrutture dell’attività economica commerciale dominante;
• come elemento riconoscibile e individuativo dellʹimmagine della città stessa, celebrata e ripresa più volte proprio negli spaccati di vita attiva all’interno del quartiere Venezia nuova.
Lʹ assetto definitivo del nuovo quartiere si raggiungerà nella seconda metà del Settecento quando saranno completati gli interventi edilizi sulla nuova isola, ma anche nella zona del primo accrescimento che aveva visto fino alla fine del Seicento realizzazioni piuttosto modeste. In questa zona vengono realizzate delle strutture pubbliche finalizzate allo svolgimento delle attività di porto di deposito e ai bisogni di una popolazione che ha raggiunto al principio del Settecento le 18. 000 unità. “
Nel 1698 viene presa la decisione di costruire i Bottini dellʹOlio, magazzini specifici per la conservazione di questo prodotto, sullʹisola a mare del primo accrescimento della Venezia, dove fra lʹaltro erano state collocate le Buche del grano, subito a ridosso della Fortezza vecchia dove prima si trovava un capannone per il deposito dei legnami; questo luogo fu scelto anche per la vicinanza con il fosso.
Il provveditore delle Fabbriche di Livorno, Matteo Prini, inviò al Granduca i disegni di due progetti, di cui venne approvato quello che prevedeva solo 208 bottini.
I Bottini dellʹOlio vengono eretti nel 1705: si tratta di un grandissimo locale, dotato di due ampi saloni, coperto da una volta reale sostenuta da due file di otto pilastri in pietra. La parte superiore è costituita da soffittature in legno con orditura assai complessa, le vasche per lʹolio sono ubicate in fila unica lungo le pareti minori e in fila doppia lungo gli assi dei pilastri. Nel 1724 terminano i lavori, nel 1729 saranno ampliati per volontà del figlio di Cosimo III, Gian Gastone su disegno di Giovanni Del Fantasia. Nel 1682 Cosimo III decide inoltre di creare una struttura adatta per il ricovero di poveri e mendicanti, nota con il nome di Case Pie, adiacente alla chiesa del Luogo Pio.
All’inizio del secolo XVIII, viene interrato il cosiddetto Porticciolo e l’area così ricavata viene lottizzata. La piccola darsena interna, dove si svolgevano operazioni di scalo e di dogana, viene infatti a perdere la sua utilità alla fine del Seicento perché nel 1676 viene istituito il Porto Franco che cambia le pratiche di sdoganamento e ormai sono presenti molti canali e scali più comodi e funzionali tanto da renderla una fonte di problemi più che una reale necessità.
Nonostante la sua scarsa utilizzazione, Ferdinando II fino al 1697 propone lavori di sistemazione alla piccola darsena interna che comunque non vengono attuati.
Sull’area del Porticciolo, ormai interrato, vengono realizzati i cosiddetti Tre Palazzi su un progetto del 1704, probabilmente di G.B.Foggini.
Nel 1737 muore lʹultimo erede della famiglia Medici, Gian Gastone, e il governo del Granducato di Toscana passa alla dinastia dei Lorena.
La sera del 20 gennaio 1739, Francesco III duca di Lorena e di Bar entra solennemente in Firenze per prendere formale possesso, quale ottavo Granduca, della sede lasciata vacante dai Medici e attribuitagli dai preliminari del trattato di Vienna del 1735 come indennizzo per la perdita dei Ducati di Lorena e di Bar concessi alla Francia.
La città di Livorno alla metà del secolo XVIII con i suoi 31.000 abitanti è la seconda città della Toscana e la dodicesima in Italia. Il Porto livornese è, dalla secondo metà del secolo XVII, “francoʺ cioè considerato come territorio non nazionale e quindi vi si potevano introdurre merci straniere senza pagare il dazio. Erano consentite tutte le operazioni di deposito, smistamento, spedizione che caratterizzano il commercio di deposito dei secoli Diciassettesimo e Diciottesimo. Erano inoltre sorte piccole industrie di confezione di abiti orientali, armatoriali e artigianali. Bisogna però sottolineare che ogni porto di questo tipo doveva il proprio successo anche al peso politico della nazione in cui si
trovava e che presupponeva una forma di commercio approssimativa, destinata a scomparire col miglioramento delle comunicazioni e dei trasporti e con il formarsi di un mercato a livello mondiale. Quindi in questo periodo, anche se la situazione continua ad essere prospera, si cominciano a intravedere i segni di una flessione legata ad una generale crisi dei porti di deposito e la dinastia dei Lorena si trova ad affrontare questo problema oltre a quello legato all’ espansione della città.
Le proposte per Livorno e per Pisa in epoca lorenese derivano evidentemente da modelli europei e testimoniano che lʹarchitettura toscana sta muovendosi In maniera nuova secondo una visione che mette in sordina il concetto di architettura monumentale per mettere in evidenza unʹarchitettura intesa come montaggio e composizione di tipologie.
Per quanto riguarda il sistema delle comunicazioni, sotto i Lorena rimane praticamente quello seicentesco, e quindi inadeguato per lo sviluppo raggiunto dalla città di Livorno alla metà del Settecento. Dʹaltra parte viene dedicata una cura particolare, con atti di governo specifici come gli accordi con i paesi musulmani, allʹincentivazione della navigazione toscana e quindi anche livornese.
Da ricordare, a questo proposito, la realizzazione del Refugio fatto costruire dal Granduca in unʹarea adiacente al Convento dei Domenicani nel quartiere della Venezia. ʺQuando si decise, nel
1755,di costruire lʹedificio del Refugio per educare alla vita marinara gli orfani si tenne probabilmente conto dellʹesperienza della Scuola nautica triestina istituita con risoluzione sovrana del 1753.”
Intanto il governatore civile di Livorno, Carlo Ginori, affronta il problema della malaria, promuovendo la bonifica di paludi a nord‐est della città.
Riguardo alla richiesta di nuovi spazi edificabili, con i Motupropri del 1751 e del 1758 si provvede alla creazione di un nuovo sobborgo presso lo Chiesa di San Jacopo e il Lazzaretto di San Jacopo, con la concessione di facilitazioni per lʹedificazione in questa zona.
Questo tentativo di decentramento non ebbe i risultati sperati infatti nuovo sobborgo fu disertato dai mercanti diventando residenza dei ceti meno abbienti.
Nel 1769, nellʹambito di un piano di riorganizzazione sanitaria, viene edificato un terzo lazzaretto, poco più a sud rispetto a quello di San Jacopo, noto con il nome di San Leopoldo, nellʹattuale area dellʹAccademia Navale.
Negli anni successivi il crescente sviluppo della popolazione livornese rende necessario prendere un radicale provvedimento per rispondere alla sempre crescente richiesta di alloggi e magazzini. Il Motuproprio del 15 dicembre 1776 abolisce il divieto di edificare allʹinterno della zona circoscritta dalle guglie, lungo la
quale corre, seguendo lʹandamento dei bastioni, la via delle Spianate. Il provvedimento tiene conto della pressante richiesta dei privati di poter utilizzare lʹarea delle fortificazioni per lʹespansione della città. Rimane però vietato costruire in alcune zone come la strada che lungo il mare si dirige a sud che salvaguardò la fascia costiera.
Dopo lʹabolizione dei vincoli militari, la costruzione fuori dalle fortificazioni ha un grande sviluppo. Vi aumentano anche le iniziative pubbliche tra cui il cimitero dei cattolici e una nuova chiesa a Salviano.
Successivamente si concedono permessi di costruire sugli spalti delle fortificazioni, uno dei primi permessi viene rilasciato nel 1777 a Giovan Battista Pons e al figlio Giovacchino, per lʹedificazione di alcuni mulini. È di qualche anno più tardi la vendita di unʹaltra parte delle fortificazioni, gli spalti in prossimità della Porta a Pisa, che viene acquistata da Giovan Battista Pellettier.
La vendita della fascia delle fortificazioni si realizza senza un piano organico proseguendo in questo modo fino al 1828. Quello che da queste iniziative lorenesi, confermate successivamente, è lʹintenzione di allentare il peso dellʹautorità e dellʹistituzione militare a favore di interessi economico‐produttivi.
Sotto il Granduca Pietro Leopoldo, che succede a Francesco III nel 1765, e poi sotto il figlio Ferdinando II avvengono altri
cambiamenti nellʹassetto della città: nel 1780 il console sardo a Livorno, Paolo Baretti ottiene lʹautorizzazione per la costruzione dei bagni presso il Forte dei Cavalleggeri, nel 1792 viene decisa la costruzione di un nuovo acquedotto, che durerà quasi mezzo secolo.
Nel periodo della Rivoluzione francese ed in quello napoleonico si alternano per Livorno periodi di grande prosperità e periodi di ristagno. Lʹaccrescimento della città appare modesto e il periodo francese non lascia sulla città impronte significative.
Comincia in questo periodo lʹespansione della città al di fuori della cinta bastionata e ciò appare alla fine del Settecento come assolutamente necessario, data lo grande pressione della densità abitativa che già alla metà del secolo aveva provocato una generale sopraelevazione degli edifici, avvenuta in modo incontrollato.
Lo sviluppo delle costruzioni fuori dai bastioni si concentra al di là delle due principali porte della città: la porta dei Cappuccini a sud e quella a Pisa verso est. ʺDalla Pianta della Città e Porto di
Livorno di Antonio Piemontesi del 1790 si ricava la situazione alla
fine del secolo: la città appare ancora tutta allʹinterno della cinta muraria sebbene siano presenti alcuni blocchi di case sugli spalti subito esterni o Porta a Pisa ed altri lungo la strada dei Cappuccini; altri infine lungo strade minori e lungo la via delle Spianate, antico limite delle servitù militari.”
Nel 1802 viene venduto il basso terrapieno esterno al fossato e ai bastioni da Porta a Pisa a Porta Cappuccini e nello stesso anno la direzione della Dogana vende varie strisce di terreno facenti parte delle fortificazioni. Queste operazioni avvengono da un lato per risolvere il problema del bisogno di spazi, dallʹaltro per poter avere un risanamento delle finanze pubbliche, attraverso appunto la vendita di beni demaniali.
Nonostante tutti questi tentativi, gli acquisti risultano modesti, probabilmente anche a causa dei pesanti obblighi a cui ogni progetto di realizzazione deve sottoporsi e che riguardano fognature, marciapiedi, facciate, ecc. Le zone in cui risultano gli acquisti sono quelle più prossime alle due porte. Le aree che si trovano a sud della città rimangono libere e saranno interessate dagli interventi di pianificazione del direttore delle Regie Fabbriche.
Sempre in questa ottica di espansione dellʹarea delle fortificazioni rientra la lottizzazione dellʹarea del Rivellino San Marco provocata da una forte richiesta di abitazioni e magazzini. I terreni vengono acquistati da due ricchi commercianti, Livron e Hamelin, che, sulla base di un progetto redatto dall’Ingegner Mori, dello Scrittoio delle Regie Fabbriche, presentano un piano di edificazione ultimato nel primo decennio del secolo XIX.
“Il nuovo quartiere risulta pienamente accordato come trama urbana ed edilizia ai vicini quartieri settecenteschi della Venezia
nuova: primo esempio di felice inserimento di un quartiere ottocentesco nel coerente sistema sei‐settecentesco.ʺ
La maggior parte dei lotti viene ceduta ad una società rappresentata da Luigi Gargani, impresario dei lavori pubblici fiorentino, che prende anche lʹappalto per la realizzazione dei lavori. Sul fianco del Rivellino prospiciente la Fortezza nuova vengono realizzate alcune cantine la cui licenza di costruzione viene specificatamente espressa nel contratto stipulato con le Regie Fabbriche. Il contratto prevede anche la realizzazione, per conto dello Stato, di una darsena sul fosso Reale, di un nuovo ponte di collegamento con gli attuali scali del Pontino, della relativa porta di accesso, di un teatro e di un Bagno pubblico. Negli ultimi anni dellʹimpero napoleonico, non si hanno novità in campo edilizio ma fanno progressi i collegamenti stradali soprattutto negli anni in cui Livorno è annessa allʹImpero Francese come capoluogo del Dipartimento del Mediterraneo. Con la Restaurazione e il ritorno del Granduca Ferdinando III dei Lorena, la città ha una grande ripresa, Livorno conserva un importante posto tra i grandi crocevia del commercio europeo anche se non riacquista la posizione di preminenza che aveva nel secolo precedente e non riesce a stare al passo con le altre città. La Restaurazione riporta in vigore gli antichi ordinamenti toscani anche se si modella un codice toscano su quello napoleonico e
rimangono alcuni tecnici tra cui Pasquale Poccianti che diventa architetto delle Regie Fabbriche e direttore dellʹ acquedotto.
Durante i primi anni della restaurazione non si hanno rilevanti novità in campo edilizio, eccetto la sistemazione della zona del Rivellino San Marco: viene costruito un ponte sul fosso che chiudeva a nord la città, si sistema la strada che dal ponte si dirige verso la campagna costeggiando il fosso interno alla Fortezza Nuova fino a raggiungere la via Pisana, si attua la sistemazione degli scali intorno alla darsena della Fortezza nuova, secondo il progetto di Poccianti.
Per quanto riguarda la pianificazione di questa zona appare evidente lʹintenzione progettuale di creare un rapporto agile e funzionale fra la via dʹacqua e le infrastrutture, come abbiamo visto essere caratteristico del quartiere Venezia.
Il Iato sud della città avviene invece grazie ai proprietari dei terreni.
Figura. 1.3 Pianta della città di Livorno e della nuova cinta muraria (1844)
Intanto continua lʹespansione dei sobborghi, soprattutto di quello fuori Porta a Pisa di quello dei Cappuccini che alla fine del secondo decennio dellʹOttocento contano più 10.000 abitanti. L’espansione, essendo priva di pianificazioni, avviene in modo assai disordinato e tutto ciò provoca preoccupazioni presso le Autorità Centrali.
NeI 1828 Leopoldo II decide di vendere la porzione degli spalti rimasti a sud della città, fra la Chiesa di San Benedetto e il Borgo dei Cappuccini, realizzando un getto di Leopoldo I, sia per necessità di spazi che per il momento finanziariamente favorevole. La zona non era stata precedentemente coinvolta dallo sviluppo dei sobborghi perché difficilmente accessibile.
L’operazione, che appare complicata, avviene più precisamente nellʹ area del Bastione del Casone, e si realizza sulla base di un progetto elaborato dal Direttore d Il Regie Fabbriche, lʹArchitetto Luigi De Cambray Digny, nel 1828.
Il progetto prevede lʹapertura di una nuova porta, intitolata a S. Leopoldo in onore del sovrano, sulla punta del Bastione del Casone ed un ponte sul fosso circondario per mettere in comunicazione diretta i sobborghi con il centro cittadino. I terreni degli spalti del bastione vengono ridotti a livello delle strade di città e destinati alla costruzione di fabbriche. La strada degli spalti viene sostituita da una strada più comoda e lineare per collegare Porta a Pisa e Porta a Cappuccini.
Il nuovo quartiere, detto di San Leopoldo, si collega alla città vecchia con una strada, attuale via Cairoli, che si congiunge al Cardo (o Cardine) cioè la via principale nord‐sud della città di Livorno progettata da Buontalenti, e che diventa l’asse di simmetria nella pianificazione dei nuovi isolati ricavati sullʹarea
dellʹex Bastione del Casone. Lʹunico elemento di dissimmetria rimane lʹantico cimitero inglese.
Le espansioni edilizie, In aumento ai margini della vecchia città, inducono l’amministrazione granducale a deliberare in merito alla costruzione di una più ampia cinta daziaria: a questo proposito nel 1834, con un Motuproprio granducale, si decreta lʹestensione dellʹarea del Porto franco includendo i sobborghi fino alla linea della nuova barriera da costruire.
Il progetto delle nuove mura è affidato ad Alessandro Manetti, Direttore del Consiglio degli Ingegneri, principale organo di consulenza tecnica del Granducato.
Il tracciato della nuova cinta muraria racchiude unʹarea semicircolare dieci volte più grande della vecchia città, includendo i più grossi sobborghi, le ville settecentesche, la maggior parte degli orti e lo Dogana dʹAcqua.
Va inoltre sottolineata la sperimentazione del connubio tra materiali inconsueti come la ghisa e tradizionali come la pietra che costituisce una frattura della continuità del pocciantiano vialone degli Acquedotti.
In seguito allʹampliamento della cinta doganale appare inutile il superstite perimetro delle fortificazioni, così si decide di abbattere i bastioni settecenteschi. Questa decisione viene presa nel dicembre 1838 e il piano viene studiato dallʹArchitetto del
Circondario Luigi Bettarini; essa provoca proteste e rammarico perché priva la città della comoda passeggiata dei bastioni.
Lʹabbattimento delle vecchie fortificazioni prevede poi una generale sistemazione delle aree da esse occupate e alla rettificazione del percorso del fosso circondario, che viene attuata fra il 1838 e il 1845.
Tutto il fronte fortificato viene demolito tranne lo parte a nord cioè il Fortezza nuova, il Bastione San Pietro e il Rivellino San Marco; si tagliano le due mezzelune comprese la prima tra il Bastione di San Cosimo e il Bastione del Casone, lo seconda fra questo e quello del Mulino a Vento, realizzando una rettificazione del percorso del fosso circondario.
Sullʹarea ottenuta dalla colmatura delle due mezzelune si ricavano due piazze semicircolari, piazza Manin, ancora oggi esistente, e piazza Poerio poi occupato dalle Scuole Benci.
Sullo spazio dei bastioni si ricavano, tra la città e il fossato, nove isolati e uno piazza, sulla quale sarà costruito il Mercato Centrale alla fine dellʹOttocento.
I nuovi scali acquistano subito una certa importanza, con lʹimpianto di numerosi negozi, gli edifici da poco realizzati sono acquistati da ricchi commercianti e grossisti attirati dagli ampi magazzini ricavati sotto la strada e le abitazioni, e dallo possibilità di sfruttare il canale attrezzato con banchine e scalandroni.
Il fosso Reale perde i suoi antichi connotati, non é più un vallo di difesa e di separazione, ma un canale dʹacqua che scorre allʹinterno della città circondando lʹoriginario nucleo abitato. Una parte di questo fosso, tra il Bastione San Cosimo e la Fortezza Nuova, viene coperto con una grande volta continua su cui si appoggia una piazza detta appunto il Voltone, attuale Piazza della Repubblica.
Il progetto definitivo, opera di Bettarini, approvato dalla Deputazione degli Acquedotti il 12 Gennaio 1844, viene realizzato in pochi anni, e viene portato a compimento nel 1848.
La nuova piazza è vista tuttʹoggi In maniera diversa, per qualcuno ʺlo piazza del Voltone tanto vilipesa dal Vivoli è il capolavoro di Bettarini, ed è oggi senza dubbio la più bella piazza di Livorno, e non fra le ultime piazze dellʹ800ʺ 12, per qualcun altro ʺè uno dei
fuori scala, fra quelli progettati per Livorno, a trovare compimento, ma in effetti il disadorno, grande vuoto più che fungere da elemento di raccordo, serve, con la sua intensa pausa, a non far avvertire lo reale discontinuità morfologica tra il primitivo centro urbano e gran parte della fascia periferica‐ʺ 13
Durante la costruzione della nuova piazza si hanno episodi di protesta da parte dei proprietari dei palazzi che si affacciavano sul canale, tra questi, ad esempio, i fratelli Malenchini, ricchi imprenditori livornesi che vedono interrotta con la costruzione della piazza la comunicazione dei loro magazzini con il canale.
Tali proteste risultano giustificate dal fatto che la costruzione della volta provoca anche lʹeliminazione delle varie infrastrutture che si trovano lungo il Fosso Reale presso Porta a Pisa, come scalandroni, scali, magazzini e cantine, necessarie alle attività commerciali. Nonostante ciò le proteste inoltrate alla Segreteria Granducale non hanno esito data lʹassoluta proprietà Regia del Fosso, che inoltre non è soggetto a servizi commerciali avendo soltanto una funzione difensivo, diversamente dai fossi interni, utilizzati per il pubblico servizio.
La configurazione urbanistica della città non subirà sostanziali cambiamenti negli ultimi anni dei Lorena fino allʹUnità dʹItalia, ma si ha piuttosto un consolidamento dei progressi precedenti. Lʹaffermazione della navigazione a vapore, la comparsa di ferrovie, la riduzione della giurisdizione di Livorno sui territori circostanti e non ultima lʹoccupazione austriaca, rallentano la crescita della città.
Tra il 1845 e il 1849 viene costruito il Ponte nuovo, progettato dal Poccianti, come collegamento tra la piazza dei 4 Mori, il sobborgo dei Cappuccini e la recente passeggiata a mare. Inoltre si attuano alcuni interventi sulle vicine fortificazioni a mare: si mette in comunicazione la vecchia darsena con il fosso circondario, demolendo anche parte del Forte di Porta Murata per consentire uno spazio maggiore allʹ attività cantieristica.
In questi anni il Comune comincia ad avere unʹautonoma politica edilizia. Si realizzano alcuni edifici di particolare interesse quali la Chiesa Presbiteriana Scozzese, attuale Chiesa degli Olandesi, sugli scali degli Olandesi, edificata in stile gotico dallʹarchitetto Rumball fra il 1845 e il 1849, che è uno dei pochissimi esempi di influenza romantica sullʹarchitettura livornese. Da parte del Comune lʹiniziativa più importante è probabilmente quella della rettifica e dellʹampliamento della passeggiata fino allʹ Ardenza, mentre non viene per molti anni approvato dal Governo il proseguimento della passeggiata fino ad Antignano.
Durante il lungo periodo che va dallʹUnità dʹItalia alla prima guerra mondiale la città non si evolve, non ci sono rilevanti modifiche topografiche e costruzioni significative, eccettuata la nuova stazione ferroviaria inaugurata nel 1910. I cambiamenti comunque ci sono, cambia ad esempio la politica urbanistica che diventa un affare cittadino e nasce una vera classe operaia che spiega il sorgere della questione delle case popolari.
Con lʹunità dʹItalia Livorno attraversa una grossa crisi economica soprattutto perché la creazione del mercato nazionale annulla i privilegi doganali, di cui godevano ancora le città di Ancona, Messina e Livorno, mentre lʹevoluzione del sistema di trasporto e comunicazione determina la fine del commercio di deposito. Nel 1865, con il governo Minghetti e il Ministro Quintino Sella alle Finanze, si decreta lʹabolizione del porto franco di Livorno, che
determina la crisi delle piccole industrie, che erano in mano soprattutto alle colonie straniere, con il conseguente abbandono della città da parte di questi commercianti che provoca una crisi generale dellʹintero sistema economico su cui si era costruita la prosperità del centro livornese.
Le conseguenze si ripercuotono anche a livello di pianificazione urbanistica: vengono innanzitutto abbandonati i quartieri storici che erano destinati allo svolgimento delle attività commerciali, con la relativa decadenza delle strutture architettoniche e urbanistiche create per il grande porto di deposito granducale, mentre il ceto abbiente si sposta a sud della città.
Il quartiere Venezia, che è il più caratteristico da questo punto di vista, subisce profondamente questo fenomeno: diventa residenza per i ceti più popolari e vede un progressivo e pesante degrado. I palazzi settecenteschi vengono abbandonati così come parte dei fondi e delle cantine.
Tra il 1851 e il 1867 viene realizzata la Darsena nuova con il bacini di carenaggio, sacrificando uno dei bastioni del Forte di Porta Murata. La Fortezza vecchia viene isolata e circondata da magazzini.
In maniera graduale la città assume un aspetto industriale, per il quale appare di fondamentale importanza lʹaffitto, a partire dal 1865, dellʹex cantiere militare granducale di San Rocco agli
Orlando, imprenditori attivi e capaci che riescono ad ottenere dal governo varie commesse militari.
La seconda ondata di sviluppo industriale si ha verso il 1885, in questo periodo a Livorno viene impiantato nel quartiere Torretta, a nord della città, lo stabilimento della Società Metallurgica Italiana e nascono nuove iniziative anche nel ramo della produzione elettrica.
Resta poi da ricordare la nascente vocazione turistica della città, nata quasi per caso con lʹapertura dei primi stabilimenti balneari lungo la passeggiata a mare, che contribuirà in questi anni a risollevare la sorte di Livorno.
Dal 1860 fino alla guerra mondiale il Comune si sforza di aiutare lo sviluppo industriale della città, mettendo a disposizione stabilimenti comunali. Un altro intervento importante per lʹeconomia livornese è la costruzione del punto franco e relativi depositi e banchine.
Per quanto riguarda il porto, nel secolo XVIII esso rimane, sia con la Destra che con la Sinistra, mediceo; nel 1906 sarà ampliato con nuove dighe, Marzocco e Meloria, a nord e il nuovo bacino di Santo Stefano.
NelI 1893 viene costruito il Mercato Centrale su progetto di Angiolo Badaloni, e di fronte ad esso sorgono le scuole elementari Antonio Benci, edificate alla fine del secolo sullʹarea della piazza Carlo Poerio. Vengono inoltre costruite le scuole Micheli sul