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La Corte di cassazione torna a pronunciarsi sul nuovo vizio di motivazione ex art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c. - Judicium

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P

AOLA

R

AVENNA

La Corte di cassazione torna a pronunciarsi sul nuovo vizio di motivazione ex art.

360, comma 1°, n. 5 c.p.c.

1

SOMMARIO: 1. Premessa: l’art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c. dopo la riforma del 2012, alla luce dei recenti interventi legislativi in materia di impugnazioni – 2. L’interpretazione data dalle Sezioni Unite: la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione – 3. Sulla scomparsa dei requisiti della motivazione nel codice di procedura - 4. Brevi considerazioni conclusive: funzione nomofilattica e ius litigatoris.

1. – La sentenza del 22 settembre 2014, n. 198812, emessa a sezioni unite in sede di ricorso avverso una sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche, si è pronunciata sul nuovo art.

360, comma 1°, n. 5 c.p.c3così come modificato dal d.l. 22 giugno 2012 n. 83 (recante misure urgenti per la crescita del paese) convertito in l. 7 agosto 2012 n. 1344.

Il Supremo collegio, richiamando quasi integralmente quanto già affermato da Cass. sez. un. 7 aprile 2014 n. 8053, ha nuovamente esplorato le problematiche concernenti la nuova disciplina.

Invero, l’eliminazione del vizio di motivazione ha suscitato immediate perplessità in dottrina posto che la disposizione non riguarda più direttamente la motivazione mancante, insufficiente o

1 La Corte si era già pronunciata a Sezioni Unite sul nuovo art. 360, comma 1°,n. 5 c.p.c. in materia di processo tributario sostenendo l’applicabilità della riforma del 2012 anche ai ricorsi per cassazione proposti contro le decisioni delle commissioni tributarie regionali e ciò, sia con riguardo al nuovo art. 360 n.5 c.p.c. e sia in relazione alla doppia conforme di cui all’art. 348-ter c.p.c. Cfr. Cass. sez. un. 7 aprile 2014 n. 8053 in Mass. Foro it., 2015, 1, 1, c. 209.

2 Cass. sez. un., 22 settembre 2014, n. 19881, in Mass. Foro it. 2015, 1, 1, 209.

3 Per una rassegna sul tema: TARZIA- DANOVI, Lineamenti del processo civile di cognizione, Milano, 2014 p. 424;

PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2014, p. 522; SASSANI, Lineamenti del processo civile italiano, Milano, 2012, p. 531; G.F. RICCI, Il giudizio civile di cassazione, Torino, 2013, p. 156; PANZAROLA, Commentario alle riforme del processo civile, a cura di Martino e Panzarola, Torino, 2013, p. 693; BOVE, Ancora sul controllo della motivazione in cassazione, in Giusto proc. civ. 2012, p. 431; BOVE, Giudizio di fatto e sindacato della Corte di cassazione: riflessioni sul “nuovo” Art. 360, n. 5 c.p.c., in Giusto proc. civ. 2012, p. 677; DIDONE, Ancora sul vizio di motivazione dopo la modifica dell’art. 360, n. 5 c.p.c. e sul tassello mancante del modello di Toulmin, in Giusto proc. civ. 2013, p. 631; PAGNI, Gli spazi per le impugnazioni dopo la riforma estiva, in Foro it. 2012, V, 299;

DI IASI, Il vizio di motivazione dopo la l. n. 134 del 2012, in questa rivista 2013, II, p. 1441 ss; COMOGLIO, Requiem per il processo giusto, in Nuova giur. civ. 2013, p. 29 ss.

4 Si veda l’art. 54, comma 1, let. b, d.l. 22 giugno 2012 n. 83; la relazione del testo così recita <<È stata infine prevista una riformulazione del numero 5) del primo comma dell'articolo 360 del codice di procedura civile, mirata, nella stessa logica descritta, a evitare l'abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, supportando la generale funzione nomofilattica propria della Suprema Corte di cassazione quale giudice dello ius constitutionis e non, se non nei limiti della violazione di legge, dello ius litigatoris>>; Cfr. l. 7 agosto 2012 n. 134. L’art. 360, comma 1° n. 5, c.p.c. così modificata si applicherebbe alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

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contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ma si riferisce all’<<omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti>>.

L’intervento legislativo appare l’ennesimo tentativo di deflazionare il carico di lavoro della Corte di legittimità e si colloca sulla scia legislativa di riformare la disciplina del ricorso per cassazione che, negli anni, ha visto il susseguirsi di interventi, quali il d.lgs 2 febbraio n. 40 del 20065(che, oltre alla modifica dell’art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c., ha introdotto l’art. 366-bis c.p.c. oggi abrogato, stabilendo l’onere per il ricorrente di formulare un preciso quesito di diritto a pena di inammissibilità), la l. 69 del 20096 (con cui è stato introdotto il c.d. filtro ai ricorsi in cassazione e la creazione della sesta sezione civile) ed infine il citato d.l. 83 del 2012 e la conseguente legge di conversione, con cui, oltre all’eliminazione del vizio di motivazione dal novero dei motivi di ricorso, ha introdotto il. filtro in appello e l’istituto della c.d. doppia conforme.

La nuova disciplina dell’art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c. è l’ultimo approdo dell’altalenante legislazione sul vizio di motivazione; essa riprende sostanzialmente la formulazione adottata dal codice del 1942, (il quale prevedeva la censura del vizio di motivazione con riguardo all’<<omesso esame di7 un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti>>)8; successivamente con l. n. 581 del 1950 il legislatore modificò la disposizione sostituendo il termine

“fatto” con “punto” prospettabile dalle parti ma anche rilevabile d’ufficio ed estese il controllo di

5 SASSANI, Il nuovo giudizio in cassazione, in Riv. dir. proc., 2006, p. 209 ss.; POLI, Il giudizio di cassazione dopo la riforma, in Riv. dir. proc., 2007, p. 9 ss.; CARRATTA, La riforma del giudizio di cassazione, in questa rivista, 2006, p.

1105 ss.

6 Per un’analisi della disciplina Cfr. FERRARIS, Primi orientamenti giurisprudenziali sul c.d. <<filtro>> in Cassazione, in questa rivista, 2012, p. 492; BRIGUGLIO, Ecco il <<filtro>>! (l’ultima riforma del giudizio di Cassazione), in Riv. dir. proc., 2009, p. 1275; CARPI, Il tormentato filtro al ricorso in Cassazione, in Corr. giur., 2009, p. 1443; CARPI, L’accesso alla Corte di cassazione ed il nuovo sistema di filtri, in questa rivista, 2010, p. 778;

CARRATTA, L’art. 360- bis c.p.c. e la nomofilachia “creativa” dei giudici di Cassazione, in Giur. it, 2011, p. 886;

CONSOLO, Dal filtro in Cassazione ad un temperato stare decisis, la prima ordinanza sull’art. 360-bis, in Corr. giur., 2010, p. 1405; COSTANTINO, Il nuovo processo in Cassazione, in Foro it., 2009 c. 305; GRAZIOSI, Riflessioni in ordine sparso sulla riforma del giudizio in Cassazione, in questa rivista 2009, p. 62; LUISO, La prima pronuncia delle Sezioni unite sul filtro, in Giusto proc. civ., 2010, p. 1131; POLI, Il c.d. filtro di ammissibilità del ricorso per Cassazione, in Riv. dir. proc. civ., 2010, p. 363; RAITI, Brevi note sul <<filtro>> in Cassazione secondo la legge di riforma al codice di rito civile 18 giugno 2009, n. 69, in Riv. dir. proc., 2010, p. 1607; FORNACIARI, L’inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 360 bis c.p.c., in questa rivista, 2013, p. 645; CARRATTA, Il giudizio di cassazione nell’esperienza del “filtro” e nelle recenti riforme legislative, in Giur. it., 2013, p. 241.

7Tra la vecchia formulazione << omesso esame di un fatto decisivo>> e la nuova che invece recita <<omesso esame circa un fatto decisivo>>, vi sarebbe una differenza meramente testuale e non concettuale, così Cass. sez. un. . 22 settembre 2014 n. 19881 in Mass. Foro it. 2015, 1, 1, c. 209.

8 Il difetto di motivazione non sussisteva, qualora il giudice di merito desse << sufficiente ragione della decisione resa senza incorrere in errori logici o giuridici ed in modo che dalle premesse, altre conseguenze non potrebbero trarsi che quelle adottate nella decisione>>, e ciò anche nell’ipotesi in cui il giudice non avesse esaminato tutti i punti prospettati dalle parti, sent. n. 3048 del 194, in Foro it., 1940, c. 215.

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legittimità anche al caso di motivazione omessa, contraddittoria o insufficiente, ampliando il giudizio sulla quaestio facti che il codice del 1942 cercava invece di contenere9.

Infine con d.lgs 40 del 2006 il legislatore tornò al concetto di “fatto” 10, pertanto, il ricorso in cassazione era possibile nel caso di << omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio>>. Un siffatto intervento era funzionale all’esclusione della censura del vizio di motivazione con riguardo ai fatti pacifici.

Il Supremo collegio sembra accogliere positivamente la scomparsa del vizio di motivazione, ciò nella speranza di riacquisire il ruolo che le è proprio di Corte di legittimità11. Dopotutto, lo sforzo ermeneutico previgente, finalizzato ad un’interpretazione estremamente restrittiva del vecchio art.

360, comma 1° n.5, c.p.c., non è stato sufficiente ad evitare un abuso del vizio di motivazione e quindi, il costante tentativo delle parti di ottenere un riesame del fatto. Tale prassi avrebbe consentito un’eccessiva dilatazione del giudizio di cassazione con conseguenti ripercussioni sull’effettività della funzione nomofilattica; quest’ultima, così come emerge dai lavori parlamentari e dalla pronuncia in esame, sarebbe stata proprio l’obiettivo della riforma.12

Tuttavia non è da escludere che la nuova formulazione della norma (non scevra di dubbi interpretativi circa il significato dei termini utilizzati e non completamente risolti dalla pronuncia in esame) non necessariamente elimini il pericolo di riesame del fatto; infatti è stato prontamente affermato che il fatto potrebbe accedere non più indirettamente, ma al contrario in modo pressoché immediato e diretto al giudizio di legittimità posto che la stessa disposizione lo menziona espressamente13.

2. – Alla luce di tali premesse è possibile procedere all’analisi ermeneutica del nuovo art. 360, comma 1°,n. 5 c.p.c. così come proposta dalla pronuncia in esame in totale aderenza alla precedente pronuncia a Sezioni unite.

9 PAGNI, op.cit., p. 299.

10 Con la riforma del 2006 si sostituì il termine <<punto>> della decisione con <<fatto>> , pertanto il vizio della motivazione doveva necessariamente riguardare un fatto decisivo per il giudizio e non anche a qualsiasi altro aspetto della controversa comprese le questioni di diritto (l’erronea motivazione in diritto troverebbe la propria censura nell’art.

360, comma 1°n. 3, c.p.c. oppure, qualora non abbia influenzato il dispositivo la soluzione sarebbe quella della semplice correzione della motivazione ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c.). Cfr. G.F. RICCI, op. cit., p. 158 ss.

11 Deve a questo proposito menzionarsi la tendenza, negli ultimi anni, della stessa Corte di cassazione di adottare modelli di motivazione semplificata, ad esempio differenziando le tecniche di motivazione delle decisioni prive di funzione nomofilattica; così ACIERNO, op. cit., p. 440.

12 Cfr. nota 2

13 Così DI IASI, op. cit., p. 1443.

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Dallo schema argomentativo della sentenza emerge innanzitutto quella che è la ratio legis della nuova disciplina (in applicazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 12 disp. prel.).

Scopo dell’intervento legislativo, come già osservato, sarebbe stato quello del contenimento dei ricorsi e della tutela della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 ord. giud., riducendo al minino il sindacato giurisdizionale sulla motivazione. La riforma del 2012 avrebbe infatti << l'effetto di limitare la rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge>> 14.

La Corte richiama a tale proposito la giurisprudenza a sezioni unite creatasi prima della riforma del 2006 (S.U. 16 maggio 1992 n. 5888)15 secondo cui, il vizio di motivazione avrebbe dovuto estrinsecarsi in una motivazione mancante (anche sotto il profilo della mera apparenza) o illogica, posto che l’intento legislativo sarebbe stato quello di precludere al giudice di legittimità qualsiasi valutazione di corrispondenza tra decisione impugnata e gli atti del processo16.

Il collegio, con la decisione n. 5888 del 1992, ritenne che siffatte conclusioni fossero necessarie al fine di operare un corretto bilanciamento tra garanzie costituzionalmente previste (obbligo di motivazione) e ruolo anch’esso costituzionalizzato della Corte di cassazione quale giudice di legittimità (in un ottica di efficienza della funzione giurisdizionale di legittimità).

Il Supremo collegio di fatto richiama la giurisprudenza formatasi sulla censurabilità del vizio di motivazione nei casi in cui, prima del 2006, il ricorso in cassazione era ammesso solo per violazione di legge; infatti, la pronuncia n. 5888 del 1992 ritenne che il vizio potesse essere dedotto in forza dell’art. 111 (all’epoca comma 1°) Cost., ma l’obbligo di motivazione, così come sancito dalla Costituzione, dovesse ritenersi adempiuto laddove idoneo a dimostrare la ratio decidendi, indipendentemente dalla qualità della motivazione stessa.

Alla luce di tale richiamo alla propria passata giurisprudenza, la Corte afferma che i vizi sopra menzionati devono risultare dal testo stesso della pronuncia, da cui dovrebbe evincersi il percorso

14 Cfr. Sez. un. 22 settembre 2014 n. 19881 in Foro it. 2015, 1, 209.

15 Cass. S.U., 16 maggio 1992, n. 5888, in Giur. it., 1994, I,1, c. 804 con nota di DE CRISTOFARO, Ricorso straordinario per cassazione e censure attinenti alla difettosa motivazione (del rapporto fra art. 360, n.5 c.p.c. e art.

111, 2°comma, Cost., in Giur. it. 1994, 805.

16 Le Sezioni unite del 1992 affermano che l’obbligo di motivazione ha la funzione di assoggettare a controllo

<<l’effettiva applicazione del diritto di difesa delle parti nel processo e la formazione del giudizio sulla sola base della soggezione del giudice alla legge>> e che ciò sarebbe funzionale a rendere palesi le ragioni che hanno determinato quella decisione. L’oggetto della denuncia può riguardare solo l’esistenza stessa della motivazione senza estendersi al confronto con le ulteriori risultanze processuali. La nullità della sentenza si avrà pertanto non solo nelle ipotesi di mancanza materiale e grafica della stessa, ma anche quando << l’esposizione non sia idonea a rivelare la ratio decidendi, anche sotto l’aspetto del fatto>>. In questi casi si avrebbe infatti una motivazione apparente, incomprensibile.

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logico argomentativo del giudice di merito; non rilevano invece le ulteriori risultanze processuali.

A rimanere fuori dal sindacato è il controllo sulla sufficienza della motivazione relativa ad una questio facti che implichi una ricognizione delle risultanze probatorie.

In definitiva, si elide il controllo relativo alla sufficienza della motivazione ma rimane quello sulla materiale esistenza della stessa, nonché sulla logicità sotto il profilo della motivazione apparente e incomprensibile; siffatti vizi non saranno però censurabili ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c. ma ex art. 360, comma 1°, n. 4 c.p.c. (per violazione dell’art. 132, comma 2°, n. 4 c.p.c.) qualora integrino una violazione grave, idonea a determinare la nullità della sentenza.

Tale assunto emerge dalla decisione in esame quando si afferma che il vizio di motivazione << si converte in violazione di legge: e ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare con riferimento a quanto previsto dall'art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per

"mancanza della motivazione" >>17.

Viene confermata l’assoluta autonomia e specificità di tale nuovo motivo di ricorso, escludendone pertanto un collegamento con la motivazione.

Una siffatta specificazione potrebbe quasi lasciare spazio al dubbio che potesse esistere un qualsivoglia collegamento tra il nuovo art. 360, n. 5 c.p.c. e la vecchia formulazione, ma tale incertezza può essere immediatamente risolta ponendo mente al dato letterale: è evidente l’eliminazione formale di qualsivoglia riferimento alla motivazione.18

La Corte sottolinea pertanto come il legislatore abbia introdotto un nuovo motivo di ricorso, relativo all’omesso esame di un fatto decisivo. A tal fine chiarisce che per “fatto decisivo” deve intendersi un fatto storico (principale o secondario19) << la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che

17 Viene così accolta una soluzione già prospettata in dottrina. Cfr. BOVE, op. cit., p. 682; COMOGLIO, op.cit., p. 29 ss.

Tuttavia appare meritevole anche il richiamo all’art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c.; tale disposizione, infatti, sarebbe stata utile a neutralizzare gli effetti della riforma posto che, mediante il vizio di << falsa applicazione di norma di diritto >> il ricorrente potrebbe censurare il vizio interpretativo in cui sarebbe incorso il giudice di merito e allo stesso tempo la Corte di cassazione avrebbe avuto l’occasione di sviluppare la propria funzione nomofilattica individuando la soluzione applicativa più idonea; così SASSANI, op. cit., p. 641.

18 La riproduzione pressoché integrale del vizio di motivazione così com’era disciplinato dal codice del 1942 ha posto il dubbio circa un eventuale collegamento tra l’omesso esame di un fatto decisivo e il vizio di motivazione; invero, all’epoca si riteneva esistente tale nesso e ciò, a fronte della totale assenza di una disciplina sul vizio di motivazione.

L’eliminazione di qualsiasi riferimento alla motivazione dopo anni di previsione espressa <<rende oggettivamente legittimo il dubbio che possa non trattarsi di un motivo di ricorso riferibile (esclusivamente) al controllo di motivazione>> così DI IASI, op. cit., 1443.

19 Parte della dottrina ritiene invece che per fatto decisivo si debba intendere il solo fatto principale, in quanto solo quest’ultimo attiene alla ricostruzione del fatto che costituisce elemento della fattispecie, mentre non lo è la ricostruzione del fatto secondario. Cfr. LUISO, Diritto processuale civile, II, Milano 2014, p. 424.

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abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia)>>, aggiungendo inoltre che l’omesso esame di un elemento istruttorio non integra l’omesso esame di un fatto decisivo, se comunque il giudice ha preso in considerazione il fatto storico sotteso.

Onere del ricorrente sarà pertanto quello di indicare il fatto storico non considerato dal giudice di merito e la sua decisività per il giudizio . L’omesso esame non deve pertanto essere inteso quale mancata motivazione su quel fatto (perché in questo modo si eluderebbe la riforma stessa), ma deve essere inteso quale mancata ponderazione da parte del giudice di merito su un fatto trattato e discusso, idoneo a determinare una soluzione diversa della controversia.

La scelta ermeneutica della Corte è quella di contemperare il controllo sulla motivazione con una risposta coerente alla riforma: la motivazione continua ad operare quale strumento di controllo dell’operato del giudice di merito, necessario al fine di tutelare l’effettiva applicazione del diritto e a garanzia del diritto di difesa delle parti nel processo, ma deve essere contenuta entro i limiti della violazione di legge e pertanto non sindacabile laddove appaia funzionale a giustificare le ragioni di fatto e di diritto addotte del giudice di merito.

Il sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità viene pertanto ricondotto al

<<minimo costituzionale>>; in questo modo verrebbero contemperati due interessi: quello relativo alla salvaguardia della funzione di legittimità della Corte di cassazione (limitando appunto la verifica sulla motivazione) e allo stesso tempo il controllo sulle ragioni che hanno determinato la decisione (tramite la censura della motivazione mancante o manifestamente illogica).

Atal fine oggetto di denuncia delle parti può essere solo l’esistenza stessa della motivazione senza estendersi al confronto con le ulteriori risultanze processuali (si sottolinea pertanto l’importanza delle sole acquisizioni probatorie concretamente rilevanti ai fini della decisione, escludendo dal novero della norma l’omesso esame di mezzi istruttori astrattamente riferibili alla risoluzione della controversia e non presi in considerazione dal giudice).

La nullità della sentenza si avrà non solo nelle ipotesi di mancanza materiale e grafica della motivazione, ma anche quando << l’esposizione non sia idonea a rivelare la ratio decidendi, anche sotto l’aspetto del fatto>>. Solo in questi casi si avrebbe infatti una motivazione apparente, incomprensibile.

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Il vizio di motivazione assume pertanto rilevanza solamente laddove si ravvisi una violazione del precetto costituzionale di cui all’art. 111, comma 6°, Cost.20 e ciò, stando alla pronuncia in commento, si verifica quando: vi sia mancanza assoluta dei motivi (sotto l’aspetto materiale e grafico), la motivazione sia solo apparente e, infine, qualora la motivazione si palesi manifestamente incomprensibile, ad esempio a causa di affermazioni discordanti.

Il problema è che la riduzione al minimo costituzionale della motivazione sembra quasi un richiamo ad un mero requisito formale della sentenza; in questo modo si elimina non solo un ancoraggio al fatto concreto (necessario per l’attività interpretava), ma si impedisce un controllo effettivo sul corretto ragionamento inferenziale del giudice di merito.

3.- La Corte, nella pronuncia in commento, non si sofferma sul preoccupante risvolto pratico della riformulazione dell’art. 360, comma 1°, c.p.c. Invero con la riforma del 2012 è scomparso qualsiasi riferimento ai requisiti della motivazione; a livello sistematico il vecchio art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c. era l’unica disposizione a prescrivere completezza, sufficienza e logicità della motivazione.

Una siffatta considerazione denota l’inesistenza di una norma che imponga al giudice di merito la redazione di una motivazione completa e correttamente argomentata, con evidenti ripercussioni, oltre che sulla qualità delle decisioni, sul diritto di difesa.

Invero, le uniche disposizioni che ad oggi disciplinano la motivazioni rimangono l’art. 132 c.p.c. e l’art. 118 disp. att. le quali non sembrano imporre requisiti di completezza e sufficienza. Anzi, le recenti modifiche introdotte dal legislatore, proprio con riferimento a queste due disposizioni, inducono a ritenere esistenti concrete esigenze di restringere l’obbligo motivazionale del giudice (probabilmente in ossequio al principio di ragionevole durata del processo).

A conferma di ciò va chiarito che la formulazione previgente dell’art. 132 c.p.c., prevedeva che la sentenza dovesse contenere << la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto della decisione>>; eliminato l’obbligo di ricostruire lo svolgimento processuale, il termine “motivi” è stato sostituito da “ragioni”, il quale sembra evocare un impegno meno stringente incombente sul giudice di merito nell’esporre la propria motivazione.

Quanto detto è riscontrabile nell’art. 118 disp. att. il quale oggi definisce la motivazione come la <<

succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche

20Cfr. GIALUZ, L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, in Comm. cost., a cura di Bartole e Bin, Padova, 2008, p. 999; EVANGELISTA, Motivazione della sentenza civile, in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977 p. 154 ss.

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con riferimento ai precedenti conformi>> mentre la formulazione precedente la l. 69 del 2009 parlava di << esposizione di fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione>>21.

4.– Inoltre, non può negarsi che la novella del 2012, così come avallata dalla Corte di legittimità possa avere ricadute importanti in termini di garanzia del diritto di difesa e di giustizia sostanziale.

Infatti, un giudizio effettivo sulla corretta applicazione della legge non può prescindere da una valutazione (indiretta) del fatto, posto che l’attività giurisdizionale consiste precipuamente nell’attività di sussunzione del caso di specie nella previsione normativa applicabile. Da tale assunto emerge l’evidente connessione tra diposizione e fatto concreto.

Anche a voler richiamare la funzione nomofilattica a sostegno della modifica dell’art. 360, comma 1° n.5 c.p.c., essa non rappresenta un’attività astratta ma scaturisce sempre da specifiche vicende storiche per essere poi ricondotta a principio generale di diritto. È attraverso un’operazione inferenziale-induttiva che vengono individuati nella controversia specifica, elementi comuni applicabili ad una generalità di possibili situazioni analoghe.

Tuttavia, il legislatore sembrerebbe più incline al perseguimento di una tutela giurisdizionale celere ed effettiva piuttosto che improntata alla giustizia del caso concreto. Proprio il bilanciamento tra effettività e celerità della tutela giurisdizionale e diritto ad impugnare ha, fino a questo momento, scongiurato una violazione costituzionale delle novelle legislative degli ultimi anni.22

La pronuncia in commento di fatto non apporta novità, con riguardo all’esegesi dell’art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c., rispetto a quanto già stabilito dal Supremo consesso con pronuncia del 7 aprile 2014 n. 8053; tuttavia si atteggia quale ulteriore conferma della scelta legislativa di sacrificare un effettivo e pieno sindacato sulla motivazione, riducendone il controllo al minimo

21 Sembra emergere l’intenzione del legislatore di semplificare l’obbligo di motivazione incombente sul giudice sia attraverso un ampliamento del modello di decisione a motivazione semplificata (di cui all’art. 281-sexies c.p.c.), sia mediante la crescente rilevanza del precedente giurisprudenziale, già rafforzata con l’introduzione del c.d. filtro in cassazione e dei nuovi motivi di inammissibilità, in particolare quello di cui all’art. 360-bis, n. 1, c.p.c.

La panoramica delle riforme (da ultimo quella del 2012) dimostra, infatti, la scelta legislativa di impostare l’obbligo motivazionale del giudice su canoni celeri e semplificati, anche attraverso il richiamo a precedenti giurisprudenziali. È evidente che l’accrescimento dell’importanza del diritto vivente, (seppur non equiparabile al sistema dello stare decisis di common law), è funzionale e, quindi, strettamente connesso alla semplificazione strutturale della motivazione. Così ACIERNO, La motivazione della sentenza tra esigenze di celerità e giusto processo, in questa rivista, 2012, p. 438.

22Il tentativo di limitare l’accesso alla Corte di cassazione può essere costituzionalmente interpretato anche nel senso di garantire il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.; invero, attraverso un contenimento delle pronunce della Corte si garantirebbe una qualità migliore delle decisioni, riducendo al mimino i contrasti giurisprudenziali. Cfr. PROTO PISANI, Sulla garanzia costituzionale del ricorso per cassazione sistematicamente interpretata, in Foro it. 2009, V, c.

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costituzionale. Anche nella pronuncia in commento è stringente il richiamo alla funzione di nomofilachia della Corte e la conseguente rilevanza dello ius constitutionis; quest’ultimo per esplicita affermazione della Corte, grazie alla riforma, acquisirebbe maggiore importanza rispetto allo ius litigatoris,23 relegato alla sola violazione di legge.

Il controllo pieno sulle corrette conclusioni del giudice di merito, sparito a livello legislativo nel 2012, non sembra poter sperare in una minima sopravvivenza nemmeno nel diritto vivente; a tale proposito può dirsi confermato il timore che la Corte possa considerare la riforma quale <attesa autorizzazione a sbarazzarsi all’ingrosso della massa di ricorsi>>24.

In conclusione, il vizio di motivazione è unicamente sindacabile in forza di un controllo sulla premessa maggiore (violazione di legge), salvo che non sia possibile censurare la falsa applicazione di una norma di diritto ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3 c.p.c.; ciò però avviene solo quando la fattispecie concreta non sia suscettibile di plurime soluzioni interpretative.

23 Sull’esigenza di bilanciare le due forme di tutela Cfr. PANZAROLA, Commentario alle riforme del processo civile, op. cit., p. 708 ss.; le funzioni della Corte non possono essere ascritte alla sola tutela dello ius consitutionis in quanto le funzioni nomofilattiche “pure” non sono possibili nel nostro ordinamento per motivi meramente strutturali (numero di consiglieri in Cassazione, elevatissimo numero di ricorsi e ipertrofia legislativa). Così VERDE, In difesa dello ius litigatoris (sulla Cassazione come è e come si vorrebbe che fosse), in Riv. dir. proc., 2008, p. 1 ; tuttavia l’attribuzione alla Corte di cassazione di vere e proprie funzioni nomofilattiche sarebbe possibile solo attraverso una revisione dell’art.

111, comma 7°, Cost. La stessa previsione costituzionale, nel garantire l’accesso alla Corte di cassazione <<sempre>>, prevede un diritto della parti a ricorrere in cassazione per motivi di legittimità; in questo modo la Costituzione riconduce le funzioni della Corte di cassazione a tutela di un interesse privato. Pertanto, seppur l’art. 65 ord. giud.

sembra prevedere la tutela dello ius constitutionis, il dettato costituzionale garantisce lo ius litigatoris, il quale dovrebbe prevalere posto che la fonte che lo prevede si pone in posizione di superiorità gerarchica.

24 Così SASSANI, op. cit., p. 641.

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