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COMPARAZIONE FRA I CRITERI VALUTATIVI E DI LIQUIDAZIONE NELL’AMBITO EUROPEO di Michele Miniello

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COMPARAZIONE FRA I CRITERI VALUTATIVI E DI LIQUIDAZIONE NELL’AMBITO EUROPEO

di

Michele Miniello*

Il problema del risarcimento del danno alla persona che è ad un tempo problema di definizione delle categorie di danno astrattamente risarcibili e di individuazione dei criteri da valere per la loro concreta valutazione è oggi vivacemente dibattuto in tutte le nazioni civili del mondo e dalla ricognizione comparata delle diverse realtà non possono che derivare preziose conoscenze e utili termini di confronto per ciascuno di noi, il che appare doppiamente vero se, come in questa sede appunto faremo, l'indagine viene condotta su esperienze di Paesi che affondano tutte le loro radici in un comune humus culturale, quale è quello europeo, o, addirittura, risultano impegnati in un processo, laborioso ma irreversibile, di reciproca integrazione, e non solo sul terreno esclusivamente economico.

Ciò posto mi pare assai probabile che si possa giungere, quanto meno nel breve-medio periodo, all'elaborazione di un comune sistema di valutazione del danno alla persona su scala europea.

Ed in effetti, la determinazione del valore uomo ai fini del risarcimento non è un problema che si possa risolvere astrattamente e una volta per tutte a tavolino, ma una questione che va affrontata nel concreto di ogni singola realtà nazionale, tenendo presente che questo valore non solo varia nello spazio, da paese a paese, ma muta anche nel tempo, all'interno di un medesimo Paese. Questo valore dipende da una molteplicità di fattori, tra cui soprattutto il grado di civiltà e il livello di sviluppo economico raggiunti da una società in un certo momento del suo divenire storico, per cui la determinazione monetaria di tale valore risulta in perenne e necessario movimento, di pari passo con l'evoluzione della società stessa in cui il relativo problema di volta in volta si pone.

Per quanto riguarda, ad esempio, la situazione italiana - pur senza entrare diffusamente nel merito della questione è impossibile non ricordare che il sistema tradizionale di valutazione del danno alla persona è risultato di recente del tutto rivoluzionato dal riconoscimento del danno alla salute da parte della Corte Costituzionale.

Nella prospettiva del Codice Civile del 1942 il risarcimento del danno alla persona investiva solo i profili strettamente patrimoniali delle spese sostenute (danno emergente) e della perdita di guadagno (lucro cessante), mentre il danno non patrimoniale risultava e permane tuttora risarcibile solo nel caso in cui il danno sia conseguenza di un reato e riguarda, comunque, solamente il danno morale soggettivo (e cioè, il transeunte turbamento psico-fisico della vittima).

Il che significa che il Codice Civile vigente prende essenzialmente in considerazione, in linea con la cultura dominante negli anni in cui esso è stato elaborato, i contenuti economici della persona umana, vale a dire l'uomo in quanto fonte di possibili redditi e non in sè e per sè considerato.

Contro questa impostazione era da tempo in atto nel nostro Paese una vivace reazione ad opera di una parte autorevole e via via crescente della dottrina e della giurisprudenza, e proprio in questo solco di pensiero si è inserita, infine, la Corte Costituzionale che a partire dagli inizi degli anni '80, ha affermato solennemente l'esistenza e la piena risarcibilità del danno alla salute:

vale a dire di tutti quegli effetti negativi che la menomazione dell'integrità psico-fisica ha determinato nella qualità della vita della vittima dell'illecito, a prescindere dall'eventuale incidenza della lesione sulla capacità di guadagno.

* Direttore Generale Ania (Assiocazione Nazionale Imprese Assicuratrici)

Collana Medico Giuridica IL PREZZO DELL'UOMO

ed. Acomep, 1995

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Inutile dire che il riconoscimento della nuova voce di danno ha comportato numerosi e gravi problemi, sia dal punto di vista della ridefinizione critica e della razionalizzazione delle categorie di danno astrattamente risarcibili, onde evitare duplicazioni in sede risarcitoria, sia dal punto di vista dell'individuazione di precisi criteri di valutazione per questo nuovo tipo di danno, onde evitare arbitri e sperequazioni nei casi concreti.

Oggi la situazione non è più quella di anarchia del dopo principio venutasi a determinare subito dopo il riconoscimento del danno biologico ad opera della Corte Costituzionale: da un lato, infatti si sta facendo strada il concetto che nell'ambito del danno alla salute debbano risultare assorbite le vecchie categorie del danno alla vita di relazione, del danno estetico, del danno alla sfera sessuale nonchè, più in generale, la menomazione della capacità lavorativa generica; dall'altro la Corte di Cassazione ha chiarito che il criterio di quantificazione basato sul triplo della pensione sociale, di cui all'art. 4 della mini-riforma r.c. auto del 1977, non può servire alla liquidazione del danno alla salute, per l'unico criterio attendibile in materia è rimasto quello del valore medio del punto di invalidità, proposto proprio dalla scuola pisana.

Difficoltà permangono, tuttavia, a causa del valore diverso e talvolta, anzi, diversissimo che le varie Corti di merito sono solite attribuire ancora oggi al punto di invalidità.

Tutto ciò dimostra assai bene che la materia del risarcimento del danno alla persona è in continua evoluzione e non si presta a irrigidimenti sul piano legislativo, specie se avulsi dal contesto storico, culturale e ideale delle diverse esperienze nazionali.

Certo, mi rendo conto che la circolazione delle persone, la cui libertà è solennemente affermata anche dal Trattato di Roma è aumentata vertiginosamente nella nostra epoca e che questa circostanza rende in qualche modo problematica l'esistenza di sistemi differenti e talvolta anche molto lontani fra loro in tema di valutazione del danno alla persona.

Sono a tutti note, peraltro, le crescenti difficoltà che si sono venute frapponendo alla costruzione di un comune denominatore legislativo in tutti i Paesi della Comunità attraverso l'adozione di norme di coordinamento dei diversi ordinamenti giuridici nazionali, e ciò anche in materie certo meno significanti e intrinsicamente opinabili di quella per il cui approfondimento siamo oggi qui riuniti.

Queste difficoltà sono state non dirò superate, ma neutralizzate, almeno dal punto di vista della libertà dell'iniziativa economica consentendo a tutti gli operatori di agire liberamente nei diversi stati membri, secondo le regole del paese di origine, proprio come se le accennate e anche cospicue differenze fra i vari ordinamenti giuridici nazionali più non esistessero. Ciò è avvenuto attraverso l'adozione di norme di liberalizzazione, dirette a realizzare un mercato comune e ora un mercato unico europeo incentrato sul principio della libera concorrenza, pur nella permanente diversità dei diversi diritti statuali ostacolo alla raccolta sistematica di rischi in tutto il territorio della Comunità tenendo conto delle specifiche realtà locali ai fini della corretta determinazione del premio da richiedere di volta in volta agli assicurati. Intendo dire che l'impresa che voglia garantire rischi in un paese diverso da quello di appartenenza, anche se non si stabilisce, non può comunque, se intende operare in modo tecnicamente corretto, applicare tariffe di premio desunte dalla propria esperienza nazionale, ma deve attrezzarsi per elaborare strumenti operativi confacenti alla realtà del paese di ubicazione del rischio, tenendo conto della frequenza e del costo medio dei sinistri propri di detto paese: dove è chiaro che nel discorso del costo medio dei sinistri rientra anche la problematica della valutazione del danno alla persona. Una volta fatto questo, peraltro, l'impresa è in grado di prestare tranquillamente garanzia e non è danneggiata in alcun modo dall'esistenza di un regime di liquidazione del danno alla persona diverso da quello vigente nel paese della sua sede legale.

E lo stesso discorso vale per i responsabili assicurati ai quali poco importa che il debito di responsabilità venga definito in termini diversi, qualitativamente e quantitativamente, nei vari paesi della Comunità, una volta che sia fatto salvo il principio per cui la garanzia assicurativa

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da essi stipulata nel loro paese vale per i danni causati nel territorio di tutti gli stati membri secondo le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali di ciascuno di tali stati e una volta che non vi sia più pericolo di insufficienza dei massimali minimi obbligatori: condizioni, queste, che appaiono attualmente soddisfatte entrambe dalla normativa comunitaria vigente.

Problemi possono porsi invece per i danneggiati, i quali si trovano esposti al rischio di vedersi riconosciuto, a parità di lesioni, un credito risarcitorio verso il responsabile e l'assicuratore diverso a seconda di quale sia il paese nel quale l'illecito si è materialmente verificato. Dove è chiaro che il problema si pone e suscita comprensibili perplessità solo nel caso in cui il risarcimento, calcolato secondo la legge del paese di accadimento del sinistro, risulti inferiore a quello cui il danneggiato avrebbe avuto diritto secondo la legge del paese nel quale egli abitualmente risiede.

Il problema si è posto anche nelle competenti sedi comunitarie, dove è attualmente allo studio.

In queste sedi il primo obiettivo che si cerca di perseguire è quello di agevolare i contatti tra il danneggiato e l'assicuratore estero del responsabile, fluidificando altresì le procedure di risarcimento: a tal fine, la soluzione che appare più confacente è quella di affidare anche in questo caso la trattazione del sinistro al collaudato meccanismo dei bureaux che gestiscono il sistema del certificato internazionale di assicurazione: la carta verde.

Di più ardua soluzione è il problema della disparità di trattamento del danneggiato nel caso in cui il sinistro si sia verificato in un paese che accorda un minor livello di tutela rispetto a quello riconosciuto dalla legislazione del paese della vittima.

Il problema concerne solo i cittadini di quegli stati membri il cui ordinamento giuridico risulta particolarmente generoso in tema di valutazione del danno alla persona e al riguardo va detto che il confronto tra le diverse legislazioni nazionali appare tutt'altro che agevole, dipendendo il livello del risarcimento non solo dai meccanismi di quantificazione del danno strettamente connessi al livello di sviluppo economico dei diversi paesi, ma anche e soprattutto dalle categorie di danno astrattamente risarcibili legate più a modi diversi di intendere il valore dell'uomo che non a realtà economiche obiettive.

Le soluzioni ipotizzate al riguardo sono state diverse e vanno dal principio secondo cui la legge regolatrice dell'obbligazione risarcitoria dovrebbe essere in questi casi quella del paese di cittadinanza del danneggiato, anzichè quella dello stato di accadimento del sinistro, all'idea di un'assicurazione diretta del danno, complementare a quella obbligatoria r.c. auto, che l'interessato dovrebbe stipulare nel suo interesse allorchè varca la frontiera del proprio paese per entrare nel territorio di un altro stato membro e che garantirebbe l'eventuale differenza tra l'ammontare del risarcimento del danno determinato secondo la legge del paese dell'illecito e quello risultante dall'applicazione della legge del paese di cittadinanza della vittima.

La prima di queste soluzioni sovvertirebbe la logica fin qui seguita in materia dalle diverse legislazioni nazionali e dalle stesse convenzioni internazionali, il che ne rende assai problematica l'adozione; la seconda soluzione sarebbe più agevolmente percorribile sul piano pratico, ma incontra allo stato diversi ostacoli, sia per la mancanza sul mercato europeo di prodotti assicurativi idonei allo scopo, sia per ragioni politiche.

Il risultato è che i problemi in parola restano tuttora insoluti e che un ravvicinamento dei vari sistemi giuridici nazionali coinvolti nel processo di integrazione europea appare di assai difficile realizzazione, per la naturale variabilità delle risposte che al grande interrogativo di fondo del valore dell'uomo vengono via via elaborate nei diversi paesi.

E' inutile nascondersi, infatti, che quella del prezzo dell'uomo per dirla con la suggestiva espressione che fa da titolo al presente Convegno è questione in perenne e necessaria

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evoluzione, nell'apprezzamento etico e sociale della collettività prima ancora che nelle costruzioni del diritto vivente.

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