L’ECONOMISTA
G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno V - Voi. IX
Domenica 2
LE ATTUALI VICENDE
del trattato di Commercio con la Francia
Senza esserci moslrati troppo entusiasti ammiratori del nuovo trattato di commercio italo-francese e ri tenendolo anzi opera assai più imperfetta di quello che a prima giunta non sembri ed i suoi autori abbiano voluto farlo apparire, abbiamo deplorato e deploreremmo sinceramente ch’esso non venga ap plicato nei termini fissati o che gli ostacoli che in contra pel vento protezionista cbe spira in Francia dovessero farlo sommergere. Non ci spaventa soltanto la prospettiva della guerra di tariffe e delle rappre saglie a cui ci spingerebbe una politica che ora non vogliamo giudicare se bene o male intesa ; nè solo ci affliggerebbe il regime d’instabilità e d’incertezza che si preparerebbe al nostro commercio a cui rie scono già di soverchio pregiudizio le continue pro roghe cbe si sono succedute fin qui ; ma ci dorrebbe ancora sommamente cbe non potesse attuarsi la prova di un regime cbe sotto alcuni rispetti (lo abbiamo già detto) corregge quello esistente e cbe cadendo non lascerebbe nelle condizioni attuali nessuna spe ranza di potere essere sostituito da uno migliore.
Non è quindi senza una grande trepidazione che noi assistiamo alle vicende attraversate in questo momento in Francia da questo trattato e cbe vediamo manifestarsi nelle sfere legislative della grande Re pubblica un’ avversione sempre più marcata a com piere un passo cbe deve determinare l’ indirizzo della sua politica commerciale e servire di base alle ulteriori stipulazioni che si appresta a concludere con. altri paesi stranieri. Il Governo francese sembrava avesse di menticato negli scaffali dei suoi dicasteri la conven zione con l’Italia firmata il 7 luglio dell’anno scorso, quando giunsero a scuoterlo le sollecitazioni del Go verno italiano stimolato aneli’ esso dall’ annunzio del- l’ interpellanza dei deputati Comin. Luzzatti, Branca, Zeppa e Lualdi.
Ma il governo francese si trova adesso dina zi ad una corrente protezionista assai imponente cbe esso teme di affrontare, poiché conosce con quanta faci lità si convertano in Francia a 'Scopo politico le que stioni economiche ed amministrative e sente il bi sogno di non alienare gli animi dalla repubblica e non procacciare ai suoi nemici alleati di cui essi vanno in traccia promovendo agitazioni e malcontento presso le classi operaie le quali, pronte ad accogliere tutti gli errori economici atti ad appagare le menti superficiali, si lasciano facilmente persuadere da false apparenze di essere interessate alla protezione come un mezzo di mantenere elevati i salari. Questa cor rente è sorta ed ingigantita in seguito all’ inchiesta
giugno 1878
N. 218
iniziata dal Senato col fine di conoscere quali con seguenze avesse avuto sopra l’ industria ed il com mercio la politica inaugurata il 16 maggio 1877. Istituita con uno scopo puramente politico, la Com missione d’ inchiesta ha arbitrariamente allargato il suo mandato fino al punto di stabilire un’ indagine generale intorno al regime ed alla politica commer ciale stabilita in Francia ed ha aperto libero sfogo ai clamori dei grandi industriali dei dipartimenti del Nord e del centro, i quali han trovato propizia oc casione per far altamente ed abilmente risuonare i loro rancori contro le tendenze liberali e far river berare, con lo specchio delle difficoltà momentanee, cbe l’ industria attraversa attualmente in Francia, come in ogni altra parte del mondo, una luce sini stra sopra l’ avvenire industriale riserbato a quel paese.
Le deposizioni fatte dinanzi alla Commissione se natoriale d’ inchiesta hanno vivamente impressionato il pubblico poco famigliarizzato con le (questioni econo miche. Si è accolto come un grido generale di sofferenza sollevato dall’industria francese ciò cbe altro non era che un’ abile manovra di alcuni ricchi e ben pasciuti fabbricanti dediti alle industrie del ferro e dei filati, i quali somministrando le materie prime, hanno molto profitto da sperare e nessun danno da temere da una più larga protezione. Queste industrie sono più concentrate ed esercitate quindi sopra una scala più vasta di tutte le altre. Hanno la loro sede nei di partimenti più vicini a Parigi ed ai pochi e potenti industriali, che se ne dividono i proventi, è stato facile accordare le loro voci in un coro perfettamente con certato in cui .solo la maggiore o minore esorbitanza delle pretese formava la maggiore o minor elevatezza dei tuoni. I rappresentanti delle altre industrie più numerosi, ma meno influenti, i fabbricanti di seconda o terza mano del mezzogiorno della Francia o non sono stati ricercati, o più distanti dalla capitale non hanno avuto lo stesso agio di recarsi dinanzi alla Commissione d’ inchiesta e la loro voce è passata inosservata. Lo strepito dei primi ha fatto dimenticare tutti i progressi ottenuti dal 1860 in poi, ha oscurato il cammino glorioso percorso dall’industria francese in quest’ ultimi diciassette anni.
Un notevole articolo del sig. Leroy Beaulieu sul
Journal des Débats del 26 maggio faceva rilevare
338 L’ E C O N O M IS T A 2 giugno 1878 periodo di 14 anni che precede il trattato di com
mercio, dice il Beaulieu, cioè dal 1846 al 1860 le dichiarazioni di successione sono ascese da 1,351 mi lioni di franchi all’anno a 1,722, con un aumento di circa il 29 per cento; nei quattordici anni invece consecutivi al 1860 queste dichiarazioni sono salite da 1,722 milioni a 2,803, presentando cioè un aumento
del 60 per cento. 1
A questa prova assai concludente degli effetti del trattato del 1860 potremmo aggiungerne un’altra che ha pure un non lieve valore e che togliamo da un importante lavoro letto in questi ultimi giorni dal sig. Newmarch alla Statistical Society di. Londra. Le importazioni della Francia dal 1860 al 1875 sono cresciute del 53 per cento, quelle dell’Austria del 52 quelle della Russia del 60 e quelle degli Stati Uniti del 41 per cento. Nelle esportazioni invece la Francia ha veduto nello stesso periodo un aumento del 64 per cento, l’Austria del 24, la Russia del 33 e gli Stati Uniti del 38 per cento. Il regime liberale non resulta adunque così pregiudicevole alla Francia, come si vuol fare apparire, se si confronta lo svi luppo che in essa ha preso il commercio, specialmente dal lato delle esportazioni, con quello- di altri paesi ove vige uu regime più restruttivo. L’Inghilterra sola, I il paese della libertà, può vantare un aumento più considerevole che è nello stesso periodo di 15 anni del 164 per cento per le importazioni e del 90 per cento per le esportazioni.
Ma tutto ciò si dimentica o si trascura in Francia per non dare ascolto che ai reclami dei protezionisti ì quali giunsero a farsi strada nell’Assemblèa di Versailles, di modo che quando alla Camera dei deputati fu presentato dal governo il nuovo progetto di tariffa generale questi decisero di non poter pren dere intorno ad essa nessuna deliberazione se prima non si fosse condotta a termine una nuova inchiesta sopra lo stato dell’industria nazionale, rinnovando quelle indagini che la Commissione senatoriale stava facendo in modo incompleto o senza mandato. Ed è così che i legislatori francesi invece di tener d’ oc chio ai risultati generali che ognuno può verificare, invece di elevarsi con guardo sicuro nella sfera dei grandi interessi nazionali, s’impigliano in una matassa mes'ricabile d’interessi e di passioni personali e come disse benissimo alcune settimane or sono a Mougron il Ministro Say « la scienza manca, si parla giorno per giorno sui particolari, si ridicono cose di tren- t’ anni or sono e ci si perde i:i inchieste fatte le cento volte. »
11 Beaulieu già citato faceva notare argutamente in uno degli ultimi numeri M \’Economiste F ran
çais, che questo procedimento delle inchieste asso
miglia assai e non è più ragionevole di quello di chi andasse a domandare ai funzionari dello Stato se sì sentono sufficientemente stipendiati, o agli operai se trovano abbastanza elevati i loro salari, o agli impresari di teatro se avrebbero piacere a veder diminuita la dote ad essi accordata. Tutte queste inchieste industriali hanno il difetto comune di porre sotto uua le n te 'd ’ ingrandimento gl’ interessi me schini, le avide esigenze di pochi privati e di lasciare all’ oscuro gl’ interessi che devono spaziare al di sopra di tutti, gl’ interessi generali, quelli del con sumatore.
Ne sappiamo qualche cosa anche noi in Italia, e il desiderio di risparmiare al lettore le citazioni, non ci tratterrà dal riprodurre alcune parole del
ministro Seismit-Doda su questo argomento tolte | dall’ ottimo discorso sopra il trattato conia Francia
j
eli’ egli pronunziò in Senato nella seduta del 7 mag gio : * Se havvi un appunto, egli disse parlando della nostra inchiesta industriale, che gli sia stato fatto giustamente..., egli è questo che nella inchie sta iniziata, come presidente della Commissione, dal compianto senatore Scialoja e continuata dal- Luz- zatti, egli fu preoccupato troppo degli interessi dei fabbricanti e non sentì la voce dei consumatori. Io arrivato al ministero, mi sono trovato assediato alla lettera di petizioni di commercianti e consumatori d’ Italia, i quali dicevano di non avere mai avuto occasione di far udere i loro desiderj, i loro re- clami davanti all’inchiesta industriale, poiché i com missari non si occuparono d’ altro che di chiedere alle industrie di che cosa difettassero e che cosa desiderassero dai trattati. » ...« Ora una inchie sta.che si limita all’ analisi degli interessi soltanto di una data categoria di cittadini, non può conoscere tutti i grandi e molteplici interessi nazionali, non può interpretare i desiderj dei consumatori, i quali non hanno voce nelle assemblee legislative e difficilmente la trovano negli organi della stampa. »Sembra strano che di verità cosi manifeste non si siano ancora resi conto i legislatori Francesi.
2 giugno 1878 L’ E C O N O M I S T A 359 avere effetto l’ Italia non sarebbe l’ ultima a risen
tirne vantaggio. Ma ciò che più preme è che il trat tato vada presto in vigore ed il governo francese \ non indugi più oltre a combattere risolutamente le difficoltà che si frappongono alla sua attuazione.
Il Problema ferroviario
L’ interessante questione ferroviaria è finalmente escita dall’ incertezza in cui da due anni 1’ aveva situata la legge del 29 giugno 1876. Il problema ha camminato e 1’ attuale Ministero gli ha fatto fare un gran passo ! Sventuratamente questo gran passo è all’ indietro e non all’ avanti. Era lecito ai profani di credere che quando si è deputati o ministri si abbia sufficiente capacità per risolvere i quesiti che hanno una bagntella di cinquant’ anni d’età. D’ ora in poi quest’ opinione sarà relegata fra le utopie. Quanto più un problema è vecchio, studiato e risolto, quanto più si hanno migliaia di documenti per ¡scioglierlo, nei risultati che ha dimostrati e che si rilevano da migliaia di relazioni, bilanci, statistiche, inchieste, discussioni, opuscoli, trattati, etc., tanto più sarà fosca la luce che lo circonda e d’uopo sarà ristudiarlo daccapo per quella delle mille volte. Non importa che in Italia la destra I’ abbia risolto, nel suo interesse, col pretendere l’ indemaniamento di tutte le ferrovie. Non cale che la sinistra abbia sco perto il tranello della destra ed abbia votato ed ot tenuto per legge l’esercizio privato. La sinistra non è più la sinistra (per lo meno la frazione di sinistra che è al potere) e dopo due anni di studio confessa che non ha capito niente della questione. Quanto alla destra, già si sa che essa pure dirà,'e qui è facile di vedere che fa lo gnorri, che non ne sa guari più della sinistra ministeriale. Adunque si faccia l’ in chiesta la quale dirà ’ probabilmente alla sua volta eh’ essa, fra il sì e il no, propende egualmente per le due soluzioni. L’ Italia, nell’ intermezzo, sarà come l’asino dì Buridan che, fra due sacelli d’avena, non seppe mai risolvere se doveva preferire quello di de stra o quello di manca.
Ciò premesso, vediamo in che consista il progetto presentato dal signor Badcarini alla Camera. Abbiamo sotto gli occhi la relazione che l’onorevole ministro fa precedere agii articoli della legge; relazione di retta a sviluppare i motivi che V hanno indotto a proporre il duplice disegno di decretare un’ inchie sta parlamentare sull’ esercizio ferroviario, e di au torizzare il Governo ad assumere, sino alla fine del 1879, l’esercizio della rete dell'Alta Italia. Dandone conto succinto, andremo facendo quelle osservazioni che ci sembreranno acconcio a chiarire l’argomento. Non possiamo però non far precedere una dilucidazione del fenomeno, (già dimostratosi sia nel giornalismo sia negli uffici della Camera) dell’alleanza della si nistra ministeriale colla destra autoritaria. Quest’ul- tima sosterrà il progetto, perchè alla fine del 1879 confida d’ esser rientrata al potere e di aver adito perciò a render definitivo l’ esercizio fatto dallo Stato. La sinistra ministeriale considera I’ approva zione del progetto come un espediente dilatorio il quale non pregiudicando la soluzione definitiva, la esonera dalla difficoltà di adottare un partito decisivo che la porrebbe in contraddizione coi suoi antecedenti.
Niun’altra soddisfacente spiegazione potrebbe, a no stro credere, fornirsi di questa singolare alleanza.
Il ministro dei lavori pubblici afferma dapprima che, per varie ragioni, non accetta la responsabilità delle convenzioni firmate dal signor Depretis ; pro getto che comprenderebbe Tesarne di tutto il pro blema ferroviario. Quindi T inchiesta, limitata alla ri cerca del sistema preferibile fra i seguiti fino ad ora, includendovi i criterii e calcoli su cui si fondano le con venzioni che furono stipulate; e, se niuuo, fra i si stemi adottati fin qui, sia pienamente confacente ai- fi interesse nazionale, nè verrà di cercare quali siano i metodi preferibili per nuove concessioni dei- fi esercizio , all’ industria privata. Diamo pienamente ragione al signor Baccarini per aver disgiunto il problema dell’esercizio delle linee attuali, dall’altro che contempla la costruzione delle nuove linee. L’ aver congiunto le due questioni fu una delle ca gioni che trassero a rovina fi omnibus ferroviario dell’ onorevole Depretis ; e ciò è quanto dicevamo in una lettura da noi fatta al Collegio degl’ inge gneri di Firenze sull’ argomento delle convenzioni ferroviarie. Mentre rendiamo la dovuta lode al signor Baccarini per questa disgiunzione, non sappiamo però nascondere che la relazione ci sembra sibillina nella esposizione dello scopo da raggiungere coll'inchiesta. Dalle ultime.parole sembra che il ministro escluda l’ esercizio governativo come sistema definitivo; da quelle però che precedono si deduce che anche l'esercizio governativo possa essere preferito. Didatti, fra i sistemi d’ esercizio ferroviario che, sotto mol teplici forme, si praticarono in Italia, v’ ha puro l’esercizio erariale. Esso dunque sarà, come gli altri, posto in disamina. Bimane ora a sapere se la Camera vorrà imporre a quella povera commissione d’ in chiesta di rovistare tutte le convenzioni ferroviarie venute ad esecuzione, o solo stipulate, inclusevi le convenzioni rimaste annegate, cioè i due progetti Spaventa e l’altro Depretis. Lavoro ingente che, tutt’al più, poteva proporsi due anni fa. Lavoro inutile perchè: o s’ interrogherà il pubblico, ed è questo incompetente ed incapace in una questione di ra gioneria tecnologica; o si interrogheranno le persone competenti, e queste hanno già parlato le mille fiate.
540 L’ E C O N O M I S T A 2 giugno 1878 è forse rappresentato dai 5 membri del Senato, as
semblea che è un’ emanazione del potere esecutivo? Se la Commissione verrà composta nel modo pro posto, l’ opinione autoritaria riescirà sovercliiante ; e la conclusione dovrà necessariamente risentirsi della prevalenza assegnata ai naturali fautori dell’accen tramento governativo.
Transitando alla questione dell’esercizio provviso rio dell’Alta Italia, la relazione fa osservare che, scadendo col 50 giugno del corrente anno il con tratto colla Sud-Bahn, tre partiti potevano prendersi : ■1® prolungare il contratto colla Sud-Bahn ; 2° ac cordare I’ esercizio provvisorio ad altra società ; 5° adottare, per intanto, 1’ esercizio governativo. Il primo partito non è piaciuto al Governo, perchè op posto ai principii che fecero concludere ed accet tare dal Parlamento la Convenzione di Basilea ; inoltre « l’integritàdel canone vigente, sia per le questioni insolute, sia per altre che già s’ intravedono, verrebbe forse, dice la relazione, messa in dubbio per la diversità degli apprezzamenti intorno ad al cuno dei patti contrattuali. » Qui è necessario d’os servare; dapprima che i principii che dete 'm narono la convenzione di Basdea furono, l’ adempimento di una stipulazione del trattato di Vienna dell’ ot tobre 1866; ed inoltre l’ interesse di togliere ad una società estera la proprietà d’ una rete nazionale. Ora entrambi questi scopi non erano infermati da un breve prolungamento dell’ affitto alla Sud-Bahn. Che poi la Sud-Bahn non fosse aliena dal prolun gare l’ appalto, lo dimostra la relazione stessa, la quale confessa che, contrariamente alle voci messe in giro, fu il Governo che riluttò dal continuare l’ap palto colla Sud-Bahn, perchè forse sarebbero nate contestazioni che già s’ iutravvedono. Come se, dato che di simili contestazioni nascessero, non ci fosse modo di dirimerle, o amichevolmente, o per via giudiziaria. Essendo poi sommamente probabile, per non dir certo, che delle contestazioni se ne avranno sempre fra Governo e società ferroviarie, così, se da tali difficoltà il Governo vuol assolutamente esi mersi, chiaro risulta che esso rifiuta ogni esercizio privato e che vuol porre tutte le ferrovie in po tere del fisco. Meglio valeva dirlo francamente.
Quanto all’espediente di costituire una società provvisoria, pendente il periodo degli studii propo sti, il governo stima di scartare questo partito, e noi siamo perfettamente del suo parere. Una nuova so cietà d’ appalto ferroviario che, invece d’ una ventina d’ anni, avrebbe diciotto mesi d’ esistenza, sarebbe inaccettabile. Tolte dunque di mezzo le due prime alternative, il governo adotta la terza, cioè l’ eserci zio governativo fino al termine del 1879, senza avvertire che a questo partito possono opporsi le stesse ragioni che fanno escludere il secondo, cioè la troppo breve durata, la necessità d’ una consegna e riconsegna, (a meno che I’ esercizio governativo da provvisorio divenga definitivo) e tutte le complica zioni che ne derivano. Quanto al vantaggio che il governo promette doversi trarre dall’ esperimento governativo, per additare la via alla Commissione d’ inchiesta, può asserirsi che, quand’ anche il go verno volesse sinceramente illuminare la Commissione) esso noi potrebbe. La Commissione difatti dovrà aver compiuto il suo lavoro nell’ anno corrente; ed i ri sultati del 2° semestre dell’ anno attuale, che sarà il primo semestre dell’ esercizio governativo, non saranno palesi che alla chiusura del bilancio del
semestre medesimo, cioè alcuni mesi dopo. Tutt’ al più questi risultati potrebbero rischiarare il Par lamento, al punto di risolvere definitivamente il problema dell’esercizio ferroviario; ma è chiaro che sei soli mesi di amministrazione non dareb bero verun lume adequato, stante la brevità dell’in tervallo anche ammessa la più completa sincerità e precisione d’ esposizione dei risultali raggiunti.
Prosegue la relazione col promettere di variare il meno possibile M’ organizzazione attuale del servi zio dell’ Alta Italia. Converrà però coadiuvare il mi nistro con un Consiglio di amministrazione composto di sette membri. Altrettanto si pratica nelle ammi- strazioni private, ma, in questo caso il corpo am ministrativo è scelto dai proprietari della ferrovia, cioè dagli azionisti. Ora il proprietario dell’ Alta Italia è lo Stato; dunque-la scelta dei componenti il Consiglio di amministrazione dovrebbe, a rigor di logica, esser fatto dai rappresentanti dello Stato, cioè dalla Camera elettiva. Invece di ciò la scelta degli amministratori, in numero di sette, sarà devo luta al Consiglio dei Ministri. Esattamente, è il ser vitore che scarta il padrone e lo rimpiazza. Nelle am ministrazioni private è poi il Consiglio medesimo che elegge il Direttore generale, i capi dei varj servigj e tutti gli impiegati; come si spiega adunque che, nella proposta del governo, il Ministro dei Lavori Pubblici debba esso stesso sciegliere tutti questi fun zionari ? Si spiega osservando che il Consiglio d’am ministrazione essendo, nelle viste del Governo, una emanazione del Ministro dei Lavori Pubblici, tanto vale che il Direttore generale ed i capi dei varii servigii siano a scelta di esso Ministro, quanto il’una sua delegazione. Così essendo, il Governo potrà fare ogni suo arbitrio poiché mancherà chi gli addirizzi il cammino e lo corregga. Non è egli noto difatti che fi andamento, in massima parte, del servizio fer roviario dipende dalla capacità del Direttore gene rale e de’ suoi consiglieri ? Il governo ha ben ve duto che deferendo ad altri la composizione dei- fi amministrazione operante e del direttore generale, e lasciando al Ministero dei Lavori Pubblici il solo diritto di approvare le risoluzioni prese dal Consiglio d’amministrazione quasi nulla si innova all’ anda mento attuale dei servizi non restando al Governo che i resultati finanziari. Ma appunto questo sistema doveva praticarsi se realmente era suo intendimento di innovare il meno possibile, come esso afferma.
2 giugno 1878 L’ E C O N O M I S T A 541 risguardante le avarie, smarrimenti di merci, e ri
tardi può essere risolto dal Consiglio od anche dal Direttore generalo ed è facile d’intendere quali pre tese possano soddisfarsi e quali abusi avere origine. Anche la materia tanto importante dei rimaneg giamenti delle tariffe è riposta in potere del Governo; però dentro i limiti massimi che sono ora in vigore nell’Alta Italia, essendo voluta l’approvazione per legge all’aumento delle attuali tariffe. Ma attenti bene; per chè accanto all’ordine, c’è il contr’ordine. Onde com pensare l’ unificazione delle tariffe fra le provincie Venete e le altre, il Governo potrà alzare, esse ta riffe accomunate, a piacimento. Cosicché l’aumento delle medesime appartiene, per tal modo, tanto al potere esecutivo quanto al legislativo. Circa al ribasso generale ed ai ribassi parziali, che sono i più im portanti, essi dipenderanno dal Governo. In siffatto modo il governo diviene arbitro di alzare ribassare e modificare le tariffe a piacimento senza subi re il controllo dell’ interesse privato, come ac cade quando l’esercizio è fatto da una società. In quest’ ultimo sistema occorre difatti unaccordo fra la società esercente ed il governo per addivenire alla modificazione delle tariffe o bisogna par lo meno subire le obbiezioni e soddisfare le inden nità dovute alla società esercente. Queste garan zie o per Io meno queste opposizioni sono, nel progetto ministeriale, eliminate. Si può osservare bensì che, se il Governo non dovrà subire contrad dizioni nel ribasso delle tariffe, sarà ciò un beneficio per gli utenti della rete ferroviaria. Questo sarebbe un vero vantaggio difatti se non ne venisse, per converso, la necessità d’ un aumento d’ aggravii alla massa dei contribuenti, affine di colmare il deficit risultante. In questi casi bisogna concordare gli in teressi opposti. Ora il calcolo del prò e del contro suppone la contraddizione, dove non v’ ha contrad dizione dove non c’ è opposizione; nè può esservi opposizione se v’ è l’arbitrio. Cosicché, anche per questo capo, che è uno dei più importanti, il Go verno diviene assoluto padrone.
Tralasciamo altre osservazioni di minore impor tanza perchè crediamo che questa breve esposizione possa servire a dare un’ idea degl’ intendimenti del Governo. Dopo aver rese inutili quelle povere con venzioni, che non ebbero neanche l’onore di esser discusse, il Ministro dei Lavori Pubblici si è rifiu tato ad adottare il solo partito che fosse facilmente effettuabile, cioè un breve prolungamento, pongasi di un anno, del contratto colla Sud-Bahn. Se questo espediente transitorio era prescelto eravi tutto il tempo voluto per ripresentare al Parlamento le con venzioni del sig. De Pretis eolie seguenti modifica zioni. Distrarne tuttociò che si riferisce alle nuove costruzioni, fatta eccezione dell'obbligo d’ esercitare le linee medesime. Distrarne similmente il prestito di 200 milioni al minimo, rimpiazzandolo con una moderata garanzia di valori da depositarsi in una cassa pubblica. Rendere indeterminata la cifra del canone ed il per cento della ripartizione degli ecce denti dell’introito lordo sulla somma posta a base del canone. Subire le modificazioni delle conven zioni e dei capitolati che la Camera avesse ricono sciuto necessarie. Ottenuta quindi l’ approvazione per legge delle convenzioni, procedere alla deliberazione, coi pubblici incanti, delle concessioni d’ esercizio alle società appaltanti, conforme è voluto dalle leggi dello Stato. È in questo modo che il Governo
olau-dese ha proceduto all’ affitto della rete costrutta dallo Stato, ed è in questo modo soltanto che poteva, an che in Italia, efficacemente, equamente e pronta mente risolversi il problema dell’ esercizio ferrovia rio. Ragioni politiche, antipatie personali e prefe renza, palese o latente, per 1’ esercizio governativo, hanno impedito che la soluzione schietta e legale prevalesse. Ora toccherà all’ interesse nazionale di fare le spese degl intendimenti nascosti, delle velleità, autoritarie, delle cupidigie burocratiche; le quali ten denze occulte ed illegittime sono la vera cagione delle vergognose dilazioni che sonosi arrecate e si stanno più che mai arrecando alla soluzione dell’ im portante problema. Problema che abbiamo conside rato dal solo punto di vista economico, mentre ben maggiore è la sua portata; poiché esso include l’ al ternativa dell’accentramento o del decentramento del l’autorità o della libertà.
Ing. Carlo Gabussi
Società di economia politica di Parigi
(.Riunioni del 5 aprile e del 6 maggio 1878)
La riunione del 5 aprile fu presieduta dal signor F e derico Passy. Yi erano stati invitati il signor O’Bremi, delegato dal Nieuwe Rotherdamsche couranii a stu diare l'esposizione; il signor Tózenas de Moncel, fabbricante a Saint-Etienue, il signor F. Devot, fab bricante. a Saint-Pierre-lez-Calais, il signor Bowes, corrispondente dello Standard ed il signor Asthon Lever, uno dei promotori delle Società cooperative a Londra.
Il presidente annunzia che il 23 aprile verrà inaugurato a Mugron il modesto monumento a Ba stia! e che la Società sarà rappresentata dal signor Léon Say. In questi momenti non è senza impor tanza vedere riuniti due nomi in cui si personifica più strettamente la libertà commerciale. Il signor Passy parla poi con reverenza e con affetto del compianto conte Sclopis, uno dei sei soci stranieri dell’Accademia delle scienze morali e politiche. Dà poi comunicazione di una lettera ricevuta dal comi tato del Cobden Club, che esprime il desiderio che l’ Esposizione universale siti l’ occasione di una ma nifestazione dei liberi scambisti di tutti i paesi. La presidenza è incaricata di rispondere.
Il signor Tézenas de Moncel, fabbricante di (os suti di seta e il signor Devot, fabbricante di tulle, prendono successivamente la parola e fanno una in teressante esposizione dello stato dell’ industria tes sile e degli ostacoli che oppone loro il sistema pro tettore.
Questo sistema mette veramente i tessitori alla mercè delle filature di Rouen, di Lilla, dei Vosgi ecc. che si intitolano per eufemismo il lavoro na zionale, e che sono protetti da diritti di 15 a 30 franchi per 100 chilogrammi sui fili crudi e di 390 franchi sui fili ritorti. Secondo il nuovo progetto di tariffa, questi diritti sarebbero ancora aumentati di 2 decimi e di 4 per cento, ciò che li porterebbe a 486 franchi ! Ora in Inghilterra i fili grossi o fini, semplici o ritorti, entrano gratuitamente. In Svizzera non pagano che un diritto fiscale di 4 franchi. Non pagano che 15 e 30 franchi in Germania ; il 3 per
342 L’E C O N O M IS T A 2 giugno 1878 cento ad valorem in Olanda; 10 a 40 franchi in ;
Belgio; 29 franchi in Italia, in cui il diritto sarà raddoppiato dalla nuova tariffa. Per mantenérsi sui mercati stranieri, i fabbricanti francesi s'ingegnano a creare tipi nuovi, ma non è questa una ragione perchè si sottomettano a un simile regime doganale, che si può giustamente qualificare di barbaro.' L’ in dustria tessile è pure uno dei grandi rami della industria nazionale. L'industria di Calais e di Saint- Pierre rappresenta un capitale di 40 milioni. Questa industria che è stata protezionista, che è stata spa ventata dal trattato del 1860, è stata illuminata dalla esperienza. Essa vede che la protezione la op prime e reclama la libertà.
Queste interessanti spiegazioni danno luogo a una discussione intorno ai soliti maneggi dei protezioni sti. In questa occasione il signor Glamageran, mem bro del Consiglio municipale di Parigi ha dato delle interessanti spiegazioni sulla questione degli Stati- Uniti. La realtà non risponde all’ apparenza. Non bisogna badare a qualche industria che si è svilup pata sotto la protezione ; bisogna guardare alla si tuazione economica in generale. Ciò che è avvenuto agli Stati-Uniti da una ventina d’ anni somiglia a quel che avvenne in. Francia sotto Luigi XIV. La ta riffa del 1667 creò delle industrie, ma quante mai ne rovinò ! Tantoché nel 1701 i deputati delle città commercianti eccetto quelli di Rouen si pronunziarono per la libertà commerciale. Nello stesso modo oggi si riconosce che il protezionismo è stato fatale al- l’America. Esso ha fatte sorgere industrie fittizie che sono in uno stato di malessere perpetuo. Gl’ immi granti europei sono stati trattenuti nelle città sulle rive dell’Atlantico dal salario elevato; ma questo era illusione, la vita diventava più difficile ed è nato il pauperismo. Si è voluto isolare il nuovo mondo dal vecchio, e ha preso da questo i suoi mali senza il lenitivo delle dottrine liberali. Un altro ef fetto del protezionismo è stata la decadenza della marina mercantile. Altravolta essa gareggiava con quella inglese. L’ insieme del suo tonnellaggio rap presenta oggi presso a poco il terzo del tonnellaggio inglese (3 milioni contro 9 nel 1876).
11 sig. Clamageran segnala in seguito ! influenza delle alte tariffe sulla questione monetaria. Il Silver-
bill è stata la risposta dei coltivatori dell’ Ovest ai
capitalisti dell’Est. Ora il Silver-bill equivale a una bancarotta parziale, poiché il valore dell’argento è inferiore di 10 o 15 per 100 a quello dell’ oro. La gente deli' Ovest toccata nei suoi interessi dai privilegi dei manifatturieri avrebbe meglio intra presa una campagna in favore della libertà com merciale, invece ha chiesto e ottenuto di non pagare i propri debiti integralmente. Quanto al Sud, è in teressato al pari dell’Ovest al libero scambio, ma oppresso è rimasto lungamente inerte. Gli Stati più meridionali credettero di profittare delle alte tariffe per proteggere i loro zuccheri contro la concorrenza dell’Avana, hanno voluto oltrepassare i limiti natu rali, ma i geli precoci li han ricondotti alla realtà e una nuova causa di rovina si è aggiunta alle altre. La conclusione dell’oratore si è che l’esempio degli Stati Uniti prova contro la protezione e che la Fran cia dovrebbe andare innanzi nella via del -libero scambio ponendosi alla testa del movimento economico.
11 Presidente osserva che da tutta la discussione emerge la falsità delle due tesi principali dei prote zionisti il lavoro nazionale e le materie prime.
Riunione del 6 maggio 1878.
È presieduta dal sig. De Parieu e vi assistono invitate parecchie notabilità.
Il Presidente pronunzia alcune parole di rim pianto per la morte recente del Marchese d’Audif- i’ret ed il sig. Garnier fa una breve commemorazione di Michele Corr Van der Maeren,-uno dei presi denti. della Società di economia politica belga.
Il sig. Federico Passy richiama l’attenzione del l’adunanza sopra una manifestazione pubblica delle camere sindacali di Parigi e sopra alcuni notevoli articoli di giornali. Molti negozianti e industriali hanno vivamente biasimata la elevazione dei diritti di dogana. E i protezionisti si lamentano? Il signo re Passy trova che questo stalo di cose non è soddisfacente, perchè in fin de’conti le importa zioni rappresentano per un paese le sue soddi sfazioni o i suoi elementi di lavoro, mentre le esportazioni rappresentano il prezzo con cui paga le une e le altre. Tocca poi della Esposizione univer sale e ne rileva l’importanza. Dal punto di vista economico è il risveglio di tre idee connesse : lavoro, pace e libertà commerciale. Questa ultima è men generale e men chiaro; nondimeno essa comincia a penetrare negli animi e a buon diritto, poiché è per la moltiplicazione delle relazioni commerciali che il lavoro e la pace possono consolidarsi.
La parte più importante della discussione si ag gira sul seguente tema: Le Compagnie e lo Stato
a proposito del riscatto delle ferrocie.
Il sig. De L abry pensa che le Compagnie esi stenti in Francia possano ricevere utili riforme. Del resto in principio crede l’esercizio delle Compagnie preferibile a quello dello Stato. La questione va esaminata dal punto di vista politico e dal punto di vista tecnico. Il primo è molto importante per chè si tratterebbe di dare allo Stato almeno 150m. nuovi funzionari e di aumentare il bilancio di un miliardo circa. La Storia di Francia mostra che essa non ha potuto essere ben governata se non quando alla testa degli affari vi sono stati uomini superiori, mentre in altri paesi la bontà del governo dipende più che dagli uomini dalle istituzioni. Pure in Francia accanto a governi debolmente costituiti si trovano corporazioni vivaci come la Banca e le Compagnie ferroviarie.
Queste sono animate da un principio di una gran forza, l’ interesse personale. Questo domina nella scelta dei principali direttori della impresa. Al con trario lo Stato nomina sovente i funzionari per tutt’ altro motivo che la loro attitudine speciale.
2 giugno 1878 L’ E C O N O M IS T A 345 loro condizioni hanno interesse a contentare i gusti
del pubblico. Ma crescere i treni, per es. è crescere la responsabilità, e il funzionario pubblico scanserà di farlo, e la notte preferirà forse di non lasciare il tetto conjtigale. La calma e una saggia medio crità, ecco la tendenza del funzionario governativo. Meglio dunque conservare e migliorare gli stru menti provati che distsuggerli. Tuttociò in teoria.
Ma bisogna fare una restrizione pratica. Le sei grandi compagnie hanno un passato laborioso e un presente che frutta e son troppo disposte a conten tarsi dei risultati ottenuti e a non procurarsi troppo dell’interesse pubblico, se può nuocere momenta neamente alla loro finanza, come l’esperienza da vent’anni in poi ha dimostrato. Le piccolo compagnie hanno giovato allo Stato per obbligare le grandi alla costruzione di nuove lineo, ed è perciò che le prime dovrebbero essere trattate meno duramente. Si vis
pacem para bellum. Il Governo dovrebbe aver sot
tomano un nucleo di gente capace di dirigere l’ eser cizio delle ferrovie e se una grande compagnia ri- nm zia di fare una cosa utile, minacciare il riscatto. Insomma lo Stato deve sapere che l’ esercizio delle Compagnie è preferibile, ina deve essere al caso di potere esercitare parzialmente le ferrovie egli me desimo.
Il sig. Garnier appoggia lo osservazioni del preopi nante che hanno tanto maggior valore in quanto egli è un funzionario governativo (ingegnere capo dei ponti e strade).
Il sig. Wilson critica vivamente le grandi com pagnie, dice che di fronte all’ abuso del loro mono polio è convenuto procedere al riscatto delle linee secondarie. E un’ esperienza che si è voluto fare e nient’altro. Infine lo Stato esercita le poste e i te legrafi. E il monopolio delle Compagnie vai meglio di quello dello Stato? Lo Stato sarà più imparziale nelle conbinazioni delle tariffe. A ogni modo il ri scatto delle linee secondarie sarà un mezzo di coer cizione; l’avvenire dirà se c’ è luogo a perseverare in questo sistema e generalizzarlo o se conviene ri- nunziarvi.
Il sig. Garnier non nega i mali del monopolio delle grandi Compagnie che crede effetto del sistema di fusione adottato sotto l'impero, ma in un paese come la Francia 1’ esercizio governativo presenterebbe maggiori difetti. Quindi non si generalizzi Io espe rimento — si può aumentare il numero delle Com pagnie e soprattutto non aiutare le grandi ad am mazzare le piccole.
L’ esempio delle poste e dei telegrafi non prova nulla. Uu giorno lo Stato intelligente potrà sbaroz- zarzi di questo mestiere.
Il sig. L àbry rispondendo a varie domande parti colari che gli erano state indirizzate, dice che molti lavori statistici provano l’inferiorità dello Stato. Cita uno studio pubblicato dal sig. Baum ingegnere dei ponti e strade nel 1876. L’ oratore ha confermato la sua convinzione, vedendo d’ appresso le ferrovie Austriache, Ungheresi e Tedesche. Caratterizza la gestione dello Stato colla parola tiepidezza. Difende il provvedimento adottato dal Governo di fronte alle piccole Compagnie che non era equo lasciasse fal lire, e quanto alla misura di libertà lasciata alle Com pagnie pone in sodo che la gestione delle medesime sotto la sorveglianza e sotto 1’ autorità dello Stato è quello generalmente applicato in Francia, ed è il
migliore, per essa e a senso di molti il migliore in tesi generale.
Secondo il sig. Courtois il male delle Compagnie, che le rende sorde ai reclami del consumatore, è la loro importanza. Bisogna frazionarle. Ripete una frase del sig. Saum ge che fu direttore della Com pagnia dell’ Est — Perchè l’ amministrazione di una Compagnia ferroviaria non ecceda Me forze fisiche e intellettuali d’ un uomo, anche ben dotato, bisogna che la sua rete non ecceda 2,000 chilometri. Certo è più facile fondere elio frazionare. Nondimeno non lo crede impossibile. Certo poiché esistono dei con tratti ci vorrebbe l’ assenso delle compagnie, ma egli crede che vi si presterebbero per non trovarsi pm contro f opinione pubblica. In questa lotta vi è uu gran disperdimento di forze. La loro prosperità cre scerebbe colla loro popolarità. Guadagnerebbero in profondità ed intensità, perdendo in estenzione. Non crede alla efficacia delle coalizioni. Una compagnia dissidente basterebbe per operare una contro-coali zione. II frazionamento accorda la libertà della in dustria col diritto dello Stato.
Il sig Milan Eresie dice che nel suo paese, l’Un- clieria, le ferrovie sono bene amministrate dallo Stato, ma dal lato del rèddito lasciano a desiderare. Lo Stato le costruì per far piacere a qualche nobile magiaro, ecco il male di queste influenze personali o politiche.
Il sig. Cheysson osserva che dal punto di vista della intensità del traffico la Francia occupa il terzo posto in Europa.
Il sig. Limousin crede che la libertà e la con correnza siano impotenti e conclude che bisogna venire, se non al monopolio dello Stato, a una re golamentazione e a un controllo serio.
Il sig. Mangiti pensa che la teoria razionale manca e che bisogna per ora procedere in modo empirico, facendo la medicina dei sintoni e combattendo il male volta per volta. Questa conclusione, egli dice, per non esser tale e appunto perchè non è tale, non è forse la peggiore.
La situazione desìi Istituti ili Credito
( F e b b r a i o 1 8 7 8)
Banche popolari — Società di credito ordinaria
Fra le pubblicazioni governative che hanno una importanza incontestabile, sono da annoverarsi al certo i bollettini delle situazioni dei conti dei vari istituti di credito esistenti nel Regno. Iniziata questa pubbli cazione sotto modeste forme nel 1870 dall’Ufficio di Statistica presso il Ministero d’ Agricoltura e Commer cio, diretto dal compianto Maestri, essa è andata mano a mano sviluppandosi, ed oggi abbiamo una serie di bollettini che fanno onore alla amministrazione italiana e per chiarezza di compilazione e per la sollecitudine con la quale si fa conoscere al pubblico la situazione di tutti i nostri istituti di credito.
L’ E C O N O M IS T A 344
sommari statistici complessivi sono fatti precedere i sommari per compartimenti.
Vediamo adunque, secondo il bollettino teste in viatoci dal Ministero del Tesoro (Direzione dell’In dustria e del Commercio) il numero delle Banche popolari e delle Società di credito ordinario che funzio navano in ciascun compartimento alla fine di febbrajo’ del corrente anno:
Compartimenti Banche popolari di credito ordinario TotaleSocietà
Piemonte... ,. 12 21 33 L ig u ria... 4 13 17 Lombardia... . 25 9 34 Veneto... 24 7 31 Emilia... 13 6 19 Marche... 9 3 12 Umbria... » 3 1 4 Toscana... 10 20 30 Lazio... 2 4 6
Abruzzi e Mol ise » 1 1 2
Campania... 5 5 10 Puglie... 2 2 4 Basilicata... » 1 1 Calabrie... 1 » 1 Sicilia... 7 9 16 Sardegna... * 2 2 Totale. .. » 118 104 222
Dall’esame di queste cifre si scorge come il ere-dito popolare, per numero d’istituti, abbia ottenuto il maggiore svolgimento in Lombardia, nel Veneto, nell’Emilia e nel Piemonte; le società di credito or dinario sono maggiori in Toscana, nel Piemonte e nella Liguria. Merita di aver presente il numero delle banche popolari e dello società di credito che funzionano in Sicilia, che può dirsi piuttosto rag guardevole, in specie poi quando si confronti con quello di alcuni compartimenti del napoletano.
Giova pure ricordare come alla fine del 1870 non vi erano nel regno che 48 banche popolari e 36 società di credito ordinario.
[I capitale nominale di queste istituzioni di credito ammontava al 28 febbraio 4878 a lire 379,293,991,70 (Banche popolari, lire 39,277,230; Società di cre dito ordinano, lire 340,018,744,70). Il capitale ver sato ascendeva in complesso all’ epoca suddetta a lire 224,472,613,79, e si ripartiva come appresso per ciascuna specie d’istituzione e per compartimenti:
Compartimenti Banche popolari Società di credito ordinario Piemonte... L. ' 4,282,327 —• L. 37,276,346 41 L iguria... » 3,655,082 —■ » 26,371,750 — Lombardia... » 18,281,878 25 » 10,120,875 — Veneto... » 4,103,878 07 » 9,703,070 — Emilia... » 3,726,657 56 » 3,489,215 74 M arche... » 332,483 48 » 945,846 69 U m bria... » 231,561 99 » 147,100 —• T o scan a... » 1,056,301 15 » 48,394,840 01 L azio... » i 99,728 50 » 20,996,750 — Abruzzi e Molise » 23,550 — » 334,350 — Campania... » 305,620 — » 10,332,750 —• P u g lie... » 31,507 45 » 405,905 — Basilicata... » — -e- » 60,000 — Calabria... » 74,037 14 » ---S icilia... » 978,600 50 » 6,850,603 — Sardegna... » — — » 2,400,000 — Totale L. 37,283,213 94 L. 186,889,401 85 Esaminando le cifre totali del capitale effettiva mente versato con )’ ammontare del capitale nomi nale è notevole la differenza che passa fra le due specie d’istituzioni; le Banche popolari hanno il
2 giugno 1878 loro capitale sociale per la maggior parte versato, mentre le Società di credito ordinario lo hanno ver sato per poco più della metà.
Le banche popolari di Lombardia sono quelle che hanno il capitale versato di maggiore entità; vengono quindi quelle del Piemente, del Veneto, dell’ Emilia e della Liguria. Le società di credito ordinario della Toscana hanno il maggior capitale versato; fanno seguito a queste le Società del Pie monte, della Liguria, del Lazio, della Lombardia e della Campania.
Le principali partite dell’attivo e del passivo delle banche popolari e delle Società di credilo ordinario alla fine del mese di febbraio del corrente anno si riassumono come appresso:
Banche popolari Società di credito ordinario
Numerario in cassa. L. Portafoglio... » Anticipazioni... » Titoli dello Stato . . » Obbligazioni di corpi
morali... » Azioni ed obbliga
zioni di Società.. » Conti correnti attivi. » Depositi e titoli a
cauzione... » Effetti e crediti in
sofferenza... » Conti corr enti a inte
resse e depositi a risparmio... » Fondo di riserv a... » Spese e perdite... » Rendite e profitti . . » Movimento generale. » 7,590,275 114,218,226 13,616,588 34,260,471 2,814,317 4,557,062 18,740,154 25,729,753 2,838,710 153,392,360 10,580.696 1,072,570 2,279,599 254,724,236 L. 25,254,689 » 187,679,188 » 8,320,888 » 49,484,056 » 6,196,619 » 119,523,629 » 164,353,274 » 120,857,815 » 4.456?320 » 383,456,751 » 27,813,568 » 2,492,646 » 4,347,508 » 993,012,204 Da queste cifre risulta come le Banche popolari avevano alla fine di febbrajo 4878 un portafoglio che rappresentava un valore triplo del loro capitale effettivamente versato, mentre il portafoglio delle Società di credito ordinario raggiungeva appena il capitale da esse versato. Le anticipazioni sopra pegno di titoli e di merci sono maggiori di oltre un terzo quelle dalle Banche popolari in confronto a quelle eseguite dalle Società di credito. Con un capitale di 57 milioni le Banche popolari avevano impiegati per 34 milioni di lire in titoli dello Stato, mentre le Società di credito cen 486 milioni di capitale versato non aveva che 49 milioni di detti titoli. Merita pure di esser notalo (’ammontare di 449 milioni di azioni ed obbligazioni di Società ohe figurano nei valori delle Società di credito ordinario, mentre le Banche popolari non avevavano di quei titoli che 4 milioni e mezzo di lire.
Nel mese di gennaio 1878 fu approvata la Banca Mutua di Belluno, con un capitale nominale di 400 mila lire diviso in 2505 azioni di lire 50 cia scuna. All’ atto di costituzione i soci della nuova Banca avevano versate lire 26,745.
t
2 giugno 1878 L’ E C O N O M I S T A 345
RIVISTA BIBLIOGRAFICA
Archivio di statistica. Anno II. Faso. IV . Roma, 1878.
Le finanze comunali — In queslo articolo il chia
rissimo. Ellena intende provare che se c’è qualche cosa di vero in ciò che affermano i partigiani delle libertà municipali, c’ è anche molto del falso, e che si esagera quando si accusa il Governo di avere tolto le risorse ai Comuni, caricandoli di obblighi. Non disconosce, lo ripetiamo, che hanno qualche po’ di ragione, ma il torto principale del Governo è secondo lui di non aver frenato le prodigalità dei Comuni. E per provare la sua tesi, il chiarissimo autore tesse la storia delle finanze comunali, appo- giandosi alle statistiche forniteci dalla instancabile attività dell'onorevole Bodio. L’egregio autore passa pertanto in rivista le imposte comunali e accenna ai miglioramenti che vi si potrebbero introdurre, con cludendo che.è necessario frenare le spese superflue, il che non può farsi che affidando al Parlamento il compilo di approvare i prestiti comunali. E dopo avere accennato a qualche altro speciale provvedi mento circa alle tasse, così si esprime : « ... in così grande copia di spese necessarie, con tanta somma di debiti, tutti gli edifizj finanziari del nostro paese crollerebbero se si ponesse mano a novità troppo radicali. La finanza dello Stato fu quasi con dotta in porto, consolidando lentamente e prudente mente i difformi materiali onde si era di mano in mano venuta componendo ; - si sarebbe sfasciata se, per amore dell’ ottimo, si fosse proceduto a riforme profonde e intempestive. Ma, lo ripeto, nell’ opera della rinnovazione de’ nostri municipii, è mestieri che non si bruci troppo incenso a idee fantastiche di libertà e di autonomia ; è mestieri soprattutto non si dimentichi che i comuni non sono fine, ma mezzo al conseguimento sociale. » A parte molti pregi par ticolari che si riscontrano in questo come in ogni altro scritto dell’Ellena, noi che su molte questioni siamo stati d’ accordo con lui, non possiamo questa volta acquetarci alle sue conclusioni. Egli loda la politica finanziaria che da parecchi anni si è seguita in Italia dallo Stato ; noi la deploriamo e siamo convinti che se il conte di Cavour avesse seguito un tale sistema, egli non avrebbe preparato, come fece, la prosperità del vecchio Piemonte. Noi rico nosciamo ben volentieri che in materia di finanza non si possono trascurare le ragioni della opportu nità, ma non crediamo che sia utile sostituire a un criterio razionale l’empirismo fiscale. Quanto ai Co muni poi, non contrastiamo la necessità di una tu tela dentro certi limiti, perchè il governo assoluto di una assemblea è il peggiore dei governi ; non neghiamo che la tutela dimezzata fra lo Stato e la Deputazione provinciale sia cattiva ed inefficace, e tanto meno neghiamo che vi sia stata prodigalità per parte di molti comuni. Ma le cause sono quelle ac cennate dall’ Ellena? E questo poi prova che il Governo non abbia avuta una gran parte nel disa stro delle finanze comunali ? Sul primo punto ci li miteremo a notare che le classi agricole non sono rappresentate che scarsamente nei consigli dei Co muni rurali, il che porta alla conseguenza che chi paga il più delle imposte non ha voce in capitolo» e che si spende in cose inutili il danaro dei con tribuenti. Ma d’ altra parte è pur vero che il pa reggio del bilancio dello Stato si è fatto in gran
parte a carico delle località, a cui da un lato si toglievano risorse, mentre dall’ altro si aumentavano i loro obblighi, e si davano loro compensi per lo più affatto illusorii.
L ’ Ufficio scientifico e l'assunto civile della stati stica — È una prolusione al corso di filosofia della
statistica nella R. Università di Padova, dovuta alla penna del chiarissimo Morpurgo. Com’ è naturale, questo scritto sta sulle generali e tende a dimostrare per quali titoli la statistica reclami oggi più che mai a buon diritto.il suo posto nella enciclopedia degli studj giuridici e sociali. Accennando alja dottrina del Buckle, dichiara che eccessivo e non fondato apparisce il giudizio di coloro, i quali dalle osser vazioni delle periodicità statistiche si credono auto rizzati ad escludere la libertà di scelta nelle azioni umane. Osserva come considerando i lineamenti esterni di questi studj, il loro indirizzo applicativo, a buon diritto si accenni a origini lontane e a que gli stati che si poterono dire statistici, traccia rapi- I damente la storia della scienza, ne mostra infine la ! competenza ed i limiti. È uno studio interessante e ! ben fatto.
Della statistica meteorologica in Italia. — E un
breve articolo dell’ egregio Bodio, nel quale egli rende conto del servizio uniforme stabilito col decreto reale del 2(1 novembre 1876, e narra quello che il Con siglio direttivo ha cominciato a fare per ottenere un servizio metereologico degno della nuova vita scien tifica italiana.
Il Trattalo di commercio con la Francia e la statistica industriale. — In queste brevi pagine fir
mate V. E. si sostiene che la relazione premessa al trattato di commercio colla Francia mostra che tutti gli aspetti del tema furono studiati con diligenza e che essa ci fornisce le prime linee della nostra sta tistica industriale. Di quella relazione noi rendemmo conto e dicemmo il pensier nostro sulla medesima, L’Autore passa rapidamente in rassegna levarie in dustrie manifatturiere, e conclude che promettono di svolgersi, sebbene lentamente, le grandi industrie che possono valersi della forza idraulica ; incontrano maggiori difficoltà quelle che hanno bisogno di molto combustibile. Le ultime vivono grazie alla difesa delle distanze e dei dazi di confini. Le industrie artistiche risorgono e si afforzano.
Seguono un Saggio dì statìstica della recidiva di G. Lombroso, un resoconto delle ricerche sopra le
condizioni degli operai nelle fabbriche fatte dal già
Ministero di agricoltura e commercio, che noi già analizzammo, notizie varie ed alcune bibliografie. Pauperismo e beneficenza. -«■ Memoria per Giuseppe
De Marco. Reggio Calabria, 1877.
La questione del pauperismo è questione vecchia, ma giammai gli studiosi vi rivolsero come a’ nostri tempi la loro attenzione. Le formidabili utopie e le istituzioni benefiche attestano del pari questo pro gresso. Soltanto le une e le altre sono capaci di ri mediare al male? Ecco quello che importa di ricer care nell’ interesse delle classi più numerose e in quello dell’ ordine sociale.
L’ E C O N O M IS T A 2 giugno 1878 346
vi ha aggiunto osservazioni e prove calzanti, e che le sue conclusioni sono conformi ai sani principii economici.
Così 1’ autore incomincia giustamente dal porre in sodo i mali della carità legale e dal combattere la dottrina del diritto al lavoro, e diciamo giustamente perchè sé si vuol giovare ai più miseri, bisogna prima di tutto dissipare le illusioni e chiamare le cose col loro nome, nè ammettere che vi sia un dovere giuridico là dove non c’ è che un dovere morale. L ’ errore non giova a nessuno.
Nel cercare le cause e i rimedi del pauperismo, 1’ egregio autore confuta le accuse che si sono rivolte alla privata proprietà, alla libera concorrenza, alle macchine, e tocca poi dell’ eccesso di popolazione, notando con saviezza che il rialzare la posizione della donna per modo da renderla capace di bastare a sè stessa senza che il matrimonio sia per lei una ne cessità inesorabile, gioverebbe senza dubbio a frenare i mali derivanti da una troppo rapida moltiplicazione della specie. Tanto è vero che i problemi sociali sono complessi e che considerandone un lato solo, si corre il rischio di non comprenderli. Senza com battere l’emigrazione, l’autore pensa che sia insuffi- ciente contro la miseria, quando le cause di questa persistono. Certo l’ emigrazione può secondo ì casi essere un bene, ovvero un male ; certo in Italia molte terre aspettano di essere coltivate ; ma quando aspettano invano, ci pare che la emigrazione possa essere un rimedio abbastanza efficace perchè in certe provincie i proprietari, vedendo diminuire 1’ offerta delle braccia, si persuadano che è una necessità mi gliorare la sorte dei contadini.
L’ egregio autore, come ogni savio economista, addita i pericoli delle istituzioni di beneficenza e i vantaggi di quelle di previdenza, il cui estendersi gioverebbe senza dubbio a facilitare la soluzione del problema sociale.
Esposte le cause della miseria, additati i rimedi preventivi, il chiarissimo autore conclude che il pau perismo non sarà combattuto nelle sue cause, se fa ranno difetto la istruzione e la educazione, nuova prova di quello che abbiamo detto, che cioè i pro blemi sociali sono complessi. Noi abbiamo creduto sempre che quello di cui è parola sia in gran parte morale. Aggiungeremo soltanto che è questione di educazione in alto quanto in basso, e forse più, giac ché conviene pur troppo riconoscere che non c’ è vizio che si rimproveri alle classi più povere, e di cui le classi più agiate e più colte non siano più o meno macchiate. Sarebbe un gran benefizio se il povero non potesse dire al ricco : Medice, cura te
ipsum.
« ... L’ uomo divenuto più buono e più istruito è in grado di conoscere le cause della propria miseria ed evitarle, e... quindi la scuola ed il lavoro sono il segreto della ricchezza — la scuola ed il lavoro sono 1’ antidoto della miseria. »
Così chiude l’ egregio autore il suo interessante libro, e noi non potremmo chiudere la nostra ras segna senza una parola di lode.
La storia del commercio dei grani in Italia. Studi sto rici del prof. Vi t o Cu s u m a n o. — 'Bologna, 1877.
Nel nostro numero del 29 luglio 1877 noi ren demmo conto della prima parte di questo lavoro pubblicato allora nell’Archivio Giuridico,potandone la importanza e augurandoci di vedere ifrimanente
poiché in quella parte, sebbene si riscontrassero dei pregi, non era facile che si potesse trovare molto di nuovo.
L’ egregio autore successivamente pubblicò altre due parti ed oggi le ha tutte raccolte in un volu me. Affrettiamoci a dire che il prof. Cusumano mostra di essere oggi più esatto, più preciso, più ordinato di quello che non fosse prima.
La seconda parte tratta degli economisti che scris sero sul commercio dei grani ed è, a nostro avviso, la più importante. L’Autore distingue i sostenitori del sistema annonario, quelli del protezionismo ope raio, la scuola eclettica e i sostenitori della libertà commerciale.
Ci sarebbe impossibile di seguire il chiarissimo autore in questa lunga e minuta rassegna, giacché questo ci porterebbe alla necessità di soffermarci a ciascuno degli scrittori di cui esamina le dottrine.
In generale ci sembra nel giusto. Quello che non sapremmo approvare si è che egli neghi al Bandinì il merito di essere stato uno dei precursori delle idee del libero scambio. La nostra opinione sul Bandini è nota, perchè noi ne parlammo lungamente. Non abbiamo riconosciuto in esso il diritto ad essere chiamato creatore della economia politica ; non ab biamo negato certe indecisioni, per così dire, che appariscono nelle sue dottrine; ma ci pare che di pingerlo come fautore del protezionismo agrario, mentre in realtà ispirò quella riforma che doveva far cadere le artificiali barriere al commercio dei grani, non sia dargli quello che merita. Un libro, e specialmente un libro come quello del Bandini che non è un trattato scientifico, va giudicato nel suo complesso.
Approviamo infine che il Prof. Cusumano con senta che il relativismo storico non deve portarci a negare i principii immutabili che costituiscono la base dell’ ordinamento economico odierno.
Lettere circa l’economia politica — d i Ca» o Sar ch i.
Venezia, 1878.
È una traduzione che il Dott. Carlo Gambillo ci ha dato di queste lettere pubblicate in francese a Milano nel 1873. Noi ne parlammo allora, ‘) e na turalmente il nostro giudizio si mantiene lo stesso.
Queste lettere pertanto non mancano di pregi, sebbene nuoccia all’ autore il non essere un econo mista e più il mostrare per le teorie economiche un certo disprezzo. Confermiamo che le migliori sono le ultime due che parlano della moneta e del cre dito ; e solo non possiamo convenire che la nostra scienza non abbia finora dato luogo che a sterili di scussioni.
Con tutto questo 1’ egregio autore dice qua e là assai cose giudiziose.
NOSTRA CORRISPONDENZA
Parigi, 29 marzo.S g u a rd o g e n e ra le sul p a la z z o d e ll’ E sp o sizio n e.
V’è tuttora un gran vuoto nelle sale del palazzo del Trocadero ; al campo di Marte invece, ove fanno bella mostra di sè i prodotti delle arti e della in dustria, regna moltissima vita e sembra impossibile
2 giugno 1878 L’ E C O N O M IS T A 347 elio sia stato fatto tanto in un mese cirea, dal mo
mento in cui fu inaugurata l’esposizione mondiale. . La Francia, che per un fatto strano era più ad dietro d’ogni altra nazione, trovasi ad occupare adesso fra tutte il posto d’onore per la ricchezza ed | il gusto dei suoi prodotti artistici ed industriali e ciò specialmente dopo che sono state esposte agli sguardi dei visitatori le seterie di Lione. Non ostan te le tante esposizioni industriali, nonostante i tanti trattati di commercio e l’aumento grandissimo nello scambio dei prodotti delle diverse nazioni pure ci sono sempre dei rami, specialmente nell’industria artistica, nei quali l’abilità dei francesi riporta il vanto. In tutto il mondo non v’è nulla che possa far concorrenza ai Gobelins francesi. Il segreto di 1 quella industria dello stato non è certo più un se- j greto, ma nessuno ha saputo imitarne i prodotti. Inoltre le porcellane di Sèvres stanno a mostrare . che l’arte della ceramica è coltivata come in antico sul suolo francese. Vi sono pure cose sorprendenti in bronzo ed in galvano-plastica che imitano i te sori artistici, antichi o medio-evali ; la pittura in vece è appena al disopra del mediocre, mentre la plastica francese riporta la palma su tutte le opere statuarie che sono esposte. Nondimeno giova però notare che l’industria francese in alcuni rami è j stazionaria, mentre in altri ha operato pure un re gresso. Le confections esposte finora sono poco am mirate, anche ie seterie di Lione, nonostante tutto | lo splendore che spiegano, non provano che vi sia progresso in quella manifattura. Nei lavori di eba nisteria il Belgio ha sorpassato Parigi ed anche l’Inghilterra ha esposto dei mobili artistici molto più belli di quelli francesi.
L’esposizione dei prodotti inglesi è ricchissima. Prima di tutto l’osservatore nota che se fin qui i prodotti inglesi si davano a conoscere per la soli dità del materiale e per l’accuratezza e la stabilità dell’esecuzione, qualità che spesso nuocevano al buon gusto ed all’eleganza, adesso per la prima volta l’Inghilterra rivaleggia colla Francia nella gra zia e nella bellezza delle forme e spesso la vince.
L’abituale pesantezza, propria del popolo inglese, incomincia a sparire, non senza grande sorpresa dei francesi, i quali vedono che i loro vicini d’oltre mare vogliono entrare in lizza con loro per con tendere ad essi in molte cose la palma in fatto di buon gusto. A Parigi si consolano dicendo che l’In ghilterra deve soltanto ad un fatto storico questo suo trionfo, cioè all’emigrazione di migliaia di abili operai che dovettero lasciar la Francia dopo la co mune , cercando pane e ricovero nel vicino regno.
Ma la gioia del trionfo che provano adesso gl’ in glesi, dovuto tutto agli operai francesi, sarà di breve durata, chè dopo l’ amnistia tutte quelle migliaia di braccia ritorneranno in Francia. Nonostante è note-' j volissimo il miglioramento che si osserva nella in dustria artistica dell’Inghilterra.
Sembra ben naturale che gl’inglesi diensi attorno a cercare nuove specialità, se si considera che gli americani del nord fanno loro grandissima concor- i renza nella industria delle macchine. L’America di viene ogni dì più, sul mercato mondiale, un peri coloso competitore per quelli Stati che vantano una antica cultura. La Svizzera ha dovuto già accorger sene. Nella fabbricazione degli orologi, ehe era cosa quasi esclusivamente sua, sta per esser sorpassata dagli industriali americani e ciò specialmente per la
discretezza dei prodotti i quali sono inoltre eseguiti colla massima esattezza.
L’ Italia è più fortunata. Essa non teme la con correnza pei lavori di tarsia e in legno intagliato che formano un ramo della industria nazionale. I cri stallami di Venezia sono pure superiori a tutti gli altri e quelli di Boemia e d’Inghilterra,cercano inu tilmente di farli scomparire.
La principale fra le industrie austriache è sempre quella del vetro. Il vetro irradiante del Lobmeyer supera i più fini prodotti del Baccarat francese e del Webb inglese, il quale appunto in questo nuovo ritrovato della manifattura del vetro, è ben lungi dal raggiungere la perfezione.
Copenhagen ha mandato pure una quantità di di segni antichi in terracotta; le ‘filigrane in argento che ha spedito la Norvegia sono pregevolissime.
Al palazzo del Campo di Marte regna una vera
mania giapponese. Prima che l’Esposizione fosse
pronta, i giapponesi avevano già venduti tutti i loro prodotti. Vi sono fra quelli dei lavori ad intaglio sull’ avorio che destano la meraviglia. I giapponesi danno prova di una tale abilità e di tanta singolarità nell’eseguire i molteplici oggetti a forme bizzarre che compongono la loro indùstria, che spesso debbon fare arrossire gli occidentali.
I giapponesi, non derogano in nulla dagli usi na zionali. 1 cinesi son ben altro. Essi cercano di imi tare la maniera di lavorare dei francesi, servendosene per produrre degli oggetti che corrispondano ai bi sogni orientali e con ciò riescono soltanto a raggiun ger l’apice del cattivo gusto.
L’Olanda espone il suo Curacao, la sua Anisette ed altri liquori, e quasi il solo prodotto dell’industria ungherese è la musica di una banda di zingari.
RIVISTA DELLE BORSE
Firenze, 1° giugno.