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Academic year: 2022

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La Comunicazione Corporate:

dalle Relazioni Pubbliche all’editoria culturale

Relatore

Ch.mo Prof. Davide Pellegrini

Correlatore

Ch.ma Prof.ssa Maria Grazia Cardinali

Laureando

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a mia madre, a mio padre, Laura e Cirillo

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I N D I C E

INTRODUZIONE p. 00I

Parte I

La Comunicazione Corporate

1.LA COMUNICAZIONE: ASPETTI GENERALI p. 002

2.CHE COS’E’ LA COMUNICAZIONE CORPORATE ? p. 011

3.IL CONTESTO p. 015

3.1.I cambiamenti del mercato 019

4.I PUBBLICI DELL’IMPRESA p. 026

5.LA MARCA p. 029

5.1.Il concetto di marca 032 5.2.Come funziona la marca 033 5.3.Le connotazioni della marca 034 5.4.Premesse fondamentali per la costruzione di una marca di valore 036 5.5.Il ruolo strategico del marketing per lo sviluppo della marca 037 5.6.L’evoluzione naturale della marca 038 5.7.Marca generica Marca commerciale 040 5.8.Il futuro della marca tra problematiche e prospettive 041 5.9.La marca e l’etica 042 5.10. La responsabilità della marca 043

6.IL MARCHIO p. 045

6.1.Origini e funzioni del marchio 045 6.2.La classificazione tipologica dei marchi 047 6.3.La scelta del nome 048 6.4.Marca e marchio – brand e brand equity 049 6.5.I requisiti fondamentali di un marchio 054 6.6.La tutela del marchio 058

7.IL PRODOTTO p. 062

7.1.Il concetto di prodotto 062 7.2. Le caratteristiche estetiche del prodotto 067

8.IL PACKAGING E LE SUE FUNZIONI COMUNICATIVE p. 075 8.1.Le tappe evolutive del packaging 075 8.2.Il concetto di packaging 077 8.3.I principali tipi di packaging 079 8.4.Le funzioni comunicative del packaging 080 8.5.Le quattro attuali tendenze del packaging 083

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9.GLI INTERVENTI NEL SOCIALE p. 085 9.1.La responsabilità d’impresa 086 9.2.La responsabilità etica 087 9.3.La responsabilità filantropica 090 9.4.Il Cause Related Marketing e la comunicazione sociale delle imprese 093 9.5.Valore del brand e responsabilità sociale d’impresa 097 9.6.Case History. Le alleanze sociali in Italia: il caso della Dash 101 9.7.Nuove tendenze: le aziende lanciano il natural – un’altra faccia del marketing 103

10.LA TEORIA DELLA COMUNICAZIONE D’IMPRESA p. 105 10.1.Il processo di comunicazione 105 10.2.Cosa comunica l’impresa 107 10.3.L’impresa comunica anche se non lo sa 110 10.4.Dove si colloca la funzione “Comunicazione” in azienda 111 10.5.Strategia organizzativa e sviluppo della comunicazione interna 113 10.6.Case History. Comune di Bologna 115

11.LA COMUNICAZIONE ORGANIZZATIVA (INTEGRATA) p. 117 11.1.Il concetto di comunicazione organizzativa 117 11.2.I livelli della comunicazione organizzativa 124 11.3.Le componenti operative della comunicazione organizzativa 128 11.4.Gli obiettivi e il fine della comunicazione organizzativa 133

12.COMPOSIZIONE DELLE ATTIVITA’ DI p. 134 COMUNICAZIONE CORPORATE

12.1.Corporate Image 134

12.2.Corporate Identity 135

12.3.Visual Identity 135

12.4. Gli strumenti della Visual Identity 137 12.5. L’attivazione di un programma di Visual Identity 139 12.6.Il contenuto del Manuale d’identità 141 12.7.La struttura del Manuale d’identità 143

Parte II

Gli Strumenti e le Aree della Comunicazione Corporate

1.LA PUBBLICITA’ p. 147

1.1.Definizione 147

1.2.Ruolo e compiti della pubblicità 147 1.3.Gli effetti della pubblicità 148 1.4.Gli effetti della pubblicità sulla domanda 151 1.5.Gli effetti della pubblicità sulla distribuzione 153 1.6.Gli effetti della pubblicità sulla struttura del mercato 154 1.7.Le critiche contro la pubblicità 156 1.8.Gli step propedeutici che portano ad una strategia creativa 157

1.9.La strategia creativa 159

1.10.I “pilastri” della pubblicità 161 1.11.La pubblicità dei beni destinati alla produzione 165

1.12.Pubblicità Progresso 167

1.13.Dalla propaganda alla pubblicità politica 171 1.14.La pubblicità e l’inarrestabile processo di banalizzazione del male 177

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1.15.La pubblicità internazionale 179 1.16.Il futuro della pubblicità 181

2.LA VENDITA PERSONALE p. 183

3.LE RELAZIONI PUBBLICHE p. 185

3.1.Definizione 185

3.2.1947: l’inizio delle PR in Italia 186 3.3.Il concetto di relazioni pubbliche 187 3.4.A quali pubblici si rivolgono le relazioni pubbliche 190 3.5.Lo scopo principale: l’immagine 194 3.6.Le funzioni delle relazioni pubbliche 196

3.7.Investor Relations 197

4.LE SPONSORIZZAZIONI p. 199

4.1.Definizione 199

4.2.Sponsorizzazione: un po’ di storia 200 4.3.Sponsorizzazione, patronage, mecenatismo 203 4.4.La sponsorizzazione nel mix di marketing 205 4.5.La gestione della sponsorizzazione 208 4.6.Sinergie d’immagine tra sponsor e sponsee 216 4.7.Sponsor tecnici, di settore ed extrasettore 220 4.8.Le tipologie della sponsorizzazione 222 4.9.Gli obiettivi della sponsorizzazione 230

4.10.Gli ex sponsor 231

5.LE PROMOZIONI p. 233

5.1.Definizione 233

5.2.Promozione: un po’ di storia 235 5.3.La gestione della promozione 237 5.4.Promozioni rivolte al consumatore 237 5.5.Promozioni rivolte al distributore (trade) 242 5.6.Promozioni rivolte alla forza di vendita 246 5.7.Promozioni rivolte al mercato business-to-business 246 5.8.La comunicazione della promozione 247 5.9.Gli obiettivi della promozione 248

6.IL DIRECT MARKETING p. 249

6.1.Definizione 249

6.2.I requisiti del Direct Marketing 250 6.3.Media specifici e media ausiliari 252

6.4.La creatività 254

6.5.Altre applicazioni del Direct Marketing 255 6.6.I vantaggi del Direct Marketing 256

6.7.Il Direct Response 257

6.8.La posta, il computer e la banca dati 258 6.9.Gli obiettivi del Direct Marketing 260

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7.LE AREE DELLA COMUNICAZIONE CORPORATE p. 263

7.1.Comunicazione interna 264

7.2.Comunicazione economico-finanziaria 268

7.3.Comunicazione con il pubblico 270

7.4.Comunicazione con l’estero 273

7.5.Comunicazione con le istituzioni 275

7.6.Comunicazione commerciale 276

7.7.Comunicazione corporate – di marketing – di brand e di prodotto 278 7.8.Comunicazione della crisi (Crisis Management) 279

Parte III La fotografia come strumento di Comunicazione Case History. Gruppo Marcegaglia 1.LA FOTOGRAFIA p. 283 1.1.I primi esperimenti 283

1.2.L’invenzione della fotografia 284

1.3.I procedimenti alternativi 287

1.4.La diffusione iniziale 288

1.5.L’industria fotografica 292

1.6.L’aspetto artistico 293

1.7.Il documento fotografico 296

1.8.Il colore 298

1.9.Il digitale 299

2.MARGARET BOURKE-WHITE (1904-1971) p. 301 2.1.Nota biografica 301

2.2.Lo stile fotografico 306

3.CASE HISTORY. GRUPPO MARCEGAGLIA p. 309 3.1.La creatura di Steno Marcegaglia 310

3.2.Marcegaglia: a “family company” 314

3.3.L’internazionalizzazione del Gruppo Marcegaglia 317

3.4.Gruppo Marcegaglia: il profilo attuale 318

3.5.La Comunicazione in Marcegaglia 324

3.6.Un’impresa, una società, un’economia, un territorio 327 3.7.Marcegaglia – The Art of Steel 328

CONCLUSIONI p. 330

Note p. 334

Riferimenti bibliografici p. 340

Bibliografia on-line p. 341

Appendice: Marcegaglia - The Art Of Steel p. 343

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L’intenzione di questa tesi di ricerca è quella di fornire un’esauriente spiegazione su che cosa sia la Comunicazione Corporate e di quali strumenti si avvalga.

Tradizionalmente si tende a parlare di pubblicità, in maniera riduttiva, quale che sia la tecnica di comunicazione usata dalle aziende o dagli enti pubblici, ma se si vuole conoscere e capire questo settore è necessario sapere che nel corso del secolo scorso si sono sviluppati nuovi strumenti per parlare ai consumatori e che anzi, negli ultimi decenni, alcuni di essi sono diventati molto importanti. Oggi si parla dunque di Comunicazione Corporate, ma non si tratta soltanto di una differenziazione lessicale o di una moda linguistica. Questo termine comprende Pubblicità (ora anche su Internet), Vendita Personale, Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni, Promozioni, Direct Marketing. Sono gli strumenti di comunicazione di cui l’impresa può avvalersi a seconda delle esigenze, commerciali o istituzionali, degli obiettivi che vuole conseguire e dei pubblici ai quali intende rivolgersi: tra questi le aziende industriali, commerciali e di servizi, ma anche gli enti pubblici (Ministeri, Regioni, Comuni ecc.) che, occasionalmente o in modo sistematico, si servono delle stesse tecniche di comunicazione impiegate dalle aziende.

Il concetto si è ulteriormente affinato e sempre più si parla di Comunicazione Organizzativa, la quale si propone di gestire e potenziare le relazioni dell’organizzazione con tutte le categorie di soggetti rilevanti per l’organizzazione stessa: in primo luogo i dipendenti, i collaboratori e i sindacati, e anche i clienti effettivi e potenziali, gli stakeholders, le istituzioni, l’opinione pubblica e i soggetti influenti.

La prima parte dell’elaborato è centrata sulla Comunicazione Corporate. Dopo aver parlato in generale della comunicazione si accenna al contesto e ai pubblici dell’impresa. In capitoli dedicati si analizzano la marca e le differenze con il marchio

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cercano di permeare l’ambiente in cui operano con le più svariate iniziative legate al mondo della cultura e del no profit. Il motivo è il gradimento che il pubblico sembra riservare alla comunicazione etica delle imprese. Gli ultimi tre capitoli trattano della teoria della Comunicazione d’Impresa, della sua evoluzione nella Comunicazione Organizzativa e delle varie attività che compongono la Comunicazione Corporate.

La seconda parte si occupa degli strumenti della Comunicazione Corporate:

Pubblicità, Vendita Personale, Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni, Promozioni e Direct Marketing sono trattate in maniera dettagliata. L’ultimo capitolo descrive le aree in cui agisce la Comunicazione d’Impresa.

La terza parte è quella più creativa e dinamica. Dopo aver accennato alla storia della fotografia e alla figura di Margaret Bourke-White, viene trattato il caso aziendale del Gruppo Marcegaglia, una delle realtà industriali e finanziarie più importanti a livello internazionale.

L’analisi, anche dal punto di vista comunicazionale, ha portato alla realizzazione di un book dal titolo “Marcegaglia – The Art of Steel”. Lo stile ispiratore del progetto fotografico allegato a questo elaborato è basato sulla tecnica dell’americana Margaret Bourke-White (1904–1971): la prima pionieristica fotografa d’industria che ha raccontato in maniera originale aspetti poco noti della realtà industriale statunitense degli anni Trenta del Novecento. Lo scopo primario di

“Marcegaglia – The Art Of Steel” è quello di documentare ma allo stesso tempo valorizzare attraverso l’obiettivo della macchina fotografica e del linguaggio annesso l’intero Gruppo Marcegaglia attraverso il rapporto che si instaura tra l’uomo, le macchine e l’ambiente di lavoro. Il fine è anche quello di evocare concetti e valori, stimolando la sensibilità individuale, generando coinvolgimento, condivisione, complicità e un forte senso di appartenenza al Gruppo da parte dei dipendenti di tutti i livelli.

Infine, intendo ringraziare profondamente tutti i docenti della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Parma che ho avuto modo di incontrare in

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cammino culturale ed umano. Grazie ai loro consigli spero di aprirmi ad un servizio attento e qualificato nella società in cui sono chiamato ad operare.

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Parte I

La Comunicazione Corporate

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1.LA COMUNICAZIONE: ASPETTI GENERALI

La comunicazione è un processo consistente nello scambio di messaggi, attraverso un canale e secondo un codice, tra un sistema (uomo, animale, macchina, ecc.) e un altro della stessa natura o di natura diversa.

I rapporti tra due o più individui che si scambiano, anche inconsapevolmente, segnali di natura culturale, sociale, emozionale, operativa, ecc. sono considerati nel concetto di comunicazione.

Poiché il fenomeno comunicativo è fenomeno dinamico in continua evoluzione, l’applicazione pratica delle nozioni acquisite dovrà essere flessibile, sempre pronta ad adeguarsi e ad adattarsi a nuovi contesti e contingenze oltre che provare ad anticipare le tendenze future.

In riferimento alla comunicazione bisogna considerare che si verifica a diversi livelli. Il primo che potrebbe essere definito primordiale, è senz’altro comune a tutti gli esseri animali e al genere umano. A tale livello la trasmissione di informazione si realizza mediante segnali di varia natura (posturale, tattile, olfattiva, ecc.) percepiti attraverso gli organi sensoriali (gusto e olfatto per i segnali chimici; udito, vista e tatto per quelli fisici) e correlati nell’ambiente, al tipo di informazione che deve essere fornito e al grado di acutezza sensoriale.

Tutte queste forme di comunicazione, riguardano ovviamente anche il genere umano, pur se l’evoluzione e le superiori facoltà degli uomini le relegano spesso a ruoli di secondo piano. Esse rimangono però di fondamentale importanza soprattutto nei primissimi periodi di vita dell’individuo, cioè quando ancora non si è acquisita la cognizione di forme verbali di linguaggio e i rapporti interpersonali dipendono dalle primitive percezioni sensoriali istintive e congenite. È ormai scientificamente provato che già nelle prime ore di vita il neonato instaura con la madre un immediato legame di carattere olfattivo e si sostiene che la capacità di distinguere la voce materna risalga addirittura al periodo prenatale.

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Con lo sviluppo degli altri sensi, soprattutto il visivo, acquista predominanza il cosiddetto “linguaggio del corpo”, un linguaggio innato che trasmette messaggi convenzionali (inizialmente assenti) e istintivi di genere posturale, o comunque di mutamento fisico, originati dal subconscio dell’individuo.

I messaggi inviati da un sorriso, da un volto corrucciato, dal tingersi roseo delle gote e da tanti altri atteggiamenti assunti dal volto e dal corpo in genere, sono espressioni di un linguaggio universale da tutti ugualmente decodificabile senza precostituite conoscenze. Gradualmente il linguaggio corporale puro (innato) viene

“contaminato” da segni convenzionali acquisiti, evolvendo in un linguaggio misto detto gestuale. Con il passare del tempo e la completa padronanza delle facoltà che distinguono il genere umano, le varie tipologie di comunicazione si arricchiscono di nuovi linguaggi, nuovi codici e, soprattutto, possono usufruire di mezzi di veicolazione del messaggio che supera ogni barriera di tipo spazio-temporale.

Volendo proporre una singolare analogia si potrebbe dire che l’evoluzione di un individuo percorre l’intero iter evolutivo del genere umano: l’uomo contemporaneo nasce uomo primitivo, diventa homo sapiens-sapiens, e conclude il ciclo come homo tecnologicus.

La coscienza di se stessi e degli altri, le facoltà ricettive unite alla razionale percezione dello spazio e della realtà circostante, la propensione all’aggregazione sociale, con la conseguente necessità di comunicare emozioni, esperienze, i pensieri formulati e le informazioni, hanno spinto l’uomo all’adozione del linguaggio verbale, o più precisamente, alla sua invenzione. Infatti, anche se l’emissione di suoni per l’uomo è innata, il modo in cui essi possono essere formulati è infinto. Affinché più soggetti possano comunicare fra loro e trasmettere informazioni è necessario che diano convenzionalmente un unico significato allo stesso suono, oppure facciano corrispondere ad un determinato suono un determinato significato.

Conseguentemente, ogni comunità sociale elabora un proprio linguaggio ugualmente decodificato da tutti i membri della comunità stessa, pena l’esclusione e l’emarginazione dalle relazioni sociali.

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Per millenni la forma orale è stata l’unico mezzo di trasmissione di informazione ma, come dicevano i latini, “scripta manent, verba volant”: la trasmissione dell’informazione orale presuppone la presenza contestuale dell’emittente e del ricevente nel medesimo luogo, con ovvie limitazioni. La svolta arriva con il messaggio grafico, con l’apposizione di segni, incisi o dipinti, su una superficie, che inizialmente erano le pareti stesse delle caverne, poi tavole d’argilla, stele, papiri, ecc. È straordinario che graffiti e primordiali pitture murarie (raffiguranti per lo più scene di caccia e di vita quotidiana) siano così giunti dal paleolitico ai giorni nostri, testimonianza di un pensiero espresso migliaia di anni prima e “fissato” a futura memoria. Con la rappresentazione di disegni che rinviano ad immagini di oggetti riconoscibili (il cui esempio ci è fornito dalle tavolette numeriche dai geroglifici egizi) nasce la scrittura ideografica, poi evolutasi, con l’introduzione dei segni fonetici, fino alla scrittura moderna. Fin dalla sua comparsa si usò la scrittura, o comunque, la rappresentazione grafica, a scopi propagandistici, mistico-religiosi e informativi. Basti pensare a quello che fu il primo esempio di propaganda politica, cioè la narrazione della magnificenza, delle gesta mitiche e della potenza del faraone Ramesse II che, attraverso la propaganda, riuscì a trasformare quella che era stata una sconfitta (la battaglia di Qadesh contro gli Ittiti di Mutavallis – 1824 a.C.) in una grande vittoria decantata su stele, pareti e colonne dei templi, contribuendo alla creazione di quel mito ancora oggi noto a tutti.

Per millenni la scrittura continuò ad essere utilizzata per testi politici mitologico-religiosi ma il suo uso rimaneva prerogativa di pochissimi eletti; si può benissimo dire che al suo grado di diffusione tra le masse corrispondeva il grado di civilizzazione dei popoli (realtà tuttora attuale). Forse è anche per questo che la trasmissione di messaggi attraverso immagini iconografiche non ha mai conosciuto momenti di crisi, probabilmente perché si può rappresentare figurativamente il linguaggio del corpo che rimane un messaggio universale decodificabile da chiunque.

Le tante opere di carattere religioso che almeno dal Medioevo sino al XIX° secolo

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e degli edifici religiosi possono ben paragonarsi ai moderni manifesti pubblicitari, dove la forza di un’immagine ha il compito di attirare l’attenzione dello spettatore e trasmettergli un preciso messaggio, in questo caso di propaganda religiosa. Con una rete di relazione stabilita da gesti e da sguardi Michelangelo

Merisi (1571?-1610) detto il Caravaggio narra meglio di qualsiasi linguaggio verbale la “Vocazione di San Matteo”

(sopra); Leonardo da Vinci (1452-1519), “L’ultima cena di Cristo” (a sinistra); e Michelangelo Buonnaroti (1475-1564), in quello che

può definirsi il più bel “manifesto” di tutti i tempi, fa giungere a chiunque lo osservi il vibrante messaggio di monito del suo “Giudizio Universale” (in alto a destra).

Solo con l’invenzione della stampa (sperimentata dal tipografo tedesco Johann Gutemberg, 1400-ca 1468, inventore dei caratteri mobili) il processo comunicativo conobbe una più larga diffusione tra le masse e diede vita a quel sistema di informazione che superava ostacoli prima insormontabili; nascono, appunto, i mass- media, che veicolano il messaggio di uno o più emittenti verso il numero più possibile di riceventi con riduzione dei limiti spazio-temporali. L’espressione di segni e di suoni su supporti sempre più sofisticati, la possibilità di trasmettere prima i suoni e poi le immagini da un punto all’altro della terra, via etere per mezzo di cavi e con trasmissioni satellitari (telefono, televisione, radio, computer e periferiche derivate) ci portano alla realtà dei giorni nostri. Una realtà in frenetico fermento il cui potente motore continua ad essere, come agli albori dell’umanità, la comunicazione rafforzata dall’acquisita capacità di trasmettere informazione in tempo reale in qualsiasi punto della terra, tanto che il fenomeno su cui più si discute in questi ultimi anni è la

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“globalizzazione”, cioè l’abbattimento virtuale di qualsiasi frontiera e distanza tra i popoli della terra.

La tecnologia al servizio di questa eccezionale conquista umana, ancora solo agli inizi della sua realizzazione, è soprattutto la tecnologia digitale (che man mano sostituisce quella analogica) applicata ai sistemi di trasmissione dati (satellitari, via etere e via cavo) che ha rivoluzionato la concezione stessa di utilizzo di mezzi ormai di uso comune e larga diffusione, quali il telefono, la televisione e il computer. Le singole potenzialità di questi mezzi, che un tempo assolvevano una funzione limitata e specifica, si vanno ormai unificando e convergendo l’uno con l’altro allargando gli orizzonti di utilizzo verso un sistema di comunicazione integrato capace di assolvere a sempre crescenti necessità di un bacino di utenza divenuta mondiale. Le parole chiave di questo sistema sono interconnessione e interattività. L’interconnessione consiste appunto nella integrazione dei sistemi prima citati (telefonico, televisivo e informatico) e dalle capacità di comunicazione interna, ovvero interazione di questo nuovo sistema. L’emittente dell’informazione e il destinatario della stessa, collegati a tale sistema, possono così comunicare in modo interattivo e proprio questa interattività, è la più grande e innovativa conquista del mondo della comunicazione.

Solo fino ad un decennio fa il massimo dell’interattività era offerto dal collegamento telefonico, limitato alla trasmissione di suoni, e quindi alla sola forma di comunicazione verbale tra due soggetti. Con il sopravvento del sistema digitale sull’analogico sono aumentate la capacità (intesa come quantità) e la velocità di trasmissione dati. Ad usufruire maggiormente delle innovazioni tecnologiche subendo una radicale metamorfosi, è il telefono, che è diventato il punto di convergenza tra i diversi sistemi e perciò elemento trainante del sistema. Il telefono, da oggetto ingombrante necessariamente collegato ad una rete fissa, si è trasformato in un accessorio tecnologico di peso poco superiore ai cento grammi e di dimensioni sempre più ridotte e potenzialità sempre più grandi. Collegato ad una rete mobile (satellitare o costituita da ripetitori del segnale) è diventato una parte personale di

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mittente e ricevente di messaggi, cioè comunicare in modo interattivo. Inoltre l’utente del cellulare potrà facilmente interagire con internet e quindi con qualsiasi tipo di informazione o servizio fornito in rete. Potrà scaricare rapidamente da internet interi documenti e farli stampare direttamente da un fax ad esso collegato, scambiare messaggi, e.mail (posta elettronica), guardare i programmi televisivi preferiti.

Anche il computer, prima collegato necessariamente alla rete fissa del telefono (nel frattempo passata anch’essa in digitale, WI-FI, Wireless Fidelity), si è sempre più ridotto nelle dimensioni e nel peso, tanto da essere grande quanto un’agenda e altrettanto facilmente trasportabile. Collegato alla rete di telefonia mobile usufruisce di tutti i vantaggi descritti per il telefono cellulare ma con le potenzialità tipiche del computer (connessione con periferiche; elaborazione, trasmissione o ricezione dati e stampa; navigazione in internet, ecc.). L’efficienza e le potenzialità possono essere descritte con l’esempio del navigatore Giovanni Soldini, impegnato nella regata

“Around The World” del 1999, il giro del mondo in solitaria su barca a vela: grazie al telefono satellitare ha potuto ricevere il messaggio della francese Isabelle Autissier (altra partecipante alla regata) vittima di un naufragio in mezzo all’oceano. Ricevute le sue coordinate si è potuto recare in suo soccorso e trarla in salvo tempestivamente.

Con il computer, inoltre, poteva essere costantemente collegato alla rete internet e ricevere e trasmettere e.mail o attingere notizie da fonti d’informazione presenti in rete (ormai ogni testata giornalistica, dell’editoria o televisiva ha un proprio sito web su internet).

Il sistema televisivo, con l’avvento del digitale, sta mutando la sua funzione e il suo uso. Il destinatario del messaggio non è più soggetto passivo ma soggetto capace di interagire con l’emittente, scegliere il programma che vuole vedere nel momento preferito, con la possibilità di zoomare e fermare immagini, cambiare prospettiva e punto di vista, chiedere informazioni sui soggetti in esso contenuti. Inoltre, collegato al computer ma non necessariamente, lo schermo televisivo si trasforma e schiude le porte del mondo di internet. I tre sistemi prima considerati, quindi, si completano e implementano in un’unica rete di interconnessioni.

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La possibilità di servizi offerta è destinata a cambiare radicalmente il sistema società così come lo conosciamo oggi. Nel ripercorrere l’iter storico della comunicazione umana si era affermato che la condizione ideale per trasmettere il maggior numero d’informazioni possibili con il più alto grado d’interattività tra emittente e ricevente, era la presenza dei due sistemi nel medesimo luogo. Oggi questa condizione non è più necessaria perché alla presenza fisica si sostituisce la presenza virtuale, capace di trasmettere quasi la stessa mole d’informazioni, almeno tutte quelle che impegnano gli organi di senso visivo e uditivo. Cadute queste barriere i primi effetti positivi interessano il mondo del lavoro e della scuola. Quasi tutti i tipici lavori d’ufficio potrebbero già essere svolti in casa, in collegamento (anche visivo) via computer con tutte le altre unità lavorative dell’ufficio. Gli enti e le società di servizio pubblici e privati forniscono già, su propri siti internet, informazioni e talora servizi ad utenti e clienti, che non avranno più la necessità di recarsi fisicamente presso quelle sedi. Professori e relatori di ogni genere potranno partecipare a convegni e congressi collegandosi in video-conferenza e alcuni tipi di consulenze mediche specialistiche in genere, potranno essere fornite a distanza, con probabili vantaggi per il paziente.

Per ciò che riguarda la scuola, va detto che la sua funzione è la formazione culturale delle nuove generazioni. Funzione svolta tramite la circolazione di informazioni da un’emittente (professori) ad un gruppo ricevente (studenti). In simile contesto proprio il sistema di collegamento video tra due o più interlocutori può fornire l’input necessario per una più moderna organizzazione del mondo scolastico e soprattutto, per una più omogenea e razionale diffusione dell’istruzione scolastica che annulli discriminazione sociale ed offra a tutti pari opportunità. Considerate le vaste sacche di analfabetismo ancora presenti su estese zone del pianeta, appare subito evidente quale immediato vantaggio trarrebbero tutti quei soggetti vivendo in aree isolate e mal collegate con i centri urbani (situazioni tipiche nei Paesi del Terzo Mondo), che potrebbero seguire le lezioni di un professore in collegamento video e in

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in quanto nelle zone povere del mondo non c’è la capacità economica per acquistare determinati tipi di servizi anche perché esiste l’interesse della classe dirigente a non alfabetizzare le masse.

La scuola, potrà fare a meno della presenza in loco del professore, che collegato dal suo luogo di residenza potrà impartire lezioni ad un gruppo di studenti riuniti ubicati in altre strutture scolastiche satellite altrimenti difficili da raggiungere ed interagire con loro. Ma anche le Università e le scuole in genere di qualsiasi parte del mondo potranno collegarsi e avere scambi culturali e informativi tra loro e per gli studenti di un’università di provincia si concretizza la possibilità di seguire la lezione di un illustre professore rimanendo nel proprio ateneo.

Qualunque sia l’ambito d’uso dei mezzi di comunicazione fin qui descritti va rilevato che un sistema così complesso ha costi di gestione altissimi che inevitabilmente si riverseranno sugli utenti. Per abbattere i costi gestionali occorre diversificare le fonti di finanziamento e rendere i servizi offerti economicamente accessibili a larga parte della popolazione. Con l’accrescimento del bacino d’utenza del mezzo di comunicazione aumenta in modo direttamente proporzionale la potenzialità che potrebbe avere un eventuale messaggio pubblicitario veicolato con quel mezzo. Circostanza che non può certo passare inosservata agli operatori del settore, che sull’esempio della consolidata esperienza di successo del sodalizio simbiotico televisione commerciale-pubblicità, guardano ora con interesse alle prospettive di sviluppo dei settori telefonici ed internet. Sulla stessa formula del rapporto con la tv commerciale, sia gestore di telefonia mobile e fissa che provider internet offrono in modo del tutto gratuito il loro servizio agli abbonati. Questi, da parte loro, riceveranno nel corso del collegamento alcuni messaggi pubblicitari, garantendo così alle aziende emittenti del messaggio (vero motore del sistema) una sicura audience. Per la loro particolarità e le loro implicazioni è necessario focalizzarsi su alcuni aspetti di questa nuova prospettiva: l’utente telefonico riceverà messaggi vocali, mentre il navigatore internet potrà essere raggiunto da messaggi

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misti visivo-uditivi (tipo pop-up). Nel primo caso quindi, sarà determinante “la forza delle parole”, mentre nel secondo si punterà di più sull’effetto “immagine”.

Bisogna però tener conto del rischio che il messaggio possa essere recepito dall’utente telefonico o dal navigatore internet come elemento di disturbo, vanificandone gli effetti che in casi estremi potrebbero essere addirittura di rigetto. È proprio a questo punto che i “creativi” e gli esperti della comunicazione vengono chiamati ad esprimersi al meglio nell’applicazione pratica delle tante nozioni teoriche e a misurarsi in una continua sfida con una realtà varia e dinamica che corre spedita verso il nuovo millennio.

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2.CHE COS’E’ LA COMUNICAZIONE CORPORATE ?

Corporate communications is the process of facilitating information and

knowledge exchanges with internal and key external groups and individuals that have a direct relationship with an enterprise. It is concerned with internal communications management from the standpoint of sharing knowledge and decisions from the enterprise with employees, suppliers, investors and partners. Examples include:

• enterprises use annual reports as corporate communications tools to convey information related to results, processes and relationships of the enterprise.

Typically, these communications occur on a yearly basis;

• corporations use electronic and print newsletters to share corporate diversity hiring practices and information on new hires;

• enterprises use corporate Intranets to create a corporate communication platforms to formalize processes around announcing requests to supplies to submit RFPs (Request For Proposal);

In corporate communications the object of communications work is company/enterprise itself as opposed to marketing communications where the object of communications is product/produce or service provided by the company/enterprise. The aim of corporate communications is building company's reputation among its stakeholders (as opposed to brand building in marketing communications).

Corporate communications may include:

• analyst relations

• internal communications

• investor relations

• corporate governance (communications aspects of corporate governance)

• issue management

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• change management (communications aspects of growth management, mergers and acquisitions etc.)

• corporate social responsibility

• litigation (communications on/around litigation)

• crisic communications and crisis management.

In questo modo l’enciclopedia libera interattiva Wikipedia definisce la Comunicazione Corporate (o Corporate Communication o Comunicazione d’Impresa).

Questo termine comprende pubblicità (ora anche su Internet), promozioni, relazioni pubbliche, sponsorizzazioni, direct marketing. Sono gli strumenti di comunicazione di cui l’impresa può avvalersi a seconda delle esigenze, commerciali o istituzionali, degli obiettivi che vuole conseguire e dei pubblici ai quali intende rivolgersi: tra questi le aziende industriali, commerciali e di servizi, ma anche gli enti pubblici (Ministeri, Regioni, Comuni ecc.) che, occasionalmente o in modo sistematico, si servono delle stesse tecniche di comunicazione impiegate dalle aziende. Tuttavia sono ovviamente queste ultime le maggiori committenti.

Sul tema vorrei citare una riflessione di un’”addetta ai lavori”. Il testo che segue è tratto da un’intervista ad Alessia Rapone, giornalista e copywriter nella Comunicazione Interna di Poste Italiane.

Dentro l’azienda c’è una struttura che ha il compito di comunicare, promuovere e favorire la cultura interna attraverso l’ascolto delle voci che parlano dentro le mura aziendali (durante le riunioni e alla macchinetta del caffè, attraverso slide di PowerPoint e nelle email di ogni giorno) e la loro elaborazione in un’unica voce con cui l’azienda parla alle sue persone.

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Questa è la Comunicazione Interna e questa è la sua mission: che qualcuno traduce in “missione”, ricordando l’origine latina dal verbo mittere, inviare, mandare e il participio passato missu, mandato, commissione, incarico. Da quello dato da Gesù agli Apostoli a quello laico che in italiano e in francese designa un compito, meglio se delicato e importante, e una attribuzione di ruolo.

È proprio mission la prima parola con cui la Comunicazione Interna si confronta, ormai consapevole che nelle aziende far partecipare è meglio che informare e che per rispondere al mandato ricevuto dall’alto deve ascoltare e comprendere i linguaggi che attorno a essa si muovono. A cominciare da quelli provenienti dalle sue fonti interne: gruppi professionali stabili, temporanei gruppi di lavoro, vecchie e nuove strutture aziendali. Una fra tutte, la struttura cui la Comunicazione Interna appartiene, spesso le Risorse Umane.

Dalle Risorse Umane, intesa sia come comunità organizzativa sia come comunità professionale, alla Comunicazione Interna arrivano le parole manovra, squadra, mettere in campo, strategia, leva, direttrice.

E la Comunicazione Interna parla e scrive di persone. Prepotenti entrano nella Comunicazione Interna le parole dell’informatica che, come sempre accade quando un linguaggio scientifico si diffonde nel linguaggio comune, perdono la precisione di significato e ampliano le possibilità di adattamento. Se dai professionisti della pubblicità la Comunicazione Interna riceve le parole layout, draft, claim, pay off, da quelli del giornalismo provengono occhiello, strillo, spalla. E grazie a entrambi fa attenzione all’uso di citazioni, formule, figure retoriche, adattamenti. Sigle, che accorciando la parola lunga permettono di ottenere spazio e facilitano la memorizzazione: a patto che se ne conosca il significato e che non si usino i termini inglesi e quelli del gergo giornalistico tutti insieme, per comunicazioni indistinte, come prassi abituale.

Si apre e si chiude, il linguaggio della Comunicazione Interna che ascolta e rielabora i linguaggi di settore, di comunità professionali e geografiche e che insegna a parlare e scrivere chiaro, contro gli abusi di parole troppo formali, troppo

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burocratiche. La Comunicazione Interna, struttura aziendale definita negli scopi e nelle azioni quotidiane, ricorda la radio servizio pubblico nell’Italia degli anni Trenta fino a quella di oggi: un contenitore e miscelatore di linguaggio, un luogo serio dove si sperimenta e ci si diverte. Non viene meno, per questo, la sua funzione quasi pedagogica e di promozione culturale, proprio come la prima radio in Italia.

Solo attraverso l’ascolto, la riflessione e il confronto delle parole che si usano in azienda la Comunicazione Interna può diventare voce radiofonica. Solo attraverso il mixer continuo di suoni e stimoli diversi la radio riesce a creare uno stile e a conversare con tutti.

Come la radio, la Comunicazione Interna parla a un pubblico differenziato, quella “popolazione aziendale” – espressione che sa di geografia, di usi e costumi, di masse in movimento – composta da competenze linguistiche, abitudini d’ascolto e di narrazione diverse. Per raggiungere il grande pubblico con cui si confronta ogni giorno, la Comunicazione Interna prende come riferimento proprio le caratteristiche del linguaggio radiofonico, che spezza la frase lunga in frasi brevi, non usa incisi, ricorre ad esempi, dosa le informazioni. E nel fare un continuo lavoro di editing formale e contenutistico incorre nelle perplessità, critiche o complimenti dei suoi ascoltatori. Ma così deve essere, vuol dire che il programma funziona.

Non esistono, allora, le parole della Comunicazione Interna, ma le parole di ogni tipo di comunicazione interna. E non esiste un unico linguaggio di comunicazione interna, riconosciuto e riconoscibile, perché sempre uguale, immobile nel tempo e nello spazio. Esistono norme che diventano pratiche da far vivere ogni giorno perché necessarie alla comprensione reciproca, lontane dai luoghi comuni e dagli steccati gergali del proprio settore professionale, recuperando espressioni della vita fuori azienda”.

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3.IL CONTESTO

L’impresa, l’ambiente e il contesto sociale sono teatro di un cambiamento che ha visto crescere fortemente l’importanza della dimensione relazionale.

L’obiettivo dell’impresa che comunica deve essere raggiunto in un contesto che attualmente è complesso, mutevole e molto instabile ed è costituito da:

• un consumatore, che esprime esigenze assai variegate e spesso contrastanti;

• mercati sempre più globali e in cui l’ipercompetizione porta in breve tempo le marche a passare da fasi di grande successo a fasi di crisi;

• da marche della distribuzione che contrastano quelle industriali;

• dalla creatività della comunicazione, in numerosi casi scarsamente efficace nel guidare i comportamenti d’acquisto;

• dalla concorrenza tra i media che si è fatta più aspra.

Questa crescente complessità del contesto in cui opera l’impresa pone la stessa in grande difficoltà nell’analisi e nella previsione dell’andamento dei consumi e dei comportamenti dei consumatori. Nell’ultimo decennio prevalentemente in Europa si sono verificati cambiamenti molto significativi nelle condizioni demografiche, socio- economiche e culturali che hanno prodotto, con diversi tempi e intensità, decise modificazioni nelle strutture e nei comportamenti di consumo. Tra i più rilevanti:

• il calo della natalità, che unito alle migliori condizioni di vita ha prodotto un rapido invecchiamento della popolazione;

• l’aumento del reddito pro-capite, che ha messo a disposizione di fasce sempre più ampie di popolazione quote consistenti di reddito che possono essere destinate all’incremento dei consumi;

• il forte aumento della domanda di servizi per la cura della persona, per l’istruzione, per il tempo libero;

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• lo sviluppo dei mezzi di comunicazione sia fisica sia della conoscenza (tv, radio, computer, ecc.), che ha stimolato un forte aumento della mobilità e dei viaggi in altri paesi;

• l’aumento dell’offerta, sempre più variegata, differenziata e concorrenziale in termini di prezzo, anche per effetto del ruolo crescente della Grande Distribuzione;

• la deregulation, l’abbattimento di barriere alla mobilità di merci e persone e l’introduzione dell’Euro.

Fonte: Dott.ssa Rossini L. – Corso di Comunicazione d’Impresa 2005/2006, Università degli Studi di Urbino

Tutto ciò ha generato significativi cambiamenti nel consumatore e nel suo modo di consumare, facendolo divenire più esigente e selettivo, ma anche più eclettico, meno legato a schemi rigidi, più attivo e protagonista. Nell’acquisto da più spazio alle emozioni, alla sensorialità, utilizza il consumo come mezzo di espressione della propria identità, cerca il piacere e, spesso, lo abbina ad un momento ludico. I suoi comportamenti sono quindi sempre più difficili da decifrare e prevedere. Inoltre, i cambiamenti si susseguono in modo sempre più accelerato e con forti discontinuità.

L'impresa non è più solo elemento economico, ma titoltare di crescenti responsabilità etiche e di natura sociale

- nuove culture - nuovi modelli di consumo

- globalizzazione mercati - competizione trasversale - nuove tecnologie - esternalizzazione

- sviluppo a rete

- evoluzione esigenze della domanda

- importanza degli intangibles nell'offerta

IMPRESA CONTESTO SOCIALE

- meno gerarchie

AMBIENTE

- internazionalizzazione - nuovi gruppi sociali

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A complicare il quadro non va dimenticato che per molti mercati e per quote significative di popolazione si verifica una saturazione quantitativa (alimentari, elettrodomestici, auto, ma anche telefonini…), che certamente non prelude improvvise fiammate della domanda originate da mode o da innovazioni tecnologiche. In numerosi casi, la domanda è perciò sostenuta solo dalla sostituzione e dall’obsolescenza.

Nell’ultimo decennio, l’accelerazione della competizione di merci, marche, idee, valori, che incide profondamente sui comportamenti di consumo, rende ancora più composito ed articolato lo scenario. Al suo interno sono rilevabili alcuni tratti significativi diffusi, condivisi e relativamente durevoli, altri contraddittori, differenziati, di breve durata. Alcuni sono propri di un consumatore globale, altri fanno leva su modelli specifici di sub culture che seguono percorsi evolutivi indipendenti, legati alle tradizioni, alla riscoperta del locale. Tra i primi si segnalano:

la comune propensione alla qualità; al gusto estetico, al design, al servizio;

all’attenzione alle valenze comunicative dei prodotti e delle marche, dato che i significati delle merci trascendono il valore d’uso; alle forti istanze di personalizzazione e di adattamento dei prodotti alle proprie specifiche esigenze; alla ricerca di individualità di espressione della propria personalità; all’apprezzamento di valori di eticità e di rispetto dell’ambiente; al bisogno di radicamento e nello stesso tempo di cosmopolitismo; al polisensualismo, che postula un globale coinvolgimento di tutti i sensi nell’esperienza di consumo; all’attenzione alla salute nelle sue diverse manifestazioni (alimentazione, sport, palestre, abbigliamento/attrezzi/accessori, cosmesi, editoria) e per mantenere un corpo sano e attivo; alla sensibilità al prezzo, che non significa necessariamente ricerca del prezzo più basso ma di una giustificazione tra prezzo e soddisfazione che si ritrae dal consumo.

Inoltre, l’aumento del reddito ha generato una maggiore rivalità delle dimensioni di consumo sia tra bisogni sia tra prodotti e, collegata alla tendenza all’aumento del tempo libero, ha spinto sempre più il consumatore verso beni

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emotivamente più pregnanti, più ricchi; prodotti che, anche negli acquisti quotidiani, qualificano non in termini di ricchezza o prestigio, ma di attualità culturale.

Anche il clima economico è diverso da quello degli anni Ottanta. In questi primi anni del nuovo millennio l’aspettativa crescente di miglioramento continuo delle condizioni di vita sembra, a seguito della crisi economica, venir meno. Il consumatore oggi, e forse per un periodo non breve, appare guidato nei suoi acquisti dall’obiettivo di difesa e di mantenimento dei livelli raggiunti negli anni Ottanta e Novanta.

Il fenomeno del consumo è ancora complicato da altre spinte che oggi emergono e che danno origine a una situazione di potenziale contrasto. A fronte di pressioni di natura consumista si manifestano spinte verso la presa di coscienza che i prodotti sono un mezzo per soddisfare le esigenze di un individuo e non certamente un fine. Emergono valori legati alla naturalità del prodotto, agli acquisti non ostentativi, che propongono un consumo più attento ai valori ecologici e al rifiuto dello spreco.

Oggi i consumatori presentano comportamenti frammentati, non decifrabili attraverso l’appartenenza ad un dato stile di vita, spesso interpretabili in chiave di disordine e caos1. Da un lato non si trovano variabili capaci di condurre ad unità i comportamenti di consumo, dall’altro, si dispone di una miriade di dati relativi ai singoli soggetti che non sono di fatto utilizzabili per mancanza di un modello di sintesi.

Un altro fattore di instabilità nei comportamenti e negli atteggiamenti dei consumatori è costituito dalla ricerca spasmodica del nuovo contrastata dalla paura di abbandonare il passato, ciò che appare duraturo e che si conosce. Nell’era dell’incertezza, in un’epoca di abbondanza di beni e di servizio, il rischio è l’incapacità di godere del presente; l’insoddisfazione non legata al prodotto, all’offerta dell’impresa ma alla mancanza di valori cui ancorare le proprie scelte al consumo. È a questo consumatore che le marche devono rivolgersi. Un consumatore

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attraverso il consumo tende sempre più a trasmettere un’immagine coerente di sé.

Sono i prodotti che gli permettono di usufruire non solo della funzione d’uso, ma di quella ludica, psicologico-affettiva, di relazione, comunicativa e semiotica. È compito dell’impresa, in particolare dell’attività di comunicazione, dotare di senso i prodotti, così da renderli unici e distintivi sul mercato.

3.1.I cambiamenti del mercato

Per quanto attiene alla produzione, i mercati del XXI° secolo presentano profonde modificazioni. Le principali riguardano:

• la mass customization, cioè la possibilità di ottenere, senza rinunciare ai vantaggi della produzione di serie, un prodotto che risponda a bisogni di specifici segmenti di mercato, al limite di un singolo utente;

• l’eccesso di capacità produttiva in molti mercati dei paesi avanzati e quindi l’ipercompetizione:

• il ruolo spesso dominante in alcuni settori produttivi della Grande Distribuzione;

• la globalizzazione dei mercati.

Fonte: Dott.ssa Rossini L. – Corso di Comunicazione d’Impresa 2005/2006, Università degli Studi di Urbino IMPRESA

SISTEMA ISTITUZIONALE LEGISLATIVO

MERCATO DEL LAVORO MERCATO FINANZIARIO

SISTEMA DEMOGRAFICO SOCIALE

SISTEMA TECNOLOGICO MERCATI DI PRODUZIONE

SISTEMA ECONOMICO MERCATO DI VENDITA

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Per quanto attiene all’ipercompetizione va ricordato che poiché le imprese competono nei mercati dei prodotti e in quelli della comunicazione tale situazione caratterizza entrambi e quindi spinge le imprese a farsi concorrenza, anche attraverso le scelte di comunicazione.

Per quanto riguarda il ruolo della Grande Distribuzione va rilevato come l’aumento delle dimensioni, in particolare delle grandi catene al dettaglio, abbia innescato alla fine degli anni Ottanta nel nostro paese e circa dieci anni prima negli Stati Uniti, in Inghilterra e in altri paesi avanzati, una competizione con la produzione per il controllo dei canali. Tale competizione si è sviluppata attraverso la marca commerciale. Con tale strategia il commercio compete con la produzione sul piano delle strategie e politiche di marketing, imponendo propri prodotti collocati in fasce prezzo interessanti, in molti casi con la promessa di pari qualità a prezzo inferiore, e che si avvalgono delle spinte di merchandising del distributore, facendo leva su un brand che può essere promosso attraverso campagne pubblicitarie e attività di comunicazione sia sul punto vendita sia istituzionali.

Il potere della distribuzione si basa inoltre sulla possibilità di catturare l’interfaccia con l’utente finale ottenendo, attraverso l’uso della tecnologia informatica (POS scanner e data mining), enormi quantità di informazioni che le accresciute capacità di trattamento dati nei computer permettono di catturare, archiviare, analizzare a livello di singolo cliente.

Per ciò che riguarda le conseguenze per il sistema di comunicazione, mentre nel periodo precedente il potere del canale era saldamente in mano al produttore e così pure era totalmente controllato dallo stesso il sistema di comunicazione, oggi al centro di tale sistema si colloca il distributore, da cui viene a dipendere il produttore per tutte le informazioni attinenti all’uso e alle scelte dei prodotti e a cui si rivolge il consumatore per avere informazioni sui prodotti stessi.

In concomitanza con l’affermarsi del mercato globale si afferma la comunicazione elettronica a carattere interattivo: Internet, E-Commerce ecc.2

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Una volta risolti i problemi logistici e di consegna dei prodotti da parte del produttore, il consumatore può ora approvvigionarsi dei propri prodotti tanto presso il distributore quanto direttamente presso il produttore. Il produttore, a sua volta, può contattare il consumatore finale indirettamente, tramite il distributore o direttamente, tramite il sistema dei media. In tale situazione il sistema di comunicazione cambia significativamente, divenendo a due vie. Ovviamente, la globalizzazione dei mercati fa leva su tutte e tre le situazioni descritte, di controllo del produttore, di controllo del distributore e interattiva, con un possibile ruolo significativo da parte del consumatore non più passivo, e rende più complesso il contesto in cui deve operare la comunicazione.

Poiché alcuni consumatori possono privilegiare l’approccio del produttore altri quello del distributore, altri ancora il sistema interattivo via via che diviene accessibile Internet, e più verosimilmente lo stesso consumatore adotterà differenti modelli di acquisto secondo i prodotti (beni e servizi) di cui necessita e delle circostanze d’acquisto, crescerà l’importanza delle diverse forme di comunicazione.

In particolare, l’information technology mette a disposizione del consumatore una miriade di strumenti (Internet, telefono…) mediante i quali può acquisire un livello assai sofisticato di informazioni sui prodotti, sulle marche e sulle offerte per lui più vantaggiose, il tutto a scala globale.

La compressione del tempo e dello spazio subisce una forte accelerazione. Il consumatore attraverso l’accesso alla rete diventa più autonomo e indipendente nei confronti della produzione. In concomitanza anche della crescente insoddisfazione nei confronti di prodotti e servizi si ridimensiona la dipendenza dalla marca. Il livello di aspettative connesso ai nuovi prodotti e servizi diviene sempre più elevato. D’altra parte questa minaccia si trasforma in opportunità per l’impresa che è ora in grado di intrattenere un rapporto bidirezionale con il cliente e quindi di offrirgli prodotti e servizi personalizzati sulle sue esigenze e di concentrare la propria attenzione sui clienti più importanti, fidelizzandoli. In questo contesto la comunicazione di

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marketing diventa il fattore cruciale tanto per i clienti quanto per gli operatori del mercato, siano essi produttori o distributori.

In ciascun paese la pubblicità, la promozione vendita, le P.R. di marketing, le sponsorizzazioni, la comunicazione in Internet e la comunicazione corporate diventano potenti e pervasive3. Soprattutto il direct marketing, reso più efficiente ed efficace dal data base marketing e da Internet, ha messo in condizioni le imprese di utilizzare altri strumenti di comunicazione oltre a quelli di massa, più selettivi e personali. Tutto ciò rende praticabili nuove strategie di segmentazione e di one-to- one marketing. Inoltre, ha reso evidente la necessità di orchestrare in modo unitario la comunicazione dell’impresa, facendo coesistere mezzi di comunicazione di massa e mezzi interattivi, enfatizzando ulteriormente l’ottica della comunicazione integrata.

La globalizzazione dei mercati pone altre sfide alle imprese. «Spesso, l’immissione di un prodotto in altri paesi implica una perdita di quei significati che lo caratterizzano nella cultura che lo ha originato. Questi non sono riconosciuti perché estranei al nuovo contesto in cui si diffondono e il prodotto, privato di senso, ha scarse probabilità di affermarsi se non riesce a sintonizzarsi con il nuovo contesto»4. Si tratta quindi di coniugare la strategia globale di comunicazione alle singole realtà nazionali e di acquisire una chiara consapevolezza che non si vendono solo prodotti ma anche significati, simboli, cultura.

Un’efficace strategia di comunicazione, per trasmettere al mercato i valori fondanti con cui si esprime, deve perciò poggiare da un lato su un’intensa attività di ascolto sia delle esigenze interne sia di quelle esterne e dall’altro su una forte cultura d’impresa. Il contesto attuale è ancora complicato da un altro fenomeno che si è manifestato negli ultimi anni: la crisi della marca. Se è innegabile l’importanza della marca, sembra sufficiente ricordare a questo proposito come molte marche leader di mercato siano state introdotte nel mercato molti decenni fa, e, in questi ultimi anni, siano entrate in crisi.

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Molteplici sono le pressioni che la marca subisce:

• la più vasta scelta dei prodotti;

• la riduzione del grado di differenziazione degli stessi originata dalla facilità e rapidità di diffusione delle innovazioni tecnologiche, che permette di ottenere prodotti assai simili come performance tecniche e funzionali;

• la sofisticazione dei comportamenti di acquisto dei consumatori sempre più smaliziati, informati e scettici rispetto ai claims dei produttori;

• la crescente aggressione dei distributori, in particolare attraverso le marche commerciali, mediante campagne pubblicitarie e attività in store sono state dotate di brand personalities, che si scontrano con quelle dei produttori e l’azione dei discount per quanto attiene alla pressione verso la riduzione dei prezzi;

• la svalutazione dell’immagine, anche per effetto della riduzione dei livelli di investimento in comunicazione conseguenti al tentativo delle marche dei produttori di contrastare i distributori sullo stesso piano, abbassando i livelli di prezzo e promozionando in continuazione l’offerta;

• la crisi della pubblicità, spesso inefficace specie nel costruire ed affermare forti e distintive identità di marca e incapace di trasmettere emozioni, funzione questa che oggi riveste un ruolo prioritario nella comunicazione5;

• la stessa strategia attuata da molti grandi produttori che per mantenere economie di scala produttive sono diventati fornitori delle marche commerciali, creando scarsa differenziazione con i prodotti di marca propria;

• in particolare per prodotti di largo e generale consumo, il miglioramento nel livello di packaging dei prodotti di marca commerciale che, assieme a quello qualitativo, li sta sempre più avvicinando a quelli di marca del produttore.

Per quanto attiene al mercato della comunicazione, in particolare della pubblicità, va anche considerato che dalla fine del 2000 si è arrestato il circolo virtuoso della pubblicità.

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Nell’era del boom di Internet, 1999/2000, sono nate molte aziende che, per farsi conoscere dal grande pubblico, hanno avuto l’esigenza di lanciare nuove marche. Sarà molto difficile far rinascere questo tipo di mercato, perché si è trattato di un evento a carattere eccezionale, difficilmente ripetibile nel breve periodo. Oggi il lancio di nuove marche è sempre più costoso e di difficile ritorno economico; avviene quindi raramente che si lancino nuove marche, non solo nel mondo di Internet ma anche nel largo consumo dove la Grande Distribuzione organizzata è il grande nemico della pubblicità. Per lanciare una nuova referenza di prodotto un’azienda spende in media 20.000/25.000 euro per punto di ponderata (quota di vendita dei distributori trattanti data da acquisti dei distributori trattanti/vendite totali della categoria).

La Grande Distribuzione inoltre, al fine di appropriarsi del mercato dei prodotti di marca, sta facendo crescere a dismisura il numero delle private labels, sottraendo così risorse alla pubblicità. Le aziende di largo consumo sono strangolate dalla Grande Distribuzione e per difendere la redditività tagliano la pubblicità creando un avvitamento negativo che ha la conseguenza di recidere il rapporto consolidato tra la marca e il consumatore.

Inoltre, per le aziende l’investimento in pubblicità non gode di vantaggi fiscali e di finanziamento a tassi agevolati come accade invece per i macchinari o gli immobili e il sistema creditizio non ha creato degli strumenti finanziari puntuali per sostenere lo sviluppo delle aziende attraverso la pubblicità. Se non ci saranno dei provvedimenti legislativi e creditizi per sostenere lo sviluppo anche mediante la comunicazione sarà sempre più difficile creare nuove imprese che si affermino attraverso nuove marche, mentre si consolideranno le rendite di posizione della Grande Distribuzione, che sta applicando il sistema di licensing del proprio marchio ai prodotti che sono stati prima sviluppati con grandi costi di ricerca e sviluppo, di listing e di pubblicità dalle aziende di largo consumo.

Non solo le aziende escono perdenti dal proliferare delle private labels ma

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la differenziazione dell’offerta, ha portato sulle tavole degli italiani prodotti qualitativamente sempre migliori, garantiti da marche forti e serie che hanno creato una nuova occupazione, aumentando le esportazioni e divenendo marche globali.

Per riottenere successo dalle proprie marche i produttori oltre ad investire nell’innovazione di prodotto, tenendo conto che un ruolo importante nell’acquisto è svolto dall’identità della marca, devono creare e mantenere un vantaggio differenziale rispetto ai concorrenti, continuare ad investire in comunicazione, dotando e differenziando la personalità distintiva della marca. Ciò richiede una crescente attenzione ai processi di branding, alle strategie di comunicazione sia al consumatore, sia al trade e, con il trade, attraverso azioni concertate di pubblicità sul punto vendita, di produzione e di merchandising.

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4.I PUBBLICI DELL’IMPRESA

La gestione dell’immagine si esprime attraverso la capacità dell’impresa di far percepire ai diversi pubblici le proprie competenze distintive, così da ottenere credibilità e un elevato consenso riguardo alle sue attività. Contribuiscono all’affermazione di un’immagine forte non solo le diverse attività di comunicazione realizzate dall’impresa ma anche i prodotti, il personale, le tecnologie, gli ambienti di lavoro, il rapporto con l’ambiente, in altre parole l’impresa nel suo complesso.

«La complessità che caratterizza gli attuali contesti socioeconomici, il prevalere di strutture policentriche (la rete) rispetto alle gerarchie strutturali fanno emergere una dimensione “locale” dell’impresa e accrescono l’importanza della visibilità e della dimensione “relazionale”: non è più sufficiente per avere successo il

“saper fare” ma occorre anche “farlo sapere” al fine di far emergere le competenze distintive e intangibili dell’impresa sviluppando un alto livello di consenso, o meglio, di credibilità nei confronti dell’impresa stessa. Tutto ciò vale sia con riferimento ai prodotti sia all’impresa nel suo complesso»6.

Quando si pensa all’attività di comunicazione delle imprese, si tende a pensare che esse si rivolgano esclusivamente al pubblico dei consumatori. Ma non è così: i pubblici dell’impresa sono più di uno, e anzi gli specialisti di comunicazione li dividono in pubblici interni, vicini ed esterni.

All’interno, ogni azienda comunica (o dovrebbe comunicare) con:

• gli azionisti e i conferenti capitale di rischio, che sono interessati all’aumento di valore dell’impresa e all’andamento delle azioni;

• gli altri finanziatori, che si aspettano informazioni sulla solidità della struttura economico-finanziaria dell’impresa;

• i dipendenti e i prestatori di lavoro, che guardano ai livelli retributivi, alla qualità del lavoro, alle possibilità di crescita professionale e di carriera;

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