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Il futuro della pubblicità

Nel documento La Comunicazione Corporate: (pagine 190-196)

Gli Strumenti e le Aree della

1.16. Il futuro della pubblicità

La globalizzazione dei mercati porterà ad un maggiore approfondimento e diffusione del marketing internazionale, all’esame delle caratteristiche comuni come campagne corporate o aspetti base da gestire a livello internazionale come supporto di campagne da gestire localmente. Si assisterà ad una ulteriore concentrazione di numerosi settori economici e questo porterà ad un diverso ruolo assegnato alle grandi agenzie pubblicitarie da quello delle piccole e medie agenzie, con possibilità di svolgere ruoli più specifici a carattere locale o azioni per imprese che operano solamente su base nazionale o regionale.

Lo sviluppo di nuovi strumenti di comunicazione, relativi all’informatica e alla telematica, cambierà in parte il contesto in cui si svolge la comunicazione pubblicitaria. I nuovi mezzi di comunicazione si integreranno con i mezzi più tradizionali: i primi sono interdipendenti, polivalenti e bidirezionali, hanno una diffusione universale e permettono di immagazzinare l’informazione. Tutto questo richiederà anche dei cambiamenti, in quanto le tecniche sia creative, sia di trasmissione del messaggio attraverso questi nuovi strumenti, sono diverse da quelle

attualmente utilizzate dai media classici. Da parte delle agenzie di pubblicità si tratterà di adeguarsi, per gestire e soprattutto per inserire l’utilizzo di questi strumenti di comunicazione all’interno delle possibili scelte dei mezzi pubblicitari e all’interno del più vasto contesto del mix di comunicazione.

Il problema fondamentale sarà sempre quello di definire, difendere e arricchire i valori della marca. Grande attenzione dovrà inoltre essere riservata alla responsabilità che l’azienda si assume con la comunicazione nei confronti dei clienti impegnandosi a rispettare il consumatore nei contenuti e nelle forme dei messaggi.

Nei prossimi anni «sarà definitivamente superata la distinzione tra comunicazione commerciale e comunicazione corporate. La comunicazione diverrà la funzione attraverso cui l’azienda si fa conoscere e contemporaneamente riesce a recepire i bisogni e le aspirazioni del consumatore.

Il modello che si imporrà sarà quello della comunicazione integrata, che implica il coordinamento di tutte le forme e le attività di comunicazione al fine di utilizzarle in modo sinergico, evitando sovrapposizioni e dispersioni, nell’ambito di una strategia omogenea e coerente, integrando quindi i contenuti dei diversi messaggi (corporate, di marca e di prodotto) e razionalizzando la gestione dei vari media»55.

2.LA VENDITA PERSONALE

Il successo di una campagna pubblicitaria dipende dal completo e coordinato sviluppo del messaggio, inerente a tutti gli elementi del mix di comunicazione.

Questo significa che ci si deve preoccupare che il messaggio venga trasferito in modo corretto e coordinato anche dal personale di vendita. Sotto questo punto di vista l’azione del personale di vendita costituisce da un lato un aspetto estremamente favorevole alla comunicazione, in quanto è disponibile immediatamente e inoltre può avere un significativo feed-back nei confronti dell’azienda; dall’altro, proprio queste caratteristiche rendono tale azione, in termini comunicativi, difficile da programmare e controllare.

La difficoltà sta nel fatto che la comunicazione, che avviene tramite il personale di vendita, è a due vie, di tipo interattivo e che quindi il messaggio e la forma devono essere adattati alla situazione che il venditore ha di fronte. Ciò rende difficoltoso il controllo che il venditore può mantenere degli aspetti salienti della comunicazione, del senso, della logica, dell’enfasi sugli aspetti razionali o emotivi e la loro trasmissione, seppure con un linguaggio ed una argomentazione adatti alle circostanze.

Non si tratta solo di fornire ai venditori delle tecniche di vendita soddisfacenti e quindi delle circostanze di tipo comportamentale adeguate ai compiti che devono svolgere né, tanto meno di renderli in grado di gestire il contatto con il cliente attraverso una programmata attività e una sufficiente capacità di risposta alle obiezioni, infine, di poter concludere l’attività di pre-vendita e post-vendita fino ad arrivare all’obiettivo finale, la vendita, ma anche di metterli in grado di essere dei comunicatori in sintonia con le altre forme di comunicazione dell’impresa, in particolare con quella pubblicitaria. È necessario sia spiegare chiaramente ai venditori gli obiettivi della campagna di comunicazione, sia renderli informati sulla campagna stessa, su come la campagna si svolge, quali obiettivi si pone, come essi si possono

inserire e con quali modalità, fornendo loro una serie di strumenti di supporto utili ad illustrare gli elementi significativi della comunicazione pubblicitaria.

Inoltre, si deve fornire al venditore una serie di conoscenze e tecniche appropriate, per metterlo in grado di analizzare e di formulare delle strategie individuali nei confronti dei singoli clienti, strategie che devono essere attuate nella fase di interazione della comunicazione da parte di due soggetti. Naturalmente, ci saranno delle differenze a livello di comunicazione in base alla tipologia di prodotto.

3.LE RELAZIONI PUBBLICHE

3.1.Definizione

Nel 1959 l’IPRA (International Public Relations Association) dà questa definizione: «le relazioni pubbliche sono una funzione della direzione, avente carattere permanente e organizzato, per mezzo della quale un’impresa (o un organismo pubblico) cerca di ottenere o mantenere la comprensione, la simpatia e il concorso di tutti coloro con i quali ha o può avere rapporti».

«Consigliare e assistere gruppi o persone per definire e mettere in pratica una politica globale, che ha come obiettivo di stabilire, mantenere e sviluppare la conoscenza e la comprensione reciproca con i diversi pubblici che costituiscono il loro sistema di relazioni», così nel 1954 la Confederazione Europea delle Relazioni Pubbliche. Nel 1970 la FERPI, la Federazione delle Relazioni Pubbliche Italiane, affermava: «Le relazioni pubbliche hanno l’obiettivo di realizzare e mantenere un rapporto di comunicazione in termini globali tra l’impresa e tutti i suoi pubblici».

Le ultime due definizioni, con i richiami alla “politica globale” e alla

“comunicazione in termini globali” hanno causato uno spiacevole e dannoso equivoco, facendo supporre a molti specialisti che, nelle aziende, l’addetto alle relazioni pubbliche debba avere la responsabilità globale delle comunicazioni dell’impresa e che, fra le varie agenzie di comunicazione, quella di relazioni pubbliche abbia un ruolo privilegiato. Questa presunzione di superiorità delle relazioni pubbliche sulle altre tecniche di comunicazione si è molto diffusa soprattutto dopo il 1980 e ha comportato per anni conseguenze negative, per fortuna molto attenuate in tempi recenti, sia per le aziende sia per i giovani che entravano nella professione. Le aziende vogliono dai loro consulenti esterni comunicazioni efficaci, risultati in termini di efficienza e di economicità e quindi guardano con molto fastidio chi sembra dimenticare che esse sono tutte chiamate a spendere i

budget dei clienti nel modo migliore: le aziende scelgono di volta in volta gli strumenti più consoni agli scopi del momento o alla strategia di lunga durata.

Ma oggi, dopo il grande sviluppo degli anni Ottanta e sulla base della definizione dell’IPRA del 1959, le relazioni pubbliche sono correttamente definibili come “attività di comunicazione con gruppi di opinione e segmenti di pubblico che interessano l’impresa, allo scopo di conseguire obiettivi d’immagine”. Una definizione interessante e precisa è stata fornita da Giuseppe A. Roggero (1988), il maggior studioso italiano di questa materia: «le relazioni pubbliche consistono in quel complesso di attività e d’iniziative – in massima parte comunicazioni – che un organismo svolge e persegue per fornire di sé un’immagine positiva allo scopo di assicurarsi il favore e la simpatia del pubblico in generale o di pubblici particolari.

Ciò dopo aver accertato qual è lo status del settore di opinione pubblica interessante, e quindi tentando di volta in volta di creare ex novo, di stabilizzare o di modificare opinioni, comportamenti e atteggiamenti».

3.2.1947: l’inizio delle PR in Italia

Le relazioni pubbliche nacquero al principio del XX° secolo negli Stati Uniti.

Probabilmente, la prima attività che può andare sotto questo nome (anche se dapprima venne chiamata publicity) fu l’ufficio stampa inventato da Ivy Lee nel 1903 per sostenere le ragioni delle aziende minerarie contro i sindacati dei minatori, in occasione di un grande sciopero nazionale. Le relazioni pubbliche si svilupparono quindi come un’espressione del combattivo capitalismo americano. Il nome di public relations si diffuse dal 1919, e quattro anni dopo la New York University inaugurò un corso di relazioni pubbliche.

La nascita delle relazioni pubbliche in Italia è relativamente recente e risale al 1947 quando fu aperta a Roma una filiale dell’agenzia J.W. Thompson per spiegare all’opinione pubblica i vantaggi del Piano Marshall. Era il tempo nel quale i partiti

Marshall di essere uno strumento del colonialismo economico americano: il governo degli Stati Uniti diede allora alla J.W. Thompson l’incarico di diffondere in Europa notizie sugli aiuti americani che permettevano ai paesi semidistrutti dalla guerra di ricostruire strade e ferrovie, navi e fabbriche, con prestiti a basso tasso d’interesse e a lunga scadenza. La J.W. Thompson diffuse migliaia di articoli, organizzò conferenze e convegni, invitò a parlare personalità dell’economia, sia americane sia italiane.

Più tardi, dopo il 1950, le relazioni pubbliche furono adottate nel nostro paese dalle grandi aziende petrolifere internazionali e successivamente da alcune società italiane: Italsider, Pirelli, Montecatini, Fiat e Olivetti (ma quest’ultima si rifiutò sempre di chiamare relazioni pubbliche le proprie attività culturali e sociali, come non volle chiamare sponsorizzazioni i molti interventi di mecenatismo che promosse). Interessante è il caso della Martini&Rossi che, alla fine degli anni Cinquanta, inaugurò una Terrazza Martini a Parigi e poi, nell’aprile 1958, un’altra Terrazza su un alto edificio della Piazza Diaz di Milano, seguita poi da analoghe Terrazze a Genova e a Barcellona. Per molti anni le Terrazze Martini divennero luoghi d’incontri con attori e registri, di presentazioni di libri e di premi, senza alcun costo per i promotori. Nel 1952 l’on. Roberto Tremelloni fondò a Milano l’Istituto Italiano per le Relazioni Pubbliche; due anni dopo, a Roma, nacque l’Associaione Italiana di Relazioni Pubbliche con segretario generale Guido De Rossi del Lion Nero. Successivamente vi fu la nascita della FERPI (Federazione delle Relazioni Pubbliche Italiane), associazione dei professionisti. Nei loro primi anni italiani, le relazioni pubbliche avevano il motto “far bene e farlo sapere”: era un invito alle aziende a sviluppare attività di utilità sociale (nell’interesse della collettività) e di farle conoscere (nell’interesse delle imprese).

Nel documento La Comunicazione Corporate: (pagine 190-196)