RIASSUNTO
Numerose evidenze della letteratura pongono l’attenzione sulle interessanti proprietà biochimiche e peculiare composizione chimica del latte di cammella rispetto agli altri tipi di latte, umano e bovino. Questo latte ha dimostrato potenziali effetti benefici in diverse patologie, in particolare per le allergie alle proteine del latte vaccino e il diabete.
Per il suo effetto ipoglicemizzante, osservato in particolare nel diabete mellito tipo 1, sia nell’uomo sia in modelli animali, il latte di cammella è stato proposto come una possibile terapia integrativa a quella classica con insulina. L’attività anti-diabetica del latte di cammella sarebbe conseguente a un’azione simile all’insulina e/o di regolazio- ne immunitaria sulle beta cellule pancreatiche. Quest’azione sarebbe dovuta non solo all’alta concentrazione d’insulina rispetto a quella del latte di mucca, ma anche alla capacità delle proteine insulino-simili di superare la degradazione acida a livello gastrico.
SUMMARY
There are many reports of interesting biochemical properties of camel milk and its particular chemical composition compared to that of other mammals, such as human and bovine. Historically, camel milk has been proposed as an alternative treatment for a large number of medical problems including cow milk allergy and diabetes. However, the most important observations concern its hypoglycemic activity in type 1 diabetes, seen in both human and animal models. This suggests that the anti-diabetic activity of camel milk is mediated by insulin-like properties and/or immune-modulatory effects on pancreatic beta-cells. A direct effect of milk insulin itself is also possible since camel milk shows higher concentrations of insulin than cows’ milk, and greater ability to let insulin-like proteins overcome the acid degradation in the stomach.
Il latte di cammella può integrare il trattamento insulinico
nei pazienti con diabete?
Can camel milk integrate insulin treatment in patients with diabetes?
R. Miniero
1, G.A. Mazza
1, M. Aloe
1, A.M. Mahadi
2, V. Talarico
31
Cattedra di Pediatra, Dipartimento Scienze Mediche e Chirurgiche, Università “Magna Graecia”, Catanzaro;
2
Dipartimento di Pediatria, Università di Hargeisa-Somaliland;
3
UO Pediatria, Azienda Ospedaliera
“Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro
Articolo Originale
Corrispondenza: Roberto Miniero, Dipartimento di Pediatria, Università Magna Graecia di Catanzaro, viale Europa, Loc. Germaneto, 88100 Catanzaro - Tel.: +39 338 2573331 - E-mail: roberto.miniero@unicz.it
Parole chiave: latte di cammella, diabete mellito, stress ossidativo, nutraceutica • Key words: camel milk, diabetes mellitus, oxidative stress, nutraceutical
Pervenuto il 08-09-2017 • Accettato il 15-09-2017
Introduzione
Il latte materno (LM) contiene tutti i principi nutritivi es- senziali per la crescita e lo sviluppo psicofisico del lat- tante. È quindi raccomandato come alimento esclusivo per i primi 5-6 mesi di vita e, dopo lo svezzamento, in aggiunta ai cibi non lattei per tutto il primo anno e oltre.
Se l’allattamento materno non è possibile, o risulta insuf- ficiente, si ricorre ai “latti formulati” derivati dal latte vac- cino (LV). Nel nostro Paese in passato, soprattutto nelle aree rurali, sono stati utilizzati anche il latte di pecora, di capra, di asina, aneddoticamente quello di bufala e di cavalla. Nei paesi medio-orientali e asiatici (Africa
nord-orientale, Somalia, Somaliland, Emirati Arabi, Ara- bia Saudita, Pakistan, India e Cina) è diffuso l’impiego di latte di cammella (LC), data l’abbondante presenza del- la specie in quelle aree.
Al genere Camelus appartengono due specie differenti:
il cammello dromedario (Camelus dromedarius), a una gobba, (89% del totale) che vive prevalentemente in aree desertiche del Medio Oriente, Africa del Nord e Orien- tale, Asia del Sud e Orientale e Australia, e il Cammel- lo Bactriano (Camelus bactrianus), a due gobbe (11%
del totale), presente in climi più temperati come Cina del
Nord e Orientale, Sud della Russia e Asia Minore, Mon-
golia e Kazakhstan. Il LC si presenta opaco, di colore
bianco e aspetto schiumoso, quando leggermente agi- tato; ha un’ottima palatabilità, sapore dolce ma talvolta lievemente salato, in relazione sia allo stato d’idratazio- ne dell’animale al momento della mungitura (stagionali- tà), che alla sua alimentazione. Il contenuto in proteine, lipidi, glicidi e sali minerali, seppur soggetto ad ampie variazioni stagionali, è riassunto e confrontato con quello di altre specie animali e con quello materno nella Tabella I. Tra le proteine, quella contenuta in maggiore quantità è la caseina (52-87%), con percentuali delle subunità β e α-1 di 65% vs 21%; percentuali ben diverse rispetto a quelle presenti nel LV, dove raggiungono rispettivamente il 36% e 38%. Di particolare interesse è che il LC risulta privo, come il LM, di β-lattoglobulina, uno dei principali al- lergeni coinvolti nell’allergia alle proteine del latte vaccino (APLV) e che rappresenta il 50% delle sieroproteine totali del LV. Nel LC la principale sieroproteina è, al contrario, l’α-lattoalbumina. Le caratteristiche dell’assetto proteico rendono quindi il LC più affine al LM rispetto a quello bo- vino, sia per quanto riguarda la digeribilità che la bassa allergenicità alle proteine del latte nei soggetti predispo- sti. La quota lipidica del LC, rispetto al LV, presenta: un minore contenuto di carotene, che potrebbe giustificare il suo colore più bianco, piccole quantità di acidi grassi a catena corta (6-8 volte meno) e un maggiore contenuto di acidi grassi a lunga catena. Il contenuto medio di acidi grassi insaturi si aggira intorno al 43%, specialmente aci- di grassi essenziali, caratteristica che lo rende ancora di più simile al latte di donna. Il contenuto totale di minerali, espresso come ceneri, può variare da 0,60 a 0,90%. Tale range percentuale è attribuibile alla specie, all’alimenta- zione e all’introito idrico. Il contenuto di vitamina C, vita- mina B3, acido folico, vitamina B12 e acido pantotenico (vit. B5) risulta essere superiore sia al LM che al LV. Le concentrazioni di tiamina (vit. B1) e piridoxina (vit. B6) so-
no perfettamente comparabili con quelle presenti nel LV, così come la concentrazione della vitamina E. Per la sua composizione il LC può quindi fornire al bambino buo- na parte del fabbisogno minimo giornaliero necessario di macro e micronutrienti, secondo la Recommended Dieta- ry Allowance (RDA) e i livelli di assunzione di riferimento di nutrienti (LARN) italiani (2014). Analogamente al LM, il LC contiene inoltre una buona concentrazione di fattori antimicrobici ad azione battericida e fungicida quali im- munoglobuline (1,64 mg/ml di immunoglobuline G contro i 0,67 mg/ml del latte di mucca e 0,70 mg/ml di quello di capra) e lattoferrina. Per quanto riguarda la concentra- zione di lisozima, enzima presente nei tessuti dotato di attività battericida nei confronti di alcuni batteri (Gram+), questa è relativamente bassa rispetto al LM ma comun- que più alta rispetto al LV
1-3.
Nei paesi medio-orientali e orientali il LC si consuma per lo più fresco, fornito dalle popolazioni nomadi o da piccoli allevamenti. Il suo uso e commercializzazio- ne sono stati finora limitati a questi paesi, ma recente- mente sia la FDA che l’Unione Europea ne hanno au- torizzata l’importazione. I maggiori problemi posti alla commercializzazione del LC, al di fuori delle aree di produzione, riguardano le difficoltà di ottenere un me- todo di pastorizzazione ottimale che non alteri la qua- lità del contenuto proteico e l’impossibilità, al momen- to, di produrre latte pastorizzato a lunga conservazione (UHT); per ovviare a tale problema, il LC da esporta- re è preparato congelato o in polvere. Recentemen- te sono inoltre sorti allevamenti di cammelli in Europa (Olanda e Belgio) e negli USA con produzione di latte fresco, in polvere o congelato.
Negli ultimi anni diversi ricercatori, soprattutto arabi, israeliani e pakistani hanno pubblicato, seppure su ca- sistiche limitate, interessanti studi che dimostrerebbero
Tabella I. Contenuto chimico del latte in differenti specie.
Latte 100 ml Proteine g Lattosio g Gassi g Minerali g Acqua g
Umano 1,1-1,3 6,8-7,0 3,3-4,7 0,2-0,3 88-89
Vaccino 3,2-3,8 4,8-4,9 3,7-4,4 0,7-0,8 85-87
Asina 1,4-1,7 6,2-6,7 0,28-1,5 0,3-0,4 86-92
Cammella 3,0-3,9 4,4-4,9 2,9-5,4 3,5-4,4 86-88
Capra 2,9-3,7 3,6-4,2 4,0-4,5 0,8-0,9 87-88
Pecora 5,6-6,7 4,3-4,8 6,9-8,6 0,9-0,1 79-82
Bufala 3,3-3,6 4,5-5,0 7,0-11,5 0,8-0,9 82-84
Balena 10-15 07-2,1 33-50 0,8 30-54
come il LC possa essere impiegato con successo in va- rie patologie quali l’APLV, il diabete mellito (DM) tipo 1 e 2, l’autismo, la steatosi epatica, il morbo di Crohn e la diarrea acuta. Il valore terapeutico del LC è stato quindi oggetto di recenti revisioni che ne hanno sottolineate le auspicabili potenzialità
3-9. Lo “sdoganamento” del LC per i paesi occidentali ha aperto la possibilità di verifi- care, su più ampie casistiche, queste presunte poten- zialità terapeutiche.
In particolare, per quanto riguarda il DM, il LC è stato oggetto di numerosi studi in vitro, su animali di labora- torio e sull’uomo, e rappresenta certamente quello più esplorato tra i vari campi di applicazione di quest’ali- mento in ottica nutraceutica.
Studi in vitro sugli effetti del LC sullo stress ossidativo
Per quanto riguarda gli studi in vitro, diversi autori si so- no concentrati prevalentemente sul ruolo antiossidante del LC. Nei pazienti con DM, lo stato iperglicemico può favorire un aumento di produzione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS), attraverso la via di glicazione non enzimatica, l’autossidazione del glucosio e le alterazio- ni della via dei polioli. Ciò si traduce in un aumento dei radicali liberi, che potrebbero avere un ruolo importante nella patogenesi del DM. Dall’altro lato si assiste a una riduzione dei livelli di antiossidanti non enzimatici come il glutatione, vitamina E e vitamina C e ciò può contribu- ire allo sviluppo delle complicanze del diabete. L’azione antiossidante del LC si manifesterebbe sia attraverso un incremento del glutatione sia, probabilmente, alla sua azione chelante di sostanze tossiche. Il LC possiede, come detto, alti livelli di vitamine (ad es. A, B2, C e E) e di sali minerali (per esempio, sodio, potassio, rame, magnesio e zinco) che agiscono anche come antiossi- danti, utili nel prevenire il danno tissutale, associato ad agenti tossici
10 11.
Studi sul modello animale
Gli studi su animali di laboratorio sono numerosi e tutti indicativi di una potenziale azione antidiabetica del LC.
I primi studi hanno confermato le speculazioni in vitro, sull’azione antiossidante del LC, con miglioramenti si- gnificativi dei livelli di malondialdeide, catalasi e glu- tatione in conigli diabetici dopo somministrazione del LC
12. Ma dati più significativi e concreti si sono avuti da successivi lavori che hanno dimostrato un ruolo ipogli- cemizzante del LC quando somministrato a topi
13-17e cani diabetici
18, sintetizzati nella Tabella II.
In alcuni di questi studi è stata anche dimostrata la ca- pacità del LC di modificare l’assetto lipidico degli ani- mali diabetici con una riduzione significativa del livel- lo di colesterolo totale (CT), di trigliceridi (TG), di acidi grassi liberi (FFA), di fosfolipidi (PLS), di colesterolo LDL e VLDL-C e aumento di HDL-C significativo
15-17. Infine merita menzione lo studio di Hamad et al., che ha evi- denziato un effetto positivo del LC sulla funzionalità re- nale ed epatica di topi diabetici rispetto a quelli trattati con latte di mucca e di bufala
19.
Studi clinici
Effetto Ipoglicemizzante
Le prime speculazioni sull’associazione positiva tra LC e DM sono emerse tra il 2002 e 2003, quando Agra- wal et al. hanno dimostrato come somministrando per 3 mesi LC in pazienti con DM1 si osservasse un signi- ficativo effetto ipoglicemizzante
20 21. Successivamente, gli stessi autori hanno valutato l’efficacia a lungo termi- ne e la sicurezza del LC, in aggiunta alla terapia insu- linica nei pazienti con DM1 per un anno. La media dei livelli glicemici si riduceva sensibilmente passando da 119 ± 19 mg/dL a 95,42 ± 15,70 mg/dl (p < 0,005), così come le dosi medie di insulina
22.
Da qui sono state effettuate analisi di prevalenza con ricerche epidemiologiche che mostravano una bassa prevalenza di DM nelle comunità del nord-ovest del Ra- jasthan (Pakistan), suggerendo un nesso di causalità con il consumo abituale del LC
23. Questi primi studi epi- demiologici sono stati recentemente ripresi evidenzian- do come nella popolazione del deserto del Rajasthan, che abitualmente consuma LC, nonostante la diffusa presenza di aplotipi HLA predisponenti al DM1, la pre- valenza di diabete è sorprendentemente quasi zero
24. Dopo queste prime osservazioni, altri studi, in soggetti con DM1, hanno dimostrato un effetto ipoglicemizzante del LC, con variazioni del livello di HbA
1c, del profilo lipi- dico e dell’insulinemia in pazienti trattati sia con solo LC, che con quest’ultimo in associazione alla terapia con- venzionale. Tali studi sono sintetizzati nella Tabella III e nella Figura 1
4 22 25-31.
Studi sull’effetto ipoglicemizzante del LC nel DM2 sono più
limitati. Le prime evidenze derivano dal lavoro di Agrawal
et al., nel quale sono stati somministrati 500 ml/die di LV a
14 maschi sani e 500 ml/die di LC a 14 maschi con DM2
per 3 mesi; successivamente dopo un mese di washout il
regime terapeutico è stato invertito nei due gruppi per al-
tri 3 mesi. La glicemia, l’insulinemia e HbA
1cmostravano
un trend migliore sia nei soggetti diabetici, sia nei controlli
sani dopo la somministrazione del LC
32. Recentemente
Tabella II. Studi sperimentali dell’effetto del LC su animali affetti da DM.
Studio Tipo di studio/
tot
Gruppo
caso Gruppo
controllo Outcome Durata
intervento Risultati Topi
Agrawal RP
et al. 2004
13RCT/
n. 32 N. 8 con DM trattati con 250 ml
di LC crudo
N. 8 con DM trattati con 250 ml di LV N. 8 con DM trattati
con acqua N. 8 normali,
no terapia
Glicemia 3
settimane Riduzione glicemia nel gruppo trattato
con LC
Agrawal RP
et al. 2005
14RCT/
n. 40 N. 8 con DM trattati con 25 ml/die di LC crudo
N. 8 con DM trattati con 25 ml/die
di LC pastorizzato N. 8 con DM trattati con 25 ml/die di LC crudo + lattoferrina
N. 8 con DM trattati con 25 ml/die di LV
N. 8 normali, no terapia
Glicemia 4
settimane Riduzione glicemia in entrambi i gruppi
trattati con LC, ma significatività
statistica solo nel gruppo con LC
crudo; l’aggiunta di lattoferrina non modifica il profilo
glicemico Al-Numair
KS (2010)
15RCT/
n. 30 N. 8 trattati
con 250 ml/die LC N. 24 non trattati Glicemia, insulinemia,
CT, TG, HDL, LDL, VLDL, FFA
giorni 45 Riduzione glicemia, LDL, VLDL, FFA e aumento livelli di insulina nel gruppo
trattato con LC Khan M
et al.
(2013)
16RCT/
n. 40 N. 8 con DM trattati con 400 ml/die LC
N. 8 normali, no trattamento N. 8 normali + LC
N. 8 DM no trattamento
N. 8 DM + terapia insulina
Peso corporeo, SBG, GOT GPT, urea, acido urico, creatinina,
CT, LDL, HDL, TG
giorni 30 Riduzione glicemia, CT e TG nel gruppo
con LC
Korish AA
(2014)
17RCT/
n. 80 N. 20 con DM trattati con 35 ml/die LC
N 20 normali, no trattamento N. 20 normali + LC
N. 20 DM no trattamento
Peso corporeo, FBG, HO- MA-IR, gli- cemia, CT,
TG, HDL, LDL, VLDL
settimane 8 Riduzione glicemia, insulinemia e profilo lipido nel gruppo
con LC
Cani Sboui A
et al.
(2010)
18RCT/ n. 12 N. 4 con DM
con 500 ml/die LC N. 4 con 500 ml/die
di LV Glicemia,
insulina, TG, CT
settimane 5 Riduzione glicemia e CT nel gruppo LC e aumento glicemia e CT nel gruppo LV N. 4 con 250 ml/die LC
N. 4 con 100 ml/die LC No trattamento 5
settimane Riduzione glicemia e CT nei cani trattati
con 250 ml/d di LC.
No cambiamenti in glicemia e CT nel gruppo
no trattamento
LC: latte di cammella; DM: diabete mellito; CT: colesterolo totale; TG: trigliceridi; HDL: high density lipoprotein; LDL: low density lipoprotein; VLDL: very low density lipoprotein; FFA: free fatty acid.
Andando ad analizzare il profilo di sicurezza, emerge co- me nessun importante evento ipoglicemico né effetti inde- siderati siano stati osservati nei gruppi trattati con LC, di- mostrandone perciò una buona accettabilità e sicurezza
34. Ejtahed et al., somministrando 500 ml/die di LC pastorizza-
to a soggetti con DM2, hanno dimostrato un miglioramento dell’insulinemia nel gruppo trattato senza sostanziali modi- fiche nella glicemia, profilo lipidico e pressorio
33.
Tabella III. Studi clinici dell’effetto del LC nel DM1.
Studio Tipo di
studio/tot popolazione
Gruppo
caso Gruppo
controllo Outcome Durata
intervento Risultati Agrawal RP
et al. (2005)
22RCT/
24 pz DM1 N. 12 pz terapia standard + 500 ml/die LC
N. 12 pz terapia standard
BMI, HbA
1c, insulinemia, glicemia, dose insulina,
c-peptide
1 anno Riduzione dose di insulina, glicemia, HbA
1c, aumento BMI
Agrawal RP
et al. (2007)
25Studio di coorte/
50 pz DM1
N. 25 pz terapia intensa insulinica
+ 500 ml/die LC
N. 25 pz terapia insulina intensa
BMI, HbA
1c, insulinemia, glicemia, dose insulina,
c-peptide, anticorpi- antiinsulina
1 anno Riduzione dose di insulina, glicemia
nel gruppo con LC
Mohamed RH
et al. (2009)
26RCT/
54 pz DM1 N. 27 pz terapia standard + 500 ml LC
N. 27 pz terapia standard
BMI, HbA
1c, insulinemia, glicemia, dose insulina, c-peptide, CT, TG, VLDL, LDL, anticorpi-
antiinsulina
settimane 16 Riduzione dose di insulina, glicemia,
HbA
1c, CT, TG;
aumento BMI e insulinemia e c-peptide nel gruppo
trattato con LC
Agrawal RP
et al. (2009)
27Studio coorte/
24 pz DM1 N. 24 pz terapia standard + prima e dopo 500 ml/die LC
N. 12 pz terapia standard
Microalbuminuria, HbA
1c, insulinemia,
glicemia, dose insulina, c-peptide, CT, TG, VLDL, HDL,
LDL, BMI
6 mesi Riduzione dose di insulina e LDL;
no cambiamenti HbA
1c, glicemia e insulinemia nel gruppo con LC
Agrawal RP
et al. (2011)
28RCT/
24 pz DM1 N. 12 pz terapia standard + 500 ml LC
N. 12 pz terapia standard
BMI, HbA
1c, insulinemia, glicemia, dose insulina,
c-peptide, anticorpi- antiinsulina
24 mesi Riduzione dose di insulina e anticorpi-antiinsulina,
aumento BMI e c-peptide nel gruppo
con LC
El- Sayed MK
(2011) et al.
29RCT/
50 pz N. 15 pz 500 ml/
die di LC N. 15 pz terapia
standard + 500 ml/die LC
N. 15 pz terapia standard
Glicemia, HbA
1c, insulina,BMI, CT, TG, HDL, LDL,
VLDL
3 mesi Miglioramento del profilo lipidico, glicemia e insulina nei pz trattati sia con solo LC che maggiormente in quelli
con terapia combinata
con LC e insulina
LC: latte di cammella; DM: diabete mellito; BMI: body mass index; CT: colesterolo totale; TG: trigliceridi; HDL: high-density lipoprotein; LDL: low-density lipoprotein; VLDL: very low
density lipoprotein; pz: pazienti.
mento con LC per 16 settimane; tuttavia, non vi erano differenze significative di HDL, LDL e VLDL dopo il trat- tamento
26. Al contrario, lo studio condotto da El-Sayed et al. mostrava come nei pazienti trattati con solo LC erano diminuiti significativamente sia i livelli di TG di circa tre volte che di TC e LDL-C, di circa due volte ri- spetto al gruppo con solo terapia insulinica. Dato più interessante si aveva nel gruppo trattato in combina- zione con insulina e LC che mostrava una significativa riduzione di TG e TC (di circa il 45%) e LDL-C (di circa il 30%), ma anche un aumento del livello di HDL-C (da 41 mg/dL a 49 mg/dl)
29.
Le conclusioni alle quali portavano questi lavori, erano un miglioramento della qualità di vita dei pazienti dia- betici trattati con LC rispetto ai controlli, in ragione del migliore controllo della malattia dal punto di vista me- tabolico
20.
Infine, un altro aspetto interessante è quello riguardan- te il possibile effetto benefico del LC sulla guarigione delle ferite del diabetico. È stato ipotizzato che le pro- teine del siero LC siano in grado di accelerare la gua- rigione delle ferite nei pazienti diabetici, migliorando la risposta immunitaria delle cellule dei tessuti interessa- ti. Il LC contiene un gruppo variegato di proteine co- me l’albumina sierica, α-lattoalbumina, le immunoglo- buline, la lattoferrina e le proteine di riconoscimento del peptidoglicano, con azioni immunologiche in grado di intervenire nel processo di guarigione. Badr ha di- mostrato che le proteine del LC riducono significativa-
Meccanismo sulle complicanze del diabete
Successivamente, i lavori si sono concentrati sull’ef- fetto del LC sulle complicanze del DM, come la ne- fropatia diabetica. Agrawal et al. hanno studiato ven- tiquattro pazienti diabetici tipo I con microalbuminuria andando ad analizzare l’HbA
1c, la dose di insulina, la glicemia, la microalbuminuria, il profilo lipidico, C-pep- tide e insulinemia all’arruolamento e dopo la sommini- strazione di LC (500 ml/die) per sei mesi. Il risultato è stato un significativo miglioramento della microalbu- minuria dopo aver ricevuto il LC per sei mesi, con un lieve aumento del BMI medio. La dose media d’insu- lina per ottenere il controllo glicemico si era signifi- cativamente ridotta (da 41,61 ± 3,08 a 28,32 ± 2,66;
p < 0,01), cosi com’era evidente un cambiamento im- portante del profilo lipidico. Il LC mostrerebbe quindi un rilevante effetto ipoglicemizzante quando aggiunto al trattamento convenzionale
27.
Altre problematiche strettamente associate al DM sono le alterazioni dei lipidi plasmatici che rendono ragione delle varie complicanze vascolari e dell’aumentato ri- schio di malattie cardiache. Alcuni autori hanno trovato una significativa riduzione di LDL-C e TG nei pazienti con DM1 trattati con il LC per 6 mesi
20 21. In particola- re, tale dato assumeva maggior rilevanza quando il LC era somministrato come terapia adiuvante nei pazienti con DM1, con riduzione del livello di colesterolo totale (TC) e TG del 25% e 37%, rispettivamente, dopo tratta-
Figura 1. Dose media insulina e valori glicemia nel gruppo trattato con latte di cammella e nel gruppo controllo (da Ejtahed et al., 2015, mod.)
33.
Prima
Dose di insulina/die
Gruppo controllo Gruppo controllo
Glicemia a digiuno
Prima
Dopo Dopo
40 35 30 25 20 15 10 5 0
140
120
100
80
60
40
20
0
della presenza d’insulina in tali micelle. Alcuni autori hanno inoltre evidenziato come le sequenze amminoa- cidiche di molte proteine contenute nel LC siano ricche di emicistina, caratteristica che conferisce somiglian- za di superficie con i peptidi della famiglia dell’insuli- na e conseguente effetto protettivo sulle β-cellule pan- creatiche; tale effetto è stato ipotizzato per il fatto che l’insulina del LC, inducendo uno stato di euglicemia, permetterebbe un risparmio dell’attività delle β-cellule pancreatiche preservandone la funzione nel tempo
34e poiché il LC agirebbe a livello del recettore per l’insuli- na umana (HIR) e delle sue relative vie di segnalazione intracellulare
36.
Conclusioni
La letteratura è ormai sufficientemente probativa per un possibile ruolo terapeutico, di integrazione al tratta- mento insulinico, del LC nella gestione del diabete, in quanto in grado di ridurre i livelli di glicemia, di HbA
1c, del fabbisogno di insulina e di limitare le complicanze abbassando i livelli di colesterolo, migliorando la fun- zionalità epatica e renale, riducendo lo stress ossidati- vo e promuovendo la guarigione dalle ferite. La dispo- nibilità del LC anche in Europa e negli USA, aprirebbe la possibilità di strutturare nuovi e più ampi studi per confermare i dati finora ottenuti su casistiche selezio- nate, sia dal punto di vista etnico che socio economico e assistenziale. Se queste esperienze saranno confer- mate, è ipotizzabile che il LC possa in futuro rappre- sentare un supporto nutraceutico, con ruolo non ancil- lare, nella gestione del paziente pediatrico e non, con diabete sia di tipo 1, che di tipo 2.
Conflitto di interessi
Nessuno mente le dimensioni delle ferite nei topi resi diabetici e
poi nutriti per 1 mese con LC. Questo risultato è stato correlato con vari reperti istopatologici, come l’aumen- to dell’attività di cicatrizzazione, la neo-angiogenesi, la formazione di tessuto di granulazione e il rimodella- mento della matrice extracellulare
35.
Meccanismi d’azione
La ragione che sottende l’effetto insulino-simile del LC
rimane al momento ancora poco chiara e diverse sono
le ipotesi proposte. È noto come la terapia insulinica
sia efficace solo se somministrata per via parenterale,
poiché se somministrata per via orale l’insulina s’inatti-
va nell’ambiente acido dello stomaco e viene degrada-
ta dagli enzimi digestivi. Il LC contiene circa 52 micro
unità/ml di proteine insulino-simili, contenuto notevol-
mente superiore a quello del LV (16,32 micro unità/ml)
rispetto al quale ha anche un contenuto più elevato di
zinco, che svolge un ruolo chiave nell’attività secreto-
ria dell’insulina nelle beta cellule del pancreas. Alcu-
ni autori, avvalendosi di tecniche di bioinformatica per
studiare il ruolo e le caratteristiche dell’insulina presen-
te nel LC, hanno dimostrato come l’insulina umana e
quella di cammella siano essenzialmente simili e che
quindi entrambe, a contatto con le proteasi del trat-
to digerente, vengono completamente degradate. Una
spiegazione possibile della maggior resistenza alla de-
gradazione dell’insulina del LC, può essere trovata nel-
le caratteristiche uniche di tale latte
36. Esso, infatti, non
coagula facilmente a pH basso, ha una buona capaci-
tà tampone, ha proporzioni differenti di caseine e acidi
grassi e produce micelle lipidiche più larghe rispetto a
quanto osservato nei latti degli altri mammiferi. È stato
ipotizzato quindi che, l’insulina del LC venga incapsu-
lata in tali micelle e passi attraverso lo stomaco diret-
tamente nell’intestino. Non si ha comunque certezza
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Latte di cammella e diabete: una relazione interessante!
Claudio Maffeis
UOC Pediatria Indirizzo Diabetologico e Malattie del Metabolismo, Università e Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona In termini fisiologici, il latte è un alimento essenziale per la vita del nascituro. Contiene molecole ad attività immunitaria e me- tabolica che favoriscono l’adattamento alla vita extrauterina e massimizzano l’efficienza di difesa e dei processi metabolici, garantendo al contempo una crescita della massa corporea che ha del prodigioso: nell’uomo, il peso del neonato raddoppia in solo 4 mesi, unitamente a una maturazione funzionale dei diversi organi.
Non stupisce quindi che un mammifero come il cammello, il cui neonato è esposto a condizioni ambientali estreme, produca un latte finalizzato a “massimizzare” l’efficienza sopra descritta. L’insulina e molecole ad azione insulino-simile si caratteriz- zano per un’importante azione anabolizzante. Come riportato nello studio di revisione di Miniero et al., vi sono studi condotti sull’animale e sull’uomo, che suggeriscono una possibile azione sul metabolismo del glucosio conseguente all’assunzione del latte di cammella, sia nel diabete tipo 1, che nel tipo 2.
Ovviamente, sono necessari studi randomizzati controllati condotti su una casistica sufficiente ampia di soggetti per confer- mare questa associazione. Una volta dimostrata l’associazione sarà poi necessario, e al contempo stimolante, ricercare e identificare le molecole contenute nel latte di cammella e il loro meccanismo d’azione nel produrre il beneficio metabolico.
Non sarebbe infatti di poco conto ottenere, con l’assunzione cronica di latte di cammella, una riduzione del fabbisogno insu-
linico nel diabete tipo 1, accompagnato da una riduzione dell’HbA
1ce dei parametri di rischio cardiovascolare, come sugge-
rito dai risultati degli studi riportati. Del resto il legame tra nutrizione e diabete è molto forte: è pertanto auspicabile che una
maggiore attenzione alla nutrizione possa portare a un miglioramento del controllo del diabete in tutti i pazienti, come del re-
sto suggerito dalle raccomandazioni ADA. In questo ambito, assegnare un ruolo specifico al latte di cammella quale alimento
a funzio ne nutriceutica è del tutto prematuro. La ricerca ci darà, speriamo presto, una risposta al riguardo!
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