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Introduzione GIORNALE ITALIANO DI DIABETOLOGIA E METABOLISMO

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Academic year: 2021

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Le iperlipidemie primitive

Primary hyperlipoprotinemias

M. Arca, L. D’Erasmo

Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Sapienza Università di Roma

RIASSUNTO

Le iperlipidemie primitive costituiscono un complesso di sindromi le cui basi molecolari sono state meglio caratterizzate negli ultimi anni. La loro importanza clinica deriva dal fatto che queste malattie metaboliche rappresentano una delle cause principali dell’aterosclerosi e delle sue complicanze d’organo. Le iperlipidemie si possono manifestare con un aumento isolato della colesterolemia totale o LDL, della trigliceridemia totale o VLDL o di entrambe (forme miste). Alcune di esse rappresentano malattie monoge- niche, causate cioè da difetti in un unico gene, mentre altre sono dovute alla presenza di mutazioni in geni di suscettibilità, in grado cioè di determinare le manifestazioni fenotipiche della malattia solo in presenza di fattori ambientali favorenti. In questo capitolo sono state descritte le caratteristiche cliniche e fisiopatologiche delle principali iperlipidemie, con particolare riferimento a quelle più comuni o a quelle nelle quali si sono registrati, negli ultimi anni, i principali progressi. Le dislipidemie genetiche possono talvolta porre serie difficoltà per il loro inquadramento clinico. Per tale motivo sono stati anche discussi i principali criteri clinici e di laboratorio per la loro diagnosi differen- ziale. Infine, sono state esaminate le indicazioni per il trattamento, con particolare attenzione ai farmaci (inibitori del PCSK9 e lomitapide) che si sono molto recentemente resi disponibili per la cura delle forme più gravi e resistenti.

SUMMARY

Primary hyperlipidemias are a complex group of syndromes characterized by high plasma concentrations of lipid and lipoproteins whose molecular bases have been well characterized in recent years. Their clinical importance stems from the fact that these metabolic diseases are one of the major causes of atherosclerosis and organ compli- cations. Hyperlipidemia may occur with an isolated rise in total or LDL cholesterolemia, total triglyceridemia or VLDL, or both (mixed forms). Some of them are monogenic diseases, caused by defects in a single gene, while others are due to mutations in susceptibility genes, which can give rise to the phenotypic manifestations of the disease only in the presence of unfavorable environmental factors. This chapter describes the clinical and physiopathological characteristics of the main hyperlipidemias, with par- ticular reference to the most common ones or to those where the greatest advances have been recorded in recent years. Since genetic hyperlipidemias may sometimes pose serious problems in clinical management the main clinical and laboratory criteria for their differential diagnosis are also discussed. Finally, the indications for treat- ment are examined with special attention to new drugs (PCSK9 and lomitapide inhibitors) that have recently become available to treat the most severe and resistant forms.

Rassegna

Corrispondenza: Marcello Arca, Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Sapienza Università di Roma, Policlinico Umberto I, viale del Policlinico 155, 00161 Roma – Tel.: +39 06 49974550 - Fax: +39 06 49974551 - E-mail:

marcell.arca@uniroma1.it

Parole chiave: dislipidemie, genetica, recettore LDL, diagnostica molecolare, terapia • Key words: dyslipidemias, lipoproteins, LDL receptor, molecular diagnosis, treatment

Pervenuto il 29-08-2017 • Accettato il 20-09-2017

Introduzione

In generale, per iperlipidemia s’intende una qualsiasi condizione clinica nella quale sono presenti alterazioni qualitative e/o quantitative delle lipoproteine plasmati- che. La loro importanza clinica deriva dal fatto che que- ste malattie metaboliche rappresentano una delle cau- se principali dell’aterosclerosi e delle sue complicanze d’organo, come l’infarto acuto del miocardio (IMA), l’ic- tus cerebrale e le vasculopatie periferiche. Il loro ap- propriato trattamento costituisce pertanto la base degli

interventi di prevenzione primaria e secondaria delle ma- lattie cardiovascolari su base aterosclerotica. Alcune for- me di dislipidemia (in particolare quelle caratterizzate da un marcato aumento della trigliceridemia totale) compor- tano anche un aumento del rischio di pancreatite acuta.

Le lipoproteine sono complessi macromolecolari in gra- do di trasportare i principali lipidi presenti nel sangue, il colesterolo e i trigliceridi. Le lipoproteine ricche in co- lesterolo sono le lipoproteine a bassa densità o LDL (low-density lipoprotein), mentre quelle che trasporta-

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no i trigliceridi sono le lipoproteine a bassissima densi- tà o VLDL (very low-density lipoprotein). Le VLDL sono prodotte dal fegato, mentre le LDL si formano dalla de- gradazione in circolo delle VLDL. Le LDL sono rimos- se dal circolo per opera di specifici recettori cellulari, i recettori per le LDL (LDLR). Durante la fase postpran- diale compaiono nel sangue delle lipoproteine partico- larmente ricche in trigliceridi denominate chilomicroni.

I chilomicroni sono sintetizzati dall’intestino durante la fase post-assorbitiva e, in condizioni normali, non so- no presenti nel sangue a digiuno. Un’altra classe lipo- proteica che riveste un ruolo rilevante nella patogene- si dell’aterosclerosi è quella delle lipoporoteine ad alta densità o HDL (high density lipoprotein). Le HDL sono di piccole dimensioni e derivano le loro caratteristiche dal fatto di contenere, oltre che colesterolo, anche una quo- ta relativamente elevata di proteine e fosfolipidi. Le HDL svolgono un ruolo fondamentale nel trasportare il cole- sterolo dai tessuti periferici al fegato (trasporto inverso del colesterolo) e nel proteggere l’endotelio vascolare da danni ossidativi e infiammatori.

Le iperlipidemie si possono manifestare quindi con un aumento isolato della colesterolemia totale o LDL (C-LDL), della trigliceridemia totale o VLDL o di entram- be (forme miste). La prima classificazione delle dislipi- demie è stata quella formulata da Fredrickson 1. Essa era basata esclusivamente sulle manifestazioni “fenoti- piche” della dislipidemia e pertanto non era in grado di fornire indicazioni sulle cause. Studi più recenti hanno chiarito le basi molecolari di molte iperlipidemie, por- tando alla formulazione di classificazioni più accurate e complete.

Riguardo alla loro eziologia, le iperlipidemie possono essere definite come primitive o secondarie. Le forme secondarie rappresentano circa il 5-10% delle iperlipi- demie che si possono osservare nella popolazione ge- nerale. Tra le principali forme secondarie sono da citare, in particolare, l’ipercolesterolemia secondaria a ipotiroi- dismo, la dislipidemia mista secondaria a sindrome ne- frosica, l’ipertrigliceridemia secondaria a diabete melli- to scompensato, l’ipercolesterolemia che accompagna le epatopatie colestatiche (ad es. la cirrosi biliare pri- mitiva). L’ipercolesterolemia può accompagnare il de- ficit di ormone somatotropo e l’ipertrigliceridemia può associarsi anche alle gammapatie o alle patologie au- toimmuni (ad esempio il lupus eritematoso sistemico).

Nei pazienti con AIDS è molto frequente la comparsa d’ipertrigliceridemia, anche severa, nel corso del tratta- mento con farmaci antiretrovirali nei pazienti con AIDS.

L’abuso di alcol e l’uso di farmaci come i corticosteroi- di, il tamoxifene, gli estrogeni (soprattutto se assunti per via orale), alcuni antiipertensivi (betabloccanti e diure-

tici tiazidici) e gli antipsicotici possono determinare la comparsa d’ipertrigliceridemia.

In questa breve rassegna concentreremo la nostra at- tenzione sulle principali forme di iperlipidemie primitive, cercando di dare particolare rilievo ai più appropriati cri- teri per la loro diagnosi.

Le iperlipidemie primitive: concetti generali

Come si può comprendere da quanto detto in prece- denza, la maggior parte delle iperlipidemie (~90%) ha un’origine primitiva. Sebbene fattori come l’obesità, la dieta ipercalorica-iperlipidica o l’inattività fisica siano in grado di favorire la comparsa delle dislipidemie, tutte le diverse forme riconoscono cause genetiche. Alcu- ne iperlipidemie sono causate da difetti localizzati in un unico gene e che possono essere trasmessi in modo autosomico dominante o recessivo (iperlipidemie mono- geniche). Le iperlipidemie monogeniche si manifestano con alterazioni, che nella maggior parte dei casi interes- sano una singola classe lipoproteica (LDL o VLDL). Oc- corre però considerare che difetti in geni diversi (ad es.

LDLR o PCSK9) possono dare luogo a quadri fenotipi- ci simili (ad es. aumento del C-LDL). Altre iperlipidemie sono causate da difetti genetici più complessi (legati alla combinazione di diversi geni), la cui trasmissione familiare è molto variabile (iperlipidemie multigeniche o poligeniche). Si ritiene che sebbene l’effetto funzionale di ciascuna di queste mutazioni sia modesto se preso singolarmente, la loro combinazione associata alla pre- senza di fattori ambientali (prevalentemente dietetici) sfavorevoli può dare origine alla dislipidemia.

Inquadramento clinico delle iperlipidemie:

criteri generali

Da quanto detto appare chiaro come la diagnosi di un’iperlipidemia deve necessariamente partire dal- la misura dei principali parametri lipidici quali la cole- sterolemia totale (CT), la trigliceridemia totale (TG) e la colesterolemia HDL (C-HDL). Utilizzando la formula di Friedewald, è possibile ottenere la colesterolemia LDL (C-LDL = CT – [TG/5 + HDL]). Tale formula non può però essere utilizzata se la TG supera 400 mg/dl e in questi casi può essere utile il calcolo del non C-HDL ottenuto mediante la formula: non C-HDL = CT – C-HDL. In alcu- ni casi può essere utile determinare la concentrazione sierica dell’apolipoproteina B (apoB). L’eventuale pre- senza di forme secondarie impone inoltre che, tra le de- terminazioni di laboratorio di primo livello, siano anche sempre inclusi la misurazione del TSH, della glicemia,

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cettore che lega le LDL (LDLR) 2. Il gene per il LDLR si trova localizzato sul cromosoma 19p13.2. La FH ha una trasmissione di tipo autosomico co-dominante e pertan- to può manifestarsi nella variante omozigote o eterozigo- te 2. In Italia, come in altri paesi occidentali, la frequenza della forma eterozigote è di circa 1:300-500 individui e quella della forma omozigote è di 1:300.000-1.000.000.

La FH è evidente già alla nascita ed è gravata da un al- tissimo rischio cardiovascolare (> 4-10 volte la norma).

Sono state descritte più di 2000 mutazioni in grado di causare la FH, e 130 sono quelle identificate in Italia.

Esse sono di vario tipo (mutazioni puntiformi missense e nonsense, piccole e grandi delezioni, grossolani riar- rangiamenti del gene) e sono state riscontrate in tutte le regioni codificanti (esoni) e non codificanti (introni) del gene, inclusa la regione del promotore. Ciò conferisce alla FH un’estrema variabilità dal punto di vista moleco- lare. Il difetto nella funzione del LDLR si accompagna a un rallentato catabolismo delle LDL 2. Ciò provoca l’ac- cumulo in circolo di queste lipoproteine particolarmente delle transaminasi (ALT e AST), degli enzimi della cole-

stasi (γGT e fosfatasi alcalina) e l’esame delle urine o la misura della proteinuria delle 24/h.

Le principali iperlipidemie primitive

La Tabella  I riporta la classificazione delle principali iperlipidemie primitive che integra gli aspetti biochimi- ci con quelli molecolari. Di seguito saranno descritte le caratteristiche cliniche, i meccanismi fisiopatologici e i criteri diagnostici delle più comuni forme di dislipide- mie, raggruppandole in relazione al fenotipo prevalente (ipercolesterolemia isolata, ipertrigliceridemia isolata o forme miste) e distinguendo le forme monogeniche da quelle a genetica complessa.

Le ipercolesterolemie familiari monogeniche

La forma classica dell’ipercolesterolemia familiare (FH) è una dislipidemia causata dal difetto di funzione del re-

Tabella I. Classificazione delle principali dislipidemie genetiche.

Dislipidemia Difetto metabolico Difetto genetico

Ipercolesterolemie dominati

FH “Classica” Ridotto catabolismo delle LDL Recettore LDL (LDLR)

FDB Ridotto catabolismo delle LDL APOB (mutazioni puntiformi)

FH3 Ridotto catabolismo delle LDL PCSK9

Ipercolesterolemie recessive

ARH Ridotto catabolismo delle LDL

a livello epatico LDLRAP1

ß-sitosterolemia Incremento di assorbimento

degli steroli vegetali ABCG5 o ABCG8

Altre Ignoto CYP7A1

Ipercolesterolemia poligenica Aumentata produzione

e/o ridotto catabolismo delle LDL Interazione tra fattori genetici e ambientali multipli

Iperlipidemia familiare combinata Aumentata produzione di apoB e VLDL Ignoto Ipertrigliceridemia familiare Aumentata produzione

e/o ridotto catabolismo delle VLDL LPL, APOAV, LIMF1 e GPIHBP1 Sindrome chilomicronemica Ridotto catabolismo dei chilomicroni LPL, APOAV, APOCII, LIMF1 e GPIHBP1 Disbetalipoproteinemia Ridotto catabolismo dei remnants

e delle IDL Coesistenza tra apoE non funzionali

e una causa secondaria e/o primitiva di iperlipidemia

FH: ipercolesterolemia familiare; LDL: low-density lipoprotein; ApoB: apolipoproteina B; FDB: l’ipercolesterolemia da ApoB difettiva familiare; ARH: ipercolesterolemia autosomica recessiva; VLDL: very low-density lipoprotein; LPL: lipoproteinlipasi; IDL: lipoproteine a densità intermedia; apoE: apoproteina E.

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omozigoti (o degli eterozigoti composti) (1:38.000) è cir- ca 20 volte superiore a quella degli omozigoti FH.

La causa della sitosterolemia è stata individuata in mu- tazioni nei geni ABCG5 e ABCG8 localizzati sul cromo- soma 2p21 e appartenenti alla famiglia dei trasportatori transmembrana che legano l’ATP 7. Le proteine prodotte da questi due geni, denominate rispettivamente steroli- na 1 e sterolina 2 sono funzionali solo se accoppiate tra loro a formare eterodimeri. Si ritiene che la funzione di questi eterodimeri sia quella di favorire la “secrezione”

degli steroli, sia dalla porzione apicale degli enterociti nel lume intestinale sia dal polo biliare degli epatociti nella bile. Infatti, i pazienti con sitosterolemia presenta- no un’iperassorbimento intestinale e una ridotta secre- zione biliare di tutti gli steroli, compreso il colesterolo.

L’eccessivo accumulo di steroli, in particolare nel fega- to, sarebbe a sua volta responsabile di una riduzione dell’attività di LDLR 7. Questa forma d’ipercolesterole- mia è molto rara: in Italia sono stati individuati pochis- simi casi.

Diagnosi differenziale delle ipercolesterolemie familiari monogeniche

I criteri generali per sospettare la diagnosi di queste forme sono i seguenti: C-LDL  >  190  mg/dl nell’adulto (>  160  mg/dl in età prepubere), oltre alla presenza di almeno uno dei seguenti elementi: 1) presenza di iper- colesterolemia in un parente di primo grado (genitori, fratelli, figli); 2) presenza di xantomatosi tendinea (mo- dularità ai tendini achillei o delle articolazioni metacar- po-falangee); 3) presenza di cardiopatia ischemica e/o aterosclerosi di altri distretti nel paziente o in un parente di primo grado prima dei 55 anni nell’uomo e dei 65 nel- la donna 8. Nella FDB i livelli di CT sono inferiori a quelli che si osservano nella FH eterozigote (280-300 mg/dl) ed è meno frequente la presenza di xantomi tendinei.

I livelli della CT nella forma causata da mutazioni nel PCSK9 sono indistinguibili da quelli che si osservano nella variante eterozigote della FH. Ugualmente in que- sti pazienti possono essere presenti xantomi tendinei.

Recentemente alcune società scientifiche 9 hanno sug- gerito di utilizzare un sistema a punteggio per formulare la diagnosi d’ipercolesterolemia dominate, indipenden- temente se essa sia legata a mutazioni nei geni LDLR, APOB e PCSK9. Il punteggio deriva dall’applicazione di cinque criteri fondamentali: la storia familiare, la storia clinica di CHD precoce, l’esame fisico per xantomi e ar- co corneale, la presenza di livelli di C-LDL molto elevati in misurazioni ripetute e la presenza di una mutazione in uno dei geni causali (Tab. II). Nel caso di un punteg- gio compreso tra 6-8 o maggiore di 8, la diagnosi di ipercolesterolemia dominante può essere considerata ricche in colesterolo, che si traduce nell’aumento della

colesterolemia totale 2.

Un’altra forma d’ipercolesterolemia familiare dominan- te è causata da mutazioni nel gene PCSK9 (proprotein convertase subtilisin/kexine type 9) (ADH3) 3. IL gene PCSK9 è localizzato sul cromosoma 1p32, e codifica la proteina denominata NARC-1 (neuronal apoptosis regu- lated convertase 1). La NARC-1 è espressa nel fegato e nell’intestino tenue, e ha la capacità di degradare il LDLR. Le mutazioni in grado di determinare un aumento della capacità proteolitica (gain-of-function mutations) della NARC-1 causano un’accelerata distruzione della proteina LDLR e quindi una sua ridotta disponibilità sul- la superficie cellulare. Ciò si traduce in un ridotto cata- bolismo delle LDL da parte delle cellule epatiche.

Anche l’ipercolesterolemia da apoB difettiva familiare (FDB) appartiene al gruppo delle ipercolesterolemie fa- miliari dominati. Questa ipercolesterolemia è causata da alterazioni nella struttura dell’apoproteina B100 (apoB), che rappresenta l’apoproteina delle LDL in grado di le- garsi al LDLR 4. Tali alterazioni sono causate da muta- zioni nel gene che codifica per l’apoB, il quale è localiz- zato sul cromosoma 2p24 5. Tali mutazioni comportano la sintesi di una proteina con ridotta affinità di legame per LDLR. Come conseguenza, le LDL portatrici dell’a- poB difettiva sono catabolizzate più lentamente, con un conseguente accumulo nel plasma e ipercolesterole- mia 4. La frequenza stimata della FDB varia tra 1:500 e 1:700 nella popolazione caucasica del Nord America e in Europa. Al momento sono state identificate 5 di- verse mutazioni nel gene dell’apoB responsabili della FDB: Arg3500Gln, che è la mutazione più frequente, poi Arg3480Trp, Arg3500Trp, Arg3531Cys e Arg3543Tyr. In Italia la FDB è molto rara.

Due sono le forme d’ipercolesterolemia familiare a tra- smissione recessiva, l’ipercolesterolemia autosomica recessiva (ARH) e la sitosterolemia. L’ARH si trasmette in modo autosomico recessivo e si manifesta con valori di colesterolemia totale e LDL, che la rendono quasi in- distinguibile dalla FH omozigote 6. Il gene responsabile dell’ARH è stato localizzato sul cromosoma 1 (1p35). Es- so codifica per una proteina che ha la funzione di favo- rire l’endocitosi del complesso LDLR-LDL da parte delle cellule epatiche denominata LDLRAP1. Diverse muta- zioni del gene LDLRAP1 sono state individuate in Italia e in altri paesi del bacino del Mediterraneo; al momen- to la più ampia casistica di famiglie ARH proviene dalla Sardegna 6. È stato dimostrato che due sole mutazioni, entrambe in grado di causare la sintesi di una proteina troncata (Trp22Stop, ARH2) e (432ins170Stop, ARH1), sono responsabili dell’intera totalità dei casi di ARH indi- viduati in Sardegna. Nell’isola la frequenza stimata degli

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stato dimostrato che oltre 30 geni sono coinvolti nel cau- sare questa forma d’ipercolesterolemia e molti di questi codificano per proteine coinvolte nelle varie tappe del metabolismo delle lipoproteine 10. L’ipercolesterolemia poligenica esordisce in genere nell’età adulta (dopo i 40-50 anni negli uomini o anche, nelle donne, dopo la menopausa), e i livelli di CT raramente superano la so- glia di 300 mg/dl. Tuttavia, per la sua elevata frequenza, l’ipercolesterolemia poligenica rappresenta la condizio- ne in cui la cardiopatia ischemica incide di più. Tipica- mente, nelle famiglie in cui è presente questa forma la distribuzione dei valori di colesterolemia totale mostra una distribuzione continua, senza la chiara bimodalità (vale a dire valori molto alti o al contrario normali), che invece si osserva nelle famiglie con le forme monogeni- che. Inoltre non è mai presente xantomatosi tendinea.

Le dislipidemie miste

La più importante delle dislipidemie miste è l’iperlipi- demia familiare combinata o FCHL (Familial Combi- ned Hyperlipidemia). La FCHL rappresenta una forma molto comune nella popolazione generale, con una fre- quenza di 3-5/1000. Il gene (o i geni) responsabile della FCHL non è noto, anche se si ritiene che questa disli- pidemia abbia una trasmissione autosomica dominante probabile o certa, rispettivamente. Da questo sistema a

punteggio è esclusa la FH omozigote e la ARH che si ri- conosco, più facilmente, per l’aumento particolarmente elevato della CT (500-1200 mg/dl), per la costante pre- senza di xantomi tendinei e di segni di grave compro- missione dell’apparato cardiovascolare già prima anni di vita. La fondamentale differenza tra FH omozigote e ARH e che quest’ultima forma di ipercolesterolemia si manifesta sempre in modo recessivo (cioè i genitori dei pazienti sono normocolesterolemici).

La sitosterolemia si caratterizza per la sua trasmissione recessiva e perché tende a manifestarsi durante la prima infanzia. È caratterizzata, oltre che da marcata ipercole- sterolemia (CT > 500 mg/dl), da xantomatosi cutanea e tendinea, da aterosclerosi precoce, da episodi d’emolisi e, in qualche caso, da artralgie 6. La diagnosi di sitoste- rolemia si basa sul rilievo nel plasma di elevate concen- trazioni di steroli vegetali, in particolare sitosterolo.

L’ipercolesterolemia poligenica

L’ipercolesterolemia poligenica costituisce la forma più comune d’ipercolesterolemia. Essa si manifesta con un aumento isolato del C-LDL ed è dovuta all’interazione di varianti in geni regolatori del metabolismo lipidico con fattori ambientali, come la dieta. In uno studio recente è

Tabella II. Criteri per la diagnosi di ipercolesterolemia familiare dominante secondo i criteri del Dutch Lipid Clinic Network score.

Punti Storia familiare

a. Parenti di primo grado con CHD prematura (< 55 anni negli uomini; < 60 anni nelle donne) b. Parenti di primo grado con colesterolo > 8 mmol/L (≥ 310 mg/dL) (o > 95° percentile del Paese c. Parenti di primo grado con xantomi tendinei e/o arco corneale

d. Bambini < 18 anni con colesterolo > 6 mmol/L (≥ 230 mg/dL) (o > 95° percentile del Paese)

11 22

Storia clinica

a. Soggetto con CHD prematura (< 55 anni negli uomini; < 60 anni nelle donne)

b. Soggetto con malattia vascolare cerebrale o periferica prematura (< 55 anni negli uomini; < 60 anni nelle donne) 2 1 Esame fisico

a. Xantoma tendineo

b. Arco corneale in un soggetto con < 45 anni 6

4 Risultati biochimici (C-LDL) > 8,5 mmol/L (> 325 mg/dL)

6,5-8,4 mmol/L (251-325 mg/dL) 5,0-6,4 mmol/L (191-250 mg/dL) 4,0-4,9 mmol/L (155-190 mg/dL)

85 31

Analisi del DNA

a. Mutazione causativa nota nei geni 8

Diagnosi “certa” con un punteggio > 8 punti. Diagnosi “probabile” con un punteggio tra 6 e 8 punti. Diagnosi “possibile” con un punteggio tra 3 e 5 punti. Diagnosi “improbabile”

con un punteggio tra 0 e 2 punti. CHD: coronaropatia.

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dell’apolipoproteina AV possono dar origine a un fenoti- po sovrapponibile all’ipertrigliceridemia familiare 15. La sindrome chilomicronemica è una rara iperlipidemia caratterizzata da una massiva ipertrigliceridemia con presenza di chilomicroni nel sangue a digiuno; livelli di C-HDL e, soprattutto, di C-LDL sono, infatti, particolar- mente bassi. La sindrome chilomicronemica si trasmet- te come carattere autosomico recessivo e la sua preva- lenza nella popolazione è stimata intorno a 1:1.000.000.

Essa è causata nella maggior parte dei casi dal deficit di LPL anche se difetti in alcune apoproteine, come l'apo- CII e l'apoAV, nel trasportatore LIMF1 o nella proteina di ancoraggio GPIHBP1, sono ugualmente cause di que- sta sindrome iperchilomicronemica 16. La LPL è l’enzima deputato al catabolismo dei trigliceridi e delle lipoprotei- ne ricche in trigliceridi (VLDL e chilomicroni). La sindro- me chilomicronemica una patologia grave per l’elevato rischio di pancreatite acuta. È solitamente diagnosticata in età pediatrica per la comparsa di dolore addominale ricorrente; altri sintomi tipici sono la xantomatosi erutti- va, la lipemia retinalis e l’epato-splenomegalia; può co- esistere anche cefalea probabilmente legata all’ipervi- scosità ematica dovuta alla chilomicronemia 14.

Le ipertrigliceridemie a genetica complessa

Oltre alla variante ipertrigliceridemica della FCHL, un’al- tra forma d’ipertrigliceridemia a genetica complessa è quella rappresentata dalla dislipidemia aterogena.

Questa è una dislipidemia di recente riconoscimento ed è convenzionalmente definita come la contempora- nea presenza nello stesso soggetto di valori di triglice- ridemia totale ≥  150  mg/dl e di ridotti livelli di C-HDL (<  40  mg/dl nei maschi e <  50  mg/dl nelle donne) 17. Tali alterazioni del profilo lipidico si associano molto fre- quentemente anche alla presenza di alterazioni qualita- tive delle LDL (elevata concentrazione di LDL di piccole dimensioni) che possono essere riconosciute grazie al riscontro di elevate concentrazioni di apoB (> 90 mg/dl) pur in presenza di livelli non particolarmente elevati di C-LDL (120-140 mg/dl). La dislipidemia aterogena si as- socia molto frequentemente a obesità viscerale e ad al- tri segni di insulino-resistenza (iperinsulinemia) e per ta- le motivo essa è considerata la tipica dislipidemia della sindrome metabolica. Sebbene tale dislipidemia tenda a essere presente in soggetti appartenenti alla stessa famiglia, le cause genetiche sono del tutto sconosciu- te. I meccanismi che sono alla base della dislipidemia aterogena sono meglio caratterizzati e indicano come causa dell’ipertrigliceridemia un aumento della sintesi epatica delle VLDL (soprattutto quelle di piccole dimen- sioni), che a sua volta sarebbe causata da un aumenta- a penetranza incompleta 11. I risultati di numerosi studi

hanno suggerito che la FCHL è causata dall’aumenta- ta produzione epatica di apoB e di VLDL 11 12. Una pe- culiarità della FCHL è rappresentata dal fatto che essa può manifestarsi, nello stesso individuo in tempi diversi o nei familiari, con un fenotipo variabile caratterizzato dall’aumento isolato di LDL (fenotipo IIA di Fredrickson), dall’aumento isolato di VLDL (e quindi della TG) (fenoti- po IV di Fredrickson) o da entrambe le alterazioni (feno- tipo IIB di Fredrickson). La diagnosi di FCHL si basa sul riscontro di valori di colesterolemia totale ≥ 240 e/o tri- gliceridemia tra 200 e 500 mg/dl nel paziente e in uno o più familiari, associate a una variabilità intra-individuale e intra-familiare del fenotipo iperlipemico; il rilievo di va- lori elevati di apoB è stato recentemente proposto come un fondamentale indicatore di FCHL 11.

Una seconda forma di dislipidemia mista è la disbeta- lipoproteinemia. Questa è si presenta con un aumen- to della colesterolemia e della trigliceridemia totali (en- trambi > 300 mg/dl) e si caratterizza per l’accumulo di lipoproteine a densità intermedia (IDL) e di remnants, che sono lipoproteine aterogene 13. Nel passato la di- sbetalipoproteinemia (dislipidemia tipo  III nella classi- ficazione di Frederickson) si diagnosticava attraverso l’osservazione al lipidogramma di una “larga banda be- ta”, la quale però, nel tempo, si è visto essere un ca- rattere molto aspecifico. Il difetto genetico è costituito dalla presenza di un’isoforma dell’apoproteina E (apoE) (indispensabile per il catabolismo delle IDL e dei rem- nants) dotata di minore affinità per il recettore specifico (apoE2, oppure una forma mutata dell’apoE) 13. La di- sbetalipoproteinemia è molto rara, avendo una frequen- za nella popolazione di circa 0,02-0,1%. Quando pre- sente, essa determina un altissimo rischio di precoce aterosclerosi coronaria ed extracoronarica

Le ipertrigliceridemie monogeniche

Tra le forme monogeniche d’ipertrigliceridemia vanno annoverate sia l’ipertrigliceridemia familiare, sia la sin- drome chilomicronemica. L’ipertrigliceridemia familiare è una forma genetica con trasmissione autosomica domi- nante caratterizzata da un aumento dei livelli di trigliceri- demia totale (200-500 mg/dl) nel probando e nei familiari di I e II grado 14. L’ipertrigliceridemia familiare si mani- festa in età adulta e si associa a bassi livelli di coleste- rolemia delle C-HDL mentre le concentrazioni di C-LDL sono normali. Il difetto genetico responsabile dell’ipertri- gliceridemia familiare non è noto. In alcuni casi è stata mostrata una ridotta attività della lipoproteinlipasi (LPL) dovuta a difetti in eterozigosi del gene della LPL. Più re- centemente è stato dimostrato che mutazioni nel gene

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tre è evidente, da quanto descritto finora, che le sindro- mi dislipidemiche sono molto eterogenee da un punto di vista genetico (geni diversi possono causare fenotipi simili), per cui molto spesso è anche difficile scegliere il gene da esaminare. Un’altra difficoltà è rappresenta- ta dal fatto che anche nelle dislipidemie monogeniche, le diverse sindromi sono eterogenee dal punto di vista molecolare (molte diverse mutazioni nello stesso gene), tanto che la loro ricerca può essere molto impegnativa da un punto di vista tecnico. Infine occorre domandarsi quanto la precisa diagnosi molecolare della dislipide- mia può influenzare la condotta terapeutica.

In conseguenza di ciò è ragionevole affermare che la diagnosi genetico-molecolare può essere proposta solo al termine di un’accurata valutazione clinico-anamnesti- ca 18. In questa fase, oltre alla considerazione dell’entità della dislipidemia (valori estremi suggeriscono sempre forme genetiche monogeniche), occorre prevedere an- che la possibilità di verificare direttamente gli andamenti temporali dei valori lipidici. Occorre condurre un’accura- ta anamnesi familiare con particolare riferimento ai con- giunti di I e II grado (padre, madre, figli, fratelli, sorelle, nonni, zii), come anche degli eventi cardiovascolari della famiglia, valutandone l’età d’insorgenza. È così possibile costruire alberi genealogici in grado di fornire indicazioni molto utili. È necessario inoltre realizzare un attento esa- me obiettivo, comprensivo della ricerca dei segni fisici caratteristici delle diverse forme di dislipidemia (xanto- mi, xantelasmi, arco corneale, lipemia retinalis ecc.).

Operando in questo modo la diagnosi delle principali dislipidemie genetiche può essere, nella maggior parte dei casi, suggerita già in sede di valutazione clinica. La prosecuzione dell’iter diagnostico con l’uso di tecniche di diagnosi molecolare deve essere quindi presa in con- siderazione solo sulla base di quesiti particolari come ad esempio la caratterizzazione di un rischio genetico familiare in pazienti con FH 19 20. In altri casi la diagnosti- ca molecolare può essere di utilità nelle forme più rare di dislipidemie 21, che sono però di pertinenza di pochi centri d’alta specializzazione, Un confronto sinottico del ruolo della diagnostica molecolare rispetto alle altre mo- dalità di indagine nelle diverse sindromi dislipidemiche è riportato nella Tabella III.

Gli obiettivi della terapia delle iperlipidemie primitive

L’obiettivo principale della terapia nei pazienti affetti da iperlipidemie deve essere la riduzione del C-LDL (nei pazienti con ipercolesterolemia isolata) e del non-C- HDL (nei pazienti con dislipidemia mista o ipertrigliceri- to afflusso al fegato di acidi grassi provenienti dal tes-

suto adiposo.

Diagnosi differenziale delle dislipidemie miste e delle ipertrigliceridemie

Il riscontro contemporaneo d’ipertrigliceridemia e dell’aumento della circonferenza vita può orientare ve- ro la diagnosi di dislipidemia aterogena. La storia fa- miliare di complicanze cardiovascolari premature, così come il riscontro nel paziente e nei familiari di una mar- cata variabilità del fenotipo lipoproteico orienterà verso la diagnosi di FCHL. Al contrario, l’assenza di evidenze positive per eventi cardiovascolari nella famiglia e la co- stanza del riscontro di un’ipertrigliceridemia isolata negli esami di laboratorio del paziente e dei suoi familiari, sa- ranno a favore di una diagnosi d’ipertrigliceridemia fa- miliare. Tuttavia, in assenza di tali informazioni, il dosag- gio dell’apoB può essere utile per meglio discriminare le tre forme d’ipertrigliceridemia. Infatti, i livelli plasma- tici dell’apoB sono aumentati nell’iperlipidemia familiare combinata e nella dislipidemia aterogena, mentre sono diminuiti nell’ipertrigliceridemia familiare monogenica.

L’ipertrigliceridemia sporadica si ritiene sia causata dal- la combinazione tra fattori di predisposizione genetica e l’obesità o l’insulino-resistenza. I pazienti con sindrome chilomicronemica mostrano un’elevazione molto grave della trigliceridemia (> 1000 mg/dl), non mostrano sto- ria familiare d’ipertrigliceridemia e spesso presentano storia di dolori addominali o di chiara pancreatite acuta.

In questi pazienti può essere talora presente una xanto- matosi cutanea eruttiva: un segno patognomonico della disbetalipoproteinemia è rappresentato dalla xantoma- tosi palmare (strie giallastre che contornano le pliche dei palmi delle mani).

La genetica nella diagnosi clinica delle iperlipidemie primitive

La diagnostica molecolare ha compiuto notevoli pro- gressi negli ultimi anni, tanto da mettere a disposizione procedure di laboratorio sempre più frequentemente im- piegate per la diagnosi di numerose patologie. Ciò vale anche per le malattie del metabolismo lipidico. Appare pertanto opportuno esaminare il ruolo che la diagnosti- ca genetico-molecolare può avere nell’inquadramento clinico del paziente affetto da dislipidemie.

Prima di tentare di rispondere a questa domanda è ne- cessario porre alcune premesse. Nel primo approccio al paziente, il medico ha generalmente a disposizione un esame di laboratorio, la cui lettura è di per sé insuffi- ciente a formulare un indirizzo diagnostico preciso. Inol-

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quali l’età, il sesso, la pressione arteriosa sistolica, il fu- mo e il diabete mellito 8.

Nelle ipertrigliceridemie isolate (monogeniche o polige- niche) si ritiene utile ottenere anche valori di trigliceri- demia totale < 200 mg/dl. Nella sindrome chilomicrone- mica può essere difficile raggiungere questi obiettivi; in questi pazienti portare, in ogni caso, i livelli di trigliceri- demia totale < 500 mg/dl permettono di ridurre in modo significativo il rischio di pancreatite acuta.

Obiettivi terapeutici secondari possono essere la ridu- zione dell’ApoB (<  90  mg/dl) e l’aumento del C-HDL (> 40 mg/dl).

Lineamenti di terapia farmacologica delle iperlipidemie primitive

Sebbene il primo intervento terapeutico da predispor- re nel trattamento delle iperlipidemie primitive sia rap- presentato da modifiche nelle abitudini alimentari (die- demia isolata). In generale, gli obiettivi terapeutici mini-

mi sono C-LDL < 115 mg/dl e non-HDL < 145 mg/dl 8. In particolare, nei pazienti con ipercolesterolemia mo- nogenica (ad es. FH), a causa del loro elevato rischio cardiovascolare è raccomandabile il raggiungimento di valori di C-LDL < 100 mg/dl; il raggiungimento di valori di C-LDL < 70 mg/dl è consigliabile nei pazienti a rischio ancora più elevato, a causa della presenza di malattia vascolare o di altri fattori di rischio cardiovascolare. Nel caso in cui tali obiettivi sono difficili da raggiungere, è raccomandabile cercare di ottenere una riduzione di al- meno il 50% del C-LDL 8. Le riduzioni di C-LDL devono essere mantenute costanti nel tempo. Nell’ipercoleste- rolemia poligenica, i livelli target di C-LDL devono esse- re determinati in base al rischio cardiovascolare globale (RCVG) del paziente. Il RCVG è definito come la proba- bilità di andare incontro a complicanze cardiovascolari nell’arco di 10 anni, calcolata sulla base di algoritmi che tengono conto della presenza di altri fattori di rischio

Tabella III. Ruolo delle diverse strategie nella diagnosi delle dislipidemie genetiche.

Dislipidemia Clinica* Laboratorio° Genetica Note

Ipercolesterolemie dominanti FH “Classica”

FDB FH3

(90-95%) No La diagnosi genetica è utile per distinguere FH ete- rozigote ed FDB; per stimare il rischio familiare; non modifica la gestione clinica della malattia.

Ipercolesterolemie recessive ARH

b-sitosterolemia Altre

No In queste situazioni è necessario primariamente fa- re una diagnosi attraverso il dosaggio del b-sitoste- rolo. L’analisi genetica consente la diagnosi certa delle diverse malattie.

Ipercolesterolemia

poligenica No No In questa forma più geni interagiscono con fattori

ambientali e non vi sono indicazioni per test gene- tici specifici.

Iperlipidemia familiare

combinata No No Non sono note le alterazioni genetiche responsabili

di questa forma

Ipertrigliceridemia familiare No No Non sono note le alterazioni genetiche responsabili della maggioranza di queste forme e l’analisi geneti- ca ha solo utilità scientifiche; non modifica la gestio- ne clinica della malattia

Sindrome chilomicronemica No La diagnosi genetica è necessaria per una più cor- retta gestione terapeutica della patologia

Disbetalipoproteinemia No No Per la diagnosi è necessaria la dimostrazione del genotipo E2/E2

* La diagnosi clinica include l’esclusione di forme secondarie, l’anamnesi personale e familiare con possibilmente la valutazione diretta (e non riferita) del profilo lipidico del pro- bando e dei familiari di I e II grado (ove possibile) in assenza di terapia nel maggiore arco temporale possibile, l’osservazione del plasma e l’esame obiettivo completo comprensivo della ricerca di xantomi, xantelasmi, arco corneale, lipemia retinalis.

° Va inteso come laboratorio specialistico, in grado di effettuare analisi particolari (ultracentrifugazione, dosaggi enzimatici, analisi di attività recettoriali, ecc.), ma anche dosaggi meno sofisticati, ma non di routine (apoAI, apoB, beta-sitosterolemia, ecc.).

FH: ipercolesterolemia familiare; FDB: l’ipercolesterolemia da ApoB difettiva familiare; ARH: ipercolesterolemia autosomica recessiva.

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l’ezetimibe alla dose di 10 mg/die 8 22. L’ezetimibe agi- sce attraverso l’inibizione dell’assorbimento intestinale del colesterolo. Tale effetto è in grado di stimolare ul- teriormente l’attività del LDLR. L’aggiunta dell’ezetimibe permette di ottenere un incremento di circa il 20% della riduzione del C-LDL. La terapia di associazione ezetimi- be + statina si è dimostrata particolarmente efficace nel trattamento della sitosterolemia.

Nel caso in cui, l’impiego di una statina a elevata effica- cia in associazione all’ezetimibe, non consentisse di po- ter raggiungere l’obiettivo terapeutico, da poco in Italia sono a disposizione anche iPCSK9, evolocumab e aliro- cumab 23. Questi farmaci sono anticorpi monoclonali che sono somministrati per iniezione sottocutanea ogni due settimane. Essi ha la capacità di legare la quota circolan- te della proteina PCSK9, in modo da neutralizzare la sua azione. La proteina PCSK9 è in grado di legare il recettore LDL e avviarlo alla degradazione 24. Pertanto, la sua inibi- zione del PCSK9 è in grado di aumentare la disponibilità di questi recettori sulla superficie delle cellule (in parti- colar modo di quelle epatiche), favorendo in tal modo la rimozione delle LDL dal circolo con conseguente riduzio- ne della C-LDL 24. Numerosi trial clinici hanno dimostrato l’efficacia degli iPCSK9 nei pazienti con ipercolesterole- mia familiare anche severa determinando, se utilizzati in aggiunta alle terapie convenzionali statine ed ezetimibe), un'ulteriore riduzione del C-LDL del 50-60% 25 26.

Nei pazienti affetti da FH omozigote che tipicamente ri- spondono in modo limitato ai farmaci sopradescritti, una recente opportunità terapeutica è quella rappresentata dall’impiego della lomitapide. La lomitapide è un inibito- re della proteina microsomiale di trasferimento dei trigli- ceridi (microsomal triglyceride transfer protein, MTP). La funzione della MTP è di unire i trigliceridi all’apoB, pas- saggio necessario per la formazione di delle VLDL. L’i- nibizione della MTP impedisce la secrezione delle VLDL nel fegato (e di chilomicroni nell’intestino) e quindi la lo- ro trasformazione in LDL. Questo farmaco è sommini- strato per os a dosi comprese tra 5-60 mg: studi recenti hanno dimostrato la capacità di questo farmaco di ridur- re la C-LDL di circa il 50-60% nei pazienti affetti da FH omozigote o da ARH con o senza aferesi già in terapia con statina e/o ezetimibe 27 28.

L’uso di lomitapide ha dimostrato di essere associato a un aumento dei livelli di transaminasi e all’accumulo di grasso nel fegato, così come a scarsa tollerabilità ga- strointestinale 27 28. È stato però rilevato che la frequen- za e l’intensità degli effetti collaterali GI generalmente diminuiscono con il tempo; questo può derivare da una migliore gestione della terapia e dall’aderenza alla dieta povera di grassi 28.

Nei pazienti con dislipidemia mista, le statine possono ta ipolipidica-ipocalorica) e nello stile di vita (aumento

dell’attività fisica), molti pazienti richiedono necessaria- mente anche la terapia farmacologica per raggiungere gli obiettivi terapeutici.

Per il trattamento farmacologico delle dislipidemie sono a disposizione 5 categorie di farmaci: le statine, i fibrati, gli inibitori dell’assorbimento intestinale del colesterolo (ezetimibe), gli esteri etilici degli acidi grassi omega-3 e più recentemente al lomitapide e gli inibitori del PCSK9 (iPCSK9) (Tab. IV).

Nelle ipercolesterolemie familiari, nella FCHL e nella di- sbetalipoproteinemia i farmaci di prima scelta sono le statine. Questi farmaci sono inibitori competitivi dell’enzi- ma HMG-CoA redattasi 8 22. L’inibizione di questo enzima causa il blocco parziale della sintesi cellulare del coleste- rolo, che a sua volta determina un aumento dell’espres- sione del LDLR. Le statine differiscono tra loro in termini di efficacia ipocolesterolemizzante. Per tale motivo le sta- tine sono state classificate in due categorie: quelle che determinano una riduzione del C-LDL fino al 40% (statine di potenza standard) (lovastatina 20-40 mg, simvastatina 10-40 mg, pravastatina 40-80 mg, fluvastatina 20-80 mg, atorvastatina 10 mg), e quelle che determinano una ridu- zione del C-LDL > 40% (statine ad alta potenza) (atorva- statina 20-80 mg, rosuvastatina 10-40 mg).

Il criterio per la scelta del tipo di statina e della dose da usare si deve basare sulla possibilità di raggiunge- re il target terapeutico appropriato al singolo paziente.

In generale, si può affermare che nei pazienti affetti da forme gravi d’ipercolesterolemia o in quelli che mostra- no segni di malattia vascolare, anche asintomatica, è consigliabile iniziare il trattamento con statine a elevata potenza.

L’efficacia della terapia con le statine dovrebbe essere valutata almeno dopo 12 settimane dall’inizio del tratta- mento. La maggior parte degli episodi di miopatia da statine accade entro i primi 6 mesi di terapia. La terapia con statine va interrotta se si osserva un aumento di > 5 x ULN del CPK o in caso di aumenti < 5x ULN, se essi appaiono ingravescenti in controlli ripetuti. Il dosaggio delle AST, ALT, γGT, fosfatasi alcalina, bilirubina e albu- mina devono essere eseguito prima di avviare la terapia con statine, al 6°-8° mese, se la terapia resta stabile, quindi annualmente. È raccomandabile misurare gli en- zimi epatici ogni volta che si apporta un cambiamento alla dose di statina. La terapia deve essere interrotta in caso di un incremento persistente dei valori delle tran- saminasi > 3 x ULN.

Nei pazienti con ipercolesterolemia isolata, nei quali la monoterapia con statine non consente di raggiungere il target terapeutico, è opportuno ricorrere alla terapia di associazione. In tale caso, il farmaco raccomandato è

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(900 mg/die nella formulazione a lento rilascio). La tera- pia con i fibrati è in grado di determinare una riduzione del 20-60% della trigliceridemia totale. In virtù di questo effetto, essi devono essere considerati i farmaci di prima scelta nelle dislipidemia caratterizzate dall’incremento isolato della trigliceridemia totale, come l’ipertrigliceride- mia familiare e la sindrome chilomicronemica.

Oltre ai fibrati, gli esteri etilici degli acidi grassi omega-3 (in particolare dell’acido eicosapentaenoico o EPA e dell’acido docosaesaenoico o DHA) possono essere uti- lizzati nella terapia dell’ipertrigliceridemia isolata, in par- ticolare nelle forme severe (> 1000 mg/dl) 29 (Tab. IV). La dose raccomandata è di 2-4 g/die. Con queste dosi la ri- duzione della trigliceridemia si aggira intorno al 30-40%, senza alcun effetto sul C-HDL e un modesto aumento essere associate ai fibrati 11 29 (Tab. IV). Tale indicazione

è raccomandata in particolare nel caso in cui si vuole ottenere anche una più marcata riduzione della triglice- ridemia totale e del non-C-HDL. Questi farmaci agisco- no attivando i fattori di trascrizione PPARα e PPARγ che sono in grado di stimolare l’espressione di numerosi ge- ni, quali quelli che controllano la sintesi della LPL, de- gli enzimi della ß-ossidazione degli acidi grassi e dell’a- polipoproteina AI. Attraverso questi meccanismi, i fibrati sono in grado di stimolare il catabolismo delle VLDL, di ridurre la sintesi epatica dei trigliceridi e aumentare la concentrazione delle HDL. I fibrati a disposizione con i relativi dosaggi raccomandati sono: fenofibrato (200 mg/

die o 145 mg/die nella formulazione micronizzata), beza- fibrato (200-600 mg/die), gemfibrozil (600-1200 mg/die

Tabella IV. Indicazioni dei diversi farmaci ipolipemizzanti nelle diverse forme di dislipidemia.

Dislipidemia Farmaco di prima scelta Terapia di associazione

Ipercolesterolemie dominati Statine a elevata potenza:

atorvastatina 40-80 mg rosuvastatina 20-40 mg

Statine + ezetimibe

Statine + ezetimine + iPCSK9 Statine + fenofibrato

FH eterozigote, FDB, PCSK9

FH omozigote

Statine a elevata potenza:

atorvastatina 40-80 mg rosuvastatina 20-40 mg + lomitapide (5-60 mg)

+ LDL aferesi

Ipercolesterolemia recessive

ARH

Statine a elevata potenza:

atorvastatina 40-80 mg rosuvastatina 20-40 mg + lomitapide (5-60 mg)

+ LDL aferesi

Sitosterolemia Ezetimibe 10 mg Ezetimibe 10 mg + statine a elevata potenza

Ipercolesterolemia poligenica Simvastatina 10-40 mg Pravastatina 20-40 mg Fluvastatina 20-80 mg Atorvastatina 10-20 mg Rosuvastatina 10 mg

Raramente necessaria

Iperlipidemia familiare combinata Atorvastatina 40-80 mg

Rosuvastatina 10-20 mg Statine + fenofibrato Ipertrigliceridemia familiare Fenofibrato 145 mg

Bezafibrato 400 mg Gemfibrozil 900-1200

Fibrati + acidi grassi omega 3 Fibrati + fenofibrato

Sindrome chilomicronemica Fenofibrato 145 mg Bezafibrato 400 mg Gemfibrozil 900-1200 mg

Fibrati + acidi grassi omega 3

Disbetalipoproteinemia Statine a media elevata potenza Statine + fenofibrato

* Nella FH omozigote e nella ARH è consigliabile utilizzare la LDL aferesi in aggiunta ai farmaci.

iPCSK9: inibitori del PCSK9; FH: ipercolesterolemia familiare; FDB: l’ipercolesterolemia da ApoB difettiva familiare; ARH: ipercolesterolemia autosomica recessiva.

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vere le lipoproteine ricche in trigliceridi (VLDL). Una più dettagliata descrizione di questa procedura esula dagli scopi di quest’articolo. Si rinvia a specifiche rassegne per ulteriori approfondimenti 30.

Conclusioni

In conclusione, nella diagnosi delle iperlipidemie primi- tive l’esame clinico rappresenta il cardine dell’iter dia- gnostico. A dispetto di quanto si può pensare riguardo agli enormi progressi fatti nelle conoscenze molecolari, è questo un campo in cui il medico è in condizione di esaltare il proprio ruolo e le proprie conoscenze, otte- nendo successi diagnostici spesso senza l’apporto d’al- cun ausilio strumentale o di laboratorio.

del C-LDL del 10%. Gli effetti collaterali della terapia con acidi grassi omega-3 sono limitati se si esclude la possi- bile comparsa di nausea, vomito e diarrea.

Per completezza, occorre riportare che nei pazienti af- fetti da forme gravi di FH omozigote, di ARH o da FH eterozigote, ma a rischio cardiovascolare molto elevato (ad es. con storia di malattia vascolare sintomatica) può essere raccomandato l’uso della LDL aferesi 30. Que- sta procedura, da eseguire in ambito specialistico, si basa sulla possibilità di rimuovere direttamente le LDL dal circolo attraverso il passaggio del sangue del pa- ziente attraverso opportuno filtri che hanno la capacità di trattenere queste lipoproteine. Anche i pazienti affetti da forme gravi e resistenti d’ipertrigliceridemia possono essere trattati con plasmaferesi che consente di rimuo-

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