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GIORNALE ITALIANO DI DIABETOLOGIA E METABOLISMO

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Academic year: 2021

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F. Beneventi

1

, I. De Maggio

1

, E. Lovati

2

1

Dipartimento di Scienze Clinico-Chirurgiche, Diagnostiche e Pediatriche. Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia;

2

Medicina Generale 1, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia.

RIASSUNTO

La prevalenza del diabete mellito sta drammaticamente aumentando in tutto il mondo; un numero sempre crescente di donne in età riproduttiva è affetto da diabete tipo 1 e tipo 2. L’accesso alla contraccezione e un’adeguata scelta prescrittiva risultano obiettivi fondamentali nella donna diabetica al fine di evitare i rischi associati alla mancata programmazione della gravidanza e nel contempo limitare gli effetti avversi legati alla contraccezione ormonale. Il clinico si trova ad affrontare condizioni complesse legate alle diverse fasi della vita della paziente: nelle giovani donne sia lo scarso compenso glicemico nel diabete tipo 1 sia l’aumento dell’incidenza del diabete tipo 2 legato al sovrappeso e all’insulino-resistenza; in età adulta e soprattutto in perimenopausa l’associazione tra i fattori di rischio cardiovascolare e tromboembolico legati all’età e le complicanze correlate alla durata della malattia diabetica.

L’uso di contraccettivi ormonali combinati può essere considerato un’opzione sicura nelle donne con diabete non complicato e durata di malattia inferiore a vent’anni; in accordo con le linee guida internazionali, deve essere posta cautela nell’utilizzo di questo metodo in presenza di fattori di rischio cardiovascolare, severe complicanze mi- crovascolari, obesità. La contraccezione intrauterina e l’impianto sottocutaneo sono caratterizzati dal minor rischio di eventi tromboembolici arteriosi e venosi.

SUMMARY

The prevalence of diabetes mellitus is rising dramatically throughout the world, resulting in an ever-increasing number of women of reproductive age with type 1 and type 2 diabetes. Access to contraception and adequate prescriptions are key objectives for a diabetic woman in order to avoid the risks associated with the lack of pregnancy planning but also to limit the adverse effects associated with hormonal contraception.

The clinician is faced with complex conditions related to the different phases of the patient’s life: in young women poor glycemic control in type 1 diabetes and the growing numbers with type 2 diabetes linked to overweight and insulin resistance; in adulthood and especially in perimenopause, the associations of cardiovascular and thrombo- embolic risk factors related to age and complications linked to the duration of diabetes.

Combined hormonal contraceptives can be considered a safe option for women with uncomplicated diabetes of less than 20 years’ duration. However, care is needed with this method in women with cardiovascular risk factors, severe microvascular complications and obesity, according to the international guidelines. Intrauterine contraception and subcutaneous implants have the lowest risk of arterial and venous thromboembolic events.

Corrispondenza: Fausta Beneventi, Dipartimento di Scienze Clinico-Chirurgiche, Diagnostiche e Pediatriche, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Viale Camillo Golgi 2, 27100 Pavia – E-mail: fauben04@unipv.it

Parole chiave: diabete mellito, contraccezione, gravidanza, ormoni, rischio cardiovascolare • Key words: diabetes mellitus, contraception, pregnancy, hormones, cardiovascular risk

Pervenuto il 31-10-2017 • Accettato l’1-12-2017

Rassegna

Contraccezione

nella donna diabetica

Contraception for diabetic women

(2)

La prevalenza del diabete mellito sta aumentando drammaticamente in tutto il mondo e rappresenta, se- condo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un rile- vante problema di salute pubblica.

Secondo le previsioni epidemiologiche effettuate dall’In- ternational Diabetes Federation, il numero globale dei soggetti affetti da diabete nella popolazione adulta è destinato ad aumentare da 285 milioni nel 2010 a 439 milioni nel 2030

1

.

Questo trend riguarda prevalentemente il diabete tipo 2, in concomitanza con l’aumento dell’obesità, ma è stato comunque riportato un incremento dell’incidenza mon- diale del diabete tipo 1, specialmente tra i bambini e gli adolescenti.

I dati italiani, pubblicati nell’annuario statistico ISTAT 2016, indicano che il diabete interessa il 5,3% della po- polazione (5,4% dei maschi e 5,2% delle femmine), pari a oltre 3 milioni di persone

2

. Queste preoccupanti con- siderazioni epidemiologiche pongono in evidenza il pro- blema del sempre crescente numero di donne affette da diabete in età riproduttiva e di fronte alle quali il clinico si ritrova ad affrontare quotidianamente quadri comples- si: dalle complicanze tipiche del diabete tipo 1 (scar- so controllo glicemico, patologie cardiovascolari, renali, oculari e neurologiche) alle comorbidità caratteristiche del diabete tipo 2 (obesità, dislipidemia e patologie car- diovascolari) che, nel caso in cui si instauri una gravi- danza, rendono questo evento a elevato rischio sia per la madre che per il feto.

Le principali complicanze ostetriche legate al diabete in- cludono l’aborto spontaneo, sia precoce che tardivo, la morte endouterina fetale, il parto pretermine, il polidram- nios, la patologia ipertensiva materna e la preeclampsia, la sproporzione feto-pelvica e l’aumentata incidenza di taglio cesareo. Inoltre, la gravidanza può accelerare il danno d’organo materno legato al diabete, quale la ne- fropatia e la retinopatia, o favorirne la comparsa 

3

.

Il feto e il neonato sono esposti a un maggior rischio di complicanze tra le quali malformazioni, macrosomia, di- stress respiratorio e ipoglicemia

4

.

In particolare, l’incidenza di malformazioni nei nati da gravide con diabete preconcezionale oscilla dal 6 al 12%

contro il 2-5% della popolazione generale. Le anomalie fetali maggiori sono la principale causa di mortalità feto- neonatale e dipendono da uno scarso controllo glicemi- co preconcezionale e nelle prime 5-8 settimane di vita intrauterina, momento cruciale per l’organogenesi. Valo- ri materni di emoglobina glicata di 8,5% correlano infatti con una percentuale di malformazioni del 3,4% mentre, se i livelli salgono a 9,5%, la percentuale di malformazio- ni può arrivare al 22%. Qualsiasi organo può essere inte- ressato, soprattutto il cuore e i tratti d’efflusso, il sistema

nervoso centrale, il sistema cranio-faciale, l’apparato ga- strointestinale, l’apparato muscolo- scheletrico e uroge- nitale, condizionando talvolta la vitalità embrio-fetale già nelle prime settimane di gestazione

4 5

.

Un adeguato compenso glicemico pregestazionale e nelle prime settimane di gravidanza, espresso dal man- tenimento dei target glicemici e dal raggiungimento di valori di emoglobina glicata inferiori a 6-6,5% si correla a migliori outcome materno-fetali

6

.

Nel secondo e terzo trimestre di gravidanza, è l’iperin- sulinemia fetale secondaria all’iperglicemia materna a essere responsabile dell’eccessivo accrescimento feta- le sino alla macrosomia

4

.

La pianificazione della gravidanza nella donna affetta da diabete mellito risulta quindi fondamentale al fine di evitare le complicanze materno-fetali correlate all’inade- guato controllo glicemico. Tra le cure preconcezionali, la promozione della contraccezione risulta il fondamento dell’educazione terapeutica che deve essere volta alla programmazione del concepimento e all’eventuale suo differimento sino a che non siano stati raggiunti ottimali valori preconcezionali di glicemia e di emoglobina gli- cata e le eventuali complicanze vascolari e metaboliche siano stabilizzate

3 6

. Numerosi studi hanno dimostrato come le donne con diabete abbiano minore accesso al counselling contraccettivo e ai metodi contraccettivi. Lo studio condotto da Schwartz nel 2010 ha evidenziato come un terzo delle adolescenti diabetiche percepisca un limitato accesso alla contraccezione e il 43% ritenga che i metodi contraccettivi siano meno efficaci a causa della malattia. Inoltre è emerso come la donna diabetica utilizzi più spesso metodi contraccettivi non reversibili (sterilizzazione)

7 8

.

L’insufficiente educazione contraccettiva può anche es- sere spiegata dall’atteggiamento del team medico, in parte prevalentemente focalizzato sulla gestione della malattia diabetica, in parte ambivalente fra la necessità di contraccezione e il timore di potenziali eventi avversi a essa correlati. La sicurezza cardiovascolare e gli effet- ti sul metabolismo glucidico rappresentano la maggiore preoccupazione nella prescrizione del metodo contrac- cettivo.

Metodi contraccettivi

Metodi contraccettivi elencati per via di somministrazione

• Contraccezione intrauterina: IUD al rame o medicato

al levonorgestrel.

(3)

molazione delle sintesi epatiche, in particolare dei fattori emostatici, dell’angiotensinogeno e della SHBG.

Gli effetti metabolici dei contraccettivi combinati dipen- dono dalla somma degli effetti dei due componenti.

La componente progestinica ha subito un notevole svi- luppo negli ultimi decenni: oltre ai derivati del progeste- rone quali clormadinone acetato e nomegestrolo aceta- to, che presentano un profilo metabolico più favorevole sull’assetto lipidico e sull’insulino-sensibilità grazie alla loro attività progestinica e antiandrogenica, sono stati introdotti i progestinici di seconda e terza generazio- ne, derivati del testosterone, caratterizzati da variabile attività androgenica residua. Le caratteristiche di an- drogenicità permettono al progestinico di antagonizza- re, seppur in maniera variabile, gli effetti epatocellula- ri dell’etinilestradiolo; i progestinici a maggiore attività androgenica residua, quali il levonorgestrel, esercitano dunque modesti effetti sul rischio tromboembolico. D’al- tro canto, i progestinici di terza generazione, che inclu- dono il desogestrel e il gestodene, si distinguono per la minor attività androgenica limitando quindi gli effetti clinici e metabolici di tipo androgenico, tipici dei proge- stinici di seconda generazione.

Il drospirenone (DRSP), derivato dallo spironolattone, è l’unico progestinico ad attività antimineralcorticoide cli- nicamente significativa; questa azione si traduce nell’e- screzione di acqua e sodio con effetti favorevoli sulla pressione arteriosa e sull’indice di massa corporea. Con- trolla inoltre l’aumento dell’angiotensinogeno legato all’a- zione dell’etinilestradiolo, quando a esso associato.

Il dienogest (DNG), derivato dal 19-nortestosterone, è

• Contraccezione per os: combinazioni estro-progesti- niche, progestinico (POP), contraccezione d’emer- genza (progestinico o modulatore selettivo del recet- tore del progesterone).

• Contraccezione transdermica: combinazione etinile- stradiolo-norelgestromina.

• Anello vaginale: combinazione etinilestradiolo-eto- nogestrel.

• Impianto sottocutaneo: etonogestrel.

• Metodi di barriera.

La Tabella I riporta una sintesi delle opzioni contraccetti- ve disponibili in Italia distinguendo i metodi ormonali da quelli non ormonali.

Contraccettivi ormonali

Sin dal 1964, anno in cui l’etinilestradiolo è stato introdot- to in commercio come metodo anticoncezionale, nume- rose formulazioni estro-progestiniche sono state studiate al fine di migliorarne i profili di sicurezza e di tollerabilità, soprattutto per quanto riguarda gli eventi cardiovascolari, i parametri emostatici e il metabolismo lipidico.

L’etinilestradiolo (EE), presente nelle associazioni con- traccettive al dosaggio di 30, 20 e 15 µg, è un estrogeno sintetico derivato dall’estradiolo, esercita un potente ef- fetto stimolatore sulle sintesi epatiche, a carico degli ele- menti emostatici, lipidici e lipoproteici. In considerazione dell’introduzione dell’estrogeno naturale e dell’estradiolo valerato nelle combinazioni contraccettive orali in com- mercio in Italia, è interessante sottolineare come questi, a differenza dell’etinilestradiolo, esercitino una ridotta sti-

Tabella I. Metodi contraccettivi.

Contraccettivi ormonali Via di somministrazione Opzione contraccettiva

Orale Combinazione di estro-progestinici (estrogeno sintetico o naturale) Pillola progestinica (POP)

Intrauterina IUD medicato al progestinico

Vaginale Anello medicato con estro-progestinico

Transdermica Cerotto medicato con estro-progestinico

Sottocutanea Dispositivo sottocutaneo medicato con progestinico Contraccettivi non ormonali

Metodi di barriera

Dispositivo intrauterino al rame

Sterilizzazione

(4)

particolare cautela nella prescrizione dei contraccettivi combinati in presenza di queste condizioni anamnesti- che e cliniche 

13

.

Contraccezione e rischio trombo-embolico

È noto come l’utilizzo di contraccettivi ormonali eserci- ti vari effetti sull’emostasi e possa aumentare il rischio tromboembolico. L’azione dei contraccettivi contenen- ti estro-progestinici dipende dalla somma algebrica dei due componenti. Gli estrogeni possono alterare la cascata della coagulazione causando un aumento di alcuni fattori procoagulanti e nel contempo una dimi- nuzione dei livelli dei fattori anticoagulanti, in particola- re della Proteina C. Come precedentemente illustrato, l’effetto del progestinico sul rischio di eventi vascolari risulta variabile e influenzato dalle caratteristiche far- macologiche dello stesso, che consentono di antago- nizzare, in maniera variabile a seconda della maggiore o minore androgenicità, gli effetti pro-coagulanti dell’e- tinilestradiolo 

14

. Fra le donne affette da diabete tipo 1 e tipo 2, il rischio assoluto di complicanze trombo- emboliche legato all’utilizzo di contraccettivi ormonali risulta superiore rispetto alla popolazione non diabe- tica comportando un’aumentata incidenza di stroke e di infarto miocardico. Questo rischio risulta comun- que basso, con meno di 17 eventi per 1000 donne/

anno indipendentemente dal metodo utilizzato. Dallo studio pubblicato da O’Brien nel 2017 non sono emer- se significative differenze sul rischio di eventi avversi quali embolia polmonare, stroke e infarto miocardico nelle donne diabetiche che utilizzavano bassi dosag- gi estrogenici (20 µg) rispetto a quelle che utilizzava- no dosaggi estrogenici superiori a 30 µg. Inoltre non è stato riscontrato un incremento del rischio trombo- embolico con l’utilizzo di progestinici antiandrogenici o parzialmente androgenici.

Per quanto concerne l’utilizzo della contraccezione con solo progestinico, il rischio di eventi tromboembolici ri- sulta superiore per la formulazione orale rispetto al di- spositivo intrauterino; tale differenza non si riscontra in donne di età superiore ai 35 anni. Inoltre, dalla compa- razione tra l’utilizzo del solo progestinico e delle com- binazioni estro-progestiniche, emerge un ridotto rischio tromboembolico con il solo progestinico sebbene i risul- tati siano statisticamente significativi solo per le donne più giovani 

15

.

Contraccezione e pressione arteriosa

Non ci sono specifici studi sul rapporto tra la terapia con- traccettiva e i valori di pressione arteriosa nella popola- un peculiare progestinico ad attività antiandrogenica

senza effetti rilevanti sul metabolismo lipidico, sugli en- zimi epatici, sui parametri emostatici e tiroidei

9

.

Contraccezione e omeostasi glucidica

Una review del 2012 ha analizzato l’impatto dei contrac- cettivi ormonali sull’omeostasi glucidica nelle donne non diabetiche. Gli effetti metabolici risultano limitati e pro- babilmente influenzati dal tipo di progestinico, eviden- ziando un profilo metabolico migliore con le molecole più simili al progesterone naturale, e dal dosaggio del- la componente estrogenica. Dosaggi di etinilestradiolo inferiori a 35 µg non sembrano esercitare un’influenza negativa sulle concentrazioni plasmatiche di glucosio e sul profilo di secrezione dell’insulina nella popolazione generale

10

.

La Cochrane Review del 2013 nella quale sono analiz- zati gli effetti della contraccezione ormonale e non or- monale nelle pazienti con diabete tipo 1 e 2 non eviden- zia differenze nel fabbisogno giornaliero di insulina, nelle concentrazioni dell’emoglobina glicata e nella glicemia a digiuno dopo l’assunzione di contraccettivi ormonali combinati in pazienti con diabete tipo 1. Solo l’utilizzo di contraccettivi a elevata concentrazione estrogenica sembrerebbe avere un minimo effetto peggiorativo sull’o- meostasi glucidica. Nella review si conclude comunque che le evidenze scientifiche sono ancora insufficienti per affermare che l’impatto metabolico sul metabolismo glu- cidico, lipidico e sulla comparsa e/o progressione delle complicanze diabetiche sia differente fra la contracce- zione ormonale e la contraccezione intrauterina

11

.

Contraccezione e omeostasi lipidica

Gli estrogeni inducono aumento dei livelli plasmatici di lipoproteine ad alta densità (HDL), diminuzione delle li- poproteine a bassa densità (LDL) e aumento dei livelli di lipoproteine a densità molto bassa (VLDL) con conse- guente aumento dei livelli di trigliceridi.

Il profilo lipidico plasmatico è influenzato dall’utilizzo dei contraccettivi combinati in base al dosaggio e al tipo di estrogeno e all’azione androgenica del progestinico 

9

. I contraccettivi ormonali combinati contenenti l’associa- zione tra un progestinico meno androgenico ed estro- geno naturale potrebbero esercitare effetti più favorevoli sul metabolismo lipidico, valutato in base ai livelli di co- lesterolo HDL e LDL, rispetto alle combinazioni di etini- lestradiolo con progestinici più androgenici 

12

.

Dal momento che la dislipidiemia è un connotato della

sindrome metabolica e del diabete tipo 2 e si riscontra

frequentemente in perimenopausa è necessario porre

(5)

assicurata grazie a un duplice effetto: inibizione dell’o- vulazione e modificazione del muco cervicale. Da uno studio sugli effetti metabolici dell’impianto nelle donne diabetiche non sono emerse modificazioni del BMI, del fabbisogno insulinico e dei valori medi di emoglobina glicata, inoltre è stata osservata una riduzione del co- lesterolo sierico totale, dei trigliceridi e un aumento dei livelli di HDL. Anche il profilo vascolare non risulta modi- ficato negativamente dall’utilizzo dell’impianto, all’oppo- sto i valori di albuminuria risulterebbero ridotti dopo due anni di utilizzo 

20

.

Contraccezione intrauterina

Nonostante l’utilizzo del contraccettivo intrauterino (IUD) abbia un’elevatissima efficacia contraccettiva (tasso di gravidanza inferiore allo 0,2% se correttamente utilizza- ta) in Italia meno del 10% delle Pazienti utilizza questo metodo 

21

. Questo trend è ancora più evidente nella pa- ziente diabetica; in alcuni studi pubblicati in passato si attribuiva infatti alle spirali un aumento dell’attività fibri- nolitica a livello dell’endometrio, dell’incidenza di infe- zioni intrauterine e infiammazione pelvica, limitando il medico nella prescrizione 

22 23

.

I dati attuali, al contrario, non confermano il rischio au- mentato di infiammazione pelvica nella paziente diabe- tica 

24

. Inoltre lo IUD, sia al rame sia quello medicato al levonorgestrel, non sembra modificare il profilo glice- mico, valutato in termini di glicemia a digiuno, livelli di emoglobina glicata, fabbisogno giornaliero di insulina e il profilo lipidico dopo un anno di utilizzo in pazienti tra 39 e 50 anni 

13

.

Mentre i dati disponibili in letteratura circa l’utilizzo del- lo IUD nelle pazienti con diabete tipo 1 risultano rassi- curanti, non sono ancora state adeguatamente studiate l’efficacia e la sicurezza dello IUD in caso di diabete tipo 2, nonostante l’incremento della prevalenza di questa patologia tra le giovani donne in età riproduttiva 

24

. La contraccezione intrauterina rappresenta un’opzione contraccettiva sicura anche per quanto riguarda il profi- lo tromboembolico (3,4 eventi per 1.000 donne dopo un anno di utilizzo) 

15

.

Scelta contraccettiva nella paziente diabetica

Al fine di preservare i criteri di efficacia, reversibilità, tol- lerabilità e facilità d’uso la scelta contraccettiva ottimale per la donna diabetica deve essere delineata in base alle preferenze della paziente, alla sua età, al tipo di dia- bete, alla durata della malattia e alla presenza di even- tuali complicanze.

Un aspetto fondamentale del quale il clinico deve tene- zione generale. Gli effetti sono modesti anche se i con-

traccettivi combinati inducono ipertensione in meno del 5% della popolazione. La prevalenza di ipertensione ri- sulta generalmente più alta in donne con diabete tipo 2 e anche nei casi di nefropatia nel diabete tipo 1 

16

.

L’identificazione della storia ipertensiva e la misurazio- ne della pressione arteriosa sono requisiti essenziali da valutare prima della prescrizione di un metodo contrac- cettivo nella donna diabetica 

17

.

Via di somministrazione

La via di assunzione è di per sé una variabile importan- te in quanto, con le formulazioni per os, sia il circolo en- tero-epatico che il metabolismo intestinale, determinano ampie fluttuazioni nei livelli degli estro-progestinici. L’as- sunzione per via non orale (vaginale, transdermica e sot- tocutanea) non è condizionata da grosse variabili di as- sorbimento e, grazie al passaggio continuo degli steroidi attraverso la mucosa vaginale, la cute o il sottocute, è possibile utilizzare, per avere concentrazioni equivalenti circolanti, dosi inferiori rispetto a quelle per os.

Anello vaginale

Il vantaggio della somministrazione ormonale locale ri- spetto alla via orale risiede nelle peculiari caratteristi- che farmacocinetiche e farmacodinamiche di questa formulazione; l’etinilestradiolo è infatti rilasciato in ma- niera costante con livelli più bassi e più stabili di estro- geno e progestinico tali da incidere meno negativamen- te sull’insulino-sensibilità e sul profilo lipidico (livelli di colesterolo totale e HDL) 

16

. Inoltre, le attuali evidenze in letteratura, non suggeriscono un differente rischio trom- boembolico rispetto ai metodi contraccettivi per os 

14

. Contraccezione transdermica

Sebbene le evidenze che la somministrazione transder- mica aumenti il rischio tromboembolico nella popolazio- ne generale non siano sufficienti 

14

, da un recente studio condotto su un’ampia popolazione di donne diabeti- che, l’utilizzo della via transdermica risulta correlato a un aumentato rischio di eventi tromboembolici per cui non raccomandato in caso di coesistenza di fattori di ri- schio vascolare 

15

. Inoltre è necessario porre attenzione al fatto che, in caso di elevato indice di massa corporea, condizione frequente nelle pazienti affette da diabete ti- po 2, l’efficacia contraccettiva del cerotto potrebbe ri- sultare ridotta 

19

.

Impianto sottocutaneo

Nonostante i bassi livelli sistemici di progestinico, l’Eto-

nogestrel, l’efficacia contraccettiva di questo metodo è

(6)

la durata di malattia: dai 7 ai 10 anni dopo la diagnosi un terzo dei soggetti con diabete insorto in età giova- nile svilupperà microalbuminuria; invece il rischio di in- sorgenza di una retinopatia è molto basso anche dopo 10 anni di diabete in terapia insulinica esordito in età pediatrica 

27

. La presenza di lesioni arteriose pre-atero- sclerotiche è relativamente frequente anche in soggetti giovani: un inadeguato controllo metabolico si associa alla riduzione acquisita della proteina C anticoagulante, a disfunzione endoteliale e a ipofibrinolisi. Per ottenere la riduzione del rischio arterioso in presenza di dislipide- mia potrebbe essere indicato l’utilizzo di preparati con estrogeni naturali. La contraccezione a base di solo pro- gestinico (per os, per impianto o intrauterina) esercita un minore impatto sul rischio venoso.

La prescrizione dei contraccettivi ormonali combinati richiede particolare attenzione in presenza di compli- canze microvascolari o cardiovascolari e/o fattori di ri- schio cardiovascolare (dislipidemia, ipertensione, fumo e durata della malattia superiore a 20 anni), condizione spesso caratteristica della paziente adulta. In particola- re, sebbene l’inadeguato controllo glicemico non rap- presenti da solo una controindicazione assoluta, l’as- sociazione con un fattore di rischio limita grandemente l’uso dell’estroprogestinico sino alla sua esclusione in presenza di importanti complicanze degenerative (ne- fropatia con proteinuria, insufficienza renale, neuropa- tia, retinopatia attiva, cardiopatia). Come indicato nelle linee guida internazionali, in queste pazienti l’utilizzo del solo progestinico o dei contraccettivi non ormonali rap- presenta una valida alternativa 

16 17

.

re conto nella prescrizione dei metodi contraccettivi è il tipo di diabete, al fine di personalizzare la scelta.

Attualmente le raccomandazioni internazionali circa la prescrizione dei metodi contraccettivi sono contenute nell’ultima versione del documento divulgato dall’Orga- nizzazione Mondiale della Sanità (OMS) 

17

. In particola- re, l’OMS individua quattro classi di rischio stabilito in base alla condizione clinica della donna, includendo il diabete e le sue complicanze (Tab. II).

Contraccezione e diabete tipo 1

La popolazione femminile affetta da diabete mellito tipo 1 è spesso rappresentata da giovani donne che solita- mente non hanno multipli fattori di rischio cardiovasco- lare (ipertensione, obesità, dislipidemia) ma presenta- no un caratteristico pattern endocrino di ipogonadismo ipogonadotropo, iperandrogenismo e policistosi ovari- ca. Il quadro endocrino è correlato al deficit di insulina, all’iperglicemia e all’effetto dell’insulina esogena sulle cellule della teca e della granulosa ovarica 

25

.

Nonostante la prevalenza di irregolarità mestruali con- seguenti all’alterata steroidogenesi ovarica e al prolun- gamento della fase follicolare, l’ovulazione è presente:

da ciò si evince la necessità di un adeguato controllo glicemico e di una adeguata contraccezione 

26

.

La possibilità di utilizzare un estro-progestinico, secon- do le linee guida, si basa innanzitutto sull’età della don- na e su quella di insorgenza della malattia, sull’assenza di complicanze, sul buon controllo metabolico e sui va- lori pressori. Per quanto riguarda l’insorgenza di com- plicanze, è necessario valutare il controllo metabolico e

Tabella II. Indicazioni contraccettive nella donna con diabete secondo l’OMS (da WHO, Medical eligibility criteria for contraceptive use, 2015, 5

th

edn, mod.).

Tipo di diabete

e severità di malattia Contraccettivo combinato (pillola, anello, cerotto)

Pillola

progestinica Impianto

sottocutaneo IUD

Rame LNG

Storia di diabete gestazionale 1 1 1 1 1

Diabete mellito

senza complicanze vascolari 2 2 2 1 2

Diabete mellito con complicanze

vascolari *o di durata > 20 anni 3-4 2 2 1 2

Linee guida tratte dal documento redatto dall’organizzazione mondiale della sanità per stabilire le classi di rischio associate all’utilizzo dei contraccettivi:

1. metodo utilizzabile senza restrizioni;

2. l’utilizzo del metodo produce vantaggi che generalmente superano gli svantaggi teorici o i rischi provati;

3. gli svantaggi teorici o i rischi provati dell’utilizzo del metodo superano i vantaggi;

4. controindicazione assoluta all’utilizzo del metodo.

* Nefropatia, neuropatia, retinopatia o altre complicanze vascolari.

IUD: dispositivo intrauterino; LNG: levonorgestrel.

(7)

Contraccezione e diabete tipo 2

L’incidenza del diabete tipo 2 sta rapidamente aumen- tando in associazione con il sovrappeso e l’obesità an- che nella popolazione di donne più giovani. L’uso di contraccettivi combinati dovrebbe tenere conto della frequente coesistenza di fattori di rischio cardiovasco- lare ed essere limitato in questi casi, prediligendo la contraccezione ormonale con solo progestinico, so- prattutto nella formulazione sottocutanea o nello IUD medicato, o la contraccezione non ormonale anche nelle donne più giovani.

La scelta dell’estro-progestinico implica una strategia sistematica di monitoraggio del peso corporeo, del con- trollo glicemico, del profilo lipidico plasmatico e della pressione arteriosa 

27

.

È ancora aperto il dibattito in letteratura sulla potenziale diminuita efficacia della contraccezione ormonale nella donna obesa a causa dell’aumentato volume di distri- buzione 

19

.

Contraccezione nella donna con storia di diabete gestazionale

Il periodo post-partum rappresenta il momento ottima- le per incoraggiare la donna all’assunzione di metodi contraccettivi efficaci in quanto, come noto, un breve intervallo tra due gravidanze successive e la manca- ta programmazione della gravidanza possono essere associati a eventi materni avversi e outcome negati- vo della gravidanza. Risulta quindi di fondamentale im- portanza affrontare l’argomento contraccezione anche in questa delicata fase della vita della donna, special- mente nel caso in cui la gravidanza sia stata compli- cata dal diabete gestazionale. Questa patologia, che interessa circa il 10% delle gravidanze, espone dal 35 al 70% delle pazienti, alla possibilità di sviluppare il diabete tipo 2 nei 10-20 anni successivi 

28

. A questo proposito è emerso in letteratura il dibattito circa l’ap- propriatezza prescrittiva di differenti metodi contrac- cettivi in questa particolare condizione clinica. I dati recenti indicano che l’anamnesi di diabete gestaziona- le, in assenza di ulteriori fattori di rischio quali obesità, ipertensione o fattori cardiovascolari, non rappresenti una limitazione alla prescrizione di qualsiasi metodo contraccettivo. Da una revisione sistematica della let- teratura nella quale sono stati inclusi i risultati di 14 studi, l’utilizzo di contraccettivi ormonali combinati non sembra influenzare il rischio di sviluppare diabete tipo 2 nelle donne con pregressa diagnosi di diabete ge- stazionale 

29

. È comunque necessario tenere in con- siderazione che, a causa dell’elevato rischio di eventi

tromboembolici nell’immediato post-partum, l’utilizzo di contraccettivi combinati è controindicato nelle prime sei settimane dopo il parto, come raccomandato an- che nella popolazione generale. Nelle prime settimane dopo il parto,

così come durante l’allattamento, la contraccezione or- monale dovrebbe essere orientata verso l’utilizzo del so- lo progestinico 

17

.

Contraccezione d’emergenza

I rischi associati a una gravidanza non programmata nella paziente diabetica superano quelli, effettivi o te- orici, associati all’assunzione dei metodi contraccettivi ormonali d’emergenza attualmente disponibili in com- mercio in Italia:

a) preparati orali progestinici contenenti levonorgestrel, da assumere 12/24 ore dopo il rapporto sessuale a rischio e non oltre le 72 ore;

b) preparati orali contenenti un modulatore selettivo del recettore del progesterone, l’ulipristal acetato, da as- sumere entro 12/24 ore e non oltre le 120 ore dal rap- porto a rischio.

La contraccezione d’emergenza non farmacologica prevede il posizionamento di un dispositivo intrauterino al rame entro 48 ore dal rapporto a rischio. L’inserimento del dispositivo deve essere effettuato da un ginecologo ed è sconsigliato in caso di nulliparità.

L’informazione sulle modalità di accesso alle metodiche d’emergenza risulta fondamentale nell’educazione con- traccettiva della paziente diabetica.

Conclusioni

Nonostante la necessità di pianificare la gravidanza, l’accesso alla contraccezione nella donna diabetica ri- sulta comunque limitato rispetto alla popolazione gene- rale. L’uso di contraccettivi ormonali combinati è possi- bile in assenza di complicanze. La contraccezione con solo progestinico rappresenta un’alternativa in caso di presenza di fattori di rischio, complicanze microvasco- lari e/o patologia cardiovascolare. Sono necessari studi prospettici sulla contraccezione nelle pazienti con dia- bete tipo 2, soprattutto in caso di obesità associata, e studi a lungo termine sugli effetti dei contraccettivi in presenza di complicanze degenerative.

Conflitto di interessi

Nessuno.

(8)

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