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GIORNALE ITALIANO DI DIABETOLOGIA E METABOLISMO

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Academic year: 2021

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(1)

Inquadramento diagnostico dell’iperglicemia

nei pazienti ospedalizzati

Diagnosis of hyperglycemia in hospital patients

A. Barassi

1

, A. Mosca

2

1

Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Milano;

2

Dipartimento di Fisiopatologia medico-chirurgica e dei trapianti, Università di Milano

RIASSUNTO

L’iperglicemia nei pazienti ospedalizzati, con o senza diagnosi di diabete, rappresenta un problema complesso a livello gestionale. Infatti non è generalmente definito a quale livello di glucosio tali pazienti dovrebbero essere mantenuti sia nei reparti di medicina generale, sia nelle unità di terapia intensiva e, infine, anche a livello domiciliare dopo la dimissione.

In questo documento riassumiamo i dati raccolti nel corso del 2016 in un grande ospedale metropolitano, dove in totale sono state effettuate 72.546 glicemie pla- smatiche. Analizzando le richieste provenienti dai reparti interni, abbiamo trovato una glicemia mediana pari a 89 mg/dL (4,9 mmol/L), con percentili 5-95 pari a 69- 160 mg/dL(3,8-8,9 mmol/L). Le glicemie con valori ≥ 300 mg/dL (16,7 mmol/L) rappresentavano lo 0,4% del totale delle glicemie, quelle con valori ≥ 500 mg/dL (27,8 mmol/L) lo 0,02%.

Si discutono quindi le principali fonti di variabilità preanalitica, sia in vivo che ex vivo, per arrivare a formulare alcune semplici raccomandazioni relative alle modalità di co- municazione tra laboratorio e reparti per valori soglia pari a 300 mg/dL (16,7 mmol/L) e 500 mg/dL (27,8 mmol/L), e all’utilizzo del siero per la misura più attendibile della glicemia dopo raccolta in provette contenenti acceleratori della coagulazione, barriera siliconica di separazione e centrifugazione entro 10 minuti dalla raccolta del campione.

Per approfondimenti diagnostici, in particolare per evidenziare l’iperglicemia da stress, si raccomanda la misura dell’HbA

1c

.

SUMMARY

The management of hyperglycemia in hospital patients with or without overt diabetes is a complex issue. Questions arise about the glucose levels that should be maintained in the critical care setting, step-down units, and general medical/surgical wards, and the best strategies for subsequent transition to outpatient care.

We analyzed data collected in 2016 in a large metropolitan hospital. Out of 72,546 plasma glucose measurements, those from the internal wards had a median of 89 mg/

dL (4.9 mmol/L), with 5-95 percentiles of 69-160 mg/dL (3.8-8.9 mmol/L). Plasma glucose was 300 mg/dL (16.7 mmol/L) or higher in 0.4% of cases, and 500 mg/dL (27.8 mmol/L) only in 0.02%.

The main pre-analytical factors, in vivo and ex vivo, are briefly outlined and a few simple recommendations are proposed. Communication between laboratories and the internal wards should be standardized as regards the thresholds of 300 and 500 mg/dL. As the sample to be analyzed, we recommend serum collected in tubes with coagulation activators and promptly centrifuged within 10 minutes of collection. As a further test, especially to rule out stress-related hyperglycemia, it is advis- able to measure HbA

1c

.

Corrispondenza: Andrea Mosca, Dipartimento di Fisiopatologia medico-chirurgica e dei trapianti, via Fratelli Cervi 93, 20090 Segrate (MI) - E-mail: [email protected]

Parole chiave: diabete, glucosio, iperglicemia, medicina di laboratorio, gestione • Key words: diabetes, glucose, hyperglycemia, laboratory medicine, management

Pervenuto il 27-04-2017 • Accettato il 12-06-2017

Rassegna

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l’incidenza di mortalità aumentava progressivamente all’aumentare della glicemia. Infatti, se la mortalità risul- tava pari al 9,6% nei pazienti la cui concentrazione di glucosio media rimaneva tra gli 80 e i 99 mg/dL, era di quattro volte più elevata in quelli la cui media superava i 300 mg/dL. Analogamente Kosiborod et al. nel 2008

(5)

riferivano che in pazienti ospedalizzati per infarto acuto del miocardio, la mortalità aumentava progressivamen- te a ogni incremento di 10  mg/dL di glucosio sopra i 120 mg/dL. Di particolare rilevanza il fatto che questa relazione risultava ben evidente nei pazienti senza una precedente storia di diabete.

Questi studi dimostrano che il controllo della glicemia può migliorare l’outcome clinico anche se non è chiaro se l’iperglicemia rappresenti meramente un marcatore di outcome negativo o risulti essere il vero mediatore di questi eventi avversi. È ben noto che le malattie di per sé, particolarmente se gravi, portano a una Stress-In- duced Hyperglicemia (SIH) attraverso l’attivazione de- gli ormoni controregolatori, in primo luogo il cortisolo e l’adrenalina, che sono causa non solo di aumento della produzione di glucosio endogeno, ma pure di diminu- zione dell’utilizzo del glucosio da parte dei tessuti peri- ferici, provocando di conseguenza un’imponente iper- glicemia.

L’American College of Physicians (ACP) ha pubblicato nel 2011

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le linee guida per la gestione del controllo glicemico del paziente ospedalizzato, stabilendo le se- guenti raccomandazioni: 1) non utilizzare la terapia in- sulinica intensiva (IIT) per il controllo della glicemia nei pazienti che non si trovano nei reparti di terapia inten- siva; 2) non utilizzare la IIT per far rientrare la glicemia nei range di normalità (goal, 80-119 mg/dL) nei pazienti in terapia intensiva; 3) mantenere, nei pazienti in terapia intensiva a cui viene somministrata insulina, valori di gli- cemia tra 140-200 mg/dL.

Analisi dei dati storici di un ospedale milanese

Per avere un’idea dell’entità dell’occorrenza delle iper- glicemie in ambito ospedaliero abbiamo analizzato re- trospettivamente i dati raccolti in tutto il 2016 presso l’o- spedale San Paolo di Milano. Gli esami effettuati in un anno sono stati 72.546, dei quali 12.085 dai reparti inter- ni, 22.905 dall’esterno/day hospital e 37.556 in regime di urgenza. La Figura 1 mostra la distribuzione dei valori riscontrati per gli esami interni. L’intervallo dei valori mi- surati andava da 21 a 908 mg/dL, la mediana era pari a 89 mg/dL, i percentili 5-95 erano 69-160 mg/dL. Le gli- cemie con valori ≥ 300 mg/dL rappresentavano lo 0,4%

Introduzione

Questo documento nasce dall’esigenza di trovare un consenso sulla gestione delle iperglicemie in ospeda- le, solamente per quanto riguarda la parte analitica e di interazione clinico-laboratoristica, rimandando ad al- tri documenti la gestione clinica del paziente in ipergli- cemia. A tal fine si procede a discutere separatamente i principali aspetti preanalitici, analitici e postanalitici, per arrivare ad alcune semplici istruzioni operative, anche sulla base della entità del fenomeno in un grande ospe- dale milanese.

Importanza del riconoscimento

dell’iperglicemia nei pazienti ospedalizzati

L’iperglicemia nei pazienti ospedalizzati, con o senza diagnosi di diabete, rappresenta un problema comples- so a livello gestionale. Infatti, non è generalmente defini- to a quale livello di glucosio tali pazienti dovrebbero es- sere mantenuti sia nei reparti di medicina generale, sia nelle unità di terapia intensiva e, infine, anche a livello domiciliare dopo la dimissione.

Tra i molteplici effetti dell’iperglicemia vanno ricordati quelli sul sistema immunitario, sui mediatori di infiam- mazione, sull’emostasi e sulla funzione delle cellule en- doteliali, che possono portare a gravi danni a diversi organi e sistemi cellulari. Molti di questi effetti dannosi risultano risolversi in seguito alla correzione dell’ipergli- cemia, avvalorandone l’importanza nella fisiopatologia umana

(1)

.

Infatti, è stato ipotizzato che nei pazienti non diabetici l’i- perglicemia porti comunque all’ipoinsulinemia attraver- so la desensibilizzazione delle cellule  β pancreatiche.

Tale perdita di funzione genera un circolo vizioso: all’i- perglicemia indotta dallo stress dovuto alla malattia se- gue l’ipoinsulinemia che la peggiora

(2)

. L’insulina, oltre al ben noto ruolo di regolatore della glicemia, possiede numerosi effetti vantaggiosi tra cui un’azione antinfiam- matoria, un potenziamento della fibrinolisi, un migliora- mento della funzione delle cellule endoteliali, un aumen- to del flusso di sangue del miocardio e una riduzione dell’apoptosi dei cardiomiociti

(1)

.

L’iperglicemia nel paziente ospedalizzato, sia in reparto

di medicina generale sia in reparto di chirurgia, anche

senza una precedente storia clinica di diabete mellito

(DM), è stata associata a un aumento del tempo di de-

genza, a ricoveri in terapia intensiva e a un aumentato

rischio di mortalità

(3)

. Inoltre, è stata riscontrata una rela-

zione tra i livelli di glucosio ed esiti clinici avversi nel ma-

lato critico. Nel 2003 Krinsley et al.

(4)

hanno dimostrato

che nelle unità di terapia intensiva medicino/chirurgica,

(3)

la maggiore importanza va data al modo di raccolta del campione. È infatti noto che la perdita di glucosio nel campione è un problema serio e non sufficientemente percepito, dovuto al consumo in provetta del glucosio per causa della glicolisi che continua a essere attiva ex vivo. La velocità della glicolisi, mediamente riportata tra il 5 e il 7% all’ora (pari a un calo attorno ai 10 mg/dL per ora) varia a seconda della concentrazione del glucosio, della conta leucocitaria e altri fattori

(7)

. Tale calo potreb- be anche portare a sbagliare una diagnosi di diabete per quelle persone che presentano a digiuno concen- trazioni di glucosio vicino al valore soglia.

I più comuni inibitori della glicolisi non sono capaci di arrestare in tempi rapidi il calo della concentrazione di glucosio del sangue raccolto in provetta, e dati recen- ti indicano che il più utilizzato tra questi (il fluoruro di sodio, normalmente impiegato alla concentrazione di 2,5  mg/mL di sangue) stabilizza la glicemia solo do- po 4  ore dalla raccolta del campione. Invece il calo del glucosio nella prima ora dalla raccolta è pratica- mente identico a quello che si verifica nelle provette senza l’inibitore della glicolisi. Il fluoruro di sodio vie- ne normalmente aggiunto a eparina o EDTA, oppure al suo posto può essere usato lo iodioacetato di litio (alla concentrazione di 0,5 mg/ml di sangue), ma parimenti il blocco della glicolisi non è efficace in tempi rapidi.

Comunque, dopo 4 ore la concentrazione del gluco- sio nel campione resta stabile per 72 ore a temperatu- ra ambiente, a meno che il conteggio dei leucociti sia molto elevato.

È molto probabile che i valori estremamente bassi da noi riscontrati occasionalmente tra gli esami effettuati, sia in ambito interno, che forse in misura maggiore in ambito esterno, siano dovuti a degradazione del gluco- sio ex vivo per una non corretta inibizione della glicolisi.

La perdita del glucosio può essere bloccata in due clas- sici modi: a) separando immediatamente il plasma dalle cellule dopo la raccolta del sangue, e in tal modo la con- centrazione del glucosio resta stabile per 8 ore a 25°C e per 72 ore a 4°C in provette contenenti fluoruro di sodio con campioni non emolizzati; b) immergendo la provet- ta in un bagnetto di acqua e ghiaccio fondente subito dopo la raccolta del sangue e separando poi le cellule dal plasma entro 30 minuti. Naturalmente questi metodi sono poco pratici per un uso in routine e non vengono quindi utilizzati.

Recentemente è stato infine dimostrato che l’acidifica- zione del sangue con un tampone con citrato inibisce la glicolisi in maniera più efficace che quando si utilizza il fluoruro di sodio, ed è stato visto che la concentrazione di glucosio in provette contenenti tampone citrato, EDTA e fluoruro di sodio diminuiva solamente dello 0,3% dopo del totale delle glicemie, quelle con valori ≥  500  mg/

dL lo 0,02%. Tra tutti gli esami richiesti come routine di pazienti interni, i campioni non idonei sono risulta- ti 8 (0,07%) e dovuti all’utilizzo di provette non corrette, mentre i campioni accettati e mai pervenuti in laborato- rio sono stati 242 (2%). In tale categoria di pazienti non sono stati riscontrati campioni insufficienti.

Per quanto riguarda gli esami in regime di urgenza, l’in- tervallo dei valori misurati era 10-1465  mg/dL, la me- diana era pari a 131  mg/dL. Le glicemie con valori

≥ 300 mg/dL rappresentavano l’1,3% del totale, quelle con valori ≥ 500 mg/dL lo 0,23%. Tra tutti gli esami ri- chiesti come urgenza, i campioni non idonei sono risul- tati 15 (0,04%) e dovuti all’utilizzo di provette non corret- te, i campioni insufficienti 13 (0,03%), mentre i campioni accettati e mai pervenuti in laboratorio sono stati 828 (2,2%).

La distribuzione dei reparti di provenienza delle richie- ste è riportata nella Figura 2.

Criticità per la parte preanalitica

La misura della glicemia risente molto di una serie di variabilità preanalitiche, sia legate alla variabilità biolo- gica, che ad altri fattori (farmaci, stati patologici ecc.).

Quindi, nel caso di un’iperglicemia è bene tenere pre- sente i fattori che sono elencati in Tabella 1.

A parte questi fattori in vivo, ci sono altri fattori in vitro

che possono influenzare la determinazione e tra questi

Figura 1. Distribuzione delle glicemie nei campioni pro-

venienti dai reparti interni dell’ospedale San Paolo nel

2016. L’inserto mostra gli stessi dati su scale meno

espanse.

(4)

re, e dato infine che la concentrazione dell’acqua nel plasma è più alta di quella nel sangue di circa l’11%, le concentrazioni di glucosio nel sangue intero sono circa dell’11% più basse rispetto a quelle del plasma. Invece non ci sono significative differenze di concentrazione di glucosio tra plasma e siero

(8)

, sempre che la glicolisi sia efficacemente bloccata. Nel caso del siero, la raccol- ta del campione di sangue in provette con acceleratori della coagulazione (a base di trombina) e barriera sili- conica di separazione garantisce una perfetta stabiliz- zazione della concentrazione di glucosio nel siero se la provetta viene centrifugata entro 10 minuti dalla raccolta del sangue (in queste provette la coagulazione avviene in 5 minuti).

2 ore e del 1,2% dopo 24 ore dalla raccolta del campio- ne. Purtroppo la disponibilità di provette con questa mi- scela ternaria di anticoagulante e inibitori della glicolisi è limitata e risultati contrastanti sono stati ottenuti da chi le ha provate, col risultato che il problema di stabilizza- re efficacemente la concentrazione del glucosio ex vivo non è ancora risolto.

La glicemia può essere misurata su sangue intero, sie- ro o plasma, ma solo il plasma è raccomandato per la diagnosi del diabete. Dato che la molalità del gluco- sio (cioè la quantità di glucosio per un kilo di acqua) è uguale nel plasma e nel sangue intero, e dato che il glucosio è praticamente liberamente diffusibile all’inter- no dei globuli rossi, anche se grazie a un trasportato-

Figura 2. Distribuzione dei reparti di provenienza dei pazienti interni (routine).

(5)

cemico consente di ridurre le complicanze microvasco- lari sia nei pazienti con diabete tipo 1

(11)

sia in quelli con il tipo 2

(12)

.

Numerosi fattori possono interferire con la determinazio- ne del glucosio mediante glucometri. Tra i più importanti vi sono le variazioni dell’ematocrito, l’altezza sul livello del mare, la temperatura e il tasso di umidità ambienta- le, la bassa pressione e l’ipossia del soggetto, l’eleva- ta trigliceridemia e infine l’interferenza di diversi farma- ci

(13,14)

. Oltre a ciò, deve essere tenuto conto che diversi strumenti non sono sufficientemente accurati per valori molto bassi o molto alti di glicemia.

Altro motivo di variabilità è la preparazione del paziente che esegue la misura. Per tale motivo è importante ve- rificare la tecnica impiegata dal paziente per la misura- zione a intervalli regolari.

Il metodo prevede che una goccia di sangue venga deposta su una “strip” che contiene tutti i reagenti ne- cessari per il dosaggio. Lo strumento viene calibrato in modo da fornire i risultati riferiti al plasma, anche se la misura è eseguita su sangue intero per una maggiore armonizzazione dei risultati

(15)

. Le misure si ottengo- no con fotometria in riflettanza o con tecniche elettro- chimiche e la linearità riportata dai produttori spazia nell’intervallo da 0 a 600 mg/dL. Come obiettivo analiti- co l’ADA raccomanda un errore totale non superiore al 5%

(16)

. Raccomandazioni meno rigide (NCCLS) riporta- no che almeno nel 95% delle determinazioni la differen- za con la glicemia fornita dal laboratorio centrale sia: 1)

< 20% quando il dato del laboratorio è > 100 mg/dL; 2)

Criticità per la parte analitica

Glucometri

I glucometri, analizzatori portatili di semplice uso per la misura della glicemia, sono principalmente usati in tre situazioni: 1) nei reparti ospedalieri con ricoverati acuti e cronici, compresi quelli di terapia intensiva; 2) negli studi dei medici di medicina generale; 3) in casa, al la- voro, a scuola gestiti dai pazienti stessi (automonitorag- gio, o self monitoring blood glucose, SMBG). Le misure mediante SMBG nel 1993 erano eseguite negli USA una volta al giorno dal 40% dei pazienti con diabete tipo 1 e dal 26% da quelli con diabete tipo 2

(9)

. Nel 2006 negli adulti la percentuale complessiva saliva al 63,4%. L’A- DA oggi raccomanda che le determinazioni SMBG si- ano eseguite almeno 3 volte al giorno dai pazienti che fanno uso di più iniezioni di insulina al giorno o di pompa sottocutanea

(10)

. Viene altamente consigliato ai pazien- ti di sforzarsi di raggiungere e conservare i valori della loro glicemia il più possibile vicini a quelli della popola- zione senza diabete.

L’imprecisione degli attuali glucometri, che fanno uso di sangue intero, non consente l’impiego dei risultati per porre diagnosi di diabete. Analogamente, deve essere tenuto presente che anche il loro uso come screening può dare luogo a numerosi falsi positivi e falsi negativi.

Diversamente, lo SMBG viene caldamente raccoman- dato per il monitoraggio di tutti i pazienti che seguono una terapia insulinica. Infatti, un frequente controllo gli-

Tabella 1. Condizioni che possono causare iperglicemie (da Tiezt, 1995, mod.)

(7)

.

Tipo di condizione Esempi

Fisiologiche Esercizio fisico intenso, stato emotivo intenso

Altre condizioni particolari Shock, ustioni

Diabete mellito

M. endocrine Acromegalia, feocromocitoma, gigantismo, glucagonoma, m. Cushing, somatostati-

noma, tireotossicosi

M. pancreatiche Emocromatosi, fibrosi cistica, neoplasie pancreatiche, pancreatiti

Altre patologie Acantosi nigricans, incidenti cerebrovascolari, infarto miocardico acuto – angina gra- ve, encefalopatia di Wernicke, epatopatie croniche, nefropatie croniche

Farmaci ACTH, adrenalina, asparaginasi, agonisti β-adrenergici (es. albuterolo,

isoproterenolo,terbutalina), caffeina, calcitonina, contraccettivi orali, corticosteroidi, diazossido, diuretici (es. acetazolamide, clortalidrone, furosemide, tiazidi), dopam- mina, estrogeni, fenotiazina, fenitoina, fruttosio, glucagone, indometacina, litio (es.

carbonato), morfina, acido nicotinico, rifampina, somatostatina, streptozotocina, teo- fillina, tiabendazolo, D-tiroxina

Assunzione di alimenti ad alto indice glicemico (≥ 80) Datteri, pane bianco, patate, pizza

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todi più utilizzati negli Stati Uniti sono quello basato sulla esochinasi e quello sulla glucosio ossidasi. Tali metodi sono ben standardizzati e si stima che mediamente la variabilità interlaboratorio alla concentrazione di 135 mg/

dL (7,5 mmol/L) sia attorno al 2,6% (espressa in termini di CV)

(8)

. A livello nazionale, dati recenti ricavati dal pro- gramma di VEQ Inter-regionale dell’Azienda H. Careggi di Firenze, provano una variabilità media interlaboratorio attorno al 3,3%, alla concentrazione media di 93 mg/dL, attorno al 3,9% alla concentrazione media di 123 mg/dL, e attorno al 3,6% alla concentrazione di 249 mg/dL. Per quanto riguarda la riproducibilità si stima che la maggior parte dei laboratori riesca a stare dentro al traguardo rac- comandato del 2,2%

(20)

. Per le misure effettuate nei labo- ratori di analisi con analizzatori automatici l’intervallo di misurazione generalmente è tra 20 e 600 mg/dL.

Fase postanalitica

La glicemia varia con l’età nei soggetti in buona salute, e gli intervalli di riferimento sono riportati in Tabella  2, che riporta anche le soglie descritte nel paragrafo “Im- portanza del riconoscimento dell’iperglicemia nei pa- zienti ospedalizzati”. Negli adulti, la glicemia a digiuno sala dalla terza alla sesta decade di età, ma non sembra ulteriormente salire dopo i 60 anni. Per altro, dopo un carico glicemico, i valori di glicemia tendono a essere più elevati in soggetti anziani rispetto a quelli più gio- vani e questo apparentemente non è dovuto a un au- mento della resistenza insulinica con l’avanzare dell’età, ma forse va messo in relazione all’aumento della obesi- tà viscerale. Si ricordi inoltre che gli intervalli non sono utilizzati per la diagnosi diabete, che invece viene posta secondo i criteri ADA/WHO per valori ≥ 126 mg/dL (a di- giuno, in assenza di sintomi) confermati in almeno due occasioni separate.

Per quanto riguarda le unità di misura, il sistema di rife- rimento raccomanderebbe le unità in termini di quantità di sostanza (mmol/L), ma in Italia, e anche negli USA, sono comunemente usate le unità in concentrazione di massa (mg/dL). Per passare dai mg/dL alle mmol/L bi- sogna moltiplicare per 0,0555, per passare dalle unità in mmol/L ai mg/dL bisogna moltiplicare per 18,1818.

Per quanto riguarda l’intervallo fisiopatologico, i valori cri- tici per il limite inferiore (ipoglicemia) sono variabili, a se- conda delle società scientifiche, con valori da 0 mg/dL (JCAHO

*

), a 40 mg/dL (IFCC) a 45 mg/dL (CAP, RCP).

* JCAHO, Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations; CAP, College of American Pathologists; IFCC, International Federation of Clinical Chemistry and La- boratory Medicine; RCP, Royal College of Pathologists.

< 15 mg/dL quando la glicemia misurata nel laboratorio centrale è ≤ 100 mg/dL. Va sottolineato che in questa li- nea guida il 5% dei risultati può cadere fuori dai limiti in- dicati

(17)

. Infine, lo standard ISO 15197 ed. 2013 racco- manda criteri più stringenti, che dicono che il 95% delle misurazioni glicemiche non devono discostarsi di più di 15 mg/dL per valori di glicemia (misurata con metodo di riferimento) > 100 mg/dL, non più di 15 mg/dL per valori di glicemia ≤ 100 mg/dL, e che il 99% delle misurazioni su pazienti con diabete tipo 1 debbano cadere entro le zone A e B della griglia di consenso

(18)

.

Relativamente ai glucometri a uso ospedaliero, i siste- mi che sono in grado di superare le interferenze che maggiormente possono influenzare i glucometri per l’autocontrollo (effetto ematocrito, acetaminofene, aci- do ascorbico, acido urico, galattosio, maltosio e sodio) sono relativamente pochi e, nella nostra esperienza, si limitano a pochi strumenti prodotti da tre diverse azien- de. I risultati di una valutazione comparativa che abbia- mo recentemente eseguito dimostrano che, per quanto riguarda la precisione, tutti gli strumenti testati hanno mostrato una riproducibilità adeguata rispetto al tra- guardo desiderabile (CV pari a 3,3%)

(19)

. Purtroppo in questo studio non è stato possibile effettuare prove per valutare l’interferenza da parte della pressione parziale di ossigeno, che sappiamo poter essere un potenziale problema per pazienti in terapia intensiva.

Ovviamente la qualità del dato prodotto deve essere at- tentamente monitorata con l’uso di materiali di controllo, costituiti da strisce e/o soluzioni di controllo a concen- trazione nota di glucosio, utilizzando le normali proce- dure di Controllo Interno di Qualità, in collaborazione con il laboratorio analisi della struttura di riferimento. È fondamentale fare il controllo di qualità al primo utilizzo dello strumento e poi ogni volta che si apre una nuova scatola di strisce, nel caso in cui il dispositivo venga danneggiato o qualora si abbiano dubbi sull’attendibi- lità del dato.

Difficile prevedere cosa ci riserverà su questo fronte lo sviluppo delle tecnologie, anche se sembra che la ten- denza sia quella di integrare altri parametri (creatinina, β-idrossi butirrato), e sviluppare maggiormente l’elettro- nica per una migliore integrazione nei sistemi informatici degli ospedali (identificativo del paziente con codice a barre, identificativo dell’operatore ecc.).

Laboratorio centrale

Il glucosio viene oggi misurato solo con metodi enzima-

tici e i risultati dei più utilizzati programmi di valutazione

esterna di qualità, quali quello portato avanti dal College

of American Pathologists (CAP), provano che i due me-

(7)

Tabella 2. Intervalli di riferimento della glicemia e valori soglia delle iperglicemie nel plasma umano.

Intervalli di riferimento

Tipo di campione analizzato Concentrazione, mg/dL Concentrazione, mmol/L*

Cordone ombelicale 45-96 2,5-5,3

Neonato 30-60 1,7-3,3

Neonato, 1 giorni 40-60 2,2-3,3

Neonato, > 1 giorni 50-80 2,8-4,4

Bambino 60-100 3,3-5,6

Adulto, ≤ 60 anni 74-106 4,1-5,9

Adulto, 60-90 anni 82-115 4,6-6,4

Adulto, > 90 anni 75-121 4,2-6,7

* Per passare dalle unità mg/dL alle unità in mmol/L moltiplicare per 0,0555; per passare dalle unità in mmol/L a quelle in mg/dL moltiplicare per 18,018.

Valori soglia per le iperglicemie

Concentrazione di glucosio nel plasma Categorizzazione

≥ 200 mg/dL (≥ 11,1 mmol/L) Iperglicemia

≥ 140 mg/dL (≥ 7,7 mmol/L) Iperglicemia da stress (non diabetici)

180-220 mg/dL (9,9-12,1 mmol/L) Iperglicemia da stress (diabetici)

300-350-500 mg/dL (16,5-19,3-27,5 mmol/L) Soglia per valore critico (coma iperglicemico)

Anche per quanto riguarda il limite superiore non vi è consenso, dato che taluni indicano 300 mg/dL (RCP), al- tri 350 mg/dL (JCAHO), altri 500 mg/dL (IFCC, CAP)

(21)

.

Indicazioni operative

Sulla base della nostra esperienza, e in attesa di avvia- re dopo questo contributo un possibile documento di consenso intersocietario, riteniamo che possano essere prese in considerazioni le seguenti operazioni:

a) l’occorrenza di una iperglicemia al di sopra del valore di 500 mg/dL va segnalata immediatamente telefoni- camente al reparto dal responsabile di laboratorio, dopo che il dato sia stato confermato nel laboratorio medesimo con una seconda misura;

b) l’occorrenza a livello di reparto ospedaliero di un’i- perglicemia, valutata mediante glucometro, al di so- pra di 300 mg/dL deve dare luogo a un immediato prelievo di sangue venoso da inviare al laboratorio centrale per una conferma in regime di urgenza;

c) per un approfondimento diagnostico e l’esclusione del- la possibilità di un’iperglicemia da stress si consiglia di effettuare una misura dell’emoglobina glicata (HbA

1c

);

d) è molto importante standardizzare la fase preanaliti- ca per quello che riguarda il tipo di provetta da uti- lizzare, per evitare falsi negativi dovuti all’abbassa- mento della glicemia in provetta, prima della misura.

La misura su siero raccolto con provette contenenti acceleratori della coagulazione e barriera siliconica di separazione garantisce è la scelta migliore, facen- do in modo che il campione venga centrifugato entro 10 minuti dalla raccolta del sangue;

e) è fondamentale la gestione integrata dei glucometri ospedalieri con il laboratorio analisi.

Ringraziamenti

Si ringrazia il dott. Massimo Quercioli (Az. Ospedale Ca- reggi, Firenze) per averci messo a disposizione i dati di VEQ di tre esercizi svolti tra il 2016 e il 2017, e il dott.

Ferruccio Ceriotti (Laboratorio Centrale, Ospedale Poli- clinico, Milano) per la revisione critica del manoscritto.

Conflitto di interessi

Nessuno.

(8)

Bibliografia

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