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Terapia intensiva: ultime sentenze

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Terapia intensiva: ultime sentenze

Autore: Redazione | 17/12/2021

Responsabilità penale; condotta professionale tenuta dal personale sanitario di un ospedale; reato omissivo improprio.

Colpa medica: il nesso di causalità fra

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omessa diagnosi e decesso di un paziente

In tema di colpa medica, il nesso di causalità tra l’omessa diagnosi e il decesso di un paziente deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica fondato, oltre che su un ragionamento deduttivo basato su leggi scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto.

(In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la sussistenza del nesso causale tra la colposa omessa diagnosi di un infarto in un paziente – recatosi al pronto soccorso lamentando dolore alle braccia e vomito, e dimesso senza l’effettuazione di esami – e il decesso, atteso che, ove egli fosse rimasto in ospedale e sottoposto a monitoraggio, la sopravvenuta aritmia mortale avrebbe potuto essere rilevata e prontamente interrotta, con esito salvifico, stante la presenza nel nosocomio di un’unità di terapia intensiva coronarica).

Cassazione penale sez. IV, 24/02/2021, n.16843

Indennità per particolari condizioni di lavoro e personale infermieristico

La indennità in questione non spetta al personale infermieristico addetto al Pronto Soccorso o ad altri reparti che – sebbene in concreto chiamato a svolgere attività di terapia intensiva o sub-intensiva ovvero in contatto con pazienti affetti da malattie infettive- non sia però addetto ai relativi servizi. Ciò perchè la clausola contrattuale si riferisce a specifiche articolazioni del servizio sanitario e non al tipo di patologia con la quale l’infermiere può venire in contatto, quale che sia la struttura in cui lavora. (…) Il termine “servizio” è un termine generale idoneo a ricomprendere articolazioni del servizio sanitario denominabili in modo diverso (divisione, reparto, dipartimento, ecc.) ma comunque identificabili come parti dell’organizzazione sanitaria destinate alla cura di un certo tipo di malattie.

Cassazione civile sez. lav., 04/06/2020, n.10609

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Intubazione e ricovero in terapia intensiva neonatale

Esiste un nesso di causalità tra la condotta professionale tenuta dai sanitari di un nosocomio e le lesioni riportate da un neonato al momento del parto posto che i sanitari e tutta l’equipe della sala parto erano tenuti, dopo il monitoraggio mancante e non rassicurante “delle 5 e 13”, a ripeterlo e nel momento in cui avesse dato segni di compensazione e sofferenza ad espletare il parto nella maniera più veloce a loro disposizione, mentre il mancato monitoraggio ha comportato l’ipossia del neonato e la distocia di spalla con conseguente paralisi del plesso brachiale che ha necessitato di rianimazione, intubazione e ricovero in terapia intensiva neonatale ed in conseguenza di ciò, il neonato ha riportato lesione e paralisi del plesso brachiale.

Tribunale Reggio Calabria, 20/03/2019, n.456

Responsabilità medica

In tema di responsabilità professionale del medico, in relazione al nesso causale tra la condotta colposa del medico e l’evento lesivo è da escludere che possano avere una efficacia interruttiva le infezioni sopraggiunte durante il ricovero ospedaliero.

Non è infatti configurabile il sopravvenire di un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto alla condotta originaria, cui possa annettersi valore interruttivo del rapporto di causalità: ciò perché l'”infezione nosocomiale” è uno dei rischi tipici e prevedibili da tener in conto nei casi di non breve permanenza nei raparti di terapia intensiva, ove lo sviluppo dei processi infettivi è tutt’altro che infrequente in ragione delle condizioni di grave defedazione fisica dei pazienti.

Cassazione penale sez. IV, 06/06/2017, n.33770

Lungo ricovero presso l’unità di terapia

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intensiva

È configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta.

(Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva affermato la sussistenza del nesso causale tra l’errore chirurgico originario, che aveva ridotto la paziente in coma profondo, ed il decesso della medesima per setticemia contratta durante il lungo ricovero presso l’unità di terapia intensiva, rilevando come “l’infezione nasocomiale” sia uno dei rischi tipici e prevedibili da tener in conto nei casi di non breve permanenza nei reparti di terapia intensiva, ove lo sviluppo dei processi infettivi è tutt’altro che infrequente in ragione delle condizioni di grave defedazione fisica dei pazienti).

Cassazione penale sez. IV, 03/05/2016, n.25689

Terapia intensiva: la morte di un uomo

In tema di carenze strutturali ed organizzative dell’ospedale, esse possono rilevare sul piano della “misura soggettiva” della colpa qualora rendano “inesigibile” il conformarsi da parte del sanitario alla regola di cautela che si presume violata.

(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto di annullare la sentenza della Corte d’Appello che aveva condannato il “primario” di un’Unità di terapia intensiva per la morte di un uomo collegato a telemetria, al quale, a causa di un’inefficienza organizzativa, le infermiere avevano disattivato gli allarmi sonori che avvisano in caso di attacchi cardiaci).

Cassazione penale sez. IV, 03/12/2015, n.2541

Reparti di terapia intensive e sub- intensive

L’interpretazione, ex artt. 1362 e 1363 c.c, dell’art. 44, comma 6, del CCNL comparto sanità 1995/1998 non consente di riconoscere l’indennità prevista per gli infermieri che operano nei servizi di terapia intensive e sub-intensive anche a

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infermieri che operano in altri segmenti dell’organizzazione sanitaria non finalizzate alle terapie intensive e sub-intensive ogniqualvolta si verifichi di fatto una situazione di rischio assimilabile a quella propria dei reparti di terapia intensive e sub-intensive.

La volontà è pertanto quella di collegare l’indennità allo svolgimento del lavoro nelle terapie intensive, sub-intensive e nelle sale operatorie, e non al più generico rischio che si estende agli infermieri di altri reparti chiamati a svolgere attività di terapia intensiva o subintensiva.

Un’ulteriore conferma sul piano dell’interpretazione sistematica, si ha dalla lettura dell’art. 44, comma 9. Tale previsione abilita la contrattazione decentrata, entro ben definiti limiti di spesa, ad individuare altri operatori del ruolo sanitario ai quali corrispondere l’indennità, specificando che deve trattarsi di operatori che abbiano lavorato “nei servizi indicati nel comma 6”, che rafforza l’idea che il concetto di

“servizi” utilizzato nel comma 6, è concetto unitario ed omogeneo che vale ad indicare strutture dell’organizzazione sanitaria, quali i reparti di terapia intensiva, i servizi di nefrologia, i servizi di malattie infettive, ecc.

Cassazione civile sez. lav., 11/12/2014, n.26103

Trattamento in terapia intensiva o sub intensiva

In tema di indennità giornaliera, prevista dall’art. 44, comma 6, lett. a), b) e c) del c.c.n.l. 1 settembre 1995 per il comparto Sanità, la spettanza dell’emolumento è strettamente correlata allo svolgimento di attività in reparti specifici, destinati alla somministrazione di particolari cure, sicché essa compete solo al personale infermieristico addetto ai servizi – intesi quali articolazioni strutturali dell’organizzazione sanitaria – di malattie infettive, di terapia intensiva e di terapia sub intensiva.

(Nella specie, decidendo ai sensi dell’art. 420 bis c.p.c., la S.C. ha cassato la sentenza del tribunale che aveva riconosciuto l’indennità accessoria in favore di infermiera professionale addetta al servizio di pronto soccorso, che aveva dedotto, quale titolo per l’erogazione, l’espletamento di attività di cura in favore di pazienti in gravi condizioni, suscettibili di trattamento in terapia intensiva o sub intensiva).

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Cassazione civile sez. lav., 11/03/2014, n.5565

Terapia intensiva post-chirurgica

Nella gara pubblica, ove nella “lex specialis” la stazione appaltante abbia fatto espresso divieto ai partecipanti di apportare modificazioni alle distribuzioni spaziali e funzioni prefissate nel progetto preliminare, messo a loro disposizione per lo sviluppo del progetto esecutivo, è doverosa l’esclusione dalla procedura selettiva del concorrente presentatore di un progetto esecutivo sostanzialmente difforme da quello preliminare (nella specie il progetto preliminare prevedeva 10 sale operatorie di chirurgia generale al primo piano; archivi per 200 mq.; studi medici per 3100 mq. articolati in 107 stanze e spogliatoi per 904 mq.; collocava la rianimazione e la terapia intensiva post-chirurgica allo stesso piano delle sale operatorie; il progetto esecutivo ha invece ha diviso le 10 sale operatorie tra il primo ed il secondo piano; ha spostato la rianimazione dal primo piano al piano terra; ha eliminato gli archivi; ha ridotto gli studi medici a mq. 2000 su 67 stanze e gli spogliatoi a mq. 760, spostandoli dal terzo piano al piano interrato; ha suddiviso tra primo e secondo piano la terapia intensiva:10 letti; ha spostato dal primo al secondo piano la neurochirurgia).

Consiglio di Stato sez. III, 12/04/2012, n.2082

Ricovero in unità di terapia intensiva del piccolo

La posizione di garanzia del capo dell’equipe chirurgica non è limitata all’ambito strettamente operatorio; ma si estende al contesto postoperatorio (rigettato il ricorso di un medico, capo dell’equipe chirurgica che aveva operato un neonato, a cui era stato mosso l’addebito di non aver disposto dopo l’operazione il ricovero in unità di terapia intensiva del piccolo e di non aver comunque dato disposizioni per un articolato monitoraggio dei parametri vitali; con la conseguenza che non era stata diagnosticata tempestivamente una emorragia che, per mancanza delle terapie necessarie, aveva determinato la morte del bambino).

Cassazione penale sez. IV, 06/03/2012, n.17222

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Scuola di specializzazione in Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva

È inammissibile il ricorso che ometta l’impugnazione di una delle motivazioni che sorreggono la mancata ammissione alla Scuola di Specializzazione in Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva.

T.A.R. Trieste, (Friuli-Venezia Giulia) sez. I, 10/05/2012, n.158

Reparti autonomi di anestesia e terapia intensiva

L’unificazione o la separazione dei reparti sanitari non può provocare di per sé una violazione dei principi costituzionali del buon andamento e della tutela della salute o incidere sui profili della responsabilità professionale. Infatti, il diritto alla salute può essere realizzato dall’Amministrazione secondo modalità organizzative differenti.

In particolare, la scelta organizzativa di introdurre reparti autonomi di anestesia e terapia intensiva e di cardiochirurgia d’urgenza è una delle scelte possibili per il raggiungimento dei migliori risultati, anche in base alla scienza medica. Tali scelte organizzative rientrano, dunque, nella discrezionalità dell’Amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale solo in ambiti molto ristretti di manifesta illogicità e irragionevolezza o contraddittorietà.

T.A.R. Roma, (Lazio) sez. III, 01/04/2010, n.5411

Creazione di unità di terapia intensiva neonatale

È costituzionalmente illegittimo l’art. 2, comma 280, lett. a), l. 24 dicembre 2007 n.

244. La disposizione censurata – prevedendo che il maggiore importo di cui all’art.

1, comma 796, lettera n), l. finanziaria 2007 sia vincolato per 100 milioni di euro al potenziamento delle unità di risveglio dal coma; per 7 milioni di euro al potenziamento e alla creazione di unità di terapia intensiva neonatale; per 3 milioni di euro all’acquisto di nuove metodiche analitiche, “basate sulla

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spettrometria di “massa tandem”, per effettuare screening neonatali allargati, per patologie metaboliche ereditarie, per la cui terapia esistono evidenze scientifiche efficaci” – pone nuovi e puntuali vincoli di destinazione delle somme stanziate in un ambito materiale di potestà legislativa concorrente (governo del territorio e tutela della salute), e quindi viola gli art. 117, comma 3, e 119, comma 3, cost.

Resta assorbita la questione promossa, “in via subordinata”, con riferimento al principio di leale collaborazione (sentt. n. 45, 50, 63, 142, 168 del 2008).

Corte Costituzionale, 02/04/2009, n.99

Ricovero in terapia intensiva di altro ospedale

Qualora un soggetto per malore si sia recato al pronto soccorso, e solo dopo due giorni per la sopravvenienza di uno stato comatoso gli sia stato praticato un esame TAC dal quale è risultata emorragia cerebrale, con conseguente ricovero in terapia intensiva di altro ospedale, al quale è subentrata la morte dopo circa dieci giorni, ai fini dell’imputazione della responsabilità di tale morte al personale ospedaliero occorre stabilire se “con alta od elevata credibilità razionale” la tempestiva esecuzione di un esame TAC, e di conseguenza un più ravvicinato inizio delle cure specifiche per la patologia dalla quale era affetto il paziente gli avrebbero salvato la vita.

Posto che l’emorragia di cui si parla è un sanguinamento causato dalla rottura di un vaso sanguigno, a sua volta determinata da una minore resistenza (aneurisma) o da una malformazione artero-venosa, e che dopo una tale emorragia si ha sempre un vasospasmo, cioè una riduzione del calibro delle arterie, che determina una riduzione dell’afflusso di sangue al cervello, la cui conseguenza naturale è in alta percentuale il decesso del paziente, se ne deduce che alcuna imputabilità a carico del personale ospedaliero.

Tribunale Roma sez. XIII, 28/02/2007

Trasferimento in reparto di terapia

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intensiva

In tema di nesso causale nei reati omissivi, non può escludersi la responsabilità del medico il quale non si attivi e non disponga il ricovero del paziente, che accusi un forte dolore toracico, nel reparto specialistico ove è attuabile un monitoraggio continuo, seguito dall’eventuale trasferimento in reparto di terapia intensiva, laddove nel giudizio controfattuale l’adozione di questa cautela avrebbe, con l’alta credibilità razionale o probabilità logica richieste ai fini della certezza penale, evitato il decesso (fattispecie in tema di morte del paziente per infarto non riconosciuto).

Cassazione penale sez. V, 16/02/2005, n.11969

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