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(1)

Appunti sulla meccanica

Prof. Daniele Ippolito Isis “Foresi”, Portoferraio

a.s. 2009/10

1 Notazione scientifica

In fisica spesso capita di avere a che fare con numeri “molto grandi”. Si consideri, ad esempio, la massa della Terra, pari a circa:

m T = 5974000000000000000000000 kg. (1)

Rappresentare un numero del genere nella forma (1) `e molto sconveniente per due ra- gioni. In primo luogo, se volessimo avere un’idea di quanto effettivamente sia “grande”

tale numero, dovremmo contare i numerosi zeri che compaiono nell’espressione. Inoltre, tale rappresentazione sarebbe scomoda nel caso in cui volessimo impiegare tale numero in qualche operazione con altri numeri “molto grandi” come, ad esempio, se volessimo moltiplicarlo con la massa della Luna (operazione che in fisica capita di dover svolgere nel calcolo della forza gravitazionale):

m L = 73480000000000000000000 kg. (2)

Per numeri del genere, occorre allora ricorrere ad una rappresentazione differente. Una possibilit`a pu`o essere quella di usare le potenze di 10 (10, 100, 1000, ecc.), che si rivelano molto utili nel caso di moltiplicazioni o di divisioni. Notiamo allora che l’espressione (1) pu`o anche essere scritta come:

m T = 5, 974 · 1000000000000000000000000 kg, (3) ossia come la moltiplicazione di un numero compreso tra 1 e 10, scritto in forma decimale, con una potenza di 10. Ricordiamo che, per la definizione di potenza di un numero (in questo caso in base 10), elevato ad un esponente naturale m:

10 m =

m volte

z }| {

10 · 10 · · · 10 = 1

m zeri

z }| {

0 . . . 0 . (4)

A questo punto, per scrivere in maniera pi` u “compatta” l’espressione (3), basta contare gli zeri che compaiono nella potenza di 10: in questo caso sono 24. Allora la (3) diventa:

m T = 5, 974 · 10 24 kg, (5)

(2)

che `e la forma in cui `e riportata la massa della Terra in tutti i libri di fisica. Una rappresentazione di questo tipo, con un numero compreso tra 1 e 10, detto mantissa, che moltiplica una potenza di 10 `e detta notazione scientifica.

Un procedimento intuitivo per trasformare un qualsiasi numero “grande” in notazio- ne scientifica pu`o essere quello di contare di quante cifre occorre “spostare la virgola a sinistra” per ottenere una mantissa compresa tra 1 e 10. Il numero di tali cifre ci d`a l’esponente della potenza di 10 che moltiplica la mantissa ottenuta. Ad esempio, dato il numero che compare nella (1), bisogna spostare la virgola di 24 cifre a sinistra per ottenere 5,974 che, quindi, andr`a moltiplicato per 10 24 .

Notiamo adesso come la notazione scientifica ci consenta di eseguire rapidamente un’operazione come la moltiplicazione della massa della Terra con quella della Luna.

Innanzitutto, trasformiamo anche la (2) in notazione scientifica:

m L = 7, 348 · 10 22 kg. (6)

Abbiamo allora:

m T m L = 5, 974 · 10 24 kg · 7, 348 · 10 22 kg = 5, 974 · 7, 348 · 10 24 · 10 22 kg 2 . (7) Per concludere, basta svolgere, separatamente, il prodotto delle due mantisse e il prodotto delle due potenze di 10. Il prodotto delle due mantisse si pu`o effettuare con una normale calcolatrice e viene circa 43,897. Per quanto riguarda il prodotto delle due potenze di 10, esso si pu`o svolgere senza calcolatrice, ricordando una delle propriet`a delle potenze.

Ricordando la definizione (4), si ottiene che:

10 m · 10 n =

m+n volte

z }| {

10 · 10 · · · 10, ossia:

10 m · 10 n = 10 m+n . (8)

Il prodotto di due potenze di 10 `e quindi una potenza di 10 che ha per esponente la somma degli esponenti dei due fattori. Tornando allora all’espressione (7), si ottiene:

m T m L = 43, 90 · 10 44 kg 2 = 4, 390 · 10 · 10 44 kg 2 = 4, 390 · 10 45 kg 2 .

Se volessimo invece calcolare il rapporto la massa della Terra e quella della Luna, dovremmo utilizzare un’altra propriet`a delle potenze. Ricordando la definizione (4), `e facile rendersi conto che, nel caso in cui m ed n siano due numeri naturali con m ≥ n:

10 m 10 n =

m−n volte

z }| {

10 · 10 · · · 10, quindi:

10 m

10 n = 10 m−n . (9)

Il rapporto di due potenze di 10 `e quindi una potenza di 10 che ha per esponente la

differenza tra l’esponente del numeratore e quello del denominatore. Nel caso delle due

masse, abbiamo:

(3)

m T

m L

= 5, 974 · 10 24 kg

7, 348 · 10 22 kg = 5, 974 7, 348 · 10 24

10 22 = 0, 8130 · 10 2 = 81, 3

che, essendo un numero “piccolo”, rispetto a quelli finora considerati, possiamo anche riportarlo nella forma decimale a cui siamo abituati.

A questo punto, viene da chiedersi per`o se la relazione (9) del rapporto tra due potenze sia valida anche nel caso in cui m < n. In questo caso, abbiamo:

10 m

10 n = 1

10 · 10 · · · 10

| {z }

n−m volte

,

ossia:

10 m

10 n = 1 10 n−m .

Per mantenere la validit`a della regola (9) nel rapporto tra due potenze aventi la stessa base anche nel caso in cui l’esponente del denominatore sia maggiore di quello del numeratore, in matematica si introducono le potenze con esponenti negativi, definendole come:

10 −m = 1

10 m . (10)

cio`e, ad esempio:

10 −1 = 1

10 = 0, 1 10 −2 = 1

10 2 = 0, 01 Possiamo dire quindi che:

10 −m =

m zeri

z }| {

0, 0 . . . 0 1 (11)

Per illustrare meglio questo concetto, calcoliamo il rapporto inverso tra le due masse finora considerate:

m L

m T

= 7, 348 · 10 22 kg

5, 974 · 10 24 kg = 7, 348 5, 974 · 10 22

10 24 = 1, 230 · 10 −2 .

Osserviamo ora come la notazione scientifica si riveli utile anche nella rappresentazione di numeri molto piccoli. Consideriamo, ad esempio, la massa di un elettrone, pari a circa:

m e = 0, 00000000000000000000000000000091 kg. (12) Per rappresentare un numero del genere, dobbiamo utilizzare le potenze di 10 ad esponente negativo appena introdotte con la definizione (10). Scriviamolo nella forma:

m e = 9, 1 · 0, 0000000000000000000000000000001 kg

e notiamo che nella potenza di 10 compaiono 31 zeri. Possiamo quindi scriverlo come:

(4)

m e = 9, 1 · 10 −31 kg,

che `e la forma in cui `e riportata la massa dell’elettrone su tutti i testi di fisica.

In maniera analoga a quanto abbiamo visto per i numeri “grandi” un procedimento intuitivo per trasformare un qualsiasi numero “piccolo” in notazione scientifica pu`o essere quello di contare di quante cifre occorre “spostare la virgola a destra” per ottenere una mantissa compresa tra 1 e 10. Il numero di tali cifre ci d`a l’esponente negativo della potenza di 10 che moltiplica la mantissa ottenuta. Ad esempio, dato il numero che compare nella (12), bisogna spostare la virgola di 31 cifre a destra per ottenere 9,1 che, quindi, andr`a moltiplicato per 10 −31 .

Osserviamo come le relazioni finora viste per il prodotto e per il rapporto tra due po- tenze di 10 siano valide anche qualora compaiano esponenti negativi, a patto di effettuare somme o differenze algebriche. Ad esempio, calcoliamo:

m T m e = 5, 974 · 10 24 kg · 9, 1 · 10 −31 kg = 5, 974 · 9, 1 · 10 24 · 10 −31 kg 2 =

= 54, 36 · 10 −7 kg 2 = 5, 436 · 10 · 10 −7 kg 2 = 5, 436 · 10 −6 kg 2 . Il rapporto tra le due masse invece viene:

m T

m e

= 5, 974 · 10 24 kg

9, 10 · 10 −31 kg = 5, 974

9, 10 · 10 24

10 −31 = 0, 6565 · 10 55 = 6, 565 · 10 −1 10 55 = 6, 565 · 10 54 . Infine, ricordiamo la regola della potenza di una potenza di un numero, ossia:

(10 m ) n = 10 m·n , (13)

che occorre adoperare, ad esempio, nel calcolo di:

m 2 T = (5, 974 · 10 24 kg) 2 = 5, 974 2 · (10 24 ) 2 kg 2 = 35, 69 · 10 48 kg 2 = 3, 569 · 10 49 kg 2 .

Riepilogo

Per comodit`a riportiamo le regole principali che occorre adoperare nelle operazioni tra potenze di 10.

Esponente negativo 10 −m = 10 1

m

Prodotto 10 m · 10 n = 10 m+n Rapporto 10 10

mn

= 10 m−n

Potenza (10 m ) n = 10 m·n

Tabella 1: Regole delle operazioni tra potenze di 10

(5)

2 Vettori

Una grandezza vettoriale `e una grandezza fisica che `e espressa da un’intensit`a o mo- dulo, da una direzione e da un verso. Esempi di grandezze vettoriali sono la velocit`a e l’accelerazione vettoriali, la forza o il campo elettrico. Graficamente, il simbolo di un vet- tore `e una freccia la cui lunghezza ne rappresenta il modulo, l’inclinazione ne rappresenta la direzione e la punta ci d`a il verso. Una grandezza vettoriale si indica con una freccia sopra la lettera con cui essa `e indicata: ~a. Per indicare il modulo di un vettore ~a, usiamo invece il simbolo |~a|. Quindi, ad esempio, ~v rappresenta una velocit`a vettoriale, mentre

|~v| ne `e il suo modulo.

Figura 1: Simbolo di un vettore

2.1 Operazioni tra vettori

Vediamo alcune tra le principali operazioni che si possono definire sui vettori.

Somma vettoriale

Primo caso: vettori nella stessa direzione e nello stesso verso

La somma tra due vettori ~a e ~b aventi la stessa direzione e lo stesso verso `e un vettore

~c avente la direzione e il verso dei vettori e modulo pari alla somma dei moduli dei vettori.

Graficamente, il vettore somma si ottiene con il metodo “punta-coda”, ossia traslando ~b fino a far coincidere la sua coda con la punta di ~a, come illustrato nella Fig.2.

Figura 2: Somma di due vettori ~a e ~ b , aventi lo stesso verso

Secondo caso: vettori nella stessa direzione ma in verso opposto

La somma tra due vettori ~a e ~b aventi la stessa direzione ma verso opposto `e un vettore

~c avente la direzione degli addendi, il verso del vettore avente il modulo maggiore e un modulo pari alla differenza dei moduli degli addendi.

Terzo caso: vettori aventi direzioni differenti

La somma tra due vettori ~a e ~b aventi direzioni differenti `e data dalla regola del paral-

lelogramma. Come illustrato nella Fig.4, bisogna traslare i due vettori fino a far coincidere

le due code. A questo punto, occorre tracciare, dalla punta di ~a, una retta parallela a ~b

(6)

Figura 3: Somma di due vettori ~a e ~ b , aventi verso opposto

e, dalla punta di ~b, una retta parallela ad ~a, fino ad ottenere un parallelogramma come in Fig.4. Il vettore somma ~c `e la diagonale del parallelogramma che parte dalla coda dei due vettori.

Figura 4: Somma di due vettori ~a e ~ b , aventi direzioni differenti, attraverso la regola del parallelogramma

Un procedimento alternativo ma equivalente a quello descritto `e quello di applicare, anche in questo caso, il metodo “punta-coda”, come rappresentato nella Fig.5. In questo caso, il vettore somma ~c si ottiene unendo la coda di ~a con la punta di ~b.

Figura 5: Somma di due vettori ~a e ~ b , aventi direzioni differenti, attraverso il metodo “punta-coda”

Prodotto di una costante per un vettore

Il prodotto di una costante positiva k per un vettore ~a `e un vettore avente la stessa direzione e lo stesso verso di ~a e modulo pari a k|~a|.

Il prodotto di una costante negativa k per un vettore ~a `e un vettore avente la stessa direzione di ~a ma verso opposto e modulo pari a |k||~a| .

Differenza vettoriale

Nel caso della differenza tra due vettori, ~c = ~a −~b, osserviamo che tale differenza pu`o essere scritta anche come ~c = ~a − ~b = ~a + (−1)~b, ossia come la somma tra i vettori ~a e

−~b. Quest’ultimo `e il vettore opposto a ~b, cio`e il vettore avente stessa direzione e stesso

modulo di ~b ma verso opposto. Per eseguire la differenza vettoriale, si tratta allora di

disegnare il vettore −~b e poi di eseguire la regola del parallelogramma tra i vettori ~a e −~b,

come illustrato in Fig.6.

(7)

Figura 6: Differenza di due vettori ~a e ~ b , aventi direzioni differenti

Prodotto scalare

Il prodotto scalare tra due vettori compare nella definizione di alcune grandezze fisiche come, ad esempio, il lavoro di una forza. Dati due vettori ~a e ~b, formanti un angolo ϕ tra loro, consideriamo la proiezione di ~b parallela ad ~a, come evidenziato nella Fig.7, e la indichiamo con b k . Definiamo allora il prodotto scalare come:

~a · ~b = |~a|b k . (14)

Figura 7: Proiezioni parallele di due vettori ~a e ~ b

Adoperando la trigonometria e notando che b k = |~b| cos ϕ, possiamo scrivere la defini- zione (7) anche nella forma:

~a · ~b = |~a||~b| cos ϕ. (15)

Notiamo che un prodotto scalare tra due vettori pu`o essere anche negativo nel caso in cui cos ϕ < 0, cio´e quando l’angolo tra i due vettori `e compreso tra 90 e 270 .

Il prodotto scalare gode della propriet`a commutativa, come si pu`o verificare dalla relazione (15). Infatti:

~b · ~a = |~b||~a| cos ϕ = |~a||~b| cos ϕ = ~a ·~b. (16) Pertanto la definizione di prodotto scalare (7) pu`o essere data anche proiettando ~a su ~b, anzich´e il viceversa:

~a · ~b = a k |~b|. (17)

(8)

Prodotto vettoriale

Il prodotto vettoriale tra due vettori compare in alcune grandezze fisiche come, ad esempio, il momento di una forza. Dati due vettori ~a e ~b, formanti un angolo ϕ tra loro, misurato in senso antiorario da ~a verso ~b, consideriamo la proiezione di ~b perpendicolare ad ~a e la indichiamo con b ⊥ . Definiamo allora il prodotto vettoriale ~a ×~b come un vettore avente:

• direzione perpendicolare al piano su cui giacciono ~a e ~b;

• verso dato dalla regola della mano destra: si allinea il pollice nella direzione di ~a e le altre dita in quella di ~b; il palmo della mano ci d`a il verso del prodotto vettoriale;

• modulo dato dall’area del parallelogramma avente come lati ~a e ~b.

Se indichiamo con (x, y) il piano su cui giacciono ~a e ~b, il prodotto vettoriale sar`a lungo l’asse z. Il verso del prodotto vettoriale `e uscente dal foglio se l’angolo ϕ, misurato in senso antiorario da ~a verso ~b, `e compreso tra 0 e 180 ; `e entrante nel foglio se l’angolo ϕ `e compreso tra 180 e 360 . Per convenzione, si attribuisce segno positivo ai vettori uscenti dal foglio e segno negativo a quelli entranti. Ricordando che l’area di un parallelogramma

`e data dal prodotto di un lato per l’altezza relativa ad esso, possiamo anche scrivere il prodotto vettoriale come:

~a × ~b = |~a|b ⊥ e ~ z = |~a||~b| sin ϕ ~ e z , (18) dove b ⊥ `e la proiezione di ~b perpendicolare ad ~a, come evidenziato nella Fig.8 ed ~ e z `e un vettore di modulo 1 diretto lungo l’asse z ed uscente dal foglio.

Figura 8: Proiezione perpendicolare di un vettore ~ b su un vettore ~a

A differenza del prodotto scalare, il prodotto vettoriale non gode della propriet`a com- mutativa in quanto, come ci si pu`o rendere conto dalla regola della mano destra, il verso di ~b × ~a `e opposto a quello di ~a × ~b.

2.2 Scomposizione di un vettore

Un metodo efficace nello studio di grandezze vettoriali `e quello di scomporle lungo due assi

cartesiani x ed y. Come illustrato nella Fig.9, si tratta di proiettare un vettore ~a rispetto ai

due assi, ottenendo cos`ı le due componenti scalari a x e a y . Se si introducono due vettori

di modulo 1, detti versori, indicati con i simboli ~ e x ed ~ e y e orientati, rispettivamente,

lungo l’asse x e lungo l’asse y (nei versi positivi dei due assi), la scomposizione di ~a si pu`o

scrivere come:

(9)

Figura 9: Scomposizione di un vettore ~a nelle sue componenti cartesiane a

x

e a

y

~a = a x e ~ x + a y e ~ y . (19)

Uno dei vantaggi della scomposizione di un vettore in componenti cartesiane `e dato dalla possibilit`a di svolgere algebricamente le operazioni di somma, differenza, prodotto scalare o vettoriale tra due vettori senza dover ricorrere alla rappresentazione grafica.

Per quanto riguarda la somma o la differenza vettoriale, una volta scomposti due vettori ~a e ~b nelle loro componenti cartesiane, basta sommare o sottrarre separatamente le componenti lungo x e quelle lungo y. In formule:

~a ± ~b = a x e ~ x + a y e ~ y ± b x e ~ x + b y e ~ y (20)

= (a x ± b x ) ~ e x + (a y ± b y ) ~ e y . (21) Per quanto riguarda il prodotto scalare, osserviamo che ~ e x · ~ e x = 1, ~ e y · ~ e y = 1, mentre

~

e x · ~ e y = ~ e y · ~ e x = 0. Si ottiene quindi:

~a · ~b = (a x e ~ x + a y e ~ y ) · (b x e ~ x + b y e ~ y ) (22)

= a x b x + a y b y . (23)

Infine, considerando il prodotto vettoriale, abbiamo che ~ e x × ~ e x = 0, ~ e y × ~ e y = 0, mentre ~ e x × ~ e y = ~ e z ed ~ e y × ~ e x = − ~ e z , dove ~ e z `e un versore diretto lungo l’asse z con verso uscente dal foglio. Si ottiene quindi:

~a × ~b = (a x e ~ x + a y e ~ y ) × (b x e ~ x + b y e ~ y ) (24)

= (a x b y − a y b x ) ~ e z (25)

Dalle componenti cartesiane al modulo e viceversa

Talvolta possono essere note le componenti cartesiane di un vettore e pu`o essere ri-

chiesto di calcolarne il modulo e la direzione, ossia l’angolo ϕ formato con l’asse x, come

(10)

evidenziato nella Fig.9. Altre volte, invece, possono essere noti il modulo di un vettore e la sua direzione con la richiesta di calcolare le componenti. Occorre ricavare allora le relazioni di trasformazione.

Primo caso: dal modulo e dalla direzione alle componenti cartesiane

Se conosciamo il modulo e la direzione di un vettore ~a, le componenti cartesiane possono essere calcolate ricorrendo ai teoremi dei triangoli rettangoli in trigonometria.

Abbiamo quindi:

( a x = |~a| cos ϕ

a y = |~a| sin ϕ . (26)

Secondo caso: dalle componenti cartesiane al modulo e alla direzione

In questo caso, invece, il calcolo del modulo di un vettore ~a, a partire dalle sue componenti cartesiane a x e a y , `e semplice perch´e basta applicare il teorema di Pitagora:

|~a| = q

a 2 x + a 2 y (27)

Per quanto riguarda il calcolo dell’angolo formato da ~a con l’asse x, basta applicare le formule inverse delle (26):

( sin ϕ = a |~a|

y

cos ϕ = a |~a|

x

, (28)

oppure, dividendo la prima per la seconda delle due equazioni (28):

tan ϕ = a y

a x

. (29)

3 Definizioni generali per ogni tipo di moto

3.1 Velocit` a e accelerazione scalari

Consideriamo un punto materiale, ossia un corpo di dimensioni piccole rispetto a quelle dell’ambiente in cui si muove e che immaginiamo come un oggetto che possa traslare senza ruotare su se stesso. Supponiamo che tale punto materiale percorra una traiettoria qualsiasi e, su tale traiettoria, definiamo un’origine e un’ascissa curvilinea che ci consenta di determinare, in ogni istante del moto, il cammino percorso dal punto. Come esempio di ascissa curvilinea, possiamo pensare ad una serie di pietre miliari lungo una strada o al contakilometri di un’automobile.

Supponiamo che, all’istante t 0 , il corpo si trovi nel punto di ascissa s 0 e che, ad un istante successivo t, il corpo si trovi nel punto di ascissa s. Definiamo allora la velocit` a scalare media del punto materiale:

v m = s − s 0

t − t 0

. (30)

(11)

Figura 10: Moto di un punto materiale su una traiettoria qualsiasi con origine in O: studio della velocit`a scalare media

Parliamo di velocit`a scalare per distinguerla da un’altra grandezza fisica, la velocit`a vettoriale, che vedremo pi` u avanti.

Indicando il cammino percorso tra s 0 e s con ∆s = s − s 0 e l’intervallo di tempo trascorso tra t 0 e t con ∆t = t − t 0 , la (30) si pu`o scrivere anche come:

v m = ∆s

∆t . (31)

Se consideriamo il limite di questo rapporto incrementale per ∆t → 0 (ossia la deri- vata del cammino percorso rispetto al tempo), possiamo passare dal concetto di velocit`a media a quello di velocit`a istantanea, ossia la velocit`a in un determinato istante di tem- po. Possiamo pensare la velocit`a istantanea come il valore indicato dal tacchimetro di un’automobile. Definiamo allora la velocit` a scalare istantanea come:

v = lim

∆t→0

∆s

∆t = ds

dt . (32)

Supponiamo ora che il punto materiale, all’istante t 0 , abbia una velocit`a scalare istan- tanea v 0 e che, all’istante t, abbia una velocit`a scalare istantanea v. Definiamo allora l’accelerazione scalare media:

a m = v − v 0

t − t 0

, (33)

oppure, indicando la variazione di velocit`a scalare con ∆v = v − v 0 , la (33) diventa:

a m = ∆v

∆t . (34)

Analogamente, se consideriamo il limite per ∆t → 0, passiamo dall’accelerazione scalare media, all’accelerazione scalare istantanea:

a = lim

∆t→0

∆v

∆t = dv

dt . (35)

Osservando che la velocit`a `e, a sua volta, la derivata del cammino percorso rispetto al tempo, l’accelerazione `e la derivata seconda del cammino rispetto al tempo:

a = d 2 s

dt 2 . (36)

(12)

3.2 Velocit` a e accelerazione vettoriali

Consideriamo ancora il nostro punto materiale in movimento sulla traiettoria curvilinea.

Supponiamo ora per`o di non disporre di un’ascissa curvilinea che ci consenta di misurarne il cammino percorso dall’origine ma di conoscere il vettore che descrive in ogni istante la posizione del corpo rispetto ad un sistema di riferimento. Indicando con ~ s 0 la posizione del punto all’istante t 0 e con ~s la posizione del punto all’istante t, definiamo la velocit` a vettoriale media:

~

v m = ~s − ~ s 0

t − t 0

, (37)

o, indicando con ∆~s = ~s − ~ s 0 lo spostamento del punto tra t 0 e t:

~

v m = ∆~s

∆t . (38)

Figura 11: Moto di un punto materiale su una traiettoria qualsiasi: studio della velocit`a vettoriale media

Come possiamo notare dalla Fig.11, la velocit`a vettoriale media ha la direzione della retta secante la traiettoria del punto materiale nei due punti individuati da ~s e ~ s 0 .

Analogamente, si definisce la velocit` a vettoriale istantanea:

~v = lim

∆t→0

∆~s

∆t = d~s

dt . (39)

Per quanto riguarda la direzione della velocit`a vettoriale istantanea, essendo essa il limite per ∆t → 0 della velocit`a vettoriale media, sar`a tangente alla traiettoria. ` E importante sottolineare che tale propriet`a vale per qualunque tipo di moto su qualunque traiettoria.

La definizione di velocit`a vettoriale istantanea ci consente infine di definire anche l’accelerazione vettoriale media:

~

a m = ~v − ~ v 0

t − t 0

, (40)

oppure:

~

a m = ∆~v

∆t . (41)

e l’accelerazione vettoriale istantanea:

~a = lim

∆t→0

∆~v

∆t = d~v

dt = d 2 ~s

dt 2 . (42)

(13)

4 Vari tipi di moto

Le definizioni che abbiamo visto nel paragrafo precedente sono valide per moti su qua- lunque tipo di traiettoria. Vediamo ora che tipo di moto percorre un punto materiale a seconda della forza totale a cui `e soggetto e delle condizioni iniziali del moto.

4.1 Moto rettilineo uniforme

Un punto materiale si muove di moto rettilineo uniforme (ossia a velocit`a vettoriale co- stante) se la forza totale a cui `e soggetto `e nulla, come stabilisce il primo principio della dinamica.

Per questo tipo di moto, fissiamo sulla retta un’origine, un verso di percorrenza e un’ascissa rettilinea s. Essendo fissata la direzione del moto, non parleremo pi` u di velocit`a scalare o vettoriale ma semplicemente di velocit`a, assumendo la convenzione per cui la velocit`a `e positiva se il punto si muove nel verso fissato sulla retta, mentre `e negativa se esso si muove nel verso opposto. Equivalentemente, possiamo dire che v `e positiva se l’ascissa s aumenta, mentre `e negativa se s diminuisce. In simboli:

( v > 0 se s aumenta v < 0 se s diminuisce .

Figura 12: Moto rettilineo

E facile ottenere la legge oraria del moto rettilineo uniforme, prendendo t ` 0 = 0, e ricavando s dalla definizione di velocit`a media (30) che, in questo caso, essendo costante, indichiamo semplicemente con v. Si ottiene:

s = vt + s 0 . (43)

4.2 Moto rettilineo uniformemente accelerato

Consideriamo un punto materiale soggetto ad una forza totale costante non nulla avente una velocit`a iniziale parallela alla direzione della forza totale. In tal caso, il corpo mantiene una traiettoria rettilinea e la sua accelerazione, per il secondo principio della dinamica, `e anch’essa costante.

Possiamo quindi affermare che un punto materiale si muove di moto rettilineo unifor- memente accelerato (ossia ad accelerazione costante) se la forza totale a cui `e soggetto `e costante e se la velocit` a iniziale del moto ` e parallela alla direzione della forza totale.

Analogamente a quanto visto per il moto rettilineo uniforme, non parleremo pi` u

di accelerazione scalare o vettoriale ma semplicemente di accelerazione, assumendo la

convenzione per cui:

(14)

( a > 0 se v aumenta a < 0 se v diminuisce .

E facile ottenere l’espressione della velocit`a in funzione del tempo trascorso, ponendo ` t 0 = 0, ricavandola dalla definizione di accelerazione media (33) che, essendo costante, indichiamo semplicemente con a. Si ottiene:

v = at + v 0 . (44)

La legge oraria del moto rettilineo uniformemente accelerato si ottiene integrando la relazione (44) rispetto al tempo:

s = 1

2 at 2 + v 0 t + s 0 . (45)

4.3 Moto parabolico

Consideriamo ora un punto materiale soggetto ancora ad una forza totale costante ma avente una velocit`a iniziale non parallela alla forza totale. Come rappresentato nella Fig.13, riportiamo la forza totale lungo l’asse y e studiamo il moto proiettandolo in due direzioni: scomponiamo la velocit`a iniziale in una componente parallela a quella della forza totale, v 0y , e un’altra ad essa perpendicolare, v 0x . Nella Fig.13 la forza `e orientata negativamente, come nel caso della gravit`a, ma le relazioni che seguono valgono anche nel caso in cui essa fosse positiva, come pu`o accadere, ad esempio, per il moto di una parti- cella carica in un condensatore. Nel caso in cui la forza fosse positiva, la concavit`a della traiettoria sarebbe rivolta verso l’alto. In base a quanto osservato per i moti rettilinei,

Figura 13: Moto parabolico nel caso in cui v

0y

6= 0 per una forza ch agisce verso il basso

per quanto riguarda la proiezione del moto lungo l’asse x, esso sar`a un moto rettilineo uniforme, mentre la proiezione del moto lungo l’asse y sar`a un moto rettilineo uniforme- mente accelerato. Possiamo quindi scrivere le leggi orarie lungo i due assi, prendendo, per semplicit`a, x 0 = y 0 = 0:

( x = v 0x t

y = 1 2 at 2 + v 0y t .

Ricavando il tempo dalla prima di queste due equazioni e sostituendolo nella seconda, si pu`o ricavare l’equazione della traiettoria:

y = 1 2

a

v 0x 2 x 2 + v 0y

v 0x

x, (46)

(15)

che `e quella di una parabola. Possiamo quindi concludere che un punto materiale si muove di moto parabolico se la forza totale a cui ` e soggetto ` e costante e se la velocit` a iniziale del moto non ` e parallela alla direzione della forza totale.

Con considerazioni analoghe, possiamo scrivere come variano le componenti della velocit`a al variare del tempo:

( v x = v 0x

v y = at + v 0y

.

Un caso particolare di moto parabolico `e quello in cui v 0y = 0. In questa situazione, l’equazione del moto assume la forma semplificata:

y = 1 2

a

v 0x 2 x 2 , (47)

che rappresenta una parabola con vertice nell’origine, rappresentata nella Fig.14.

Figura 14: Moto parabolico nel caso in cui v

0y

= 0 per una forza che agisce verso il basso

4.4 Moto circolare uniforme

Consideriamo un punto materiale che si muove su una traiettoria circolare con velocit`a di modulo costante, che indichiamo semplicemente con v. Detto T il periodo del moto ed R il raggio della circonferenza, il cammino percorso dal punto in un giro completo `e 2πR, quindi:

v = 2πR

T . (48)

Altra grandezza importante nel moto circolare uniforme `e la velocit`a angolare ω, definita come il rapporto tra l’angolo (espresso in radianti) spazzato dal raggio vettore in un giro completo, quindi 2π, ed il periodo:

ω = 2π

T . (49)

Combinando le due relazioni (48) e (49), si pu`o ricavare un’altra importante relazione:

v = ωR. (50)

Altra grandezza associata ad un moto periodico `e la frequenza ν, definita come il reciproco del periodo:

ν = 1

T , (51)

(16)

da cui si pu`o anche ricavare la relazione:

ω = 2πν. (52)

Per quanto abbiamo visto a proposito della direzione della velocit`a vettoriale, essa sar`a tangente alla traiettoria. La velocit`a quindi, pur essendo di modulo costante, `e un vettore la cui direzione ruota. Ci`o ha come conseguenza il fatto che il moto circolare uniforme `e in realt`a un moto accelerato.

Per determinare la direzione dell’accelerazione si potrebbe ricorrere al calcolo differen- ziale oppure si pu`o ragionare come segue. La velocit`a vettoriale `e la derivata rispetto al tempo del vettore posizione ~s(t) le cui punte descrivono una traiettoria circolare, come rappresentato nel disegno a sinistra della Fig.15. Analogamente, l’accelerazione vettoriale

`e la derivata rispetto al tempo del vettore ~v(t). Studiamo allora la traiettoria descritta dalle punte di ~v(t). Se trasliamo i vettori velocit`a facendone coincidere le code in un unico punto, come nel disegno a destra della Fig.15, notiamo che anche le punte di essi descrivono una traiettoria circolare. Dunque l’accelerazione sar`a, a sua volta, tangente a tale circonferenza, quindi perpendicolare alla velocit`a. ` E facile rendersi conto allora, come riportiamo per chiarezza nella Fig.16, che l’accelerazione ha modulo costante ed `e sempre diretta verso il centro della traiettoria descritta dal punto materiale. Per tale propriet`a, essa viene detta accelerazione centripeta.

Figura 15: Rappresentazione della direzione della velocit`a ~v(t) rispetto alla posizione ~s(t) (a sinistra) e dell’accelerazione ~a(t) rispetto alla velocit`a ~v(t) (a destra) nel moto circolare uniforme

Figura 16: Andamento dell’accelerazione ~a(t) nel moto circolare uniforme

Per determinare il modulo dell’accelerazione centripeta, possiamo riprendere l’analo- gia tra velocit`a come derivata di ~s(t) ed accelerazione come derivata di ~v(t). Quindi, se il modulo della velocit`a `e espresso dalla relazione (48), quello dell’accelerazione, che indi- chiamo con a, si ottiene sostituendo alla velocit`a l’accelerazione e al raggio R la velocit`a.

Abbiamo quindi:

(17)

a = 2πv

T (53)

da cui, utilizzando la definizione di velocit`a angolare, si giunge all’espressione:

a = ωv (54)

Andando a scrivere ω in funzione di v o viceversa, si possono adoperare le due seguenti espressioni dell’accelerazione centripeta:

a = v 2

R (55)

a = ω 2 R. (56)

Volendo scrivere l’accelerazione centripeta in forma vettoriale, introduciamo il versore

~

e r , diretto lungo la direzione del raggio vettore verso l’esterno, ed abbiamo:

~a = − v 2

R e ~ r = −ω 2 R ~ e r . (57)

dove il segno negativo `e dovuto al fatto che, come abbiamo visto, l’accelerazione `e rivolta verso l’interno della circonferenza, quindi ha verso opposto a ~ e r .

Per concludere il discorso, per la proporzionalit`a tra la forza totale e l’accelerazione,

prevista dal secondo principo della dinamica, anche la forza totale dovr`a essere costante

in modulo e diretta verso il centro della traiettoria. Possiamo quindi dire che un punto

materiale che si muove di moto circolare uniforme ` e soggetto ad una forza totale centripeta

e di modulo costante.

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