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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.05 (1878) n.194, 20 gennaio

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L'ECON OMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno V - Yol. IX

D om enica 20 g en n a io 1878

N. 194

IL SUSSIDIO DELLO STATO

AL -COMUNE DI FIRENZE

È da qualche anno che l’ Italia assiste ad un do­ loroso spettacolo. — Una gran città italiana, som­ mamente benemerita della Nazione, che per due volte, nel corso di soli dodici anni, ha sagrificato senza lamenti e senza rimpianti al gran principio dell’unità nazionale la sua qualità di capitale di uno Stato, si dibatte nelle incomparabili angustie della sua finanza. Firenze; esaurite ormai tutte le sue risorse, spinti al massimo limite gli aggravii dei suoi cittadini, vede avvicinarsi minacciosa ed inevitabile la sua completa rovina finanziaria che, quando non potesse ripararsi, comprometterebbe il suo onore e la sua vita econo­ mica. — 11 funesto privilegio, non ricercato da lei, di avere ospitata per sette anni nelle sue mura la sede del Governo nazionale le è costato ben caro ; essa volle fare gli onori di casa ai nuovi ospili forse con troppa splendidezza, ma la sua innata generosità non le permetteva di dimostrarsi gretta e meschina, parendole che cotesto sarebbe riuscito di disdoro piuttosto alla grande nazione di cui era la capitale, che a lei stessa. — Ad un tratto, per uno di quelli eventi che nessuno al mondo poteva prevedere tanto prossimo, la sede del Governo fu trasferita altrove, e la partenza improvvisa dei suoi ospiti la lasciava quasi deserta, togliendole così d’ un colpo quelle risorse sulle quali aveva contato per far onore agli impegni contratti.

La storia delle vicende finanziarie del Comune di Firenze è abbastanza nota; i rappresentanti suoi, che aveano dato voto favorevole per le spese occorse per la sua qualità di capitale del Regno, non l’abbando­ narono nel pericolo, e restarono impavidi al loro posto preparati a subire tutte le dolorose conse­ guenze dei precedenti loro deliberati. Il Municipio fiorentino ha lottato senza posa e sempre con nuovo vigore contro le immense difficoltà della sua situa­ zione finanziaria, e non è sua colpa se i suoi sforzi non hanno riuscito a scongiurare il pericolo. Ed ormai la cosa è ridotta a tale da rendere inutile il ricercare nelle sole forze contributive dei suoi con­ cittadini un rimedio efficace alle piaghe finanziarie del Comune fiorentino, talché è oggi il momento di decidere se il Governo, il Parlamento e gli Italiani tutti debbano o no, ed in qual misura, concorrere a salvare dall’ estrema rovina una città che ha tanti titoli alla gratitudine dell’ Italia intera.

Il concetto che lo Stato contribuisca a sollevare le finanze del Comune fiorentino disastrate per dato e fatto di una necessità nazionale, si è ormai fatto

strada nelle menti della maggioranza degli Italiani. Fu cotesto concetto infatti che mosse il Governo del Re a nominare per Decreto ministeriale del 20 otto­ bre 1877 una Commissione incaricata d i riconoscere e stabilire la situazione finanziaria del Comune di F irenze e d i proporre il progetto d i legge da p re ­ sentarsi al Parlamento p e r un sussidio a carico dello Stato 1). Cotesta Commissione adempieva con

lodevole alacrità al suo compito, talché fino dagli ultimi del 1877, poteva presentare al Governo le sue osservazioni e le sue proposte concrete.

La relazione della onorevole Commissione, presie­ duta dal sen. Maglioni, veniva pubblicata per sunto nella Gazzetta Ufficiale del Regno del 28 dicembre

ora decorso ; essa adunque è già nota al pubblico anche per le riproduzioni fattene da molti giornali; pur nondimeno, crederemmo mancare al nostro do­ vere, se anche in questo periodico non se ne tenesse parola e non si esprimesse la opinione nostra sulla giustizia e sulla efficacia dei compensi che dalla pre­ lodata Commissione vennero proposti.

La onor. Commissione d’inchiesta premette che non potrebbe ammettersi il principio dell’intervento dello Stato al riparo delle finanze di un Comune qualunque, dissestate per cause locali; e bene a r a ­ gione, dacché male si parlerebbe di libertà e di autonomia comunale quando poi lo Stato dovesse risentire le conseguenze dell’ operato delle Ammini­ strazioni che si vogliono indipendenti dal Governo. Ma trattandosi del caso specialissimo di Firenze, che per necessità politiche dovè ospitare per sette anni la sede del Governo italiano, è da vedersi, se le at­ tuali sue strettezze economiche sieno state causate, ed in qual misura, piuttosto da interessi di carattere generale che da mera soddisfazione di locali necessità. — Perchè, quando si provi avverata la prima di co- teste due ipotesi e si dimostri che il compenso de­ cretato a Firenze con la legge 9 luglio 1871 fu in­ sufficiente perchè non corrispondente alle spese fatte nell’ interesse dello Stato, allora è di assoluta giustizia che per parte dello Stato si provveda a riparare il dissesto finanziario cagionato dal fatto suo. — Però alla Commissione non basterebbe la prova della insuf- ficenza del compenso concesso a Firenze del 1871, per proporre nuovi compensi o sussidii, ma per far ciò vuole di più dimostrata l’assoluta impossibilità di riparare al male con risorse proprie della città; giacché, come dice la relazione della Commissione,

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in mancanza di eotesta condizione non basterebbe neppure il diritto e V equità politica, perchè s i p o ­ trebbero contrapporre ragioni d'interesse p iù ge­ nerale.

Posti così i termini della questione da studiarsi la onor. Commissione scende ad esaminare nella sua re­ lazione:

1° Le condizioni finanziarie attuali del Comune di Firenze;

2° Se, e quanto sia possibile migliorarle con mezzi ordinarli, ossia con nuove risorse locali:

3 ° La entità delle spese causate dal fatto della sede del Governo in Firenze:

4 ° La entità del compenso accordato a Firenze con la legge 3 luglio 1871, al confronto con quella del compenso che per giustizia le aspettava anche sul­ l’esempio di quanto fu praticato per Torino nel 1804:

5° il maggior compenso che oggi per conse­ guenza spetterebbe a Firenze oltre quello accordatole nel 1871:

6° le modalità di cotesto compenso.

Le condizioni finanziarie del Comune fiorentino risultano alla Commissione con desolante evidenza dal Bilancio pel 1878 compilato dalla Commissione mu­ nicipale di Firenze, il quale presentava un disavanzo come appresso,

nella parte ordinaria . . L. 2,514,780.38 nella parte straordinaria . « 1,822,610,43 nel totale . . . . . L. 4,337,590,81 Ma la Commissione d’ inchiesta credè suo debito esaminare ancora le singole partite di entrata ed uscita di cotesto Bilancio per vedere se vi fosse modo di ingrossare le prime ed assottigliare le seconde e di­ minuire così il disavanzo. — Difatti essa credè tro­ vare alcuni titoli di entrata suscettibili di aumento anche peli’esempio di quanto avviene in qualche altra grande città dello Stato, e conseguentemente propose i seguenti aumenti di entrate, ricavabiii come appresso,

dal dazio di consumo per . L. 200,000 da una tassa di vendita al

minuto dei vini ed alcool . » 200,000 dalla tassa sulle vetture e

d o m e s t i c i ...» 10,000 dalla sovrimposta sulla fon­

diaria...» 223,000 Aumento t o t a le ...L. 633,000 Si pensò pure che poteva ottenersi un maggior profitto dagli stabili di proprietà del Comune ven­ dendoli e pagando col retratto tante passività, ma si persuase poi la on. Commissione che il momento attuale non è il più favorevole per vendere case a Firenze. — In quanto a diminuzioni di spese la R. Commissione poco potè proporre dopo le economie introdotte nel bilancio comunale dal 1874 al 1877, giacché le spese che possono legalmente qualificarsi per facoltative, ma che per una gran città sono'asso­

lutamente indispensabili, si riducono per l’anno 1878 a poco più che 9 0 0 ,000 lire, comprese le straor­ dinarie.

Quantunque alcuni fra i Consiglieri del Comune fiorentino non si sentissero persuasi che si possano realizzare le maggiori entrate proposte dalla R. Com­ missione, pure coteste proposte furono completamente

accolte dal Municipio, il quale le includeva nel suo bilancio 1878 riducendo il .disavanzo a circa 3,620,000 lire.

Però la on. Commissione d’ inchiesta osservava che nel bilancio fiorentino pel 1878 vi sono incluse al­ cune spese di carattere precario, le quali vanno a spa­ rire, e che vi mancano alcune entrate che presto si realizzeranno. Così ad esempio le spese dei nuovi acquedotti, del compimento dei viali, dei nuovi Lung’ Arno e Piazzale S. Niccolò, della nuova cinta daziaria, ben presto saranno eliminate dal bilancio, mentre vi figurerà fra qualche anno in cifra assai più rilevante l’ entrata per vendita di acqua potabile che oggi figura solo per 100,000 lire. Quindi è che la Commissione volle rendersi conto di quel che potrebbe essere un bilancio normale del Comune di

Firenze, eliminata, cioè, eotesta spesa di carattere transitorio e tenuto conto delle nuove o maggiori entrate sopraindicate ; e dietro i suoi calcoli 'stabi­ liva cotesto bilancio normale come appresso:

Entrate ordinarie . . » straordinarie. . Entrata totale. Spese ordinarie . . . » straordinarie . . Spesa totale . . L. 11,312,217 59 . » 42,873 55 . L. 11,355,091 14 . L. 12,858,869 88 . » 1,435,863 05 L. 14 ,2 9 4 ,7 3 2 95 Disavanzo . . » 2,939,641 79 Siccome per altro nella parte straordinaria delle spese si comprende un milione e più di lire per ammortamenti di debili ai quali il Comune potrebbe far fronte con nuovi debiti da contrarsi anche a m i­ gliori condizioni quando sparisse il deficit dai suo

bilancio, così è che la on. Commissione stabilirebbe il disavanzo vero ordinario normale pel Comune di Firenze in L. 1,9 0 0 ,0 0 0 circa. A eotesta somma oc­ corre raggiungere la contabilità speciale passiva del debito contratto per l’occupazione austriaca dal 1849 al 1855,il quale porta pel 1878 un carico di L. 670,000 circa che va annualmente crescendo ; cosicché il totale di cotesto disavanzo normale salirebbe a li­ re 2,-570,000, al quale non si saprebbe davvero provvedere con le sole risorse locali.

Provato così, con cifre anche troppo eloquenti, il disastro finanziario del Comune di Firenze, la ono­ revole Commissione passa a ricercare quale sia stata effettivamente la somma che questo Comune ha do­ vuto spendere per dato e fatto della sua qualità di Capitale del Regno.

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20 gennaio 1878 L’ E C O N O M IS T A 35

venale degli stabili ceduti ’). — Ma la Giunta par­ lamentare del 1871 non poteva tener conto di molte spese fatte posteriormente, ma che erano conse­ guenza inevitabile di impegni g ià presi per dato e fatto della capitale. Perciò fu reso oggi neces­ sario un nuovo conteggio il quale fu eseguito per ordine del Governo dal Comm Petithon Direttore di ragioneria al Ministero delle Finanze, il quale calcolò tutte le spese incontrate per l’indicato titolo del Comune di Firenze in 66 milioni di lire, cifra che presso a poco si ottiene anche prendendo a base del conto gli imprestiti contratti dal Comune dal 1865 al 1872. — Però la onorevole Commis­ sione non ritiene che a Firenze dovesse e debba abbuonarsi tutta la somma spesa per il fatto della

Capitale, stanteehè la proprietà ed il godimento dei miglioramenti ed abbellimenti fatti, sia pure per co- testa causa, rimane poi a Firenze, e crede che co- desto abbuono debba per equità farsi nella stessa proporzione con la quale fu compensata Torino, la quale delle spese fatte per causa della sede del Go­ verno si ebbe circa il 74 per cento. Onde è che riduce cotesti 66 milioni di lire a 48,970.000, e quindi, detratti i 22 milioni già dati nel 1871, e calcolati gli interessi sulla somma rimanente dal 1871 ad oggi, viene in conclusione a stabilire che oggi spetterebbe a Firenze un nuovo compenso di 41 mi­ lioni effettivi.

Stabilita cosi la somma del compenso che do­ vrebbe lo Stato dare oggi a Firenze in supplemento all’altro già dato nel 1871, la Commissione dichiara che non crederebbe opportuno che cotesta fosse data sotto forma di rendita consolidata sul Gran Libro del Debito pubblico, perchè si darebbe un capitale perpetuo per riparare a necessità che non sono tutte perpetue, essendovene alcune di effetto tempora­ neo, che possono eliminarsi anche per leggi di ca­ rattere generale per tutti i Comuni del Regno.

— Vorrebbe adunque la Commissione che il com­ penso da darsi fosse per tre quarti perpetuo, e per una quarta parte temporaneo nel modo seguente : I o Siccome il Municipio di Firenze col 31 di­ cembre 1877, compresa anche la contabilità spe­ ciale per l’occupazione austriaca, si trovava caricato di un debito fluttuante di L. 3 4 ,577,000 cosi lo Stato dovrebbe prendersi per se 30 milioni di cotesto debito da pagarsi mediante emissione di Buoni del Tesoro da sostituirsi ai titoli cambiarii del Comune. — Cotesta operazione sgraverebbe il Comune di Firenze di un carico annuo di Li­ re 1,800,000 giacché le cambiali da lui emesse portano un’ interesse del sei per cento, mentre ag­ graverebbero lo Stato soltanto di L. 1 ,200,000

’) Con la legge 9 luglio 1871, fu data a Firenze. 1. Una rendita consolidata cinque per cento di L. 1,217,000 che, calcolata al corso di Borsa di quel giorno, rappresentava un capitale, di L. 14,677,000.

2. I Conventi di S. M. Novella, S. Croce, Ba­ dia, Carmine. S. Firenze, S. Jacopo alFArno e Santa Trinità.

3. 11 palazzo del Ministero dei Lavori pubblici, il Palazzo Vecchio, e lo stabile di S. Biagio, ed eventualmente la porzione dello stabile di Piazza della Signoria occorrente per l’allargamento di Via dei Gondi.

Però si metteva il patto che cotesti stabili non si vendessero, ma servissero ad usi di utilità pub­ blica.

all’ anno essendo al quattro per cento l’ interesse attuale dei Buoni del Tesoro con scadenza da 10 a 12 mesi.

2° Inoltre lo Stato dovrebbe diminuire di 300 ,0 0 0 lire il canone annuo del dazio di consumo, pagato attualmente dal Comune, ma ciò tempora­ neamente, finché cioè non si ravvisassero migliorale le condizioni finanziarie del Comune fiorentino, sia per l’influenza di cause locali sia per l’ effetto di leggi generali.

In conclusione, stando alle proposte della Regia Commissione d’ inchiesta, il Comune fiorentino si troverebbe migliorate le condizioni del suo Bilancio per 2 ,3 0 0 ,0 0 0 lire all’anno, ma dovrebbe, accet­ tando coteste condizioni, rinunziare totalmente a qualunque pretesa ili riva'sa verso lo Stato per il pagamento delle spese dell’occupazione austriaca e dei relativi interessi.

Cotesto è in succinto il resultato degli studi e delle proposte della On. Commissione nominata dal­ l’onorevole Depretis nel 2 0 ottobre dell’ anno ora decorso. — Ma si affaccia spontanea la domanda se i compensi proposti da cotesta Commissione corrispondono perfettamente ai sagrifizii fatti dal Comune di Firenze per le necessità della sede del Governo, e, ciò che più importa, se cotesti siano in fatto proporzianali alla necessità del suo bilancio. Ci permetta il lettore di spiegare chiaramente il nostro parere su cotesto interessante problema.

( Continua)

Il Monte dei Paschi di Siena

Il Monte dei Paschi di Siena, la cui fondazione risale a tempo assai lontano da noi e che attraverso a tante vicende ha saputo meritamente mantenersi la pubblica fiducia, offre materia di osservazione e di studio come istituto di credito fondiario ed agri­ colo, cassa di risparmio e Monte di Pietà.

Non sarà quindi discaro ai nostri lettori che da alcuni interessanti articoli pubblicati nel Paese, gior­

nale quotidiano senese noi togliamo alcune cifre, che esso alla sua volta prende da un elaborato rapporto dell’egregio Conte Niccolò Piccolomini sulla gestione del 1876. Giova notare che il Monte è diviso a causa appunto del suo carattere complesso in diverse sezioni, cioè Monte dei Paschi propriamente detto, Credito fondiario, Credito agricolo, Cassa di rispar­ mio, Monte di Pietà.

Il Monte considerato nel suo insieme al 31 Decem-

bre 1876 aveva in depositi l’ingente somma di L. 47

milioni 184,354 lire e 57 cent, e così L. 755,066,07 di più dell’anno precedente.

1 depositi che si effettuarono nel corso dell’anno

1876 salirono alla cifra di L, 1 0 ,9 9 4 ,9 6 3 ,6 9 ; e le

restituzioni resultarono di L. 10,772,147,16. I m utui ipotecari a lungo termine effettuati a

tutto il 31 dicembre 1876 resultarono di Lire 42,223,773 16 e i M utui ad E n ti morali per i

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36 L’ E C O N O M IS T A

20 gennaio 1878

a L. 5,903,829 89 con una differenza in meno di Lire 117,569 61 di fronte all’anno precedente.

L e sovvenzioni contro pegno raggiunsero la somma

di L. 950,817 00.

Gli sconti diversi si elevarono a L. 12,042,299 56

delle quali 12 milioni appartengono ai recapiti al­ l’ordine.

I l Movimento d i Cassa è verificato per Lire

38,269,736 66 quanto al giro degli incassi, e per

L. 38,119,185 89 per quanto si riferisce ai paga­ menti — per cui si ha un movimento totale di

Cassa per 76 milioni e lire 388,922 00.

Le tasse diverse alle quali, andò sottoposto l’isti­

tuto, ascesero, a L. 299,062 36.

Gli onorari ai diversi impiegati ammontarono nel

totale alla somma di L. 123,952 24.

Le spese di amm inistrazione si trovano segnate

in L. 38,357 con un aumento di circa L. 2000 sul­ l’anno 1875.

Le rendite sono ammontate a lire 3,154,353 53

contro a L. 2 ,/2 4 ,l o 7 , e cent. 45 di spese■ il qual movimento si accentua più nettamente e in, fondo fondo olire il vero resultato dell’amministrazione, quando si abbia riguardo agli u tili netti, che nel­

l’anno 1876 sono ammontati a L. 430,216 08. Su questa cifra di utili, si sono prelevate Lire 63,930 27, erogandole in sussidi ed elargizióni di­

verse a prò della città di Siena.

L attività depurata del Monte e il suo patrimonio

ascendono a circa 3 milioni e 700 mila lire. La Deputazione amministrativa ha cercato di dare sviluppo alle operazioni del Credito fondiario per mezzo delle Cartelle, contrariando invece alquanto gli imprestiti ipotecari a contanti. « Che se, come scrive

« il Provveditore Piccolomini, con un graduale pas-

« saggio venisse a prevalere questa forma, surro- « gandosi in modo quasi inavvertito all’ altra, non

« avremmo che a rallegrarcene, perchè in ciò s’incon- « trerebbe una garanzia di più per quel consolida- « mento dell’istituto che è scopo supremo delle no- « stre cure. »

Qui il Paese, mentre nulla troverebbe da osser­

vare in astratto, pensa che si avrebbe torto se si volesse modificare con troppa fretta un sistema an­ tico di imprestiti che ha per se la sanzione dei se­ coli.

« Quanto a noi conveniamo che i depositi ripeti­ bili a volontà o quasi, sono un grave pericolo per il normale e tranquillo andamento di uno stabili­ mento di credito, ma pensiamo ancora che quanto al nostro Monte non bisogni esagerarne la portata e gli effetti. —

« Le paure d’un improvviso e generale ritiro dei

depositi se non devono dirsi false, sono nelle attuali condizioni economiche e politiche e più che tutto avuto riguardo alla clientela del Monte assolutamente

esagerate e forse improbabili. N è la esperienza fatta dai nostri capitali in impiego di azioni industriali ec. è stata tale da invogliare grandemente a seguire la medesima via: nè il Monte può paragonarsi in modo assoluto ad una Banca ; nè il fatto è venuto mai a distruggere queste considerazioni, che di volo accen­ niamo, e che sembrano fare ai cozzi colle più pure teorie del credito. Nè ci pare che se anco per mera ipotesi si avesse quando che sia a temere di un si­ mile avvenimento potrebbero mancare mezzi e ripie­ ghi a questo potente istituto per far fronte al bi­ sogno.

« Nè d’altronde pensiamo, che si possa imprimere

notevole sviluppo alle cartelle fondiarie, sia collo sce­

mare il frutto del Monte, sia collo osteggiarne gli imprestiti, perchè al loro fecondo svolgimento fanno ostacolo altre e più gravi cagioni.

« Premessi questi brevi cenni, vediamo nelle cifre la vita del 1876 di questo venerando istituto. » (La sezione cioè che opera secondo l’antica consuetudine).

« I Depositi si elevarono alla cifra di 7 milioni

e 353 mila lire....

« Le restituzioni per contraccambio si verificarono

in un milione e 356 mila lire in più del 1875 ed ammontarono alla cifra di 7 milioni e 4 64 mila lire.

« Negli im prestiti ipotecarii si erogarono 2 milioni

851 mila lire e cosi 2 milioni 671 mila lire di meno che nel 1875.

« A dimostrare ora lo zelo; la cura che gli am­ ministratori del Monte si sono dati nel tutelare e ga­ rantire i suoi interessi diremo che nel 1876 l’istituto ha recuperato per 1 milione e 441 mila lire di capi­ tale; e 2 milioni e 470 mila lire fra interessi ordi­ nari e moratori. —

« E sempre nello intento di mantenere il suo stato reale finanziario in condizioni di evidenza e di regolarità non solo, ma di perfetta corrispondenza altresì con le cifre che lo esprimono, si sono dati ogni cura di depennare prontamente e coraggiosamente dall’attivo qualunque partita di credito che lasciasse qualche dubbio di realizzabilità, o che si mostrasse di leuta e dispendiosa liquidazione. E così nel 1876 si depennarono dall’attivo più di lire 80 mila fra ca­ pitale, interessi, spese legali e riduzioni di prezzo pei fabbricati. —

« Le spese sono ammontate a due milioni 260 mila

lire e le rendite a 2 milioni 621 lire — Y utile netto parziale si è verificato in lire 361,405 e cosi

di lire 119,590 maggiore del 1875. »

Il Credito fondiario del Monte dei Paschi fu aperto nel 1° Settembre 1867 ed estende la sua azione su 9 province^ contenenti 455 Comuni. Che se la pos­ sidenza e l’agricoltura non hanno risentito tutti quei grandi benefizi che taluni si aspettavano, ciò è de­ rivato dai numerosi ostacoli che si oppongono a un rapido sviluppo della istituzione.

Il Provveditore Piccolomini enumera fra questi ostacoli la difficoltà nell’accertamento del valore dei fondi, la lenta e dispendiosa procedura che intralcia la realizzazione delle garanzie e il recupero di que­ sto genere, la novità della istituzione, la resistenza che incontra nelle abitudini contrarie.

A tutte queste difficoltà si aggiunge quella che secondo il Paese è la maggiore di tutte, quella cioè

che il Monte la da secoli le stesse operazioni a con­ tanti invece che a cartelle fondiarie, e gode fama illimi­ tata. È vero infatti che il credito fondiario non si può sviluppare notevolmente senza la sicurezza di potere alienare con facilità e ad alto prezzo le cartelle, e a ciò si oppongono gli ostacoli sopracitati. D’ altra parte poi giova riflettere che il proprietario o l’aori- coltore deve nel momento della operazione subire una gravosa perdita sul capitale mutuato.

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oggi opportuno di restringere soverchiamente i m u­ tui a contanti per favorire quelli a cartelle. Che se guardiamo alle cifre, troviamo che le cartelle fon­ diarie del Monte dei Paschi, ricercate da vari Enti inorali e da privati depositanti del Monte, quali hanno ritirato parte dei loro capitali dal Monte medesimo per rinvestirli in cartelle, acquistando quelle che l’Istituto teneva nel suo portafoglio, da L. 4 20 sono salite in media a L, 425 e tale aumento continua, per cui ha già superato quello delle cartelle emesse da quattro Ira i sette istituti che esercitano il cre­ dito fondiario in Italia.

Anco gli im prestiti a lungo termine, hanno preso

maggiore sviluppo e se ne sono effettuati 21 per L. 1,092,000, che accumulali con quelli antecedenti formano al 31 dicembre 1876 un totale di n. 134 per L. 5,790,500,00.

« Ora se si riflette che nel -1868 si effettuarono soli 9 mutui per L. 489 mila, e così press’ a poco nel 1869, 1870, 1871 e 1872, che invece nel 1873 si raggiunse il numero di 18, nel 1874 di 30 per L. 658,500 e nel 1875 n. 18 per L. 878 mila, si ha ragione di ritenere che il lento, ma graduale sviluppo sarà per continuare con benefizio della pos­ sidenza e con utile dell’istituto. In ogni modo tale lentezza di azione è comune a quasi tutti gl’ istituti simdi d Italia, i quali in n. di sette non hanno im ­ prestato fin qui che circa 150 milioni, cifra illuso­ ria se si raffronta agli oneri ipotecari che si valu­ tano a circa 4 miliardi e mezzo; ed alla importanza del nostro regno, ed anco all’esempio della Francia ove la Banca di Credito fondiario dal 1856 ad oggi ha fatto operazioni per 1 miliardo o 241 milioni circa sulla cui cifra però è bene notare, che circa 897 milioni e mezzo si applicano alla città di Parigi e al dipartimento della Senna, mentre soli 343 e mezzo agli altri dipartimenti! »

Quanto a\\’imporlo noteremo che dei 13 i mutui

sopraddetti n. 71 oscillano da L. 2000 a 20,000 n. 25 da L. 2 0 ,0 0 0 a 50 mila, n. 15 da L. 50 mila a j ) 0 mila, n. 10 da 9 0 mila a 150 mila, n. 7 da 150 mila a 300 mila. — Quanto alla durata il mag­ gior n. 108 è della durata di 50 anni — n. 12 da’10 a 20 anni n. 12 di 30 anni — n. 2 da’ 40 a 45 anni. —

Quanto, finalmente, a\Y ubicazione n. 56 apparten- f

gono alla Provincia di Perugia per L. 3 ,4 3 3 ,5 0 0 — n. 31 a quella di Siena per L. 4 8 3 ,5 0 0 — n. 18 | a quella di Grosseto per L. 614 mila — n. 12 a quella di Firenze per L. 93 2 mila 500 — n. 7 a quella eli Pisa per L. 203 mila n. 4 a quella d’Arezzo per L. 59,500 e n. 6 fra Lucca, Livorno e Massa per L. 64,500.

« Al titolo depositi in custodia notiamo che le

cartelle^fondiarie vi crebbero più del doppio di fronte j al 1875 e rappresentano da sole un valore nominale di 1,269,000 superiore della metà all’intiero ammon­ tare di questi, circostanza anco questa da non la­ sciarsi inosservata, perchè è pure un contrassegno non equivoco della fiducia che gode lo istituto.

« Le sovvenzioni contro pegno di cartelle fondia­

rie ascesero al contrario a sole L. 14,722 contro lire 71,098,00 nel 1875, il che è un altra conferma della più facile negoziazione di questi titoli e del più raro bisogno che hanno avuto i possessori di ricorrere a questo mezzo del pegno per non trovare pronti acquirenti. —

« Le spese dell’esercizio ascero a L. 24702,91 e

le entrate a L. 35211,63 e così si verificò un «fife

netto di L. 10,508,72 resultato assai piccolo riguar­

dato in senso assoluto ma soddisfacente in senso re­ lativo quando si abbia riflesso cioè alla gestione de­ gli anni antecedenti che spesso è chiusa con un de­ ficit.' —

« Al raggiungimento di questo resultato ha gran­ demente cooperato la prudente oculatezza e illumi­ nato zelo degli amministratori, che hanno cercato con ogni mezzo di tutelare gli interessi dell’ istituto rispettando il più possibile quelli dei mutuatari e che hanno potuto così ottenere nel 1876 il recupero di

L. 74,500 di capitale e di L. 184,544 di interessi fra ordinari e moratori. »

Quanto al Credito Agricolo del Monte dei Paschi istituito nel 1870, esso ha cercato dalla sede di Siena di allargare la sua azione ne’ Comuni delle Provincie finitime, seguendo la provvida norma di localizzare

il più possibile il Credito a benefizio soprattutto del­ l’industria agricola che senza dubbio ha la preva­ lenza nei Comuni rurali. A questo effetto ha aperto N. 6 Succursali ne’ Comuni di Castel del Piano, Massa Marittima, Orbetello, Chianciano, Grosseto e Sinalunga, le quali tutte cooperano in una cifra non lieve ai resultali dell’Istituto.

I risultati ottenuti sono stati assai soddisfacenti, e la Direzione si propone di estenderli, sia stringendo con più efficaci norme regolamentarie i legami che uniscono le Casse affiliate di Risparmio con le Suc­ cursali del Credito Agricolo, sia consentendo 1’ au­ mento di queste nei luoghi ove possono riuscire pro­ duttive, sia finalmente corroborando l’azione del cen­ tro da cui si diparte ed al quale converge l’attività dei singoli punti deila sua periferia. »

Mentre nel 1874 le somme fornite dalla Sede alle Succursali furono di 2 milioni e 821 mila, nel 1875 salirono a 3 milioni e 393 mila lire, nel 1876 a 4 milioni e 961 mila lire.

I depositi esistenti, al 31 dicembre 1876 nell’Istituto

del Credito Agricolo ammontavano a L. 435,664,71 con L. 9 7 ,1 1 1 ,3 9 di più dell’anno 1875.

II movimento poi annuale dei Depositi si verificò

in L. 2 ,4 9 8 ,8 9 2 ,5 6 e così di L. 3 8 8 ,242,25 mag­ giore dell’anno antecedente.

Le restituzioni come è ben naturale hanno risen­

tito lo stesso aumento e sono ascese a L. 2,401,781,17 e così a L. 4 7 8 ,603,30 in più del 1875.

« Questo moto più largo nei Depositi, è dovuto in special modo ai Conti correnti il che sarebbe

ragione di bene sperare che l’uso tanto proficuo de­ gli Chéques vada estendendosi e possa contribuire a

un maggiore sviluppo e al conseguimento di più utili resultati per parte di questa Sezione. »

Si ignora quale incremento abbia preso un altra operazione affine alla precedente, quella cioè dei

Conti Correnti a tempo determinato, con cui si ri­

lasciano al nome dei depositanti ed al loro ordine speciali fed i d i deposito girabili e fruttifere.

Il frutto che oggi paga l’Istituto per questi Conti correnti varia dal 3 al 4 e mezzo per cento a se­

conda della diversa scadenza che può essere da due mesi ad un anno.

Il servizio de’biglietti all’ordine nominativi a vista

ha preso un largo sviluppo essendosi spiccati N. 708 biglietti fra Sede e Succursali per un totale di li­ re 943,830.

Le,, Sovvenzioni contro pegno salirono in blocco a

(6)

Fon-38 L’ E C O N O M IST A 20 gennaio 1878

diarie e L. 73,300 contro derrate e perciò abbiamo

di fronte al 1873 un aumento per le prime, di li­ re 88,730 e una lieve diminuzione nelle seconde di Lire 4,230.

Gli Sconti effettuati nel 1876 si raggruppano

nelle cifre seguenti: L. 12,016,639,36 per recapiti all’ordine, L. 23,660 per Canoni d ’affitto.

L’aumento di fronte al 1873 ammontante in com ­ plesso a L. 838,846,97 si verifica specialmente per le Succursali ;

I recapiti in essere al primo del 1876 ammon­

tavano — alla Sede in tfumero 831 per L. 1 mi­ lione 9 72 mila lire e alle diverse Succursali a nu­ mero 1353 per L. 710,803.

La più importante al l e gennaio per numero di recapiti (763) apparisce la Sede di Castel del Piano (per li, 144,617) ma per l’ammontare viene prima Chianciano d ie con 344 recapiti giunge alla Somma di L. 163,496: la meno importante per recapiti (N° 35 soltanto) e per l’importo (L. 3 5 ,220) si mostra Sinalunga e tale ò rimasta anco nel corso dell’anno.

I recapiti scontati durante l’annata ammontano

a N° 11,198 per L. 12 milioni 16 mila 639 dei quali N° 3547 per L. 8 milioni 141 mila lire ap­

partengono alla Sede.

Per le succursali il maggior numero ne ha scon­ tati Castel del Piano, (3522 per L. 630 ,6 8 0 ), ma per l'entità della somma vieti prima Massa Maritti­ ma che con un numero di 837 recapiti è giunta alla cifra di lire 847,541 , viene dopo Chianciano che con n. 635 ha raggiunto la cifra di L. 826,339.

A far meglio comprendere poi l’impulso vigoroso dato a questa sorta di operazioni aggiungeremo che gli effetti scontati negli anni precedenti, dal 1871 al 1874, raggiungono la rilevante cifra di 21 milioni e 807 mila lire.

Restavano in essere poi al 51 dicembre 1876 n. 26 8 4 recapiti per L. 2,710,183,32 dei quali n. 703 alla sede per L. 1,656,165.

II valor medio di ogni recapito scontato nel 1876

è stato per la Sede di L. 2,9 9 5 ,2 2 per Grosseto di lire 1,106,92 per Massa Marittima di L. 1012,60; per Sinalunga di L. 846,02; per Orbetello di L. 720,66; per Chianciano di L. 505,40 e per Ca­ stel del Piano di L. 189,20.

Però mentre questa Sezione al l ’ dell’anno 1876

j

aveva per lire 10,633 di Effetti in sofferenza, questi erano saliti al 31 dicembre a L. 2 9 ,7 7 7 ,9 0 - delle quali L. 23,016.40 spettanti alla Sede. Ma a dimo strare meglio il disagio in cui si è trovata la clien­ tela del Credito Agricolo a soddisfare ai suoi impegni, j basterà notare che gli effetti passati in sofferenza

durante l’anno ascesero a n. 149 per L. 183,602.

I B u o n i Agricoli al portatore che al novembre del

1876 ammontarono a L. 890,720, a fin d’anno erano saliti a L. 1,282,120, elevando la media della cir­ colazione che nel 1875 era stata di L. 856,353 a L. 1,137,626, quanto resultò nel 1876.

« Questa cifra non ci dà motivo di apprensione alcuna perchè di fronte ad essa sta esuberantemente, non diciamo il portafoglio e il capitale della Se­ zione, ma la forza colossale del Monte che non teme sfiducia. »

Le spese dell’ esercizio 1876 sono ammontate a

L. 199,649 con un aumento di L. 19,348 di fronte al 1875 — le entrate a L. 221,161 con una dimi­

nuzione di L. 5,161 di fronte all’anno precedente :

tantoché gli utili p a rzia li resultano di sole L. 21,512

e così di L. 11,187 inferiori a quelli del 1873. Questi dati e queste cifre ci dimostrano da un lato che il credito agricolo, sorretto da quella po­ tente istituzione che è il Monte dei Paschi, dà già benefizi non indifferenti e potrà recarne anche di maggiori alla provincia di Siena, ma dall’ altro ci sono una prova delle difficoltà che il credito agri­ colo in generale incontra e che sono naturalmente maggiori di quelle del credito fondiario. Perchè esso riesca ad estendersi, conviene non tanto che le condizioni materiali degli agricoltori migliorino, perchè in fin de’conti il credito esige sempre qual­ che solida garanzia, ma conviene anche che le qua­ lità morali si modifichino e che l’ istruzione e la educazione più diffusa insegnino il vantaggio che l’agricoltore al pari del negoziante può ritrarre dall’ essere scrupoloso osservatore degli impegni contratti.

Del resto noi non abbiamo inteso di entrare in una discussione teorica sul credito fondiario ed agricolo, ma semplicemente di accennare sulla scorta del giornale senese i risultati ottenuti da quella lo­ data istituzione che è il Monte dei Paschi, che così degnamente mantiene l’onore delle sue vecchie tra­ dizioni, senza pretendere di rimanere estraneo ai progressi odierni, ma le una e gli altri tempera con singolare efficacia.

Non abbiamo creduto di doverci intrattenere sulle sezioni del Monte che riguardano il risparmio e le anticipazioni su pegno, come quelle che non ci suggerivano osservazioni speciali.

IL SIG. M. C H E V A L IE R

E I BREVETTI D’ INVENZIONE

Riassumiamo le cose più importanti contenute in un estratto pubblicato nelle ultime due dispense del- l'Economiste français di un discorso intorno ai bre­

vetti d’invenzione col quale il sig. Michele Chevalier ha inaugurato il suo corso di Economia politica al Collegio di Francia.

L’oratore si mostra contrario ai brevetti d’inven­ zione. Essi hanno dato, egli dice, origine ad una specie di industria equivoca la quale lungi dall’es­ sere utile alla società, vive di usurpazioni e d’abusi. Appena una nuova invenzione, una scoperta nuova comincia a conoscersi, una mano di contrabbandieri, poiché tal sorta di gente non si merita altro nome, cerca di assicurarsene i profitti e i vantaggi per mezzo di un brevetto, innanzi che l’ inventore si sia messo in grado di impedirlo.

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20 gennaio 1878 L’ E C O N O M IS T A 39

che talora si fanno sfrontatamente accordare dei bre­ vetti per dogli oggetti che sono già nel dominio pub­ blico. — Il sig. Arturo Legrand racconta che il si­ gnor Pasteur membro dell’ Accademia delle Scienze e chimico eminente aveva trovato un nuovo pro­ cesso per la fabbricazione dell’aceto. Or bene, egli volle chiedere ed ottenere subito un brevetto per questa invenzione e ciò non già per ricavarne un qualche guadagno ma per mettere immediatamente l’invenzione nel dominio pubblico affine di impedire che un qualche astuto speculatore se ne impadro­ nisse a danno del pubblico e dell’industria.

E questi inconvenienti che si deplorano in Fran­ cia, seguita il sig. Chevalier, sono anche maggiori e più numerosi in Inghilterra. Autorità competen­ tissime come i due Brunet, sir William Armstrong, Scott Russel, Platt ne fanno ampissima fede. L’ in­ dustria inglese è spesso in mano di grandi manifat­ turieri, più spesso di grandi capitalisti che hanno adottalo la professione di comperare a vii prezzo brevetti ottenuti da uomini poveri o poco accorti. Un inchiesta fu fatta in Inghilterra nel 1861; dinanzi alla Commissione che ne era incaricata si espres­ sero energicamente tanto il sig. Platt quanto sir W il­ liam Armstrong. Quest’ ultimo fra gli altri fatti ed argomenti che citava opponeva contro la legge che autorizza i brevetti d’invenzione questa grave obie­ zione: Non è possibile, diceva egli, fare un perfe­ zionamento che non incontri sulla sua strada un brevetto il quale presenti come una scoperta qualche modificazione grossolana di cui l’attuazione sarebbe assolutamente impossibile ir.a che nonostante è suf­ ficiente a degli abili intriganti assistiti da qualche leguleio cavilloso per vincere una lite.

Il rapporto della commissione d’inchiesta del 1861 concluse per la riprovazione dei brevetti. Alla stessa conclusione erano già venuti lord Granville alla camera dei pari, e i presidenti delle due alte corti di Westminster. Però la commissione d’ inchiesta mentre riprovava le concessioni dei brevetti non accoglieva nessuna delle riforme proposte per atte­ nuarne gli inconvenienti dicendo che quegli incon­ venienti erano una conseguenza necessaria della legge medesima intorno ai brevetti d’invenzione.

Dal che si deve dedurre che i brevetti di inven­ zione sono oggi dei privilegi e dei monopolii indu­ striali affatto incompatibili colla libertà industriale che oggidì tende a farsi largo dovunque; ossi sono un avanzo di quei privilegi del medio evo aboliti colla rivoluzione deli’ottautanove. Il brevetto difatti è un diritto conferito a un individuo sul lavoro dei suoi concittadini, diritto offensivo dal quale derivano nojo e disturbi e sacrilìzj economici, diritto senza giustificazione possibile perchè è la negazione della libertà del lavoro e del diritto comune.

Taluni sostengono che i brevetti provocano le invenzioni. La cosa è per lo meno dubbia. Ciò che essi hanno provocato è stato sempre il desiderio di possedere un brevetto. Quindi gli spiriti si mettono a tortura per trovare un pretesto che possa servir loro a raggiungere l’intento; e di qui le scoperte inutili o ridicole, di qui lo lunghe perdite di tempo a tener dietro a delle chimere di attuazione impos­ sibile. Invece nella maggior parte dei casi gli au­ tori delle invenzioni degne di questo nome sono degli scenziati e fra questi sono eccezioni coloro che chiedono dei brevetti. E poi che non vi ha forse altra remunerazione possibile per una sco­

perta industriale che un brevetto di invenzione! Si può citare buon numero di scoperte per le quali non è stato preso un brevetto e che non sono state meno utili a coloro che n’ erano gli autori. Gli in­ ventori, invece di ottenere un brevetto e poi fare noto il segreto della loro scoperta, lo custodiscano gelosamente. Una casa di Lione possedeva il se­ greto di un color verde molto bello; essa se ne è riservata il monopolio per più di quindici anni, massimo di durata che avrebbe potuto avere un brevetto se vi si fosse ricorso. Krupp, il celebre fabbricante di cannoni, adopera un processo che non ha mai rivelato a nessuno. E quando si tratta di scoperte di tal natura ohe uon si possono conser­ vare segrete, l’industriale che ne è l’ inventore ha sempre tempo di sfruttarle innanzi che gli altri le conoscono e gli facciano concorrenza.

Oltre agii accennati inconvenienti i brevetti d’ in­ venzione diminuiscono la esportazione dei prodotti dagli Stati perchè rincarano la fabbricazione degli articoli brevettati : la Svizzera che non conosce brevetti d’ invenzione spesso ha la prevalenza sulla Francia nei mercati esteri. In una parola i brevetti dimi­ nuiscono la potenza produttiva dei popoli che li con­ cedono: proposizione evidente per quelli che credono che la libera concorrenza sia la gran leva del pro­ gresso industriale.

Tra le conclusioni che derivano dallo studio che stiamo facendo vi è questa che la moltiplicità dei brevetti e la straordinaria facilità con cui si accordano per dei cambiamenti insignificanti o puerili o per pretese scoperte sono tra le fonti principali dei danni cagionati all’industria e alla società dai brevetti d’in­ venzione. Quindi se non si voglia abolire addirittura questo privilegio bisognerebbe almeno procedere con grandi cautele e attenuare con un esame accurato da farsi in precedenza quei danni che la concessione dei brevetti arreca necessariamente.

N ell’ inchiesta fatta in Inghilterra nel 1864 il si­ gnor Woodcroft pregato dalla Commissione di dire in qual proporzione egli pensasse che si trovino i brevetti veramente meritati di fronte agli altri rispose: Ho preso in esame gli anni 1833, 1838, 1862; ho sottomesso ad un’ attenta apprezzaziono le cento prime scoperte iscritte in ciascuno di questi tre anni ed ecco ciò che ho trovato: nel 1853 sulle cento scoperte nessuna di un valore considerevole, quattro di un valore medioore; nel 18 3 8 uua che si poteva con­ siderare come di una gran portata e tre di qualche merito; nel 1862 uua di gran valore ed un’altra di qualche merito.

Supponendo che generalizzando gli studi fanti dal sig. Woodcroft si continuino ad ottenere gli stessi risultati, bisognerebbe che l’ esame da farsi in pre­ cedenza avesse per effetto di scartare novantanove domande su cento. Ora in Inghilterra il Comitato incaricato di esaminare le domandene ne scarta appena una su tre.

E siccome non si può incaricare un Comitato se­ rio del compito di scartare 99 su 100 domande, così la via più franca e più sicura è quella dell’abo- "lizione del privilegio.

(8)

40

L’ E C O N O M I S T A 20 gennaio 1878

In conclusione sembra al sig. .Chevalier che la le­ gislazione dei brevetti sia un errore del legislatore. In­ darno si è cercato in Francia dopo il 1844 di far subire una revisione alla legge sui brevetti. Non si trovò mai nulla di soddislacente. Laonde si è costretti a porre la questione dell’abolizione stessa del brevetto, precisamente coinè nivece di cercare di riformare le comunità d’ arti e mestieri si sono abolite, precisa- mente come invece di cercare di temperare gli e f ­ fetti mostruosi della proibizione, si prese il partito nel 1800 di abolire la tariffa.

LE EMISSIONI NEL 1877

Troviamo nel Moniteur des Intérêts Matériels un

documento molto interessante dal punto di vista finan­ ziano. E un quadro delle emissioni di valori effet­ tuati nel corso dell’almo 1877 dai vari paesi del

mondo. 1

Queste emissioni si elevano nell’ insieme alla cifra 1117:9.-!.’882’931 Irnnclli di Ironie a 5,625,000,000

ne 1876, 1,650,000,000 nel 1875, a 4,215,000,000 nel 1874. In questo totale gl’imprestiti degli Stati e delle citta figurano per una somma di 5,773,226,525 (ranchi, gli stabilimenti di credito per 400,712,550

k * ie^ i? rS0vlr e . ,e società industriali ’ per 1 ,/5 0 ,9 4 3 ,6 5 6 fr. La differenza enorme di queste cifre sopra quelle degli anni precedenti è più appa­ rente che reale ed è in gran parte dovuta alle em is­ sioni latte dagli Stati Uniti d’America per effettuare la conversione del debito federale. Dopo »li Stati Uniti che primeggiano per la rilevanza delle loro emissioni nel 1877, vengono la Francia con 1,877,000,000 di franchi e la Russia con 1 ,1 28,000,000 di franchi, togliamo in presto al nostro collega di Bruxelles le osservazioni che si riferiscono alle emissioni di questi tre Stati che assorbiscono la massima parte della ci Ira summenzionata

« A tout seigneur tout honneur: Sono gli Stati

Uniti d America di cui bisogna prima di tutto dire qualche parola giacché essi concorrono nel quadro per la cifra considerevole di 3 miliardi e mezzo, e, ciò eli è pur raro essi hanno volontariamente do­ mandato ai capitali questa somma importante. Si tratta della conversione tentata per la creazione del 4 per cento americano. Si sa che dopo di essere stato bene accolto questo nuovo sforzo della Repub­ blica americana; ha durante qualche tempo lasciato piu che freddi i capitali che dovevansi rea lizzare Si conosce la causa tutta speciale e tutta momentanea di questo arresto nella via della conversione.

«Ritornando sopra agli impegni presi, qualche finan­ ziere e qualche uomo di Stato americano ha agitato di nuovo la questione di sapere se gli Stati Uniti siano o no autorizzati a rimborsare indifferentemente tanto in oro quanto in argento, oppure soltanto in oro, il » proprio debito pubblico che giunge a scadenza. La questione era vecchia e già un’ altra volta, un pre­ sidente aveva dovuto impegnare la sua'parola per affermare il rimborso in oro. Fu a questa condizione che i titoli dell Unione passarono in Europa, dai portafogli volanti della speculazione nei forzieri

se-dentari del risparmio e del collocamento. Ritornare su questo punto era io stesso che arrischiare il di­ scredito agli stati Uniti non si è tardato a compren­ derlo, ed oggi sembra di nuovo che si pagherà in oro. Tuttavia gli Americani, da gente accorta, inten­ dono bene di servirsi dell’ argento per gli altri loro pagamenti, e se sanno procedere con prudenza, po­ tranno arrivare a livellare i corsi dell’ oro e dell’ar­ gento monetato, e per tal guisa avranno contentato i loro prestatori, rispettato la fede giurata e tutto ciò senza allentare i cordoni della loro borsa.

« Nell’ intervallo la conversione si compiva; essa è moralmente fatta e questo resultato è rimarcabile. L ’Unione è stata coadiuvata da un eccellente bilancio commerciale e da un’ altro vantaggio prezioso e unico quello di non avere un bilancio aggravato dalle spese improduttive della pace armata. Di più l’ industria americana in luogo di sovrabbondare di forze senza impiego, non ha ancora subito che la sua prima grande crisi, segnalata dallo sciopero degli operai delle ferrovie, conseguenza della riduzione conside­ revole delle tariffe, proveniente essa stessa dalla si­ tuazione imbarazzata della grande industria.

« La situazione della grande nazione americana è

dunque presso a poco soddisfacente, sopratutto se si procede in via di confronto. Da una parte, un bi­ lancio in buon ordine, in equilibrio perfetto che assicura > un credito di primo ordine : dall’ altra parte un industria sofferente a cagione di una prima grande crisi derivata da uno sviluppo troppo rapido ih tutti i rami del lavoro. Il tempo d’ arresto è marcato, esso ha dato luogo ad atti di violenza che i costumi del paese servono a spiegare; i salari mantenuti ad un grado eccessivo e che cadono tutto (1 un tratto, senza che le condizioni della vita ma­ teriale cambino nella stessa proporzione a profitto dell’ operaio, hanno prodotto questa effervescenza.

« Sia la crisi non sarà lunga perché le finanze sono in buono stato, perchè tutte le forze della na­ zione sono a disposizione del lavoro, perchè non vi è che una differenza relativamente minima fra la produzione e la possibile consumazione.

« Dopo l’America occupiamoci della Francia che figura nel prospetto delle emissioni per un miliardo e 877 milioni di franchi, la cui maggior parte viene dall accrescimento dei titoli industriali e dalle fer­ rovie, Sono queste ultime sopratutto che producono l’accrescimento della cifra. Le grandi società hanno agito saggiamente, approfittando'dell’ abbondanza dei capitali per realizzare T esuberanza delle obbligazioni che il mercato si mostrava disposto ad assorbire. Ciò sarebbe stato saggio e prudente, anco se i soli mo- tivi d ordine finanziario ed economico avessero gui- dato le società. Fra i vantaggi che queste hanno potuto trovarvi, si trova quello d’ avere ordinato del materiale a buon prezzo e non solamente quella parte che era ad esse necessaria, ma anche quella parte di cui esse prevedevano di avere bisogno in un certo avvenire. Agendo in tal guisa, esse face­ vano un’ operazione convenevole e contribuivano anche a sostenere la grande industria la quale scon­ tava 1 avvenire per sostenere la crisi presente.

(9)

man-20 gennaio 1878 L’ E C O N O M I S T A

olieranno più tardi. La cosa è buona e perfetta se il «più tardi» è assai ben provveduto per poter fare a meno delle ordinazioni che a lui si perverrebbero. Ma non osiamo spingere più oltre I' esame di questa que­ stione incidentale che ha il torto di confinare con la politica e d’ essere, sotto un certo rapporto, simile alla questione degli acquisti e delle vendite della rendita pubblica fatti per conto del Tesoro, opera­ zioni intese a sostenere il prezzo dei valori che sem­ brano essere a giusto titolo condannate definitiva­ mente.

« Comunque sia noi dobbiamo constatare che una buona parte di questo miliardo emesso dalla Francia rappresenta del lavoro che si è distribuito nel paese e che ha servito ad attenuare la crisi attuale della Francia industriale.

« Il miliardo della Russia che viene in seguito non esiste che su la carta, almeno in parte. Esso rappre­ senta gli imprestiti di questo governo collocati e da collocarsi in vista della guerra. Che cosa rappresen­ tano essi? Non è più del lavoro perchè le ordinazioni utili di materiale fatte all’estero dalla Russia sono re­ lativamente insignificanti e di esse non le resterà gran cosa alla fine della lotta. Il miliardo russo non rap­ presenta dunque, infino a nuovo ordine, che un ag­ gravio supplementare a un bilancio di cui l’ equilibrio sarà da cercare.

« Si può fare questo ravvicinamento curioso: gli Stati Uniti d’America hanno preso in presto per ri­ durre i loro carichi : la Francia ha fatto imprestiti per mezzo delle società, per sostenere la sua industria, ma senza aggravare il Bilancio, gli imprestiti essendo con­ sacrati a spese utili e produttive. Infine, la Russia ha dovuto fare imprestiti per cuoprire i rischi immediati di una bellicosa intrapresa di cui i resultati sono sem­ pre problematici, anco nel caso di un pieno successo e per poco che questo successo si faccia aspettare. Questi sono i tre motivi per cui uno Stato come un partico­ lare ha da prendere denari in presto. Noi non abbiamo bisogno di dire quale è preferibile. È vero che la Rus­ sia non aveva mezzo di scegliere.

Pnlicaziofli estere sopra materie economiclie

A n n a li di statistica e d'economia nazionale,

pubblicati da Bruno Ihldebrand e Giovanni Conrad. XV annata. Fascicoli 3 -5 . I due direttori di questi annali sono professori di scienze sociali, il primo nell’Università di Jena, il secondo di Halle sulla Saale. N el terzo fascicolo W . Lewis ci dà un trat­ tato importantissimo in questo momento « Dei me­ talli preziosi nel commercio esterno della Russia. »

« La produzione dell’ oro dell’ Impero russo è poco meno importante di quella della California, nelle provviste del mercato dei metalli preziosi in Euro­ pa. » Con queste parole l’ autore incomincia il suo trattato, e lo sviluppa ampiamente, per quanto lo permettono i dati e le tabelle statistiche russe spesso manchevoli e talvolta fra loro contradittorie, j

i l

presentandoci un quadro semplice e chiaro della cir­ colazione e produzione russa dei metalli preziosi, sì nel commercio interno che nel commercio interna­ zionale. Il professore Lelir di Carlsruhe ci dà negli ultimi fascicoli una monografia intitolata: « Osserva­ zioni critiche sulle ragioni addotte a favore e contro V imposta progressiva. » Conforme al suo tema, egli

discute l’ imposta progressiva, p ro e contra, serven­

dosi di autorità di primo ordine. (Rau, von Stein, Scheel, A. Wagner, Mili.)

Questo fascicolo contiene inoltre: « Krause, In d u ­ stria di S ta lsfu rt e Leopoldshall e lavori m inerari che vi si fanno e Flatter, I l Clero in A u stria dal 1830 fino al 1870, studio interessantissimo basato su mate­

riali statistici, ma disgraziatamente incompleti.

Le pubblicazioni dell'imperiale ufficio di statistica in Berlino, offrono una critica diligente e accurata

dei lavori del detto ufficio, preceduta da un’ introdu­ zione nella quale è discorso della organizzazione del medesimo. Queste pubblicazioni hanno ormai una fama che è uguale alla loro importanza.

Periodico p e r la statistica svizzera. Esso è pub­

blicato da private società ; gli ultimi fascicoli si occupano principalmente della legge sulle fabbriche, e della statistica sulle mercedi.

Carlo Ròscher. Esame critico del recente sviluppo economico nell’ impero tedesco. (Zittau 1877) L’ a u ­

tore, figlio dell’ illustre professore d’ economia Gu­ glielmo Roscher a Lipsia, è segretario della Camera d’ industria e commercio di Zittau, per commissione della quale egli ha scritta la suaccennata critica, che comprende il periodo dal 1 8 7 1 -1 8 7 5 . Questo libro avrà certamente un valore non passeggierò nella letteratura dell’ Economia Nazionale, e potrà special- mente essere adoperato come fonte per gli scritti avvenire. Roscher comincia colla critica del sistema delle azioni in Germania e della relativa legislazione. Una parte non piccola nelle insensate fondazioni di Società anonime in Germania, egli la imputa ai difetti delle leggi, ma d’altro canto si mostra giusto per ciò che concerne la parte di colpa che vi ha il pubblico ed osserva giustamente che molti hanno in piena coscienza abbandonata la penosa via dei loro lavori per gittarsi nelle braccia della speculazione e rapidamente e senza fatica arricchirsi col lavoro altrui. Noi aderiamo pienamente a questo giudizio dell’au­ tore. Le notizie statistiche che Ròscher toglie dalle relazioni ufficiali prussiane, sono interessantissime. Secondo queste nel regno di Prussia al 30 giugno 1870 esistevano 418 Società per azioni, con un capitale in azioni di 1,026,172, 455 di talleri; e da questo giorno alla fine dell’ anno 1 8 7 4 sono sorte non meno di altre 857 società con un capitale in azioni di 1,429,923,925 talleri. Quindi al 31 di­ cembre esistevano 1132 società con un capitale di 2 ,2 7 3 ,8 3 6 ,8 4 talleri. Nei 22 anni decorsi dalla em a­ nazione della nuova legge sulle società per azioni, fu investito in media in Prussia un milione di talleri in azioni, e nel sanguinoso anno 1812 si giunse a quasi un milione e mezzo.

Dal 1867 al maggio 1875 furono in Austria au­ torizzate 1500 Società per Azioni con un capitale nominale in Azioni di 4 0 0 0 milioni di fiorini, di cui nel solo anno 1875 ne furono autorizzate per 1003.

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