Collana Medico‐Giuridica n.10
VULNERA MENTIS
‐ Associazione M. Gioia ‐
IL RISARCIMENTO DEL MACRODANNO CON RIFERIMENTO AL TRAUMATIZZATO CRANICO. IL PUNTO DI VISTA DELLE ASSICURAZIONI
Dr. Marco Frola*
Vorrei aprire questo mio intervento citando qualche dato ed evidenziando qualche elemento che permetta di inquadrare meglio il fenomeno dei risarcimenti per danni alle persone dal punto di vista del mercato assicurativo.
Le problematiche relative al danno fisico sono da sempre all’attenzione dell’assicuratore italiano ed in particolare di quello RC auto. In tale ambito il cosiddetto macrodanno, quello cioè che, per la sua gravità, annulla o compromette gravemente la possibilità del leso di avere una vita normale e di cui ci stiamo occupando in questi giorni, lo è ancora di più, sia per l’impatto economico che ha sui risultati delle imprese sia, soprattutto, per i gravi riflessi sociali che comporta.
Il dato di fatto che, negli ultimi anni, costantemente e progressivamente, si sia assistito ad un aumento del numero dei danni a persona sul totale del denunciato e, parallelamente, ad un aumento del relativo esborso liquidato, credo sia ormai a conoscenza di tutti, visto l'ampio dibattito che si è venuto sviluppando in relazione alle tariffe applicate dalle imprese, alle ipotesi di regolamentazione legislativa della valutazione del danno a persona ed agli interventi governativi in merito.
In modo sintetico vorrei citare dati già ampiamente conosciuti ma utili ad inquadrare il punto di vista delle imprese sul tema.
Dal 1991 al 1999 siamo passati, per quanto riguarda il danno a persona, da un’incidenza sul totale denunciato del 7‐8% ad una del 17%. Per quanto riguarda il costo medio del danno a persona si è assistito ad una analoga corsa verso l'alto: dai circa 8 milioni dei primi anni '90 agli odierni 16 abbondanti.
Le cause di tali fenomeni possono essere sintetizzate in tre ordini di problemi:
- una crescita del denunciato dovuta all’anomala frequenza di microlesioni, in particolare per quanto riguarda il cosiddetto colpo di frusta;
* Responsabile Unità Danni a Persone SAI Assicurazioni
- la proliferazione dell'uso delle tabelle per il calcolo dei risarcimenti che ha fatto aumentare, per la verità più negli anni passati che non negli ultimi, le valutazioni;
‐ i cambiamenti comportamentali nella prassi della trattativa e della transazione che si sono registrati soprattutto per quanto riguarda il ricorso al giudizio civile.
A ciò si deve aggiungere anche la presenza di una giurisprudenza più sensibile alle gravi menomazioni che, però, non sempre è parsa avere indirizzi di comportamento univoci e definitivi, che sono poi quelli di cui le imprese necessitano per disporre di parametri di riferimento chiari, anche al fine di apporre riserve certe.
Oggi parliamo di macrodanni, di una parte perciò del fenomeno A danno alla persona, che rappresenta, numericamente, una netta minoranza rispetto alle vertenze gestite, ma che pesa notevolmente dal punto di vista economico e di impatto sociale.
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Come ho già accennato poco fa vorrei infatti mettere in evidenza che, da parte del mercato assicurativo, il macrodanno viene seguito certamente per la sua valenza economica, ma anche e soprattutto per gli effetti che genera sulla società, sulla vita dei lesi e delle loro famiglie.
Da parte delle compagnie di assicurazione si è assistito, in questi ultimi anni, ad una maggiore presa di coscienza, per cercare di limitare gli esborsi dei microdanni, soprattutto laddove non siano pienamente giustificati dall’efficienza causale dell'urto. Ovviamente mi riferisco alle innumerevoli richieste di risarcimento per modeste lesioni al collo, di scarsissima portata per il danneggiato, ma di enorme peso economico per le compagnie, soprattutto per il loro numero.
A fronte di tale battaglia, che proseguirà e per la quale più volte abbiamo sollecitato un aiuto più concreto anche da parte dei medici legali, forse non tutto invece è stato fatto, da parte nostra, per dare alle macrolesioni un giusto ed equo ristoro e da parte dello Stato; nello stesso tempo non tutto è stato fatto per quanto riguarda la prevenzione e la cura.
I dati relativi al numero degli incidenti gravi negli ultimi anni sono oscillanti ma, in generale, segnalano che le campagne di sensibilizzazione per l'applicazione dei provvedimenti via via adottati nel tempo per la prevenzione (limiti di velocità, obbligo di indossare il casco e cinture di sicurezza) non sembra abbiano ottenuto i risultati sperati.
Del resto anche l'intensità del traffico sulle strade italiane non ha eguali nel resto d'Europa e la situazione veramente precaria della nostra rete stradale credo sia sotto gli occhi di tutti.
Chi come me si occupa, tra le altre cose, di istruire e trattare i danni RC auto più gravi non può restare insensibile all’enorme aumento dei casi di danni gravi o gravissimi dovuti ad uscite di strada senza urto con altri mezzi, in piena notte, durante i fine settimana. Incidenti apparentemente banali, ma con conseguenze gravissime per i danneggiati, quasi sempre molto giovani.
È evidente che sono la velocità, la stanchezza e l’inesperienza i fattori che giocano ruoli decisivi in questi incidenti, ed è certo che dovremo cercare di dare risposte sicure per fornire un vero servizio alla collettività.
Assistiamo poi anche ad un aumento dei casi di invalidità molto pesanti a seguito del miglioramento e della tempestività delle cure di pronto soccorso dopo gli incidenti.
Spesso oggi si evitano i decessi ma si lasciano gli infortunati invalidi in modo totale o quasi.
Chi come me vede passare sul suo tavolo una buona fetta di questi casi (il Gruppo SAI ha oggi circa il 10% del mercato RC) non può non restare colpito dal numero di danneggiati che, provenienti soprattutto da certe aree geografiche, non riescono, dopo un incidente con gravi conseguenze, ad usufruire dell’assistenza di centri specializzati per la cura e la riabilitazione.
Assistiamo perciò, per i più fortunati, alla migrazione verso altre città o verso altri paesi, per trovare centri di recupero adeguati che riescano a rendere il più autosufficiente possibile il danneggiato e diano un aiuto concreto alla famiglia al momento del ritorno a casa.
La particolare situazione italiana dunque ha fatto anche sì che (non abbiamo nessuna remora ad affermarlo), talvolta, le valutazioni dei risarcimenti per i danni più gravi e le conseguenti transazioni siano state, nel complesso, contenute rispetto alla gravità della lesione, soprattutto per quanto riguarda le spese di assistenza successive al ricovero ospedaliero e alle spese di riabilitazione.
La famiglia ha supplito nel passato ed ancora continua a supplire alle carenze presenti nella società per quanto riguarda la prevenzione, la cura e l’assistenza ai danneggiati.
Vorrei ancora accennare brevemente ad alcune caratteristiche peculiari del mercato italiano che investono le problematiche del grave danno fisico.
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Innanzi tutto le voci di danno. In Italia la quota prevalente del risarcimento per questi danni riguarda le componenti biologica e morale mentre, in gran parte dell’Europa, il massimo rilievo resta attribuito al lucro cessante e alle spese di assistenza.
Altro aspetto è quello delle modalità di risarcimento che, nel nostro paese, viene effettuato, nella pressoché totalità dei casi, in forma di somma capitalizzata destinata a risarcire il danno subito ed a fornire una copertura finanziaria adeguata per le future necessità di vita.
L’ipotesi di un pagamento in forma di rendita, diffusa in altri paesi e, peraltro, prevista dal nostro codice civile, si scontra nella realtà con insormontabili vincoli prodotti dalla legislazione fiscale e da rigidità anche mentali di chi gestisce le vertenze.
Su questo punto solo un esplicito intervento legislativo potrebbe mutare gli attuali indirizzi.
Sicuramente l'aumento dei casi gravi a cui stiamo assistendo ed il cambiamento strutturale della società, in particolare della famiglia, porteranno a breve anche in Italia le problematiche che in paesi a noi vicini sono già state approfondite ed in parte risolte.
Che cosa possiamo fare dunque?
Io credo che sia un dovere del mercato assicurativo, da un lato, continuare la battaglia perché i risarcimenti dei microdanni rientrino in un ambito numericamente accettabile e soprattutto in linea con altri mercati a noi simili ma, nel contempo, ritengo che sia doveroso che le risorse economiche eventualmente recuperate possano essere indirizzate verso chi veramente ha subito lesioni gravi e permanenti che sconvolgono la sua vita e quella dei suoi famigliari.
Soprattutto è necessario che le compagnie di assicurazione escano, per quanto riguarda i macrodanni, da un atteggiamento puramente passivo, che caratterizza ancora oggi l'attività liquidativa.
Per questa tipologia di danno infatti assistiamo ad un’attività molto diluita nel tempo. Spesso all'atto del ricevimento della denuncia di sinistro o della richiesta di risarcimento la compagnia non è assolutamente in grado di valutare appieno la portata delle lesioni, la cui conoscenza resta circoscritta nell'ambito della famiglia del leso e del legale che gestisce la vertenza.
In molti casi la reale entità delle lesioni viene alla luce solo al momento della visita medica che il patrocinatore del danneggiato invia alla compagnia, molti mesi o addirittura anni dopo l'evento.
Spesso poi si è già iniziato un contenzioso giudiziale, magari per incidenti in cui non vi è proprio nulla da dire dal punto di vista della responsabilità.
Potrà capitare che la parte lesa chieda anticipi o acconti per far fronte alle spese ma, comunque, tutto si svolgerà in un clima che, spesso, è più di contrasto che di vera collaborazione tra le parti coinvolte.
Al momento poi che il legale deciderà più opportuno per definire la vertenza si procederà ad un mero calcolo matematico, con somme e moltiplicazioni, senza che mai il ruolo della compagnia di assicurazioni sia divenuto realmente attivo.
Io credo che un tale stato di cose, in molti casi, non sia un bene soprattutto per il danneggiato.
In verità, se guardiamo i vari aspetti che caratterizzano questa tipologia di lesionati ci pare che un coinvolgimento diretto delle compagnie di assicurazione nella problematica del grave traumatizzato in tutte le sue fasi (di prevenzione, di cura e di riabilitazione) possa invece diventare veramente un
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obiettivo comune non solo con i danneggiati, ma anche con il Servizio Sanitario Nazionale e con la società nel suo complesso.
Ovviamente ciò significa più efficaci campagne di sensibilizzazione perché siano meglio applicati i presidi di sicurezza (casco, cinture, limiti di velocità). Perché si abbia al momento dell'emergenza una migliore gestione del primo soccorso con minori possibilità di aggravamento dei postumi.
È però nel momento della riabilitazione che il ruolo delle compagnie può diventare realmente attivo e dare un risultato concreto in termini non solo economici.
Mentre mi documentavo per preparare questo mio intervento, mi sono più volte imbattuto in un’affermazione molto significativa: le compagnie di assicurazione americane hanno affermato che per ogni dollaro speso in riabilitazione se ne risparmiano 30 in termini di risarcimento.
Io credo che ciò sia tanto più vero in Italia dove, come ho già detto, in talune regioni non esistono centri di riabilitazione, e dove il peso dell'aiuto ai traumatizzati ricade ancora in gran parte sulle spalle dei famigliari.
Vorrei allora sinteticamente illustrare un tentativo concreto che stiamo portando avanti nell’ambito del Gruppo Danni Fisici dell’ANIA, con l'aiuto di una compagnia di riassicurazione e in collaborazione con un primario centro riabilitativo milanese, per dare risposte alle esigenze che ho evidenziato prima. Si tratta di un esperimento che abbiamo mutuato dal mercato tedesco, dove queste esperienze sono già state sperimentate da alcuni anni.
La principale caratteristica del progetto consiste sostanzialmente, in caso di grave traumatizzato cranico o vertebrale, nella presenza e nel ruolo di coinvolgimento attivo della compagnia del responsabile, già nella fase iniziale del processo riabilitativo.
Qualora il danneggiato sia ricoverato nel centro che collabora con noi, ed una volta appurato che si tratti di un sinistro per il quale è impegnata la responsabilità civile di una compagnia, si cerca di ottenere il consenso del leso e dei suoi famigliari ad una procedura congiunta con la compagnia stessa.
Se tale consenso viene ottenuto, allora si concorda un protocollo di riabilitazione, ovviamente il migliore possibile in relazione al danno subito dal leso, che guiderà la riabilitazione in tutte le sue fasi, sino a quella del reinserimento nel mondo del lavoro. A coordinare l’attività verrà posto un gruppo di esperti, nel quale è presente anche la compagnia con i suoi rappresentanti: il tecnico sinistri ed il medico fiduciario.
La compagnia segue tutto l'iter, si fa carico delle eventuali spese necessarie alla riabilitazione e, nel momento che le parti lo riterranno opportuno, provvede al pagamento del risarcimento definitivo.
Il nostro interesse verso questa esperienza è molteplice e investe vari aspetti. Innanzi tutto il maggior grado di recupero psicofisico possibile del danneggiato.
Infatti l'applicazione tempestiva di tecniche terapeutiche adeguate, in strutture di alta specializzazione, può contribuire a non aggravare ulteriormente le conseguenze patologiche della grave lesione e in particolare i suoi riflessi di carattere psicologico, che stanno sempre più contribuendo far crescere le richieste per nuove voci di danno.
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Poi il contenimento delle spese future di assistenza. È chiaro che una riabilitazione efficace e tempestiva, tesa ad un recupero seppure parziale dell'autonomia personale del leso, potrebbe ridurre il bisogno di un’assistenza futura e quindi delle spese conseguenti.
Terzo aspetto quello relativo al danno da lucro cessante. È infatti attraverso adeguati interventi di rieducazione e riqualificazione personale che si possono ottenere, a mio avviso, i migliori risultati in termini di contenimento dei costi. Un grave lesionato raramente potrà continuare a fare il lavoro che faceva prima, ma un centro specializzato di riabilitazione può riconvertire le sue capacità di produrre reddito in modo molto efficace con positive conseguenze economiche e, soprattutto, psicologiche per il leso.
Infine c’è il vantaggio in termini di immagine per le compagnie, che potrebbe essere più che evidente anche per l'alta sensibilità sociale che oggi vi è nei confronti dei danni a persona.
Come ho accennato, in Germania, da qualche anno, operano, per progetti analoghi, società legate alle compagnie che provvedono a seguire il grave lesionato dalla fase post‐acuta sino al suo reinserimento definitivo nella società, con risultati a mio parere molto significativi.
La strada in Italia è ancora lunga, stiamo muovendo i primi passi, e se la sperimentazione darà risultati incoraggianti ci impegniamo ad allargare l’ambito di operatività e a dare il massimo di visibilità alla procedura. Credo, però, che sia un punto a favore delle compagnie che sia venuta da noi l’idea di provare una esperienza simile.
Vorrei concludere con un invito. L'interesse e la sensibilità delle compagnie verso i macrodanni mi pare sia stata da me più volte evidenziata, con la necessità di dare risarcimenti adeguati e commisurati alla reale incidenza delle lesioni sulla vita dei danneggiati.
Su un solo punto le compagnie sono critiche: la nascita e la proliferazione di nuove voci di danno. È evidente che parlare di danno psichico o di danno esistenziale o di altre voci può, da un lato, cercare di compensare liquidazioni contenute in tema di spese future o di assistenza, dall'altro però non fa altro che allontanare dalla certezza dei risarcimenti, che è il bisogno primario delle imprese.
Vorremmo che l'obiettivo principale di dare un giusto risarcimento al grave lesionato cranico o vertebrale sia da tutti perseguito cercando la collaborazione, non l’indifferenza o, peggio, la contrapposizione.