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Contro le superfetazioni, ovvero: per l’attuazione del provvedimento possessorio non occorre notificare il titolo esecutivo - Judicium

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Academic year: 2022

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GIUSEPPE DELLA PIETRA

Contro le superfetazioni, ovvero: per l’attuazione del provvedimento possessorio non occorre notificare il titolo esecutivo

1.- Ho sbagliato, lo riconosco. E sono qui per riparare.

Remoto cultore del giudizio possessorio, non mi era sfuggito il singolare passaggio messo lì tra le righe di un paio di sentenze della Cassazione. M’era parsa, però, un’inessenziale digressione, poco più di un obiter, e l’avevo trascurata.

La lettura del provvedimento di un giudice di merito che lo riprende e lo valorizza1 mi convince, oggi, che quell’inciso può lasciare strascichi. Per questo ho deciso di tornarci, benché a distanza di qualche anno dalle decisioni in cui è contenuto.

A cominciare era stata Cass. 12.1.2006, n. 407: "L'esecuzione dei provvedimenti immediati, in materia di reintegra nel possesso, deve avvenire senza l'osservanza delle formalità dell'ordinario processo di esecuzione e, quindi, senza la preventiva notificazione del precetto, bastando, nei confronti dell'intimato, che il provvedimento sia notificato in forma esecutiva". A questa direttiva si è accodata Cass. 12.3.2008, n. 66212, che ricalca la motivazione della sentenza precedente.

Onde circoscrivere il campo del discorso, è la finale che qui intendo commentare. Sono davvero convinti a piazza Cavour che la messa in opera delle misure interdittali postuli la preventiva notifica in forma esecutiva dei provvedimenti che le dispongono?

2.- Già nel vigore dell’antico giudizio possessorio (per intendersi, quello non ancora ritoccato dall’improvvida – sul punto – novella del ’90) era invalsa l’idea che l’esecuzione dei provvedimenti possessori non passasse per le analitiche regole del libro III3. Ancor più a monte, era diffusa – benché non assoluta – la percezione che l’ordine interdittale non costituisse titolo esecutivo, sicché la sua attuazione non poteva che seguire regole diverse e originali rispetto a quelle tradizionali, create di volta in volta dal giudice della misura o perfino escogitate sul campo dall’ufficiale giudiziario4.

1 In particolare, all’esito dell’emanazione di un provvedimento possessorio, dichiara il “non luogo a provvedere”

sull’istanza di determinazione delle modalità di attuazione ex art. 669-duodecies per il difetto di preventiva notifica del titolo esecutivo.

2 In Riv. esec. forz., 2008, 273 e in Giur. it., 2008, 2522.

3 Cass., 25 giugno 1997, n. 5672; Cass., 16 aprile 1997, n. 3277; Cass., 20 ottobre 1994, n. 8581; Cass., 15 marzo 1994, n. 2435, in Giur. it., 1995, I, 1, 55; Cass., 17 ottobre 1992, n. 11409; Cass., 30 agosto 1991, n. 9276; Cass., SS.UU., 26 novembre 1979, n. 6166, in Foro it., 1980, I, 329; Cass., 27 aprile 1979, 2460; Cass. 18 aprile 1977, n.

1427; Cass., 15 marzo 1976, n. 955, in Foro it., 1977, I, 167.

4 DENTI, L’esecuzione forzata in forma specifica, Milano, 1953, 213 ss., scorgeva nell’attuazione della misura provvisoria un fenomeno interno al processo di cognizione. Per ANDRIOLI, Commento al c.p.c., Napoli, 1964, IV, 285, il pretore doveva affidarne direttamente l’esecuzione all’ufficiale giudiziario, assistito, all’occorrenza, da un esperto. Altri, invece, discorrevano di vera e propria esecuzione: MONTEL, Il possesso, in Trattato di diritto civile italiano diretto da F. Vassalli, V, 4, Torino 1956, 328 ss.; LEVONI, La tutela del possesso, II, Milano, 1982, 250 ss.;

Cass., 16 giugno 1990, n. 6050. Non mancava chi (Cass., 9 settembre 1991, n. 9477), pur accordando al provvedimento interdittale natura di titolo esecutivo, ne svincolava l’esecuzione dalle ordinarie regole del libro III. E all’inverso chi (MANDRIOLI, Esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, in Nvss. dig. it., VI, Torino,

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Alimentavano questa prospettiva non tanto l’assimilazione dei provvedimenti possessori a misure di polizia ne cives ad arma ruant (da tempo giustamente superata), quanto, da un canto, la sfuggente natura delle misure interdittali (cautelari, ma non troppo; interinali, ma non sempre; sommarie, ma non del tutto); dall’altro, l’eterogeneità del loro contenuto, che se nel caso dell’ordine di reintegra può ridursi più agilmente alla consegna, al rilascio o a un facere, nell’ipotesi di manutenzione assume non di rado le forme più svariate (cessare le molestie, ridurre le immissioni, tenere una certa condotta), e perciò più difficilmente riconducibili ai modelli disegnati dal libro III.

La riforma di fin de siècle fu l’occasione per dare copertura legislativa a questa idea.

L’estensione della disciplina cautelare ai giudizi possessori offriva il destro – di mezzo ai mille intrichi di compatibilità che andava a creare – di condurre gli interdetti sotto l’egida dell’art. 669-duodecies. A entrare in gioco era, in particolare, la sua seconda parte: “…

l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare avviene sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare il quale ne determina anche le modalità di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, dà con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti”.

Di là dalla formulazione letterale (ancora legata ai tipici oggetti delle specie esecutive), la disposizione forniva strumento agile e immediato per conseguire l’esecuzione nelle forme più confacenti alla vicenda concreta, qualunque fosse il contenuto (standard o originale, rispetto a quelle specie) dell’ordine interdittale. L’occasione era d’oro, e neppure i giudici, dopo qualche iniziale incertezza, se la fecero sfuggire: da allora più non si dubita che l’attuazione dei provvedimenti possessori debba avvenire secondo le regole dettate dall’art.

669-duodecies, seconda parte5.

Singolare a dirsi, anche le succitate pronunzie della Cassazione convengono sull’estraneità fra ordini interdittali e esecuzione in senso stretto. Senonché, nell’economia di motivazioni in cui il passaggio suona tutt’altro che essenziale, si premurano di specificare – la prima, ex professo; la seconda, adeguandosi acriticamente alla prima – che la speciale attuazione riservata alle misure possessorie va preceduta dalla notificazione del titolo esecutivo.

Voce dal sen fuggita, a mio parere.

3.- Non intendo qui impegnarmi sulla natura del provvedimento interdittale, per appurare se ricada fra i titoli giudiziali di cui all’art. 474, 2° co., n. 1, c.p.c. Certo, se già per l’antico potevano sorgere perplessità a classificarlo in questi termini, la novella del ‘90, con i successivi accomodamenti, non ha fornito elementi per sospingerlo verso il libro III. Anzi, con l’estendergli la disciplina dell’attuazione, ne ha semmai alimentato il vento contrario.

1960, 768), pur ritenendo i provvedimenti interinali solo assimilabili ai titoli esecutivi, finiva per dirli eseguibili nelle forme degli art. 612 ss., in quanto compatibili.

5 Così Cass., 13 aprile 2015, n. 7365; Cass., 16 giugno 2008, n. 16220; Cass., 17 settembre 2003, n. 13666; Cass., 15.1.2003, n. 481, in Foro it., 2003, I, 2424, con nota di F. DE SANTIS di Nicola; Cass., 25 giugno 1997, n. 5672; Trib.

L’Aquila, 7 giugno 2013, in Giur. it., 2014, 2197, con nota di PARISI, Attuazione del provvedimento cautelare anticipatorio ed esperibilità delle opposizioni esecutive; CARRATTA, I procedimenti possessori, in I procedimenti sommari e speciali, III. Procedimenti possessori e camerali, a cura di Chiarloni – Consolo, Torino, 2006, 150 ss.; MARINUCCI, Le nuove norme sul procedimento possessorio, in Riv. dir. proc., 2005, 843.

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Vorrei invece servirmi – onde smentire l’idea che per procedere all’esecuzione sia necessaria la preventiva notifica dell’ordine interdittale – di argomenti più aderenti all’impianto normativo. Meno alati, forse, ma verosimilmente più persuasivi presso operatori non sempre sensibili – spesso giustamente – alle sirene delle teoria.

Mi gioverò, anzitutto, dell’art. 669-duodecies. Non tanto per la sua rubrica, pur esplicita (attuazione sta ad esprimere che non si tratta di vera e propria esecuzione), quanto per la sua articolata struttura.

Dei provvedimenti aventi a oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare ho già detto. Per le misure concernenti somme di danaro la disposizione richiama le forme degli art.

491 ss. in quanto compatibili. Pur qui l’art. 669-duodecies discorre di attuazione: segno che la norma si appropria delle regole esecutive per concepire un procedimento sulla falsariga di quello espropriativo, ma che non diventa sol per questo di esecuzione in senso proprio6.

La tecnica non è senza scopo. Vale a sganciare l’attuazione dal modello classico di espropriazione, a innescare la sequenza direttamente dal pignoramento e, per ciò che rileva in questa sede, a evitare la notifica degli atti preliminari.

Dunque, quando la misura colpisce somme di denaro, l’attuazione non va preceduta dalla notifica del titolo in forma esecutiva. Comprensibilmente, vien da dire: per un verso, perché il resistente ha già partecipato alla formazione del provvedimento (e – se non l’ha fatto, perché la misura è stata resa con decreto – è proprio perché non c’è modo di avvertirlo preventivamente); per l’altro, perché l’urgenza che ha indotto la misura rende inconcepibile l’interposizione di atti fra l’emanazione e l’attuazione.

Ma se titolo e precetto sono esclusi dalla sequenza esecutiva per le misure relative a somme di denaro, per simmetria la stessa regola deve valere per l’altra forma di attuazione:

quella che ha ad oggetto obblighi diversi dalla dazione di moneta. A più forte ragione, anzi, starei per dire: se la norma, nella prima parte, disegna un procedimento attuativo sul modello dell’espropriazione, ma vi espunge la notifica di titolo e precetto, per il procedimento che dichiaratamente si distacca da qualsiasi traccia nota l’approdo deve giocoforza essere il medesimo. A meno di non addurre ragioni in contrario che al momento, perlomeno a me, francamente sfuggono.

L’esito è perciò identico. Di qualunque specie sia, l’attuazione regolata dall’art. 669- duodecies, non esige la preventiva notifica del provvedimento da eseguire.

4.- Intuisco già la possibile obiezione.

L’art. 669-duodecies è pensato per i provvedimenti cautelari, e cioè per misure che hanno nell’urgenza la loro cifra distintiva. Ed è proprio nell’istanza di far presto la ragione che ha spinto a escludere la notifica di titolo e precetto. Come si è detto, occorreva eliminare la barriera che in sede esecutiva si frappone fra l’emanazione del provvedimento e la materiale attuazione dell’ordine del giudice.

Solo in un’accezione molto lata (e, a mio avviso, ormai perduta) le ordinanza interdittali godono di natura cautelare, sicché non è detto che l’innesto dell’art. 669-duodecies possa avvenire senza modifiche. Tanto più che l’art. 703, 2° co., nella versione rimodulata una

6 Così già RECCHIONI, Il processo cautelare uniforme, in I procedimenti sommari e speciali, II. Procedimenti cautelari, a cura di Chiarloni – Consolo, Torino, 2005, 791 ss.

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decina d’anni or sono, reca ormai la clausola di compatibilità, che – comunque la s’intenda – autorizza senz’altro adattamenti della disposizione in sede di trapianto. Fra questi – si potrà dire – non è escluso debba annoverarsi la preventiva notifica del titolo esecutivo, visto che in sede possessoria non c’è l’urgenza di immediata attuazione propria delle misure cautelari.

L’argomento è fortemente suggestivo, ma non regge. E non regge per motivi che si estraggono proprio dal generale impianto del processo esecutivo.

Il codice è nitido nel disporre che titolo e precetto possono stare insieme o essere divisi.

A volte la scissione non è neppure concepibile7, ma comunque avvenga (separatamente, in calce l’altro all’uno, in forma inevitabilmente incorporata), la duplice notificazione somministra l’idea di un atto complesso, di cui una frazione ha senso solo se pensata e compiuta in funzione dell’altra. Sensazione già corposa per l’antico, e rafforzata in tempi recenti, da quando è vietata la notifica della sentenza come titolo al difensore avversario.

Meno evidente – ma non meno netta – è l’idea che sia il precetto a dare senso alla notificazione del titolo, e non viceversa. Voglio dire che, ricevuto il titolo, il debitore resta esposto all’azione esecutiva nel termine di prescrizione così come lo era già prima di vedersi recapitato il titolo. È il precetto a conferire significato a quella notificazione, con l’assegnazione al debitore di un termine per l’adempimento. In sostanza, la notificazione del titolo non incide per nulla sulla condizione del debitore; è la notifica del precetto che ha riflesso su quello stato, abbreviandone drasticamente il tempo di pagamento8.

La notifica del titolo svolge allora una funzione ancillare alla notifica del precetto9. Con il riflesso che in linea teorica potrebbe concepirsi la notifica del precetto senza quella del titolo, ma non viceversa. Potrebbe darsi, cioè, un sistema in cui al debitore – normalmente edotto del titolo per averlo formato, per aver concorso a formarlo o per aver partecipato al giudizio che lo ha esitato – sia notificato il solo precetto, senza il titolo.

Ben poco senso, invece, avrebbe un impianto in cui l’esecuzione fosse preceduta dalla notifica del solo titolo, senza il precetto o senza l’aggiunta di un atto consimile che fissi un termine al debitore. E ciò perché in tanto si spiega la notifica del titolo in quanto si crei una dilazione per il creditore, cui è imposta una cesura temporale fra notifica del titolo e avvio dell’azione esecutiva. Avrebbe invece scarso significato la notificazione del titolo se il creditore potesse poi pressoché contestualmente procedere all’esecuzione.

Non per caso il sistema conosce ipotesi di notificazione del precetto non preceduta dalla preventiva notifica del titolo10. Non sono date, invece, figure inverse – vale a dire, di

7 Alludo, evidentemente, ai titoli non custoditi da pubblico depositario di cui all’art. 474, 2° co., n. 2, c.p.c.

8 A riprova, il debitore è tenuto a subire la notificazione del titolo, potendo reagire con le opposizioni esecutive solo a partire dalla notificazione del precetto.

9 Per la sostanziale superfluità della notifica del titolo esecutivo ai fini dell’esecuzione, v. BONSIGNORI, L’esecuzione forzata, Torino, 1991, 66 ss. In questa luce si può anche convenire con TERESI, Le notificazioni del titolo esecutivo e del precetto, in L’espropriazione forzata, Roma, 2015, 189, che di fatto la notifica del titolo è disposta “… al fine di rendere partecipe ufficialmente l’obbligato della volontà del creditore di promuovere l’azione esecutiva, così da spingerlo ad un adempimento volontario, prima di iniziare l’esecuzione forzata…”; si deve, però, riconoscere che questa funzione sollecitatoria è affidata dal sistema al precetto, non alla notificazione del titolo.

10 Si consideri l’art. 654, 2° co., c.p.c., che autorizza l’esecuzione forzata senza necessità di una nuova notifica del decreto ingiuntivo reso esecutivo. Regola che - ricorda opportunamente ORIANI, Titolo esecutivo, opposizioni, sospensione dell’esecuzione, in AA.VV., Le modifiche al codice di procedura civile previste dalla l. n. 80 del 2005, in Foro it., 2005, V, 106 – il progetto Tarzia di riforma del processo civile proponeva di estendere a tutti i titoli esecutivi

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esecuzioni precedute dal solo titolo, senza il precetto11 – perché fuori della vicenda dell’art.

482 c.p.c.12 non ha senso fornire il titolo al debitore nel momento stesso (o un attimo prima) che l’esecuzione stia per aver luogo.

Dunque, titolo e precetto stanno insieme, ma la notifica del secondo ricopre una funzione propria, mentre quella del primo, priva di sostanziale autonomia, è puramente strumentale alla notifica del precetto13.

Sta in ciò, a mio avviso, l’errore di Cass. n. 407/2006 e n. 6621/2008. Aver imposto per l’attuazione dei provvedimenti possessori la notifica del titolo nel frangente stesso in cui escludevano quella del precetto.

L’esame delle rispettive funzioni conduce invece all’approdo opposto. Appunto perché per l’esecuzione degli ordini interdittali è inessenziale la notifica del precetto, al procedimento ex art. 669-duodecies non va anteposta neppure la notifica del titolo, atteso che questa acquista senso proprio e solo in funzione di quella.

Nel concreto, se le modalità dell’attuazione non sono state ancora fissate nel provvedimento possessorio, sarà il giudice adito ai sensi dell’art. 669-duodecies (di regola, lo stesso che ha reso la misura) a verificare l’esistenza del titolo. Se l’ordine già reca quelle modalità, il controllo sarà svolto dall’organo cui è commessa l’attuazione (di norma, l’ufficiale giudiziario), che non potrà esimersi dalla verifica quantomeno per valutare la legittimazione di chi richiede l’intervento. Al più quell’organo si recherà sui luoghi munito del provvedimento e pronto a ostenderlo, ove l’esecutato gli richieda di giustificare la sua azione.

Per le ragioni qui illustrate non compete invece al destinatario passivo la preventiva, inutile notifica del titolo. E ciò non solo quando, resa la misura con ordinanza, il resistente ha conoscenza effettiva del giudizio e cognizione almeno potenziale del provvedimento, ma pur quando l’ordine interdittale sia stato reso con decreto: in questo caso la notifica del titolo postulata dalla Cassazione suonerebbe non solo superflua, ma addirittura perniciosa per l’attuazione – per necessità di cose urgente o a sorpresa - del provvedimento possessorio.

giudiziali. O l’art. 41, 1° co., d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385, che nell’espropriazione per crediti fondiari esclude l’obbligo di notifica del titolo contrattuale esecutivo.

11 Se non, forse, l’ipotesi dell’art. 156 disp. att., c.p.c., ove però l’omissione del precetto è giustificata dalla circostanza che, con la conversione del sequestro in pignoramento, il procedimento si trova già a valle degli atti preliminari.

12 In cui peraltro vanno comunque notificati titolo e precetto, sia pure contestualmente al primo atto di esecuzione.

13 Conf. SATTA, Commentario al c.p.c., III, Milano , 1965, sub art. 479, 106 s.; MASSARI, Titolo esecutivo, in Nvss. dig.

it., XIX, Torino, 1973, 389.

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