• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.42 (1915) n.2126, 31 gennaio

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.42 (1915) n.2126, 31 gennaio"

Copied!
24
0
0

Testo completo

(1)

L’ ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA. COMMERCIO, BANCHI. FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

REDAZIONE: M. J. d e Jo h a n n is R. A. Mu k e a y M. Pa n t a l e o n i ■

Anno XLII - Voi. XLVI

Firenze-Roma, 31 Gennaio 1915

N. 2126

L ’ E c o n o m i s t a esce quest'anno con 8 pagine di più e quindi il suo contenuto più ampio dà modo di introdurre nuove rubriche e nuovi perfezionam enti.

Il prezzo (l’ abbonamento è di SO annue anticipate, per l ’ Italia e Colonie. Per l ’ Estero (unione postale) L,. S 5 . Per gli altri paesi si aggiungono le spese postali. Un fa­ scicolo separato I... 1. _______

S O M M A R I O :

PARTE ECONOMICA.

L ’economia e la finanza italiana in caso di guerra. I l commercio della Germania e la guerra - Ro b e r t o

A. Mu r r a y.

La Banca di Francia e la guerra - La n f r a n c o Ma r o i.

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.

Le pensioni agli Stati Uniti dopo le guerre. — So­ cietà per azioni nel 1914 in Italia. — Il Prestito Nazio­ nale. — Il dividendo della Banca d’ Italia.

Il pensiero degli altri : L ’ Impero britannico.— Verso

la carestia ì — Intorno alla grave questione del pane. — Le vicende del mercato del grano - Perchè continua il rincaro. — Il rincaro del grano e di altri generi ali­ mentari. — La crisi granaria, i consorzi provinciali e il dovere del Governo. — Pane scuro. — Sulla questione agraria nella Romagna-Toscana. — Italia e Svizzera.

— I l commercio Inglese e la guerra. — La conquista

italiana dei mercati orientali. — La congestione del porto di Genova. — Il nostro commercio coll’estero deve cessare ?

EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA.

Les dommages et les indemnités de guerre. — Mor­ talità dei feriti francesi in guerra. — La mancanza di farina a Vienna. — La guerra e la vita economica te­ desca. — Il commercio estero francese. — L ’approvvi­ gionamento del grano in Francia. — Per le esporta­ zioni e le importazioni. — Esportazioni bulgare. — Per l’esx>ortazione delle lane.

LEGISLAZIONE.

Anticipazioni ai concessionari di ferrovie pubbliche. — Scadenza delle cambiali per la provincia di Aquila e circondario di Sora. — Pagamento dei dazi di im­ portazione in moneta divisionale d’argento e in biglietti di Stato e di Banca.

FINANZE DI STATO.

Lo stato di previsione delle entrate per l ’esercizio finanziario 1915-16. — La relazione annuale nell’eserci­ zio delle Ferrovie dello Stato - Anno finanziario 1918-14.

PROVVEDIMENTI TRIBUTARI.

Tasse di registro. — Tassa di manomorta. — Tasse ipotecarie. — Tasse per le concessioni governative.

NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.

Nuove disposizioni per la parziale liquidazione di Borsa. — Rinuncia alla moratoria per la gli affari di Borsa in Torino. — Decurtazione dei titoli. — Versa­ menti del Prestito Nazionale. — Lo stato dei cereali nel mondo. — Provvedimenti governativi per l’ aumento del prezzo del grano. — Per il servizio dei vaglia. — Assicurazioni sugli accidenti automobilistici agli Stati Uniti nel 1918. — Ferrovie federali Svizzere.

Mercato monetario e Rivista delle Borse.

Situazione delle Banche Italiane, degli Istituti di Credito, Banche Estere e Cambi.

Quotazioni di valori, Borsa di Parigi, di Londra e di New-York, Cambi all’ Estero.

Estrazioni e Prestiti. Rivista bibliografica.

P A R T E E C O N O M I C A

L ’e c o n o m ia e la fin a n z a it a lia n a

in caso di guerra.

Il problema economico del paese nostro di fronte alla eventualità di una guerra si pre­ senta con aspetto di qualche maggiore gra­ vità che non il problema finanziario, poiché, essendo la nostra bilancia degli scambi co­ stituita da elementi non comuni ad altri paesi, si avrà da una parte l’economia generale e quella speciale della guerra reclamanti con­ tinuamente materie prime che non si possono sostituire ed insieme non sono fornite dal suolo italiano, e dall’altra il cessare pressoché totale di quegli attivi che contribuiscono a compensare in tempi normali i nostri paga­

menti all’estero. I

Si potranno invero verificare espansioni in alcune forme di esportazione e contrazioni di consumi industriali e diretti, i quali forme­ ranno un compenso, ma rimarrà sempre di grande significato la riduzione ancor più sen­ sibile che non sia oggi del movimento del­ l’emigrazione e dei forestieri, i quali come è noto (1), costituiscono un elemento valutabile a circa 500 milioni annui, cui si dovrà aggiun­ gere una parte del contingente notevole della esportazione della seta (circa un altro mezzo miliardo).

Altre circostanze di fatto sono da sovrap­ porre a queste peculiari condizioni, per le quali l’ Italia trarrebbe con se questi altri pesi economici :

Io le conseguenze della crisi del 1907 che ha depresso più particolarmente e continua- mente le basi delle attività fattive dell’ Italia ; 2° le conseguenze della impresa libica che segnò già uno sforzo potente, se non esau­ riente;

3° le conseguenze che attualmente in Ita­ lia come altrove si scontano per effetto della guerra combattuta dai principali paesi eu­ ropei.

In contrapposto si potrà pensare che du­ rante i mesi di neutralità la nazione avrà potuto porsi, in virtù di adeguati provvedi­ menti, ed in conseguenza degli esperimenti adottati da altri paesi, in una condizione di equilibrio economico meno lontano da quello che esige la guerra, sicché il passaggio dallo stato pacifico al bellico potrà risultare meno brusco che non lo sia stato per quelle

(2)

98 L ’ ECONOMISTA

31 gennaio 1915

‘tenze che furono d’un subito coinvolte nelle ostilità.

Ciò posto conviene ricordare come alcuni dispongano i problemi economici e finanziari della guerra nell’ordine seguente di impor­ tanza-, sebbene tutti sono fra loro strettamente legati in modo da rendere difficile una pre­ cisa graduazione:

— approvvigionamento del carbone ed altre materie prime;

— finanziamento della guerra;

— provvedimenti di pubblica assistenza specie nei riguardi della disoccupazione;

— sistemazione del credito ordinario nei riguardi dei depositi;

— sistemazione dei mercati di capitale mo­ biliare ;

— disciplina delle emissioni;

— disciplina dei pagamenti all’estero. La semplice enumerazione di questi pro­ blemi ne enuncia altresì le complesse diffi­ coltà che essi includono, sebbène una lenta preparazione alla loro soluzione renda più agevole il superarle.

La provvista del carbone in quantità suf­ ficiente per i bisogni della guerra, por quelli delle industrie, di cui parte dovranno con­ tinuare, proporzionata alla durata delle osti­ lità ed alle difficoltà di nuove provviste è ovvia necessità ed è augurabile che la solu­ zione sia stata compresa nei problemi che il Governo si è sin qui imposto. Non diverso è l’aspetto degli approvvigionamenti di materie prime necessarie come le lane, i cotoni ed i metalli, le quali hanno usi pressoché diretti nella

guerra-l i finanziamento di una nostra guerra deguerra-lguerra-la presente durata* di sei mesi, sia per spese di­ rette che indirette, sia per accessori e oneri politici è calcolato da alcuni in tre miliardi (1), e tale ammontare di merci e di servizi che 10 Stato abbisogna per fini della guerra, si trova certo disponibile nel paese tanto più che nel periodo preparatorio l’Italia avrebbe avuto 11 tempo di attuare provvedimenti nei riguardi della produzione interna, in quelli degli scambi esteri, per le trasformazioni di ricchezza oc­ correnti a fornire allo Stato le merci ed i ser­ vigi necessari. La forma nella quale potrebbe pagare tanto gli uni che gli altri si ravvisa compresa in tre metodi:

— la circolazione cartacea; — le imposte ;

— il prestito.

L ’aumento di un miliardo nella prima, la sovrapposizione di nuovi tributi diretti e di qualche imposta di consumo di un carattere soltanto straordinario, con un risultato, se­ condo l’opinione di alcuni, di circa mezzo mi­ liardo, un nuovo prestito forzato e di guerra, di un miliardo e mezzo, completerebbero il fabbisogno.

I provvedimenti per la disoccupazione si sostiene debbano specialmente preoccupare,' perchè, sebbene la guerra sia una domanda di

(1) Vedi GtUSTavo Del Secchio* Economici e finanza di

guerra, giornale degli Economisti, gennaio 1915.

lavoro, pure essa è in genere accompagnata da una fortissima disoccupazione.

Le statistiche inglesi, tedesche ed anche le francesi, dimostrano invero che tranne il primo momento, le riprese del lavoro e la diminu­ zione della disoccupazione hanno proceduto con rapido passo, cosicché anche per l’ Italia, che in fondo è sempre più agricola che in­ dustriale, sembra debba essere meno grave il problema e di peso soltanto transitorio.

Esamineremo nel prossimo fascicolo gli altri quesiti che ci siamo proposti, in merito spe­ cialmente agli scambi all’ estero.

Il c o m m e rc io d e lla G e r m a n ia

e la guerra.

Per avere idea degli enormi danni econo­ mici che la guerra arreca alla Germania ci sembra interessante trarre dallo Statistische Jahrbuch filr das Deutsches Beich del 1913, al­

cuni dati relativi al commercio di esporta­ zione e di importazione dell’ impero tedesco negli anni passati. Si arguirà da essi quale tremendo arresto nella normale vita di quella regione, deve avere apportato lo stato di progrediente isolamento economico, nel quale essa si trova.

Nel 1912 il totale delle importazioni te­ desche fu in cifre tonde di 10 milardi e 691 milioni; le esportazioni di 9 miliardi e 21 m i­ lioni di marchi. Si_calcola che delle importa­ zioni 4 miliardi e 776 milioni venissero alla Germania dai paesi che o'ggi sono in guerra con essa e 3 miliardi e 536 milioni dai paesi d’oltre mare, coi quali oggi non ha potuto mantenere le sue comunicazioni. Le sue im­ portazioni sono dunque ridotte da 10 miliardi e 691 milioni a 2 miliardi e 379 milioni di marchi (posta s’ intende l’ ipotesi — certo ir­ reale — che con i paesi limitrofi il commercio germanico non abbia subito variazioni : è da credersi però che intensificatosi, e di molto, nei primi mesi di guerra, sia oggi forse più ristretto di quel che non lo fosse precedente- mente).

Delle esportazioni tedesche 3 miliardi e 708 milioni si dirigevano ai paesi oggi nemici: 1 miliardo e 945 milioni a paesi d’oltremare. Si può supporre — con le osservazioni sovra ricordate — che solamente 3 miliardi e 370 milioni di marchi di merci possano oggi pren­ dere la via dell’estero.

Particolarmente rispetto alle importazioni abbiamo i seguenti dati: — distinguendole in tre categorie : generi alimentari (grano, se­

gala, orzo, riso, legumi, caffè, thè, ecc.), fo - raggi (mais, fieno, avena, ecc.) e materie tessili

(lana, cotone, juta, canapa, lino, ecc.) — in ri­ guardo a quelle prime provenienti :

a) dai paesi belligeranti:

generi alimentari: tonnellate 4.285.000

foraggi : » 1.959.000

materie tessili: » 423.000

b) dai paesi transoceanici:

generi alimentari: tonnellate 1.540.000

foraggi : » 1.491.000

(3)

31 gennaio 1915 L’ ECONOMISTA 99

c) dai paesi limitrofi:

generi alimentari: tonnellate 576.000

foraggi : » 198.000

materie tessili: » 22.000

Come ben vedesi l’ importazione è ridotta a meno di un decimo tanto per gli alimenti, che per i foraggi e le materie tessili.

Come si può credere che lo stato attuale di blocco seguitando possa la Germania a lungo resistere ?

D i quattro prodotti di prima- necessità in­ dustriale come il petrolio, il salnitro, il caout- chouc e il rame solamente del primo e del­ l’ ultimo ha una piccola produzione.

E invero già lo Sclimoller scriveva nel suo

Annuario del 1912 che « nell’ ipotesi d’una

guerra nella quale l’ importazione fosse a noi (tedeschi) vietata, la nostra situazione diver­ rebbe critica. 1 successi dei nostri eserciti, anche dei grandi successi, non ci servireb­ bero a nulla o non potrebbero essere utiliz­ zati che insufficientemente, se l’avversario riuscisse a imporci una nuova tattica: la tat­ tica della fame ». Similmente Giorgio Heim

nella Frankfurter Zeitung del 20 ottobre 1914

prevedeva che se la guerra durava più di otto

mesi la Germania sarebbe restata senza grano. Ancora il prof. Schumacher dell’ Università di Bonn nella Holnische Zeitung del 3 novem­

bre 1914 rilevava che : « Lo stock dei generi alimentari è inferiore quest’anno (1914), anno di guerra, allo stock del tempo di pace ; se noi conserviamo le nostre abitudini dei tempi di pace, questo stock può essere insufficiente per permettere di aspettare la raccolta. E final­ mente la Deutsche Zeitung l’organo del Bund

der Landwirte, ribadiva le precedenti osser­ vazioni scrivendo che « se la guerra dura a lungo, e questo è certo oramai, la nostra si­ tuazione diventerà difficile e criticissima.... ». E questi rilievi acquistano un più grande valore, quando appunto si pongano in rela­ zione al fatto che la Germania importa sopra tutto delle materie prime e dei generi alimen­ tari (84 °/0 del totale delle importazioni) e che esporta principalmente manufatti (64 % delle sue esportazioni). L ’arresto del commercio estero quindi per due lati rovina le sue in­ dustrie, oltreché affamarla gradualmente, ile sono riprova, fra l’altro, i due seguenti rialzi del grano e della segale a Berlino che in pe­ riodi normali avevano un prezzo medio rispet­ tivo di 217 e 185 marchi e ultimamente erano saliti a 260 e 220. Si ricorderà anche l’obbligo fatto di aggiungere il 10 °/0 di segale al pane di frumento.

Naturalmente insieme al commercio inter­ nazionale è cessata quasi del tutto la naviga­ zione la quale era vertiginosamente salita da 5 milioni di tonnellate nette nel 1873 a più di 48 nel 1913.

Noi abbiamo prospettati imparzialmente questi dati: e talmente chiara ci sembra la loro interpretazione che non crediamo dovere aggiungere parole ulteriori di chiarimento.

Ro b e r to A . Mu r r a y.

P. 8. — Dopo aver scritto l’articolo di cui

sopra, si diffonde nei giornali la notizia che

il Governo federale germanico ha decretato il monopolio dei cereali. Per quanto il comu­ nicato affermi che, per tal modo, l’alimenta­ zione del pane sia assicurata fino all’epoca del nuovo raccolto; non si può non ricono­ scere nel provvedimento la critica posizione dell’ Impero germanico in fatto di provviste di generi alimentari di primissima necessità. Per esser sicuri che Paffermazione relativa alla sufficienza delle attuali riserve di grano fino al prossimo raccolto sia vera, non ab­ biamo che da aspettare. Vogliamo però una volta ancora ricordare l’utilità che vi sarebbe, anche fra noi di promuovere un censimento del grano esistente come noi proponevamo con altri nel n. 2120 di questo Economista, e

come vedemmo consigliare successivamente nella prima adunanza del Consorzio granario della provincia di Firenze, tenutasi presso la Camera di Commercio di questa città il 20 gen­ naio u. s.; dati anche i recenti disordini in Sicilia, che certamente sono indizio di condi­ zioni anormali di cose.

B. A . M.

La Banca di Francia e la guerra.

Limitiamoci a considerare i rapporti della Banca di Francia collo Stato.

I servizi da essa resi al commercio ed all’ in­ dustria sono grandiosi specialmente nell’ ul­ timo mezzo secolo e potrebbero costituire og­ getto di uno studio interessante. Ma quelli resi allo Stato, e più che in tempi normali, nei periodi critici, mostrano quanto abbia sem­ pre pesato sui destini della Francia una forza così potente come quella che risiede nel cre­ dito di questa solidissima Banca.

Le sovvenzioni fornite durante la guerra del 1870 sono la prova migliore della vigoria del­ l’Istituto, fondata sulle larghe disponibilità, della solidità della sua organizzazione, della sua autonomia, in base alla quale poterono, nell’ora del bisogno, essere apertamente for­

niti mezzi efficaci alle finanze dello Stato. Si è calcolato che 1 miliardo e 530 milioni furono in quell’occasione anticipati dalla Ban­ ca, dei quali effettivamente prelevati 1485 mi­ lioni.

Ed i progressi da quel tempo ad oggi sono veramente grandiosi.

A lla vigilia della guerra del 1870, i 1544 mi­ lioni di biglietti erano garantiti da un incasso di 505 milioni (il 32 % ) ! il 31 dicembre 1880, i 2305 milioni di circolazione da 1795 milioni di riserva (il 77 % ) ; il 31 dicembre 1890, i 3060 milioni di circolazione da 2472 milioni di riserva (il 77 °/0) ; al 24 dicembre 1909 la circolazione dei biglietti era di 5166 milioni e la riserva di 4360 milioni, in ragione del- l’84.4 °/0 ; al 30 giugno 1912 la circolazione am­ montava a 5310 milioni e la riserva a 4067 milioni.

(4)

100 L ’ ECONOMISTA 31 gennaio 1915

contrario la riserva in oro è, durante il pe­ riodo 1881-1909, aumentata da 604 a 3487 mi­ lioni. 11 17 giugno 1909 raggiunse 3.7137 mi­ lioni. ilei novembre 1913 era di 3.526 mi­ lioni.

Tale cifra è sempre cresciuta per effetto di continui acquisti di metallo fatti a New York dalla Banca per aumentare il proprio stock au­

reo, il quale alla vigilia della guerra era di 4.141.341.663 fr.

Si è preteso che F immobilizzazione di un incasso così considerevole di oro possa pro­ durre una perdita per la ricchezza nazionale, in quanto, trasformato in capitale produttivo, potrebbe assicurare un reddito annuale dai 40 ai 50 milioni. Si può obiettare senz’altro che è in virtù di questa importante riserva di oro che si è potuto ottenere un tasso di sconto favorevole. Il tasso dello sconto in Francia, infatti, è stato sempre, a confronto degli altri paesi, il più basso ed il più stabile come risulta dal seguente specchietto:

Oscillazioni dello sconto

delle principali banche dì emissione dell'Europa (1898-1909). Numero delle variazioni del tasso di sconto Tasso Tasso massimo minimo % % Francia . . . Germania . . Inghilterra . . Austria-Ungh. Bel gi o. . . . Paesi Bassi. . Svizzera . . . 10 51 60 18 27 24 47 4.5 7 7 6 6 6 6 Media per i 12 anni % 2 3 — 3 4,48 2.5 3.61 3.5 4,13 3 3.51 2.5 3.42 3 4,23

Durante gli anni di sviluppo e di prepara­ zione economica e nei periodi di crisi il tasso dello sconto ha dato prova di una resistenza maggiore che quella delle Banche d’ Inghil­ terra e di Germania. Durante la crisi balca­ nica lo sconto della Banca di Francia non superò il 4 % ) mentre quello della Beichs- bank fu del 6 % e quello della Banca d’ In­ ghilterra del 5 % .

La potenza della Banca di Francia si estende dal mercato nazionale al mercato mondiale. Mentre si può considerare, come dice il Kauf- mann (1), la Banca d’ Inghilterra la clearing­ house dell’universo, la Banca di Francia è

senza dubbio la più grande riserva d’oro del mondo. In giorni difficili moltissimi Stati si sono rivolti verso la Banca di Francia come verso la maggior fonte di ricchezza aurea. Bicordo per tutti gli aiuti forniti più volte alla Banca d’ Inghilterra: nel 1836-37 in oc­ casione di una grave crisi di credito, nel 1890 con un prestito di 3 milioni che potè fare evi­ tare la sospensione dell’atto di Peel, nel 1906- 1907 all’epoca della crisi monetaria americana e nel 1909 in seguito ad un rincaro interna­ zionale dell’argento, Si evitò sempre che il tasso dello sconto non si elevasse in misura maggiore, come nel novembre 1907 quando salì improvvisamente in una settimana da 4 V2 a 7 °/0 e nel 1909 quando nello spazio di pochi giorni si aumentò da 2 ' / 2 a 5 % .

(1) La Banque en France di E. KaufmaNn — traduit de Pallemand par A. S. Sacker, Paris, 1914.

Da strumento di prosperità e di ricchezza in tempo di pace, l’enorme riserva di oro della Banca di Francia fu sempre conside­ rata la migliore se non l’unica riserva in tempo di guerra. Trascorsa l’epoca dei tesori speciali di guerra si è però sempre dovunque posto il problema del come, in caso di con­ flitto, lo Stato possa far fronte ai bisogni ec­ cezionali colle proprie risorse finanziarie.

In Francia la questione si è risoluta in ogni tempo considerando l’ incasso della Banca di Francia il miglior tesoro di guerra. E nei momenti critici l’opera della Banca è stata veramente patriottica e gli aiuti resi più lar­ ghi di quanto avesse potuto prevedersi. Nel 1870 con una riserva di quasi 600 milioni si potè far fronte ad una circolazione di più di 2 miliardi e provvedere ad anticipi allo Stato di 1530 milioni senza che i biglietti fossero deprezzati. Nè allora lo Stato trovò necessario di esercitare sulla Banca alcuna pressione, nè si vide l’opportunità di stabilire regole deter­ minate in proposito ogni qualvolta si esaminò la funzione che la Banca avrebbe dovuto eser­ citare in confronto dello Stato in caso di guerra.

« La conduite passée — scriveva il Pom­ mier — digne d’éloges, de la Banque v is -à - vis de F Etat lors de nos désastres et le zèle qu’ elle a toujours manifesté pour être utile aux intérêts du pays nous donnent le droit d’être confiants sur la nature du concours qu’ elle a promis à l’ Etat pour l’avenir; et l’on peut être certain qu’ en temps de guerre tou­ tes les ressources dont la Banque dispose, non seulement son encaisse, mais son crédit, tout cela serait mis à la disposition de la dé­ fense nationale sans la moindre hésitation ».

Con questi precedenti di solidità finanziaria e di fiducia la Banca di Francia si è trovata alla vigilia della spaventosa guerra attuale, in un’ora decisiva per l’esistenza del paese.

Il primo servizio reso fu quello degli aiuti prestati ai numerosi istituti di credito. 1 quali, assaliti nei primi giorni di guerra,, dalle do­ mande di rimborso dei depositanti, furono costretti rivolgersi alla Banca di Francia per farsi scontare i propri portafogli commerciali. E la Banca, in virtù della sua preparazione, potè senz’altro corrispondere alla richiesta di fondi. Ciò portò, s’ intende, ad un aumento del suo portafoglio il quale, dal 27 luglio al 6 agosto si aumentò di 2.352 milioni; dal 1° agosto al 1° ottobre si è accresciuto di al­ tri 541 milioni, cosicché da 1.504 milioni al 21 luglio è passato al 1° ottobre a 4.476 mi­ lioni, e cioè con aumento in cifra tonda di 3 miliardi. Il portafoglio della Banca al 3 di­ cembre era diminuito a 3.841.870.762 fr. È la prova che delle coverture importanti sono state fatte in quei due mesi: più di 635 mi­ lioni sono rientrati nelle casse della Banca, A l 10 dicembre, in seguito a qualche sconto importante, il portafoglio commerciale ammon­ tava a 3.850 milioni.

Una delle più importanti fonti di

(5)

31 gennaio 1915 L ’ ECONOMISTA 101

bilità per lo Stato all’ indomani della guerra, per far fronte alla diminuzione delle entrate ed all’aumento delle spese, fu la emissione di buoni del tesoro. Buoni di 100, 500 e 1000 francbi, col nome di buoni della difesa nazio­ nale, portanti l’interesse del 5 °/0, furono messi

a disposizione del pubblico. Si faceva conto clie per la somma di 940 milioni tali buoni sarebbero stati sottoscritti per la fine del­ l ’anno. I 940 milioni erano stati già superati alla fine di novembre, e un decreto del Con­ siglio di Stato li ba portati a 1400 milioni. A l 15 dicembre il totale dei buoni sottoscritti superava il miliardo, di cui 102 milioni emessi nell’ Inghilterra ed agli Stati Uniti (1).

Ma le risorse più importanti sono quelle fornite dalla Banca di Francia. Per effetto di una convenzione degli 11 novembre 1911, ra­ tificata dalla Camera il 4 agosto 1914, la Banca mise, fin dai primi giorni della guerra, a di­ sposizione del Governo, 2900 milioni. Altri 100 milioni furono promessi dalla Banca di Algeria. Ma questa somma di tre miliardi non poteva evidentemente coprire che le prime spese, di entrata in campagna. Ebbene, sicuro della forte organizzazione della Banca, il Go­ verno non ha esitato a chiederle di aumen­ tare l’eventuale anticipo a 6 miliardi. « Ce qui fait la force de ce crédit — ha detto Bibot nell’ ultima esposizione finanziaria fatta alla Camera — c’est que tout le monde sait que la Banque de Franco n’est pas dans les mains de l’ Etat. En temps de paix, celui-ci s’ interdit de puiser dans le trésor de la Banque... Quand une crise vient à éclater, la Banque de Franco est d’autant mieux proparée à faire des avances à l’ Etat que celui-ci n’a pas eu recours à elle en temps de paix ».

Gloriosa tradizione del mirabile istituto! Fino al 15 dicembre erano stati effettiva­ mente versati allo Stato 3600 milioni.

Non ostante tali oneri la situazione della Banca è oggi delle più solide. L’ incasso in oro che era alla vigilia della guerra di 4.141.341.663 fr. non solo non è diminuito, ma si è, sia pur di poco, accresciuto: al 10 di­ cembre ammontava a 4.141.756.844 fr. Gli sforzi della Banca di Francia sono rivolti a non in­ taccare tale riserva. La circolazione dei bi­ glietti è aumentata bensì da 5911 milioni, qua- l’era prima della guerra, a 9299 milioni due mesi dopo della guerra, ma d’allora si è ac­ cresciuta lentamente (2) ed in misura minore che in tutti gli altri Stati europei: segno questo che la Banca di Francia è disposta a non abusare della facoltà concessale con la legge del 6 agosto 1914 di portare la propria circolazione da 6800 milioni a 12 miliardi. I conti correnti ammontavano al 10 dicembre a 2273 milioni ed i depositi a 398 milioni e vanno ogni giorno accrescendosi : prova anche questa della fiducia che la Banca ispira e della 1 2

(1) In questi giorni la Banca d’ Inghilterra ha emesso per 100 milioni di lire sterline di buoni del tesoro francese allo scopo di coprire i pagamenti delle ordinazioni fatte nel Regno Unito dal Govèrno francese.

(2) Le nuove tendenze della -politica monetaria degli Stati

belligeranti di L. Ei n a u d i, in « Corriere della Sera » 9 no­ vembre 1914.

disponibilità dei capitali che attendono un impiego. In nessuna epoca il biglietto della Banca di Francia ha goduto maggior fiducia in Francia ed all’estero.

Il credito della Banca di Francia in que­ st’ora tragica è il credito stesso che la Francia gode in tutto il mondo. Possiamo ben prestar fede alle parole di Georges Lévy, piene di spe­ ranza pei destini del suo paese : (1 ) « Le monde sait que notre solvabilité est illimitée, que l’ Etat, aussi bien que les particuliers, feront face à tous leurs engagements, que la puis­ sance créatrice du pays résistera aux épreu­ ves, qu’au lendemain de la paix nous nous remettrons au travail avec une énergie décu­ plée par les leçons de la guerre, que la France économique, en un mot, ne donnera pas à l’ univers une spectacle moins beau que celui de la France militaire ».

La n f r a n c o Ma r o i.

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE

L e p e n s io n i a g li S t a t i U n iti

dopo le guerre.

Il signor Hubert Valleroux lamentava nella

Riform e Social del dicembre u. s. la massa

montante delle pensioni in Francia che am­ montarono nel 1914 a 5 miliardi, 191 milioni, 643.009 franchi, e ricordava gli Stati Uniti d’America come il paese che aveva saputo tenersi lontano da un simile colossale aggravio per i contribuenti. Mentre ricorderemo che in Italia il carico delle pensioni si mantiene an­ cora lontano dal limite tenuto dalla Francia, aggirandosi qui intorno ai 110 milioni annui, vediamo che nel Journal des Economistes, N.M.,

fornisce le cifre delle pensioni negli Stati d’America, con alcune considerazioni che qui riportiamo.

La maggior parte delle pensioni degli Stati Uniti ha per origine la guerra di Secessione 1862-1865. Il numero dei partecipanti non fu nel 1868 che di 169.643 individui e la cifra delle pensioni 136,17. Ma in tempo di pace il numero delle vittime della guerra di Seces­ sione aumentò rapidamente. Nel 1871, erano aumentati di circa un quarto e raggiunge­ vano la cifra di 207.500. ilei 1885, giunti alla cifra di 345.125 erano più che raddoppiati e le loro pensioni rispondevano a 188,03 ; le vit­ time quindi continuavano a moltiplicarsi.

Anni Pensioni Quote di pensioni

1887 406.000 174,45

1893 966.000 162,43

1898 993.000 145,56

1902 999.000 137,58

La guerra ispano-americana ha però con­ tribuito a questo aumento: nel 1897 la cifra dei pensionati era di 976.000; nel 1898, anno della guerra, 993.000, ossia in aumento di 1

(6)

102 L’ ECONOMISTA 31 gennaio 1915

17.000; ma ricondotta nel 1899 a 991.519; ri­ torna nel 1900 a 993, ed infine raggiunge il suo massimo nel 1902. Prendendo la differenza dal 1892 al 1898 e 1900, la guerra ispano-ame-' ricana ha contribuito per meno del 2 per cento.

Se il numero è cresciuto la quota di pen­ sione però è ridotta a quella del punto di par­ tenza nel 1902. Le vittime cessano di molti­ plicarsi. Ma di poi si ha un nuovo aumento.

Anni Pensioni Quota di pensione

1905 998.441 141,36

1910 921.083 173,68

1912 860.294 177,83

1913 820.200 210,86

1914 785.239 219,45

Il totale delle pensioni è diminuito nell’ul­ timo esercizio di 8.500.000.

Il totale pagato dal governo federale dal 1868 al 1914 per le pensioni è stato'di 4750 milioni di dollari, ossia 24 miliardi, 500 mi­ lioni di franchi, ossia quattro volte il debito degli Stati Uniti. Y i è quindi circa un milione di persone che, 4 0 . anni dopo la fine della guerra di Secessione, avevano trovato il mezzo di costituirsi rentiers dei loro compatriotti. Le

vittime reali della guerra 1802-1868 non vi hanno partecipato che in lieve misura. Questo fenomeno va tenuto presente, specialmente in occasione della attuale guerra; si che non ab­ biano a verificarsi a danno della economia fu­ tura del paese abusi gravosi.

Società per azioni nel 1914 in Italia.(1)

A bbiam o analizzato il capitale versato, il capi­ tale sottoscritto e gli aum enti di capitale nelle So­ cietà per azioni in Italia, durante il 1° ed il 2° se­ mestre, som mandone i dati per tutto l ’anno corrente. Esam iniam o nella tabella seguente per i relativi 17 gru ppi di società g li apporti i quali nel loro insieme raggiungono quasi la metà del capitale versato per costituzione di n uove società, il che dim ostra che il m ovim ento effettivo di capitali si riduce delle som me contenute negli apporti.

APPORTI.

(in migliaia di lire)

•2fcU Numero Capitale versato

2 p<

,g ft à B Totale 1° 2* Diffe- Totale

o g OD tH

OD

Cvl

1914 seni. sem. renza 1914

1 8 5 13 — 20 20 20 2 3 1 4 — — — — 3 4 1 5 1.998 360 — 1.638 2.358 4 1 2 3 — — — — 5 5 2 7 785 625 — 160 1.410 6 8 7 15 785 390 — 395 1.175 7 5 1 6 35 — + 35 35 8 3 5 8 1.810 4.485 + 2.675 6.295 9 2 1 3 383 1.408 + 1.025 1.791 10 8 2 10 461 235 — 226 696 11 8 7 15 826 265 — 561 1.091 12 10 1 11 680 — + 680 680 13 2 2 4 644 — + 644 644 14 6 4 10 — 50 — 50 50 15 6 12 18 3 370 — 367 373 16 8 5 13 180 1.915 + 1.735 2.095 17 24 19 43 1.405 444 — 961 1.849 111 77 188 9.995 10.567 + 572 20.562

(1) Vedi Economista 24 gennaio 1915, n. 2125, pag. 80.

A nche la tabella sulle società cessate durante l ’anno 1914 riguarda la situazione di un capitale dedicato in genere alle industrie; esso rappresenta una cifra considerevole in rapporto al capitale ver­ sato nelle n u ov e società che furono in numero di 111, mentre a 135 am m ontavano le cessate. Va però tenuto conto delle trasform azioni.

SOCIETÀ ORDINARIE CESSATE NEL 1914.

.2^ N*. Soc. (in migliaia di lire)

ab £L| 3 ft rd d Ö H 1 * s en i. S OD C* Totale

1914 sem.1» sem.2° renzaDiffe­ Totale1914

1 4 3 7 1.682 770 — 912 2.452 2 2 3 5 2.600 9.500 + 6.900 12.100 3 4 2 6 3.265 2.200 — 1.065 5.465 4 1 2 3 500 599 + 99 1.099 5 7 5 12 4.353 3.505 — 748 7.858 6 1 3 . 4 550 261 — 289 811 7 7 4 11 2.225 1.430 — 795 3.655 8 6 4 10 12.280 2.550 — 9.730 14.830 9 2 2 4 600 350 — 250 950 10 7 8 15 2.700 902 — 1.798 3.602 11 5 1 6 2.222 300 — 1.922 2.522 12 1 — 1 70 — 70 70 13 4 1 5 1.265 200 — 1.060 1.465 14 1 3 4 210 1.450 + 1.240 - 1.660 15 6 3 9 1.763 1.295 — 468 3.058 16 3 2 5 4.565 700 — 3.865 5.265 17 15 13 28 4.107 6.137 + 2.030 10.244 76 59 135 44.957 32.149 —- 12,808 77.106

Infine un’ultim a tabella pone a paragone le d i­ m inuzioni di capitali nei due semestri, e raggruppa le cifre per tu tto il 1914.

\ia di lire) Differenza Totale + 1.125 1.125 + 606 1.616 + 1.641 1.461 — 61 469 + 10.503 12.557 — 2.450 3.650 — 4.113 9.543 — 2.490 3.750 + 265 1.615 — 3.346 5.839 + 4.544 4.544 + 1.301 1.601 + 3.595 4.438 + 239 811 + 5.855 7.729 + 2.152 7.528 55 22 107 31.991 42.278 — 10.287 74.269

Il P r e s t it o N a z io n a le .

È stata pubblicata la seguente statistica sulla distribuzione per abitante della sottoscrizione al Prestito Nazionale.

Soc. che hanno

3 dimin. il capit. [migi

ES i°

(7)

31 gennaio 1915 L'ECONOMISTA 103

Avellino. 37 425 67 651 68 1,53

Bari delle Pu­

glie . . . 7 918 21 5.718 40 6,22 Belluno . 64 235 59 1.230 45 5,22 Benevento 58 272 58 1.314 49 4,82 Bergamo 22 539 15 9.386 18 17,39 Bologna . 20 586 5 45.280 3 77,25 Brescia . 18 610 14 9.650 21 15.80 Cagliari . 24 529 33 3.946 36 7,44 Oaltanissetta . 43 355 69 352 69 0,96 Campobasso . 40 390 57 1.325 59 3,39 Caserta . . 8 829 42 2.608 62 3.14 Catania . 11 802 27 4.704 44 5,86 Catanzaro 23 532 44 2.382 51 4,47 Chieti . 39 400 63 913 66 2,27 C om o. . 17 650 12 12.392 17 19,03 Cosenza . 26 522 45 2.300 52 4.40 Cremona 44 353 17 7.739 15 21,88 Cuneo. . 16 673 20 5.740 32 8,51 Ferrara . . . 53 310 40 2.734 29 8,81 Firenze . 6 1.009 7 27.427 9 27,15 Foggia . . . 33 474 38 3.041 39 6,40 Forlì . . 54 308 53 1.834 43 5,95 Genova . 5 1.041 4 75.121 4 72,10 Girgenti. 38 413 49 2.036 48 4.92 Grosseto. 67 148 68 502 60 3,38 1 .ecce. . 13 778 39 2.922 57 3,75 L iv o rn o . . . 69 133 26 4.951 7 37,18 Lucca. . 47 339 23 5.203 22 15,30 Macerata 57 272 61 1.036 56 3,79 Mantova 45 353 35 3.689 27 10,45 Massa Carrara 65 221 61 996 50 4,48 Messina . 21 545 28 4.669 31 8,54 Milano . 1 1.742 1 193.007 1 110.75 Modena . . , 42 365 31 4.487 25 12,27 Napoli . 2 1.309 6 33.350 11 25,47 Novara . 12 781 8' 20.874 10 26,70 Padova . 25 528 19 6.195 26 11,71 Palermo. 10 819 10 17.995 14 21,96 Parma . 49 332 30 4.584 24 13.83 P avia. . 28 517 16 8.968 19 17.22 Perugia . 15 712 34 3.713 46 5.20 Pesaro ed bino . Ùr-56 276 64 861 64 3,11 Piacenza. 59 272 29 4.608 20 16.93 Pisa . . 46 346 41 2.702 35 7,79 Porto Mauriz. 66 155 24 4.987 8 32,17 Potenza . 32 485 48 2.083 54 4,28 Ravenna 62 247 47 2.169 30 8,71 Reggio di labria . Ca-34 470 56 1.605 58 3,41 Reggio Emilia 52 318 46 2.170 38 6,80 Roma. . 3 1.306 2 133.885 2 102,47 Rovigo . 61 261 51 1.927 37 7,36 Salerno . 19 588 36 3.568 41 6,06 Sassari . 48 338 60 1.059 63 3,13 S ien a. . 63 244 22 5.516 13 22,53 Siracusa. 30 504 65 791 67 1,56 Sondrio . 63 140 50 2.028 23 14,41 Teramo . 51 327 54 1.648 47 5,03 Torino . 4 1.226 3 88.161 5 71.90 Trapani . 41 370 55 1.628 53 4,39 Treviso . 29 508 37 3.050 42 6,00 Udine. . 14 726 18 7.242 28 9,96 Venezia . 35 467 9 20.810 6 44,54 Verona . 31 486 13 11.646 12 23,94 Vicenza . 27 520 32 4.253 33 8,17 35.845 Italia 878.693 Colonie 1.455 22,83 Tot. 880.148

Una collezione completa dell’ Economista com­ posta di 42 volumi e rara e vendibile presso

VAmministrazione al prezzo di L. 1000.

Il d iv id e n d o d e lla B a n c a d ’It a l i a

Un comunicato A&WAgenzia Stefani del 25

corrente annunziava che il Consiglio Supe­ riore del nostro maggiore Istituto di emissione, nella sua tornata dello stesso giorno, ha deli­ berato di distribuire agli azionisti un divi­ dendo non superiore a quello pagato per l’eser­

cizio 1913 (L. 48 per azione), dopo aver accan­ tonato sugli utili netti dell’esercizio decorso, una somma di L. 9 milioni por portare da uno a dieci milioni di lire la riserva temporanea e

renderla così capace di fronteggiare perdite che eventualmente potessero prodursi nel mo­ vimento complessivo delle operazioni della Banca, nell’attuale eccezionale periodo econo­ mico.

Notiamo, anzitutto, che questa riserva spe­ ciale di 10 milioni, tenuto conto della Massa di rispetto dell’ Istituto esistente in L. 48 mi­ lioni e della riserva straordinaria in lire 12.025.412,33, viene a portare la massa delle riserve della Banca alla cifra di L. 70.025.412,33 rimpetto a un capitale versato di L. 180 mi­ lioni, vale a dire al 3 8 ,9 0 % di questo.

Il bilancio, d’altra parte, dell’ Istituto al 31 dicembre u. s., registra, come utili netti del­ l’esercizio da ripartire — deduzione fatta, cioè, di V20 pel fondo di cassa di previdenza per il personale degli antichi Istituti di emissione e di L. 750 mila, ora per la prima volta, asse­ gnate allo stesso scopo, ai sensi dell’art. 24 del Testo Unico sugli Istituti di emissione — la somma di L. 18.742.034,94, contro lire 19.728.909,07 nel 1913: ricostruendo, però, la somma originaria si giunge a circa L. 20 1/2

milioni, che, coi 9 accantonati, formano un totale di utili netti d’esercizi di L. 2 91/2 mi­

lioni; mentre nel 1913 tali utili, compresi i 2 milioni destinati all’ultimo degli accanto­ namenti annui di cui all’art. 67 del Testo Unico, ammontarono a poco più di L. 22 mi­ lioni, donde un maggior profitto netto per il 1914 di oltre L. 7 milioni.

Sulle L. 18.742.034,94 da ripartire, la parte­ cipazione dello Stato (art. 23 del Testo Unico) rappresenta in cifra tonda L. 4.500.000: reste­ rebbero così da distribuire agli azionisti lire 14.242.034,94, che insieme alle L. 486.392,87 di interessi e proventi della Riserva straordinaria che troviamo inscritte nel bilancio citato, per­ metterebbero di pagare L. 48, come lo scorso anno, portando a nuovo 310 mila lire circa.

I L P E N S I E R O D E G L I A L T R I

Jj’ Economista fornisce ai suoi abbonati copia degli articoli indicati nella seguente rubrica.

ly I m p e r o b r ita n n ic o . — Alberto Geisser con

un esame storico assai completo sulle origini del­ l’ Impero Britannico e sulle vicende coloniali del medesimo, viene, in un articolo pubblicato nella

Biforma Sociale del gennaio 1915, ad alcune con­

(8)

poli-104 L ‘ ECONOMISTA

31 gennaio 1915

tici ed amministrativi e neppure da regime doganale e fiscale, ma cementata dalla concorde coscienza di destini comuni, dalla concorde volontà di un co­ mune Governo, sorretta dalla autonomia collettiva ed individuale, dalla tolleranza religiosa da un mi­ nimo di ingerenza amministrativa e politica per parte del Governo Centrale. Come la storia di tutte le Nazioni anche quella dell’ Inghilterra ha errori e vergogne, ma più che in ogni altro paese si eb­ bero denunciatori e vindici. La politica doganale, malgrado le tendenze del Chamberlain per una pro­ tezione dalla invasione dei prodotti stranieri, si mantenne liberale e di larghi criteri, contrastanti colla politica doganale Germanica. Ricorda l’autore la fobia tedesca verso il progresso inglese ed il mi­ metismo da cui è affetto l’orgoglio germanico che 10 rassomiglia ad uno specchio d’acqua circoscritto difeso, incanalato da un manipolo di uomini, da una ristretta minoranza ufficiale ed ufficiosa. Nei rapporti dell’ Inghilterra cogli Stati Uniti, l’autore ritrova in quella il self restraint che ha sempre in­ torniato il contegno del popolo britannico. Con­ clude che l’ Impero si regge sul consenso spontaneo dei suoi componenti e consenso implica conoscenza e fiducia reciproche e si augura per tutte le genti umane, per gli stessi tedeschi del domani, che sia loro dato avere un governo afforzato non da coer­ cizioni materiali, non da esaltazioni unilateralmente nazionalistiche e false, ma da quel ragionato, libero, consapevole consenso su cui poggia l’ Impero Bri­ tannico e che ne costituisce colla vitalità la gran­ dezza morale.

Verso la carestia? — Nell’Avanti del 25 cor­ rente n. 25 S. Croci, esaminata la produzione dei grani nel mondo e le piazze nelle quali l ’ Italia attinge le sue provviste, conclude che l’ Italia si trova in un cerchio di ferro e non può procedere alle sue provviste che a prezzi alti, cioè a non meno di 37,50-38,00 al quintale fuori dazio, Genova, e che a causa del dazio di L. 3, non ancora tòlto dal Go­ verno si. avrà per l’ Italia fino al nuovo raccolto nir prezzo proibitivo e tale che anche a tener conto della contrazione del consumo, l’effetto inevitabile di quell’alto prezzo sarà la carestia.

Intorno alla gra ve questione del pane. Questa volta è Giulio Braga che nell 'Avanti del 26 novembre n. 26, tratta della questione del pane, ed afferma che il prezzo del grano è determinato in parte dalla scarsità, ma maggiormente dal giuoco al rialzo degli incettatori, e che il Governo è re­ sponsabile della scarsità, come della speculazione sul grano. Dichiara inadeguato il provvedimento dei consorzi e domanda chi sarà per finanziarli; de­ plora le abbondanze di forni in rapporto al numero degli abitanti, accenna all’onere di altre spese pa­ rassitane sul costo delle farine ed invoca l’ inter­ vento del Governo, delle Provincie e dei Comuni per l’esercizio dell’ industria panaria, da operare co­ me calmiere.

L e vicende del mercato del grano. - P er­ chè continua il rincaro.Nella Gazzetta del

Popolo del 26 gennaio 1915 n. 26 Sebastiano Lis-

sone ritorna sulla questione degli approvvigiona­ menti del grano e confuta le idee espresse dal Sole di Milano per un censimento della consistenza gra­ naria nel Regno, dimostrando la inefficacia che le requisizioni di granaglie vi ebbero in Francia ed in Piemonte e concludendo che forse il censimento presenta minori inconvenienti e migliori risultati pratici. Raccomanda che ciò sia affidato all’ ufficio centrale di Statistica Agraria.

11 rincaro del grano e di altri generi ali­ mentari.— Anche C. Del Bo nelPAvvenire d’ Italia del 27 gennaio 1915 n. 25 esamina fra le conseguenze inevitabili dello stato eccezionale dell’ Europa, la questione del rincaro del grano e di altri generi

1 alimentari, ed attribuisce al primo il salire dei prezzi nei secondi. Trova però che non vi sono ele­ menti per giudicare se esiste una effettiva defi­ cienza di offerta di generi alimentari per mancanza dei prodotti; ma poiché constata la esistenza del fe­ nomeno, opina che il Governo debba intervenire con tutti i mezzi di cid dispone.

La crisi granaria, i consorgi provinciali e il dovere del Governo. — Nella Nazione del 24 gennaio, n. 24, S. Fabbrini, constatando gli e f­ fetti della crisi granaria, approva le deliberazioni prese dai rappresenti dei Comuni della Provincia di Firenze, fra le quali si invocava il censimento «lei grano esistente nel Regno ed afferma che il Governo debba dire sull’argomento tutta la verità e debba al caso intervenire, non indietreggiando neppure di fronte a provvedimenti riflettenti la panificazione.

Pane scuro. — Con questo titolo M. Lombardi nella Idea Nazionale del 25 gennaio 1915, n. 25, partendo da quanto ha fatto la Germania per la I panificazione durante i mesi più recenti, deplora che sotto il supposto che il pane sia tanto più d i­ geribile quanto più è bianco si sia finito col riti­ rare dal grano solo il 65 °/0 del suo peso in farina, anziché l’80°/0; l’uso del pane integrale, darebbe, secondo l’autore una economia di 14 milioni di quintali annui. Si potrebbe chiamare pane nazio­ nale, anziché pane di guerra, il semplice pane scuro e si avrebbe sempre un pane scevro di quei mi­ scugli che si sono dovuti adottare in altri paesi. Sulla questione agraria nella Rom agna- Toscana.Nell’Avvenire d’ Italia del 24 gennaio corr., n. 44, Oreste Maltoni sviluppa in un articolo i problemi della agricoltura tosco-romagnola e rias­ sume in questi punti alcuni dei principali deside- derati da far conseguire alle classi agricole: il patto scritto; la tenuta regolare del libri di colonia; la sistemazione annuale dei conti ed insieme possibil­ mente la liquidazione del dare e dell’avere. La di­ visione delle jjoderali altresì è da concedersi, a cri­ terio dello scrittore, ed insieme, equa e giusta, la abolizione di giornate obbligatorie da parte del colono e della sua famiglia, la parificazione della sua opera a quella del bracciante. Insieme fra altre migliorie include la costituzione, di collegi arbitrali in mancanza di un Probivirato agricolo.

Italia e S vizzera .Nel Secolo del gennaio u. s. N. 23 l’on. Edoardo Giretti tratta dei nostri rap­ porti commerciali colla Svizzera, ed analizza il mo­ vimento degli scambi fra i due paesi, rilevando la eccedenza delle merci che esportiamo per la Svizzera su quelle che dalla Svizzera importiamo, e richiamando l’attenzione sui 100 milioni circa di seta che da quel mercato si chiedono al nostro. Af­ ferma la necessità di provvedere ed assicurare quanto più è possibile l’attività industriale e com­ merciale del paese e le nostre relazioni di scambi coi paesi neutrali. Conclude augurando che il Go­ verno Italiano sappia dare alla Svizzera tutte le assicurazioni possibili per i suoi rifornimenti attra­ verso il porto di Genova e quella possa dare le opportune garanzie intese ed evitare il sospetto che essa divenga intermediaria dei paesi belligeranti.

Il Com m ercio In glese e la Guerra. —- Nel

Nuovo Giornale del 25 gennaio N. 25. Gualtiero

(9)

31 gennaio 1915 L ’ ECONOMISTA 105

Tva conquista italiana dei mercati orien­ tali. — Sotto questo titolo la Perseveranza del 26 gennaio tratta questo argomento interessante per l’ Italia, e addita ai commercianti italiani il mo­ mento propizio d ie volge per sostituire nel medi- terraneo orientale i commerci della Germania e dell’Austria-Ungheria, le cui esportazioni sono ri­ dotte quasi al nulla. Afferma che occorre provvedere con sollecitudine, duttilità e ardita prudenza. Dice che il servizio di informazioni dello Stato do­ vrebbe ora aiutare sufficientemente le private ini­ ziative, sebbene il servizio consolare lasci ancora a desiderare nel campo commerciale, pel quale po­ trebbe rendere invece utilissimi servigi.

ha congestione del porto di Genova. Questo argomento è trattato da Giuseppe Bevione nella Stampa del 25 corr., n. 25 colla mira di di­ mostrare come la guerra abbia sconvolto il nor­ male andamento dei traffici, convertendo il porto di Genova in porto di esportazione, anziché di im­ portazione, diminuendo la potenzialità del m ovi­ mento dei carri ferroviarii, sia per la diminuzione dei treni in coincidenza nei paesi limitrofi, sia per le più lunghe formalità doganali, il che ha dato penuria di carri nel nostro maggior porto. Traduce in cifre il fabbisogno ferroviario di Genova in que­ sti giorni ed afferma che vi occorrerebbero 1400 cari giornalieri per il carico e 500 per lo scarico men­ tre soltanto 8 o 10 giornalieri ne giungevano prima per quest’ultima forma di, movimento. Riconosce incapace ad un tale servizio l’attrezzamento por­ tuario e quello ferroviario e trova come unico ri­ medio, oltre i lenitivi adottati, la saltuaria sospen­ sione di accettazione di merci del Regno dirette a Genova. Il che per Genova non è certo un rimedio.

Il nostro comm ercio coll’ estero d eve ces­ sa re? si domanda la Tribuna del 29 corr. n. 29 deplorando che le direttive del commercio italiano siano cadute nelle mani del Comitato consultivo per la esportazione che funziona presso il Mini­ stero delle Finanze. Rileva che in questo organo due sono i difetti fondamentali da rilevare: 1° la insufficienza del tecnicismo nella direzione; 2° la impraticità della burocrazia a fungere da organo esecutivo, da tramite, nell’applicazione dei decreti concernenti il traffico coll’estero. Suggerisce che uomini di competenza industriale e commerciale ' prendano le direttive di quell’organo e funzionino da periti tecnici nel Comitato consultivo, incapace di comprendere i colpi ed i contraccolpi di alcune decisioni che sembrano a tutta prima di limitato effetto.

EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA

Les dommages et les indemnités de guerre. — Nel Journal des Économistes del 15 ottobre 1914 testé uscito, M. Mondet a riguardo della dichiara­ zione ministeriale del 22 dicembre, colla quale si promette solennemente di indennizzare i cittadini di tutti i danni materiali sofferti per la invasione del territorio francese da parte del nemico, fa il calcolo che Fultima revisione decennale del 25 no­ vembre 1911 sul reddito della proprietà fabbricata dà per i dipartimenti che hanno subita la inva­ sione le seguenti cifre:

V alore venale Case Officine Aisne 4.474 47.624 Ardenne 4.476 28.177 Marne 7.599 51.524 Meurtbe et Moselle 8.328 126.081 Mouse 3.499 30.142 Nord 6.099 83.996 Oise 5.251 42.230 Pas de Calais 4.407 54.959 Belfort (territoriale) 9.527 58.798 Sonne 3.948 58.146 Vosges 5.077 73.756

Afferma che sulla base di tale valutazione, e tenendo conto che non tutte le case e non tutte le officine sono state distrutte, riferendosi ai tipi adottati dal censimento, e distinguendo in distru­ zione totale, di tre quarti, di metà, di un quarto debba essere facile lo stabilire le indennità. Per i valori mobiliari dovrebbe far fede la polizza di as­ sicurazione. L ’ importante, egli dice, è di regolare le indennità il più presto possibile e senza sollevare sospetti. Ricorda che l’on. Sonni no nel 1906 nel no­ minare una commissione che doveva studiare i danni della eruzione dell’ Etna, non v i incluse un solo deputato, e richiesto del perchè, rispose : essi terrebbero più conto degli elettori che delle v it­ time !

Mortalità dei feriti francesi in guerra. — Se­ condo i dati forniti dal servizio di sanità fino al 31 dicembre 1914 la mortalità in seguito a ferite di guerra ha dato per i feriti di nazionalità fran­ cese i risultati seguenti:

Guarigioni complete con ritorno al f r o n t e ... 54,5 °/0 Guarigioni con convalescenza 24,5 % Feriti rimasti negli ospedali 17 — °/0 R i f o r m a t i ...1,45 °/0 D ecedu ti...3,48 %

Si nota che mai nelle guerre precedenti la mor­ talità causata da ferite era rimasta ad un tasso cosi basso.

La mancanza di farina a Vienna. — La Zeit pro­ testa in termini vivaci contro la crescente scarsezza dei cereali e dice che il Governo si dimostra im­ potente a frenare le ingordigie degli speculatori. « Fino a pochi giorni or sono — dice la Zeit — si andava ripetendo che a Vienna non può giun­ gere la farina perchè gli esportatori ungheresi pre­ feriscono venderla a Budapest ove ricevono prezzi più alti. Ora il Governo ungherese ha fissato prezzi identici a quelli fissati a Vienna dal Governo au­ striaco, ma la farina non arriva egualmente alla capitale austriaca. Sinora già cento fornai hanno dovuto chiudere i loro esercizi per mancanza di farina ».

La guerra e la vita economica tedesca. — Il corrispondente berlinese della Gazzetta di Franco-

forte scrive al suo giornale: « La vita economica

(10)

Contempo-106 L ’ ECONOMISTA

31 gennaio 1915

rancamente si ammassano i depositi delle banche, tanto che il tasso d’ interesse si è ribassato fino al 2 per cento.

In questo modo è bene preparato il terreno per un nuovo prestito nazionale della guerra nel caso di bisogno. Nessuno qui pensa ad un aiuto da parte dell’ estero ».

II commercio estero francese. — Il Temps pub­ blica una statistica ufficiale del commercio estero della Francia nei primi dieci mesi del 1914. L ’ im­ portazione fu di 5.692.675.000 franchi, e dunque al paragone del periodo corrispondente del 1913 di­ minuita di 1.139.703.000 franchi. Più grande ancora fu la diminuzione dell’esportazione elevandosi a 1.217.435.000 franchi mentre l’esportazione ammon­ tava prima a 4.421.676.000 franchi.

La diminuzione delie entrate doganali nello stesso periodo ammontava a 113.020.000 franchi.

L’ approvvigionamento del grano in Francia. — Circa l’approvvigionamento della Francia in grano il ministero di agricoltura, comunica le seguenti cifre le quali dimostrano che la situazione è sod­ disfacente ed assicurano che l’approvvigionamento è capace di soddisfare ai bisogni. Raccolto nel 1914: 87 milioni di quintali, stock esistente 51 milioni di quintali; consumo in grano in un anno nor­ male 94 milioni ; produzione del territorio invaso 7 milioni e 700.000; disavanzo totale 9 milioni e 700.000; importazioni dal 1* agosto al 27 dicembre quintali 9.470.876.

Per le esportazioni e le importazioni. — Il Mi­ nistero delle Finanze ha adottato il principio di secondare qualche domanda di esportazione di merci colpite da divieto a condizione che venga impor­ tata una quantità corrispondente, in peso e in va­ lore, di altre merci delle quali il paese trova ora difficoltà di rifornirsi.

Perchè l’esportazione delle merci, oggetto di tali concessioni, possa effettuarsi, dovrà essere impor­ tata prima o contemporaneamente, la merce pre­ scritta come oggetto di cambio.

Devesi però avvertire che a questo effetto non è valutata qualsiasi bolletta di importazione della stessa merce e meno ancora sono valide bollette che si riferiscano a merci soltanto arrivate ai nostri confini prima della data della concessione mini­ steriale.

Una bolletta di importazione sarà valida quando l’ importatore abbia chiesta questa validità all’atto stesso dello sdoganamento della merce fatta venire dall’estero, scrivendo in dichiarazione per importa­ zione le seguenti attestazioni:

« Merce che si importa in cambio della esporta­ zione di.... a cui fu autorizzata la Ditta.... come da concessione registrata alla Dogana di... sotto il N... ».

La stessa attestazione occorre anche quando la merce da importare presentata dalla stessa Ditta che deve fare la esportazione o quando l’ importa­ zione di una delle merci e l’esportazione dell’altra abbiano luogo contemporaneamente.

Si pregano le ditte che desiderano esportare come quelle che hanno bisogno d’ importare prodotti esteri di volere notificare sommariamente alla Ca­ mera di commercio le quantità singole allo scopo di trovare modo di dare pratica applicazione alla disposizione suaccennata.

Esportazioni bulgare. — Il Ministro di Agricol­ tura, Industria e Commercio comunica che il Go­ verno bulgaro, ha deliberato consentire esporta­ zioni dei seguenti prodotti: patate, fagiuoli, burro, formaggio, maiali, ghiande, grasso d’oca, semi, ta­ bacco, carni fresche ed in conserva, flanelle.

Per l ’esportazione delle lane. — L’Associazione dell Industria Laniera Italiana, che ha sede in To­ rino, ha inviato al Ministro di agricoltura indu­ stria e commercio un dettagliato memoriale invo­

cando si tolga il divieto di importazione delle lane dall’ Inghilterra e di esportazione di panni militari per altre nazioni.

Il memoriale conclude:

« Riassumendo: ad evitare che il consolante m o­ vimento manifestatosi nella industria laniera in questi ultimi mesi si arresti nuovamente, e la chiu­ sura degli opifici, imminente per la temibile ces­ sazione del lavoro, obblighi a lasciare inoperosa la massa operaia con tutte le pericolose e dannose conseguenze che ne possono derivare non solo alla industria laniera in particolare, ma anche e spe­ cialmente a tutto _ l’ interesse generale dello Stato che vedrebbe farsi sempre più minaccioso il peri­ colo della disoccupazione, l’Associazione Laniera ri­ volge a V. E. rispettosa preghiera perchè voglia patrocinare il benevolo accoglimento dei seguenti voti:

I o Che le eventuali nuove richieste dell’Am­ ministrazione militare vengano rese note il più presto possibile;

2 Che nel caso detta onorevole Amministra­ zione si ritenga sufficientemente provvista, ven­ gano tolti i divieti che impediscono la esportazione di panni militari per le altre nazioni;

3° Che vengano rese completamente libere le esportazioni di tessuti di ordinario consumo;

4° Che il Governo italiano veda modo di ot­ tenere siano tolti dal Governo inglese gli ostacoli che ora frappone alla esportazione delle lane dal- l’ Inghilterra ».

L E G I S L A Z I O N E

A n tic ip a z io n i a i c o n c e s s io n a ri

di ferrovie pubbliche.

I Ministri del Tesoro e dei LL. PP. on. Carcano e Ciuffelli in data 8 gennaio 1915 hanno emesso di concerto la seguente ordinanza:

Visto il R. decreto 28 novembre 1914, n. 1287 col quale viene data ai concessionari di ferrovie pubbliche, per le linee già date in concessione, la facoltà di chiedere anticipazioni sul fondo dei 300 milioni di cui all’art. 1 del R. decreto 18 ago­ sto 1914, n. 827, limitatamente ad una somma non superiore a 50 milioni di lire, su deposito di cer­ tificati di avanzamento dei lavori;

Visto l’art. 2 del menzionato R. decreto; Si determina:

Art. 1. — I concessionari di ferrovie pubbliche per le linee già date in concessione, che intendano chiedere anticipazioni in virtù della disposizione contenuta nell’articolo 1 del R. decreto 23 novem­ bre 1914, n. 1287, devono presentare alla direzione generale del Tesoro, analoga istanza, su carta da bollo da L. 1.00, entro il gennaio 1915, con la in­ dicazione dei lavori eseguiti, dell’ammontare com­ plessivo delle anticipazioni relative ai lavori stessi e di quant’altro giovi a dar ragione della domanda.

Art. 2. — Non saranno accordate le anticipazioni a quei concessionari in favore dei quali risulti già assunto, mediante atto legale, l ’ impegno da parte di un ente sovventore di scontare i certificati di avanzamento dei lavori, a meno venga provato che, anteriormente alla data di pubblicazione del R. decreto anzidetto, l’ Istituto abbia dovuto rece­ dere dallo impegno.

Riferimenti

Documenti correlati

Noi vogliamo accettare per buone tutte le ragioni esposte, che hanno indubbiamente la loro importanza, ma vogliamo aggiungerne altra che non solo non ci sembra

straordinarie di credito concesse per mezzo di emis­ sioni di biglietti, il nostro paese adottò ambedue; l’allargamento della circolazione cartacea nei limiti

Detta statistica mette in rilievo la produzione ed il movimento dei generi soggetti alle singole imposte, intendendo comprese nel movimento le quantità passate in

_ Quando .sòia dimostrato che lo stato di guerra e nel periodo 1915 al 30 settembre dello stesso anno abbia fatto diminuire 1 proventi del dazio con­ sumo in

Rispetto infine a quegli scrittori che tennero conto delle complesse condizioni politico-econo­ miche, non crediamo di poter essere d’ accordo col Flora nel

La fin e violen ta della Banca N a zio n a le del B elgio. 360 fa la apologia di quell’ istituto Bancario eccellente spe­ cie nella disciplina del cambio nella

La moratoria tenendo prigionieri i depositi non permetteva ai più ricchi di aiutare i meno, e quelli che furono costretti a vendere titoli, data la chiusura

— Il diritto di statistica viene liquidato e riscosso dalle dogane sulle bollette che sono rila­ sciate per l’entrata delle merci nello Stato e per la loro