L’ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA. COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI REDAZIONE: M. J . d e Jo h a n n i s — R. A. Mu r r a y — M. Pa n t a l e o n i
. . . ,, ,, , W1 ... p. r» r» • ». ah r (F IR E N Z E : 31, V ia della Pergola M
Anno XLII - Voi. XLVI
Firenze-Roma, 10 Gonnaio 1915 |
roma:
56, via Gregoriana
2123
L ’ E c o n o m is t a e s c e quest'anno con 8 p a g in e d i p iù e q u in d i i l suo con ten u to più a m p io d à m odo d i in tro d u rre n u o v e ru b rich e e n u o vi p e r fe z io n a m e n ti.
Il prezzo d ’a b b o n am en to è d i L* iìO a n n u e a n tic ip a te , p e r l ’ I t a l ia e Colonie. P e r l ’ E ste ro (unione p ostale) L.. 55!». P e r gli a ltr i p aesi si a g g iu n g o n o le spese p o sta li. U n fa
scicolo se p ara to L,. i . _______
S O M M A R I O : PARTE ECONOMICA.
P restito, circolazioiic e cambio.
SulVartioolo 14 del R . Decreto 2 0 dicembre - Din o
Sa c e r d o t i.
L a p assione del B elgio - v. p.
Elevazione del peso dei p a cch i p o sta li - E . Z.
NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.
L a d im in u zio n e del com m ercio ita lia n o n e ll’agosto, se tte m b re , o tto b re . — P re m i d i assic u ra z io n e p e r i r i schi di g u e rra in n av ig azio n e.
I l p e n sie ro degli a l t r i : L ' approvvigionam ento del
grano, I buoni re su lta ti ra g g iu n ti. — Sin d a ca ti in d u striali. — Svizzera ed I ta lia . — Per Vesportazione del nostro zucchero.
LEGISLAZIONE.
D ecreto di d iv ieto e sp o rta z io n e m erci. — L a m o r a to ria e il p re stito .
FINANZE DI STATO.
L e e n tr a te dello S ta to a tu tto il 31 dicem b re 1914.
FINANZE COMUNALI.
P r e s titi a lle P ro v in c ie ed ai Com uni. — Spaccio di fa rin e e p an e d e l M u n ic ip io di B ologna. — T ra sp o rti, disoccupazione e p rezzi n e l Com une di M ilano, in no
vem bre. •
EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA.
M atrim oni in d im in u zio n e n el Com une di M ilano. — Le fe rro v ie d e lla P r u s s ia e la g u e rra . — S itu azio n e fin a n z ia ria d e ll’ I n g h ilte r r a dopo 5 m esi d i g u e rra .
NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.
L e o rd in a z io n i e u ro p ee agli S ta ti U n iti. — Il r a c colto d ei v in i in F ra n c ia . — S itu azio n e econom ica d e l l ’A rg e n tin a . — C onsiglio c e n tra le d elle scuole a ll’estero . — L a re la z io n e su lla C a ssa D e p o siti e P re s titi. — I l risch io d i g u e r ra a lla C a ssa N azio n ale Infortuni» — C assa C e n tra le d i ris p a rm i e d e p o siti d i F ire n z e . — Il com m ercio e ste ro d ella R ussia.
Indici economici italiani. Pubblicazioni ricevute.
Mercato monetario e Rivista delle Borse.
Situazione delle Banche Italiane, degli Istituti di Credito, Banche Estere e Cambi.
Accettazioni di valori, Borsa di Parigi, di Londra e di New-York, Cambi all’ Estero.
Appalti e Forniture.
Per abbonamenti, richiesta di fascicoli ed in
serzioni, rivolgersi all’Amministrazione: Via
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I manoscritti, le pubblicazioni per recensioni,
le comunicazioni di redazione devono esser di
rette all’avv. M. J. de Johannis, 56, Via Gre
goriana, Roma.
P A R T E E C O N O M IC A
P r e s tito , c irc o la zio n e e cam bio.
Si afferma, da quanti sono in grado di co
noscere ma di non poter dire l’esito della sot
toscrizione del prestito, non ancora chiusa alla
data di pubblicazione di questo periodico, ebe
unitamente ad un certo successo finanziario si
è avuto un successo morale, poiché la sotto-
scrizione è stata popolare in quanto vi hanno
partecipato le medie e piccole fortune. Si esclu
de poi, sia che il prestito possa essere nel fu
turo gravato di imposizioni, cosicliò ne possa
essere ridotto il saggio d’interesse, sia la ten
denziosa, notizia, detta di future emissioni di
prestiti a più alto interesse.
Non vi è che prendere atto, per ora, e ri
mandare le considerazioni ad altro momento.
*
Pertanto giova constatare che la campagna
condotta contro gli inflazionisti, ed anche i
semplici espansionisti della circolazione sia
stata in sostanza non tanto rispondente a
quella prudenza e moderazione consigliabili
in materia così delicata, quanto non diretta-
mente nociva ai legittimi bisogni, i quali hanno
potuto approfittare a sufficienza dell’allarga
mento consentito dal Governo. Si nota infatti
la riduzione spontaneamente avvenuta nella
circolazione, la quale offre così margini note
voli sui limiti assegnati.
* # #
Nello stesso tempo l’andamento del cambio
in prossimità di uno stato non lontano dal
normale denota certamente che non vi è ple
tora di carta sul mercato e che la nostra cir
colazione si trova in condizioni sane, le quali
permetteranno, in caso di imprescindibili ne
cessità, che vi si attinga con larghezza mag
giore e con effetti meno sensibili di quanto
non sarebbe avvenuto ove fin da ora avessero
avuto ascolto le tendenze opposte a quelle
che i principali economisti hanno sostenuto
principalmente in questo periodico.
*
* *
È da augurare davvero cho il nostro paese
possa così mantenersi forte e possa trovar
modo se non durante la guerra, appena questa
sarà per cessare, di riprendere con rinnovata
e pronta energia le attività di cui è capace
per risanare il trascorso periodo di depres
sione e conquistare nuovi e più sicuri gradi
di solidità economica e finanziaria.
26
L ’ ECONOMISTA IO gennaio 1915
S ull’a rtic o lo 14
del R. D e c re to 2 0 d icem b re.
In ini mio precedente articolo pubblicato
il -0 dicembre 1914 nella pregiata Gazzetta
settimanale - L’Economista - oltreché soffer
marmi sulle questioni d’indole generale cioè
— allargamento della circolazione — prestito
'^ e rn o — smobilizzi —, ho detto largamente
sull attuale situazione dei principali Istituti
(u Credito Mobiliare (come più propriamente
li definisce l’illustre prof. Maffeo Pantaleoni)
e concludevo con una proposta, la quale sarà
piu o meno buona, ma che comunque potrebbe
essere discussa.
li opera diretta del Governo ed i provvedi
menti presi nell’ultima decade di decembre
mi confortano in quanto questi stanno a di
mostrare che il mio modo di vedere e di pro
porre al primo dicembre, quando scriveva il
suddetto articolo, trovarono in breve la pra
tica attuazione.
Naturalmente, tenuto conto dei gravi avve
nimenti che si approssimano coll’avvicinarsi
della, primavera, ritengo che giorno non lon
tano verrà m cui nuovi decreti ci annunce-
ranno essere stato concesso un nuovo allar
gamento di circolazione — che si emetteranno
altri due miliardi di rendita — e che si au-
mentera la somma di 250 milioni fissata per
smobdizzi titoli, portandola a 500 e forse a
750 milioni perchè rimarrà in breve dimo-
strato che le misure ora adottate non sono
sufficienti a dare al Paese quell’ assetto che
** f^ov^rno
^ prefìsso di raggiungere.
Difatti il miliardo di rendita (è inutile dare
.dlverso) che oggi sta alla pubblica
sottoscrizione e che sarà certamente coperto
oltre due volte, non basta nemmeno a sanare
parte delle spese già compiute, mentre altre
importanti sono in corso e moltissime nuove
ne occorreranno in avvenire.
La somma di 200 milioni per smobilizzo ti
toli e assolutamente derisoria se si considera
ciie i capitali impiegati nelle Industrie e nei
commerci sotto forma di Società anonime su
perino in Italia i tre miliardi.
Quale fu lo scopo del Governo nel consen
tire agli Istituti di emissione (centro del con-
sorzio formatosi) di fare simili anticipazioni
su titoli?
Quello di venire in aiuto ai principali Isti
tuti di Credito mobiliare ed apparentemente
anche ai privati. Per questi però, salvo pochi,
la cosa rimarrà allo stato di pio desiderio.
I acciaino poche ed eloquenti cifre pren
dendo ì dati dei bilanci al 31 ottobre 1914 di
soli tre Istituti.
La Banca Commerciale dichiara di avere
nelle sue Casse (in cifra rotonda) :
jt0ÌÌ ?.e r ...milioni 116
il Credito Italiano altrettanto per
»
70
il Banco Poma p e r ...
»
11
-feono in totale . . . milioni 301
r| |1
|| (iest° senza tener presente che nel
1 ortafoglio si trova in generale incluso un
giro Titoli dati in garanzia di operazioni cam
biarie.
Ammesso che tutti i Titoli di cui sopra pos
sano essere valutati ad un massimo di 50 7
occorreranno milioni 150 per accontentare que
sti soli tre Istituti.
Non c’è bisogno, dato questo piccolo esempio,
di spendere molte parole per dichiarare insuffi
ciente la somma all’uopo stabilita dal Governo
col decreto 20 dicembre.
questa constatazione ne sorge un’altra.
Come faranno le Banche aj)agare il 20 01 al
mese ai Correntisti nel trimestre gennaio-
marzo? Al 31 ottobre 1914, gli stessi tre Isti
tuti presentavano nei loro bilanci la seguente
situazione :
Conti correnti ed assegni in circolazione:
Banca commerciale. . .
Credito Italiano. .
Banco Borna . . . .
• . milioni
193
162
167
Totale . ,• . milioni 522
Questa somma sarà stata certamente dimi
nuita dalle percentuali ritirate dai Correnti
sti nei mesi di novembre e dicembre e perciò
per fare un conto esatto, bisognerebbe cono
scere la. situazione al 31 dicembre 1914.
Siccome però nella partita Conti correnti
sono inclusi i Conti correnti li che devono
essere pagati al cento per cento come gli as
segni in circolazione, così è pur prudente e
giusto fare il conteggio sulla, somma qui ac
cennata.
Ora se questi Istituti devono pagare circa
milioni 315 nel trimestre gennaio-marzo, dove
troveranno i fondi necessari?
Ammesso che ricavino i 150 milioni dei Ti
toli ne mancano ancora 165, i quali non po
trebbero venire che dal Portafoglio.
L qui mi permetto di sollevare i miei dubbi
perche la parte migliore di esso è stato già
uscontato agli Istituti di Emissione fin dal
4: agosto onde far fronte agli impellenti bi
sogni del momento; ed è chiaro che quello
giacente ancora nelle Casse delle Banche, sarà
rappresentato, per buona parte, dalla seconda
e terza categoria.
Per tal modo si corre di filato alle consi
derazioni fatte nel mio precedente articolo.
I principali Istituti di Credito Mobiliare
u° u essendo m grado di smobilizzare le loro
attività m proporzione al loro fabbisogno, e
tenuto conto che le spese rappresentano ora
una perdita giornaliera in confronto delle
entrate
m quanto mancano il lavoro e gli utili
provenienti dalle speculazioni borsistiche, si
troveranno, purtroppo a mal partito, pur a-
vendo ottenuto dal Governo un aiuto ecces
sivo, esagerato, forse sbagliato nel senso che
i suoi sforzi rimarranno senza pratico effètto
d\
rivivere’. una Parte del periodo
ioJ3 di triste memoria.
10 gennaio 1915 L ’ ECONOMISTA '27
e guai se la Banca Nazionale, avvedutasi in
tempo, non avesse detto - basta - !
Le cose sono oggi molto diverse nei riguardi
della Banca d’Italia peroni nulla da temere
sotto questo punto di vista essendo ben nota
e conosciuta la grande avvedutezza e l’acume
del valente finanziere che dirige quello Isti
tuto; ma non nascondo che ha fatto a tutti
molta meraviglia ed immenso dolore, veder
emanate certe leggi, le quali altro non pos
sono essere che il frutto di ingiuste pressioni
fatte colla speranza di tutelare gli interessi
di pochi, compiendo il danno del pubblico,
destinato a pagare gli errori altrui ad ogni
ventennio.
È delicatissima la questione di cui si tratta,
ma è pur necessario che essa sia discussa
all’aria aperta per vedere se vi sia il modo
di rimediare al mal fatto.
In una sua nota critica nell 'Economista,
l’illustre prof. Pantaleoni si benigna di dire
di me che io : « Devo essere letto ed inteso
con generosi là, trattandosi di un uomo pra
tico che spesso non ha l’espressione esatta
di un pensiero esatto ».
Sì, io sono un uomo pratico e tale non mi
dispiace di essere; vuol dire che se anche
questa volta esprimerò male un pensiero esatto
il Governo q>el primo ed il lettore vorranno
perdonarmi.
Ma io scrivo quello che penso e nel caso
specifico penso male, molto male.
L’art. 14 del Decreto 20 Decembre 1914
testualmente dice: «Agli effetti della com
pilazione dei Bilanci al 31 Dicembre 1914, le
Società per Azioni, le Casse di Risparmio, i
Monti di Pietà, le Opere Pie ed in generale
gli Enti Morali, hanno facoltà di valutare i
Titoli di loro proprietà ai prezzi di compenso
al 30 Giugno 1914 ».
Questo significa decretare per legge che è
possibile, è lecito fabbricare dei Bilanci non
veri e reali, cioè (diciamo la parola vera e
cruda) falsi.
Ora siccome tutti i Decreti emanati fìiio ad
ora sono stati giudicati dalle Banche un do
vere
e non un diritto accordato dalla Legge
per compiere il loro salvataggio (se possibile),
così quando andremo ad assistere alle Assem
blee (oh ! se ci andremo) ci sentiremo diro
che il Governo ha obbligato le Banche a fal
sificare i Bilanci, percui essi ossequienti alle
Leggi non hanno fatto che compiere atto di
obbedienza passiva.
La mia mente non arriva a concepire come
mai il Governo abbia potuto aggiungere un
simile articolo, nei suoi Decreti così ben pon
derati, così utili ed efficaci.
È possibile con un Decreto distruggere im
provvisamente il Codice di Commercio?
E’ giusto che amministratori e sindaci di
sconoscendo i loro obblighi, compiano atto
di imperio così dannoso a tutti, valendosi del
fatale art. 14 summenzionato ?
lo confido che molti si ribelleranno e vor
ranno presentare ai rispettivi Azionisti i loro
Bilanci formati con criteri onesti, anche per
chè quello sarà il solo modo per continuare
a vivere, circondati da quella fiducia che
ognuno aveva saputo accaparrarsi al di là ed
al di fuori dell’ultimo Decreto.
Avrei, fino a un certo punto, compreso che
i Bilanci fossero stati fatti sulla base dei
prezzi di compensazione di fine luglio, gli
ultimi cioè emanati dai Sindacati delle Borse
Italiane, essendosi queste chiuse subito dopo.
In tal caso, senza bisogno di Decreti spe
ciali, le Banche (pur falsando la verità) avreb
bero avuto una valida scusa da presentare ai
loro Azionisti; quella cioè che mancando un
Listino ufficiale per tutti i valori, meno quelli
di Stato o garantiti dallo Stato, ioni crede
vano giusto di tener conto di prezzi prati
cati su affari non legalmente fatti, percui non
riconosciuti dalla Legge.
Ma quando queste Banche hanno sentito il
bisogno di insistere presso il Governo perchè
potesse essere concesso di usare dei prezzi
di compensazione di Giugno, che cosa si
gnifica? Che sanno più i matti in casa propria
che i savi in casa d’altri.
Significa che occorreva usare dei compensi
giugno, perchè con quelli di luglio, più sen
titamente ribassati, non vi era modo di chiu
dere i Bilanci, senza presentare una perdita
che li avrebbe portati direttamente a dover
applicare il disposto dell’Art. 146 del Cod. di
Commercio. Il quale dice : « Quando gli Am
ministratori riconoscano che il capitale sociale
è diminuito di un terzo, devono convocare i
Soci per interessarli se intendano di reinte
grare il capitale o di limitarlo alla somma
rimanente o di sciogliere la Società ».
Ora io non so se realmente questi Enti
avranno perduto un terzo del loro capitale o
più e quanto dovranno perderne ancora se
vorranno rendere liquide le partite immobi
lizzate per pagare i loro debiti; so soltanto
che delle perdite importanti hanno dovuto
subire le quali vanno a coprire largamente
gli utili conseguiti nel primo semestre.
Ma di questo non si vuol tener conto ; anzi
si fa circolare la voce che in dipendenza del
Decreto che facoltizza valersi di quei com
pensi, esse presenteranno Bilanci con utili
tali da permettere una distribuzione dei Divi
dendi ai loro Azionisti.
Se questo si verificasse sarebbe un vero
delitto; e per ovviare a questo grave incon
veniente che porterebbe a conseguenze tristis
sime, il Governo è ancora in tempo di emanare
un nuovo Decreto il quale sanzioni che tutte
le Società per Azioni le quali crederanno va
lersi dei compensi giugno, non potranno di
stribuire nessun Dividendo ai loro Azionisti.
E questo non sarà un danno per essi, mentre
sarà la riprova che fu un errore chiedere l’ag
giunta dell’art. 14 al Decreto 20 Dicembre in
quanto esso è dannoso e non giovevole agli
Azionisti.
Del resto l’esempio purtroppo, sta nelle
quotazioni dei Titoli, quotazioni sia pure extra
legali, ma non meno veritiere.'
28 L’ ECONOMISTA 10 gennaio 1915
Banco di Roma da 65 a 51, e quelle del Cre
dito Italiano da 380 a 365.
Nè mi si venga a raccontare che i pochi
scambi di partite che oggi si compiono nelle
diverse Piazze Italiane, sieno il prodotto di
opera dei così detti ribassisti. No, no, pur
troppo si tratta di offerte di Titoli veri e reali
che sono venduti contro il danaro, da persone
che hanno ormai perduta ogni fiducia negli
Istituti.
Dunque credendo far del bene, il Governo
male ha fatto a secondare il desiderio espresso
dalle Direzioni di quegli Istituti elio sentono
ormai il terreno traballare sotto i loro piedi.
Ma là dove l’atroce guerra si svolge, là
negli Stati belligeranti, ci fu forse qualcuno
che chiese si decretassero simili disposizioni1?
E noi, oggi ancora neutrali, dobbiamo im
provvisamente lacerare il Codice di commercio
e dobbiamo consentire che si compilino dei
bilanci falsi solo per ingannare il pupplico e
fargli credere che può lasciare i suoi danari
depositati in quelle Banche?
Ma non hanno ancora compresa questi si
gnori che ciò facendo andranno ancor più
presto alla rovina? Non hanno ancora com
preso che i correntisti ritireranno i loro da
nari nel trimestre gennaio-marzo e compre
ranno della rendita 4 */2 a 97 o sottoscrive
ranno i futuri prestiti o li depositeranno agli
Istituti di emissione, ma non lasceranno, nè
riporteranno più un centesimo a loro?
Se di questo si convincessero vi sarebbe
ancora modo di rimediare alla triste situa
zione del momento, purché venissero sul ta
volo dei bilanci veri e reali e non si volesse
usufruire artatamente e con danno di tutti,
del non mai abbastanza detestabile art. 14
del Decreto 20 decembre 1914.
Soma, 4 gennaio 1915.
Di n o Sa c e r d o t i.
L a p assio n e del Belgio.
Poco più esteso del Piemonte ma con una
popolazione più che doppia, dotato di ric
chezze minerarie immense aveva trovato chi
le mettesse in valore nell’operosità industre
dei suoi abitanti, « la più densa (252 ab. per
km1
2 3
*
), la più ricca, la più industriosa popola
zione del mondo» (1): lo spirito d’intrapresa
vivacissimo e la passione pei commerci radi
cata dalla tradizione medioevale si fondevano
con l’energia al lavoro e la virilità del carat
tere. Aveva raggiunto una intensità di vita
commerciale (9 miliardi di fr. di cui 2 di tran
sito nel 1913) superiore a quella dell’Austria-
Ungheria, dell’Italia, della Russia: solo l’In
ghilterra, la Germania e la Francia lo supe
ravano in cifre assolute, ma con un giro d’af
fari di 1192 fr. per ab. passava avanti a tutti,
anche all’Inghilterra che tocca i 575, e la
Germania che raggiunge appena i 312 e la
Francia rimasta a 230 fr.
Nell’ultimo mezzo secolo aveva saputo creare
(1) È un g iu d izio del Ta r d e rife rito d a H . Ch a r k ia jt t. L a B elg iq u e m oderne, P a r is , 1910, p ag. 320.
una espansione industriale delle più colossali,
che trasformò il paese da essenzialmente agri
colo e commerciale in prevalentemente indu
striale. Aveva preceduto gli altri nel me
dioevo con l’industria dei tessuti, ma gli ul
timi decenni segnarono il trionfo della pro
duzione carbonifera e metallurgica: «le mi
niere crearono il macchinario e questo la
grande industria » (1). Liegi e Namur con tutta
la Vallonia avevano il sottosuolo solcato dalle
gallerie delle miniere e sopra si elevavano gli
alti forni, le officine, le fonderie ed i lami
natoi. Il numero dei cavalli vapore impiegato
nelle industrie — esclusa quella dei trasporti
— in mezzo secolo era salito da 40 mila a
460 mila: il capitale impiegato nei carbonili
superava il miliardo e la produzione raggiun
geva un valore di 400. milioni di fr. Ed il coke
necessario è quasi tutto di produzione belga.
Il carbone costituiva la miglior ricchezza del
Belgio, ed anche se alcune miniere vanno esau
rendosi rimangono i sei miliardi di tonn. della
regione della « Campine », ancora intatta, da
sfruttare. Invece la produzione del ferro non
bastava ai bisogni del consumo: nel 1911 ol
tre a 54.500 t. di produzione interna fu ne
cessario importarne 5, 4 milioni di t. (di cui
1,44 dal Lussemburgo e 3,47 dalla Francia).
La produzione di ferro greggio raggiungeva
nel 1913 i 2,37 milioni di t. con aumento ri
spetto agli anni precedenti non determinato
da maggior numero ma da miglior utilizza
zione degli alti fornì. Il 93 °/0 dei fabbricati
finiti veniva consumato all’ interno, il resto
assorbendolo specialmente l’Inghilterra ed un
poco la Germania (2). Così intenso era stato
l’industrializzarsi da far sorger il timore che
la capacità produttiva fosse aumentata più ra
laidamente degli sbocchi possibili: la forza di
espansione del mercato internazionale li aveva
salvati fino ad ora, ma la pericolosa concor
renza germanica con premii d’esportazione e
« dumping » costrinse i Belgi a difendersi
con i loro mezzi privati, aiutati dalla concen
trazione in possenti organismi (3).
Condizioni prime e fattori energici del pro
gresso, due : libero scambio e diffusione dei
mezzi di comunicazione. La posizione centrale
rispetto all’Europa e la libertà avevano reso
il Belgio emporio di merci, sicché ad Anversa
si era concentrato un movimento superiore a
quello di Rotterdam ed Amburgo: dal 1860 al
1914 rincremeuto delle importazioni - preva
lentemente grani - fu del 2502 % e quello
delle esportazioni toccò il 2409 °/0 predomi
nando i fabbricati finiti. Importante mercato
di lane gregge come di lavate e pettinate,
con sei vendite annuali per incanto di lane
argentine, di importanza inferiore solo a quelle
di Londra : ed a questa seguiva pur come mer
cato di avorio : dal Congo vi giungevano
enormi quantità di caucciù ; pel grano vi era
una Borsa a termine creata dalla quantità di
(1) H . Ch a r r i a o t, op. cit., p a g . 369.
(2) D ie Belgische E ise n in d u strie « F r a n k fu r te r Z e itu n g »,
31 o tt. I. . 6
(3) M. L . Ge r a r d, L ’in d u strie belge et ses debouches.
10 gennaio 1915 L’ ECONOMISTA 29
grani necessari per il Belgio (la produzione
interna nel 1913 con 4 milioni di t. di fru
mento, 5 72 di segala, quasi 1 di orzo, e tra
5-6 di avena non bastava : conveniva impor
tare ancora 1,5 milioni di t. di frumento ol
tre a 100-150.000 t. di segale e 350.000 d’orzo
e 4-500.000 di mais) e dalla massa del tran
sito (1). La rete di ferrovie principali e se
condarie dal 1835 - in cui si ebbe nel Belgio
la prima linea del continente - al 1845 fu por
tata a 578 km2, per raggiungere prima della
guerra i 4000 oltre ad altri 3300 di ferrovie
vicinali che corrispondono al bisogno di col
legare tra di loro anche tutti i villaggi : quelle
esercitava lo Stato, queste 37 compagnie pri
vate riunite in una vasta associazione coope
rativa.
La ricchezza accumulata con l’industria ed
i commerci e risparmiata, e la situazione del
Belgio - viciuo a grandi potenze che per ne
cessità di armamenti dovevano ferocemente
tassare i contribuenti, provocando la fuga di
molti capitali, per reazione - avevano reso
Bruxelles uno dei centri di finanziamento del
l’Europa e dell’America del Sud : raccoglieva
titoli stranieri ed era punto di formazione di
Società per sfruttare concessioni nei paesi più
vari.
#
Come dappertutto, l’ambiente economico fu
il primo a sentire il turbamento della guerra,
ed il governo belga provvide a difenderlo
dalla tempesta col chiudere la Borsa il 29 lu
glio e rinviarne sine die la liquidazione di
fine mese : il 2 agosto una moratoria limi
tata pospose il pagamento delle cambiali an
teriormente accettate, fino al 31 agosto e con
un nuovo decreto al 15 settembre : i ritiri dei
depositi dalle banche furono limitati a 1000
franchi ogni due settimane, e con un decreto
del 4 agosto si aggiunse pure il 10 °/0: le Casse
di Risparmio dello Stato ebbero l’obbligo di
rimborsare solo 50 fr. per libretto. Il 4 ago
sto la moratoria fu resa generale ed estesa
fino alla fine della guerra.
La Banca Nazionale il 30 luglio aveva al
zato il tasso dello sconto al 5 %, il giorno
dopo al 6, e il 3 agosto ai 7 (sui primi di no
vernbre lo r dusse al 4 °/0) : in suo favore fu
dichiarato il corso forzoso dei biglietti.
L’ occupazione dell’ esercito germanico in
poco più di due mesi devastò e terrorizzò tutta
la rigogliosa vita, disperse e travolse gran
parte della popolazione. Quello stesso popolo
che nei secoli passati pel timore che delle
iu-(1) C fr. la « F r a n k f u r te r Z e itu n g », 25 s e tt. I, 7 o tt. I I , 14 o tt. I e I I , 15 o tt. I. A n v e rsa è « u n p o rto g erm an ico » sc riv e v a il Ci ia r r i a n t, (op. cit., p ag . 57-61) p erch é i m e r c a ti d ’A m b u rg o e F ra n c o fo rte m a n c a n d o il loro p a e se di coste v e ra m e n te b u o n e cercan o di d o m in a re in A n v ersa a ttra v e rs o i n u m e ro si te d e sc h i — 68 m ila , sp a rs i in tu tto il paese — n o n v e n u ti p e r d ip o rto , m a p e r sta b ilirsi e com m e rc ia re c o ll’a iu to d e lle b a n c h e b e rlin e si Così v i fu u n a p e tiz io n e d i 50 d itte co m m erciali di A n v e rsa che p e r v ia d ip lo m a tic a d o m a n d a ro n o u n com penso a L o n d ra p e r l ’in u tile d istru z io n e di m erci lo ro , f a tta d a g li In g le si p rim a di e v a c u a re la c ittà . (« F ra n k fu r te r Z e itu n g », 29 o tt. I). È p ro b a b ile fossero a p p u n to le d itte te d e sc h e . Si p en sa g ià di re n d e re A n v e rsa il fu tu ro p o rto d e l R eno, au m en tan d o i leg am i con l ’in d u s tr ia r e n a n a e d i V e stfa lia .
vasioni distruggessero il benessere conqui
stato con gli affari enormi si era separato, e
comuni e città vicine avevano traditi i fra
telli a pochi chilometri di distanza (1), nel
l’estate quando il grande sovvertimento euro
peo si iniziò fu concorde nel difendere l’indi
pendenza, ad essa sacrificando la sicurezza ed
i facili guadagni che, ai paesi situati in po
sizione favorevole per esercitare il contrab
bando, si conservano pure nella dislocazione
enorme dei traffici.
Il 2 agosto era venuto Vultimatum: il 24
settembre Anversa cadde e con essa quasi
tutto lo Stato fu occupato dall’invasore : città
rovinate, villaggi e fattorie incendiate, ferro
vie, strade e lavori d’arte distrutti; in circa
6 miliardi calcola il Masson i danni mate
riali (2). Ma la guerra minaccia anche l’estin
zione della nazione belga: nei primi tre mesi al
meno 500.000 operai disoccupati che colle loro
famiglie costituiscono un milione e mezzo d’a
bitanti, ed altrettanti che l’ invasione spinse
al di là dei confini, e perciò due quinti della
popolazione, è rimasta senza mezzi di sussi
stenza.
I viveri, essendo contrabbando condizionale,
se ne sente la mancanza in modo gravissimo:
la popolazione agricola — prevalente nella
parte fiamminga — troppo è atterrita per pen
sare a produrre al di là dello stretto neces
sario, e anche normalmente bastava a nutrire
solo un decimo della popolazione.
Pur ammettendo che i Tedeschi non ab
biano fatto requisizioni per inviare viveri in
Germania, ma si siano accontentati di coprire
il fabbisogno dell’esercito, le condizioni sono
tali da far credere che la carestia sia grande (3)
e si dice che l’importazione di grano ameri
cano abbia subito dazio così elevato da far
seriamente aumentare i prezzi.
Enormi furono le sofferenze dell’industria:
a Liegi gli operai delle fabbriche d’armi si ri
fiutarono di lavorare, a Charleroy solo il 50 °/0
delle miniere era attivo in ottobre e delle
tessiture della lana di Vervier solo le fabbri
che di proprietà di Tedeschi : completo l’ar
resto nolla produzione dei pizzi a Bruxelles.
« La guerra colpì le industrie con grande vio
lenza: dappertutto preccupa solo la produ
zione del pane » (4). Se nelle miniere di car
bone qualche poco si lavora per produrre il
carbone necessario al consumo domestico, le
fabbriche industriali sono del tutto inattive
e gli alti forni spenti.
La ripresa della vita economica richiede
rebbe anzitutto si rimediasse alla confusione o
all’annientamento delle condizioni normali.
Nemmeno le autorità germaniche possono tut
tavia pensare che basti l’ordine che ciascuno
riprenda le proprie occupazioni, anche se la
minaccia di cessare la distribuzione dei vi
veri ai disoccupati potesse ricondurre mate- 1
2
3
4
(1) II. Ch a r r i a u t, op. cit., p a g . 330.
(2) « T he E c o n o m ist: W a r su p p le m e n t », l^ d ic e m b . 1914, p a g . 16.
(3) A B e lg ia n m a n u fa c tu r e r on the p lig h t o f B elg iu m , « T h e E c o n o m is t», 24 o tt. 1914, p a g . 680.
30 L ’ ECONOMISTA
10 gennaio 191
rialmente gli operai nelle officine. Perchè a
ragione gl’industriali di Oharleroy all’ispet
tore germanico delle miniere risposero che la
ripresa dell’attività nelle miniere presumeva
regolari comunicazioni ferroviarie, stradali ed
acquatiche, libero uso di sufficente numero di
cavalli e carri ordinari e ferroviari, libertà di
movimento per le merci e gli uomini, normale
disponibilità di viveri e di legna, di esplosivi
e benzina e olii e grassi ; ma sopratutto posta,
telegrafo e telefono — che mancano dal 20 ago
sto — anche i giornali e la riapertura delle
banche (che cessarono di lavorare con l’occu
pazione) riprendendo le ordinarie operazioni
di credito (1).
Con l’arresto del commercio e dell’industria
le entrate dello Stato non diedero più alcun
gettito : dall’agosto non ci fu più raccolta re
golare e le spese di guerra assorbirono le
entrate di cui il governo belga disponeva
oltre ai due prestiti di 250 milioni di franchi
ciascuno fatti dalla Francia e dall’ Ighilterra.
La moratoria tenendo prigionieri i depositi
non permetteva ai più ricchi di aiutare i
meno, e quelli che furono costretti a vendere
titoli, data la chiusura della Borsa, dovettero
sottostare a sfruttamenti usurari : perciò la
« Société Générale » ed il « Consorzio delle
Banche » fin dall’agosto fondarono una so
cietà che desse anticipazioni su titoli, emet
tendo dei contrassegni del pegno che le Ban
che avrebbero accettate come base di anti
cipazioni : l’avevano costituita con 100 milioni
di franchi di capitale, e avrebbe fatto credito
fino alla concorrenza di 400 milioni, per per
mettere di regolare le obbligazioni maturanti
ed i salarii (2). Si sentì la conseguenza del
l’arresto della vita bancaria e del tesoreggia
mento per la scarsezza della valuta disponi
bile. L’esercito germanico portò del danaro,
delle banco-note germaniche di cui la popo
lazione non voleva sapere : i banchieri tede
schi fecero di tutto per divulgare i marchi
che furono dichiarati corso forzoso al rapporto
di 100 marchi = 125 franchi. Ma ciò costituiva
una perdita pei Belgi, dato lo svalutamento
della valuta germanica che sulle piazze olan
desi e scandinave raggiunse presto il 10% (3).
<n T he P aralysis o f B elginm at thè end o f november « J he L c o n o m ist », 19 d icem bre 1914, p ag . 1060. R ip resero
1 g io rn a li, m a d anno n o tiz ie solo p e r alcu n e m a te rie g en e ra li e d isc u to n o i p ro b lem i d a l p u n to di v is ta del G overno p re se n te , se n za d ir n u lla d i L iegi e N ain u r che n elle in d u s trie av ev an o im p o rta n z a p re d o m in a n te . L a p o sta fu n ziona, m a d à solo fran c o b o lli g erm an ici che non valgono p e r la co rrisp o n d e n z a co ll’estero : la co rrisp o n d en za n o n è. d is tr ib u ita , m a deve essere r i ti r a t a d a l d e stin a ta rio .
(2) « F ra n k fu r te r Z e itu n g », 30 novem b. I I I . L ’Hb l f f e- EP)H’ n e lla « N o rd eu tsclie A llgeineine Z e itu n g » (citato in « I r . / . », 10 se tt. I l i ) n e l prim o p erio d o d e ll’ in v asio n e d isse che le fo rze p ro d u ttiv e erano sta te co lp ite m olto m eno d i qu ello che si sa re b b e p o tu to a tte n d e re : « u n a fa b b ric a d i s tr u tta è u n ’eccezione r a r a » m a a m m e tte v a l ’a rre sto del com m ercio e d elle in d u strie , la c h iu su ra d elle b an ch e ; era sta to ta g lia to sì il fru m e n to , n o n g li a ltr i p ro d o tti ed il b e stia m e a b b a n d o n a to d a i co n ta d in i lo rip re se ro i so ld a ti ted esch i.
(3) L a « F r a n k f u r t e r Z e itu n g » , 10 nov. I , la m e n ta che ciò d a n n e g g i an ch e la G erm an ia essendo le b an co n o te com p r a te « a c a ro prezzo d a ll’eserc ito : in u n paese co n q u ista to ab b iam o d ir itto di fissa re q u a le v a lu ta se rv a a l com m ercio a ll’ in g ro sso : si o b b lig h in o i v e n d ito ri b elg i a d a c c e tta re la v a lu ta g e m an ica ».
Per l’acquisto della lana, pei bisogni dell’eser
cito nelle requisizioni, pei viaggiatori che vo
gliono valuta belga il prezzo di questa comin
ciò a salire nell’ottobre e perdurò durante
tutto il novembre e dicembre, finché l’ammi
nistrazione germanica pensò di risolvere con
temporaneamente il problema della riduzione
dell’aggio sulla valuta e quello della riscos
sione delle imposizioni di guerra, che dopo
la caduta d’Anversa raggiunsero un miliardo
e cento milioni di franchi.
# # #
La Banca Nazionale Belga il 5 agosto aveva
portato da Bruxelles ad Anversa la sua of
ficina, poi a Londra recando con sè oltre al
l’oro e al portafoglio anche le banconote semi
o del tutto stampate, ed i bolli e cliches.
Questo rendeva impossibile emissioni nuove,
oltre a privare della base aurea i biglietti già
in circolazione. Allora pensò l’amministra
zione germanica d’occupazione — che non po
teva riscuotere le imposizioni — a trasfor
marle in un contributo mensile di 40 milioni
di franchi a cui le Provincie sarebbero state
tenute solidalmente. I Consigli Provinciali
si obbligarono per un anno, perchè fare op
posizione in via assoluta non potevano e con
l’accettazione volontaria volevano fare in mo
do d’avere determinate facilitazioni e garan
zie. Il modo di ragionare germanico trova che
questo sistema, e l’osservazione suona un poco
sarcastica, « dà ordine contabile » : con i 40
milioni mensili l’amministrazione dell’esercito
potrà pagare in contanti tutte le requisizioni,
non però l’inquartieramento e l’occupazione
di spazio (nella maggior parte dei casi avven
gono negli edifici pubblici). L’accordo entrerà
subito in azione e le imposizioni ancora da
pagarsi verranno sostituite da queste nuove
mensili : « è un guadagno per Anversa perchè
così il peso vien posto sopra spalle più lar
ghe e le provincie possono ricorrere a nuove
imposte » (1). Tra loro dovranno decidere la
ripartizione del carico, e potranno liberamente
scegliere le imposte a cui riccorrere, limitan
dosi gli impiegati tedeschi a riscuotere la
somma globale. Ma la difficoltà consisteva
precisamente in questo : come imporre e ri
scuotere dei gravami fiscali dalla straziata
popolazione belga*
1 1
2
?
Come si era fatto in Germania così le auto-
lita germaniche fecero nel Belgio : ricorsero
al torchio a stampa che doveva dare loro la
valuta belga. Da tempo la Banca Nazionale
Belga era oggetto di critiche acerbe : mentre
Luigi Luzzatti ue esalta il « mirabile ordì-
namento economico » e « la sapienza ban
caria » (2) in Germania se ne diceva : « è il
prototipo di come deve non essere un istituto
d emissione, perchè tende a dare alti divi
dendi e stipendi lauti : non controlla il mer
cato monetario sicché il suo tasso di sconto non-
rappresenta le condizioni di fatto, ed ha un’al
ta proporzione delle sue cambiali che rappre
10 gennaio 1915 L’ ECONOMISTA 31
sentano carta finanziaria e di cattiva qualità.
Fin dal 6 agosto la copertura non era più
quella legale di un terzo: nè si sa quante
cambiali siano state pagate. La sua è un’eco
nomia della peggiore maniera » (1). Così pure
se ne criticava il considerare come copertura
aurea il portafoglio sull’estero — mentre es
sendo una pretesa ad un pagamento in oro,
deve valere come oro — col quale cercava
di « temperare i cambi » : al 31 dicembre 1913
aveva, di sole cambiali tratte su piazze te
desche per 366 1/2 milioni di franchi. Ma la
critica più acerba dipendeva dal fatto che la
Banca Nazionale aveva fatto credito allo Stato
Belga, contrariamente allo statuto, senza co
pertura ma a titolo di requisizione (2).
A che riaprire la banca d’emissione nel
completo disastro della produzione e del com
mercio? Le banche non potevano realizzare
i depositi che tenevano presso la Banca Na
zionale, e le Casse Statali di Risparmio da
quelle amministrate erano come « storpie ».
Ma ben altro, si vide, richiedeva la rinascita
dell’attività economica !
Chiaro invece appare il fine ultimo della
deliberazione del 25 dicembre che tolse alla
Banca Nazionale il privilegio d’emissione
(« soppressione inescusabile » giudicò L. Luz-
zatti) per darlo, per un anno, alla Soeiété Gó-
nérale. Perchè stabilì che le Provincie belghe
emetteranno dei Boni di Tesoreria che pas
seranno al « Consorzio delle Banche », il quale
li sconterà alla Amministrazione germanica
d’occupazione : a sua volta il Consorzio riscon
terà questi Boni alla Soeiété Générale. Questa,
società industriale e di credito, creerà a lato
una sezione d’emissione, con amministrazione
indipendente, e le note sue — come anche
quelle della Banca Nazionale ancora in cir
colazione — avranno corso forzoso. Queste
hanno una base metallica, ma depositata
presso la Banca d’Inghilterra, quelle avranno
una base nella contribuzione a cui sono te
nute le Provincie e di cui dovranno prestare
le prime due rate mensili prima del 15 gen
naio, cioè 80 milioni di Boni di Tesoreria. La
Soeiété Générale dovrà assicurarsi che il Go
verno Belga si accordi con essa nel caso che
i tedeschi dovessero ritirarsi dal Belgio.
Si ha qui un prestito forzato di medio cir
colante che serve molto bene all’amministra
zione germanica d’occupazione per realizzare
un’indennità di guerra assolutamente inesi
gibile: nè è difficile vederne il pericolo, anche
se dal punto di vista contabile vi è la cor
rettezza formale. Mentre in Germania le emis
sioni di biglietti furono fatte allo scopo di
rendere possibile la riscossione del prestito
futuro e, come spiegò L. Einaudi (3), lo Stato
spese dei biglietti anticipati al Tesoro dalla
Banca d’emissione, che poi fornitori, truppe,
impiegati e creditori pubblici riportarono in
gran parte alle Banche sicché il prestito dello
Stato potè riassorbirli; qui invece furono le 1
2
3
(1) « F r a n k f u r te r Z e itu n g » , 23 s e tt. I I I .
(2) « F r a n k f u r t e r Z e itu n g » , 25 d ie. I l i -3 0 d ie. I I I . (3) D i a lc u n i aspetti economici della g u erra europea, L a R ifo rm a S ociale », n o v .-d ie . 1914, p a g . 837 e aegg.
Provincie a contrarre il prestito di fronte al
Consorzio Bancario, che però non lo met
terà in pubblico, ma lo porterà alla Sezio
ne d’emissione della Soeiété Générale. La
quale emetterà dei biglietti senza base metal
lica nè commerciale, carta moneta che in un
anno potrà arrivare a circa mezzo miliardo:
questo nuovo medio circolante, pur ammesso
un notevole tesoreggiamento, ma data la
morte quasi completa della vita commerciale
è ben probabile divenga rapidamente ecces
sivo di fronte ai bisogni, nè è sperabile che
il pagamento delle imposte possa farlo rapi
damente rientrare nell’istituto emittente, per
chè si ripresenta sempre il dubbio: come
potrà pagare delle imposte la popolazione
belga ridotta in condizioni compassionevoli ?
« La Soeiété Générale. con le sue proprie forze,
in grazia del suo grande prestigio nel paese
e senza aiuti finanziarii germanici emette ban
conote, dimostrando il risveglio della vita eco
nomica » si dice : ma se questo manca e resta
solo l’espediente per rendere liquida un’in
dennità altrimenti inesigibile ? « Il contrarre
un prestito mediante l’emissione di carta mo
neta in grande misura non può giustificarsi
teoricamente nè dal punto di vista economico,
nè da quello finanziario ; ciò porta uno scom
piglio nei rapporti commerciali e finanziarii
per lungo tempo, ed occorrono proporzional
mente più grandi mezzi ed attentati incidenti
la vita economica per ri portare i rapporti or
dinarli » insegna uno dei manuali più diffusi
in Germania (1).
E non c’è il pericolo che il mondo econo
mico interpreti questa politica come dettata
da necessità impellenti che la guerra enorme
impone pur alle enormi ricchezze germaniche,
e che lo sconto di questo stato d’animo si
traduca rapido e rimbalzi pur sulla valuta
germanica, a punizione del sistema inflazio
nistico ? Così oltre ad arrecare danno alla po
polazione belga ne produrrebbe pure a quella
germanica.
v. p.
Elevazione del peso dei pacchi postali.
Nella tornata del 4 dicembre ultimo i mi
nistri competenti presentarono alla Camerai
un piccolo disegno di legge, al quale la breve
durata dei lavori parlamentari non permise
di giungere alla discussione. Danno non ve
n’ è stato, trattandosi di cosa che non ha al
cuna urgenza, e colla ripresa della sessione
il disegno di legge verrà certo esaminato e
molto probabilmente approvato. Diciamone
fino da ora qualche parola.
L’articolo proposto è uno solo. Esso reca
alcune modificazioni alla legge postale vi
gente, disponendo quanto segue.
Il Governo avrà facoltà di elevare con De
creto Reale il peso dei pacchi fino a 10 chi
logrammi, quando ed ove le condizioni del ser
vizio lo consentano, di modificare il limite 1
(1) J . Co n r a d, F in a n zw isse n sc h a ft, Je n a , 6* ediz. 1913,
32 L’ ECONOMISTA 10 gennaio 1915
oggi in vigore per le dimensioni dei pacchi
stessi, di ammettere pacchi voluminosi con la
soprattassa del 50 per cento e recipienti vuoti
di ritorno con la tassa fissa di cent. 25 cia
scuno. La tassa di spedizione dei pacchi da
tre a cinque chilogrammi sarà di una lira, e
quella dei pacchi eccedenti i cinque chilogram
mi fino a chilogrammi dieci sarà di L. 1,40.
Per i pacchi contenenti abiti borghesi dei co
scritti e richiamati sotto le armi, esclusiva-
mente diretti alle loro famiglie, la tassa sarà
ridotta a cent. 40 se il peso non eccede i 5
chilogrammi, ed a cent. 00 se il peso eccede
i chilogrammi 5 ma non i 10.
Sulla tariffa dei pacchi spediti dai coscritti
e dai richiamati non v’è nulla da osservare.
Viene ad essere la continuazione d’un favore
di cui essi già godono. Pino a kg. 5 le cose
restano inalterate, e l’aumento di prezzo è
molto mite in proporzione dell’aumento di
peso che viene a concedersi fino a kg. 10. La
proposta, del resto di poco momento, è op
portuna.
Assai più importante è il regime dei pac
chi comuni. I)i quelli fino a kg. 3 non viene
fatta parola: sembra dunque 'certo che con
tinuerà ad essere loro applicata la tariffa di
cent. 60. Per quelli fra kg. 3 e 5 viene stabi
lito il prezzo di L. 1 ; con che non resta mu
tato nulla nel regime vigente. La novità con
siste nell’aumento del peso fino a kg. 10, colla
tariffa, tra i 5 e i 10, di L. 1,40.
Questa non può giudicarsi troppo alta. È
lontana dal doppio di quella che la precede,
mentre è da applicarsi a un peso raddoppiato.
« Segna — dice la breve Relazione che ac
compagna il brevissimo progetto — una cor
rispondenza quanto più può approssimativa
alla spesa effettiva del servizio, con lieve mar
gine di utile, il quale varrà a mettere l’Am
ministrazione nella possibilità di procedere,
sia pure gradatamente, sulla via della riforma
fino all’esaudimento completo dei desideri del
pubblico ».
Qui è da notare che l’Amministrazione po
stale, pur riconoscendo che l’aumento del li
mite massimo nel peso dei pacchi è stato
chiesto con insistenza dalla stampa e dal com
mercio, dichiara di non poterlo porre in at
tuazione fuorché per gradi. E perchè1? Perchè
essa non vi è interamente preparata, non ha
ancora nè personale, nè locali, nè mezzi di
trasporto, nè materiale di vario genere, in
misura che sia bastevole. Ora è certo che di
tutta cotesta roba ne occorrerà assai più di
prima col crescere che farà il traffico, come
è certo che il traffico cresce con rapidità ogni
qualvolta si accordano al pubblico facilitazioni
del genere di cui qui si tratta. Per questo mo
tivo il Governo chiede d’essere autorizzato ad
attuare la riforma, come si è visto, quando ed
ove
le condizioni del servizio lo consentano.
Il qual metodo di per sè stesso è buono
(salvochè v’è uno scoglio da evitare, di cui
diremo tra poco) in quanto risparmia la dif
ficoltà di lunghi impianti da farsi entro breve
tempo e l’anticipazione di forti spese. Potrebbe
forse venir fatto di domandare come mai a
procurare agevolazioni agli utenti della Po
sta — cosa in genere sempre desiderabile —
il Governo abbia pensato proprio ora, in questi
tempi in cui non solo è stato necessario con
trarre grandi prestiti, ma anche porre inciam
pi al commercio d’esportazione e inasprire
tasse. Ma è chiaro che il Governo fa assegna
mento sui maggiori introiti postali che le age
volazioni stesse, come suole avvenire, saranno
per produrre; epperò parla di quel lieve mar
gine di utile
che le prime applicazioni del
nuovo servizio renderanno e che permetterà
di estendere per gradi il servizio medesimo.
Per gradi, dunque, e sta bene, purché si
proceda con molta equità. Lo scoglio a cui
attendevamo consiste nelle involontarie, certo,
ma pur possibili ingiustizie. La maggiore, che
sarebbe quella di favorire alcune regioni in
confronto di altre, non la prevediamo affatto.
Ma quale criterio si seguirà“? Preferire i grandi
centri? Essi già sono privilegiati sotto altri ri
spetti, sicché non sembra consigliabile. Quelli
già meglio dotati di vasti locali e di nome-
roso personale? Eh, no, perchè dove sono la
cune, questa dovrebbe essere fra l’altro un’oc
casione per colmarle. O si vorranno per prima
cosa favorire le spedizioni tra le maggiori di
stanze? Non lo sappiamo, e il criterio da adot
tare non spetta a noi stabilirlo. Una ocula
tezza, tatto e, ripetiamo, equità, sono neces
sari, acciò una riforma non grande ma utile
sia pregiata nell’ intero paese e la sua appli
cazione non dia luogo qua e là a malcontento
e a proteste che possano risultare non ingiu
stificati.
E. Z.
NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE
LA DIMINUZIONE DEL C0MMER0I0 ITALIANO
nell’ agosto, settembre, ottobre.
Il nostro commercio con l’estero si era
svolto soddisfacentemente sino al 31 luglio,
con L. 2.097.000.000 all’importazione e li
re 1.465.000.000 all’esportazione; la quale ul
tima nel precedente anno 1913 era stata per
lo stesso periodo di soli 1.392 milioni. Con
fortante sopratutto era il fatto che alle im
portazioni contribuivano sempre più le materie
prime, come i cotoni greggi, la gomma, i rot
tami di ferro e alcune macchine, come le di
namo elettriche, mentre l’incremento delle
nostre esportazioni dipendeva specialmente
dai vini, dalle paste alimentari, dal riso, dagli
agrumi, dai pneumatici di gomma, dai manu
fatti di cotone e di lana.
Lo scoppio delle ostilità troncò di netto il
promettente sviluppo del nostro commercio
industriale e agricolo. Queste poche cifre ci
esprimono eloquentemente la situazione:
. Im p o r t a z io n i
^ esi 1914 1913 d ifferenza
10 gennaio 1915 L’ ECONOMISTA 33 Es p o r t a z io n i Mesi 1914 1913 differenza
Agosto . . .
86.917
197.933
— 111.016
Settembre. . 123.227
196.736
— 73.509
Ottobre. . . 173.971
237.136
— 63.165
To t a l i Mesi 1914 1913 differenzaA gosto. . . 254.171
435.271
— 181.100
»Settembre. . 225.517
461.144
— 235.627
Ottobre . . 316.485
536.657
— 220.172
Dunque il nostro commercio nel trimestre
agosto-ottobre lia perduto, rispetto al pe
riodo corrispondente dello scorso anno, ben
L. 636.899.000, ossia un decimo del movi
mento commerciale annuo con l’estero : nello
stesso trimestre P Inghilterra ha perduto PII
per cento.
E ’ interessante esaminare gli scambi con
quelle nazioni belligeranti con le quali ab
biamo i rapporti più intensi, e cioè con la
Germania, P Inghilterra, la Francia e l’Austria.
Questi quattro Stati dal 1° gennaio al 31 lu
glio avevano rappresentato il 49,4 % della
nostra importazione, e il 44,5 % della nostra
esportazione. Nel trimestre qui considerato,
gli scambi si riducono alle cifre seguenti,
sempre in migliaia di lire:
Austria
Francia
Germania.
Inghilterra
Im p o rta z io n e in I t a l ia. 28.179
. 18.348
72.508
88.542
E sp o rta z io n e d a ll’ I ta lia 22.886 18.091 33.024 41.243 perPrem i di a s s ic u ra z io n e
i rischi di guerra in navigazione.
Se confrontiamo questo movimento con
quello del trimestre agosto-ottobre 1913, scor
giamo che le importazioni nostre dall’Austria
e dalla Francia sono ridotte dalla guerra a
circa la metà, quelle dalla “Germania a poco
più della metà, mentre quelle dell’Inghilterra
scemano solo del 20 %. Così pure le nostre
esportazioni in Austria sono ridotte a 1/ì,
quelle con la Germania a i/i, con la Francia
a meno di l/4 ; laddove le nostre vendite in
Inghilterra restano quasi inalterate. Riprova
questa che P Inghilterra è, fra tutti i bellige
ranti, quello che ha conservato in migliori
condizioni la sua facoltà d’acquisto.
Le importazioni di materie prime ci danno
uno dei coefficienti di prova del disturbo che
la guerra ha portato non più nel commercio,
ma sulla stessa produzione industriale. E qui
pure i dati non potrebbero essere più signi
ficativi :
Carbon fossile .
Fotone grezzo .
Lane grezze . .
Lottami di ferro
Ghisa da affi
Pasta di legno .
Macchine agrarie
Colori chimici .
Concludendo, dunque : una diminuzione
nelle importazioni del 44 “/„, nelle esporta
zioni del 42 °/0 ; una perdita di un decimo di
un’annata nel commercio complessivo; dimi
nuzione del 43 °/0 nella introduzione delle ma
terie prime indispensabili alla nostra industria.
1913 1914 differenza
(in migliaia di lire) 87.887 66.930 — 20.957 57.709 35.337 — 22.372 15.518 3.696 — 11.822 6.162 3.400 — 2.762 5.957 3.348 — 2.609 6.300 2.900 — 3.400 3.661 1.473 — 2.188 8.770 4.638 — 3.148
In base al R. Decreto e Decreto Ministeriale 30 agosto 1914, è stata compilata dal 1° gennaio 1915 la terza tabella dei premi di assicurazione per i rischi di guerra nella navigazione che’ qui sotto riportiamo, accennando alle differenze con le tabelle precedenti in data 1° e 24 settembre.
I premi indicati si riferiscono ai piroscafi ed alle merci imbarcate su piroscafi. Pei velieri e per le merci su di essi imbarcati i premi sono aumentati del 20°/o- Nella precedente tabella 1° settembre l'au mento era del solo 10 °/„ e fu successivamente portato a 20 al 24 settembre. Pei viaggi dei piroscafi di linea con effettiva velocità oraria superiore a 13 miglia, il premio per l’assicurazione dei corpi è ridotto del 20%. In base ai decreti su ricordati lo scoperto sui corpi stessi deve assere di almeno il 20%. Nella ta bella del 1° settembre era però stato stabilito uno scoperto del
30°/0-Quando nello stesso viaggio la nave approda in scali diversi, il premio è applicato in base al tasso massimo fra quelli relativi agli scali toccati dalla nave.
Nelle traversate di sola andata o di solo ritorno il premio per i corpi viene diminuito di un terzo.
Nelle tabelle 24 settembre 1914 1° gennaio 1915 è altresi posta la seguente condizione : l’assicurazione del carico s’intende applicabile a spedizioni da e per l’Italia, .colonie e possedimevti italiani, salve speciali decisioni della Commissione per carichi aventi altre destinazioni.
Inoltre nella tabella 1° gennaio trovasi la seguente clausola che non ha riscontro nelle precedenti: per l’assicurazione attinente a viaggi di navi tra porti esteri è sempre necessaria caso per caso la previa deliberazione della Commissione medesima.
Rate dei premi.
Me d i t e r r a n e o- Ma r. Ne r o- Ma r d\Az o f.
N av e C arico
7
.
7.1. Coste Italiane — Viaggi da porto a porto nello Stato :
a) per le navi, al mese e per
mese... E. 0,50 —
b) per le m e rc i...» — 0,15 (’) 2. Francia, sue colonie, possedi
menti e protettorati — Coste del Marocco a levante del Capo
di C e u t a ...» 0,75 0,50 (2) 3. Spagna — Libia...» 0,50 0,50 (3) 4. Coste del Mediterraneo Orien
tale dal Golfo di Solum fino alla baia di Marmarice e isole
adiacenti — Isola di Malta. . s> 0,75 0,60 (4) 5. Egeo, delimitato a sud dalla
con giungente Marmarice, Rodi, Scarpanto, Creta, Matapan, com presa l'intera costa delle isole
indicate...» 1 — 0,75 (5) 6. Dardanelli — Mar di Marinara
— Mar Nero — Mar di Azof Danubio (fino a nuove disposi zioni non si assicura per le destinazioni al nord di Capo
Helles)... » 1,50 1,25 (§) 7. Coste dell’Jonio non Italiane . » 0,50 0,50 8. Costa Orientale Adriatico (Per
gli approdi ammessi dalla Com