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Siano V e W due spazi vettoriali, di dimensione m ed n sullo stesso campo di scalari ℜ ℜ ℜ ℜ. Una APPLICAZIONE ƒƒƒƒ : V → → → → W viene definita APPLICAZIONE LINEARE od OMOMORFISMO se risulta, per ogni coppia v

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Academic year: 2021

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(1)

APPLICAZIONI LINEARI

Siano V e W due spazi vettoriali, di dimensione m ed n sullo stesso campo di scalari ℜ ℜ ℜ ℜ. Una APPLICAZIONE ƒƒƒƒ : V → → → → W viene definita APPLICAZIONE LINEARE od OMOMORFISMO se risulta, per ogni coppia v

1

, v

2

di vettori di V e per ogni coppia a, b di elementi del campo ℜ ℜ ℜ ℜ:

ƒ ƒ

ƒ ƒ(a·v

1

+ b·v

2

) = a·ƒƒƒƒ(v

1

) + b·ƒƒƒƒ(v

2

)

V è detto DOMINIO di ƒƒƒƒ, W è detto CODOMINIO di ƒƒƒƒ.

Dalla definizione segue che ƒƒƒƒ(0) = 0; questa è una CONDIZIONE NECESSARIA, ma NON SUFFICIENTE, perché ƒƒƒƒ sia lineare.

L’insieme di tutti i vettori w di W che sono i trasformati, mediante ƒƒƒƒ, di qualche elemento di V è detto IMMAGINE di ƒƒƒƒ e indicato con ƒƒƒƒ(V) o Im(ƒƒƒƒ).

Il trasformato w = ƒƒƒƒ(v) di un elemento v è detto immagine di v; ogni vettore v che venga trasformato in w è detto antimmagine di w.

L’insieme di tutti i vettori v di V la cui immagine per ƒƒƒƒ è il vettore nullo di W è detto NUCLEO di ƒƒƒƒ e indicato con Ker(ƒƒƒƒ). Ker(ƒƒƒƒ) è sottospazio vettoriale di V.

Vale il teorema:

dim Im(ƒƒƒƒ) + dim Ker(ƒƒƒƒ) = dim V

ƒƒ ƒ

ƒ è detta INIETTIVA se, qualora sia v

1

≠≠≠≠ v

2

risulta pure ƒƒƒƒ(v

1

) ≠≠≠≠ ƒƒƒƒ(v

2

);

ƒƒ ƒ

ƒ è INIETTIVA se e solo se dim Im(ƒ ƒƒ ƒ) = dim V, (quindi è dim Ker(ƒ ƒƒ ƒ) = 0);

ƒ ƒƒ

ƒ è detta SURIETTIVA se ogni vettore w di W ha almeno un’antimmagine in V;

ƒ ƒƒ

ƒ è SURIETTIVA se e solo se dim Im(ƒ ƒƒ ƒ) = dim W;

ƒ ƒƒ

ƒ è detta BIUNIVOCA (o ISOMORFISMO o TRASFORMAZIONE LINEARE) se è contemporaneamente INIETTIVA e SURIETTIVA;

Alcune esemplificazioni negli insiemi numerici.

a) Dati gli insiemi A = [1, 2, 3, 4, 5] e B = [8, 9, 10] e l’applicazione ƒƒƒƒ tale che sia ƒƒƒƒ(1) = ƒƒƒƒ(2) = 8, ƒ

ƒƒ

ƒ(3) = 9, ƒƒƒƒ(4)= ƒƒƒƒ(5)= 10, dimostrare che ƒƒƒƒ è suriettiva.

Esaminando la rappresentazione grafica, mostrata in figura, si evince che ogni elemento di B è immagine di almeno un elemento di A; il codominio di ƒƒƒƒ coincide con B. Ricordiamo che:

una applicazione ƒƒƒƒ di A in B si definisce surriettiva quando è ƒƒƒƒ(A) = B cioè quando ogni elemento di B risulta IMMAGINE di almeno un elemento di A.

Se ƒƒƒƒ è SURIETTIVA, si dice allora che ƒƒƒƒ applica A su B.

b) Siano dati gli insiemi A = [1, 2, 3, 4] e B = [1, 2, 3, 4, 5, 6] e l’applicazione ƒƒƒƒ che associa a ogni elemento a∈∈A un elemento b∈∈ ∈∈B tale che sia:

b = a + 1.

Studiare l’applicazione

.

La rappresentazione grafica, mostrata in figura, evidenzia che a ogni elemento di A corrisponde un solo elemento di B; l’insieme A coincide con il “dominio”; il ‘codominio’ ƒƒƒƒ(A) è un sotto

A

1

B = ƒ ƒ ƒ ƒ(A)

2 3 5

4 8 9

10

(2)

insieme “proprio” di B.

L’applicazione ƒƒƒƒ esaminata, risulta INIETTIVA: cioè, a elementi distinti la funzione fa “corrispondere” elementi distinti.

Per l’applicazione vista in figura 2, si osserva anche che in B sono presenti degli elementi che non sono immagini di elementi di A, cioè l’applicazione NON È SURIETTIVA.

Ricordiamo che: un’applicazione ƒƒƒƒ di A in B si dice Iniettiva se a elementi distinti di A associa, o fa corrispondere, elementi distinti di B.

c) Consideriamo l’insieme dei numeri relativi Z ed analizziamo l’applicazione che associa a ogni elemento il suo quadrato, cioè:

ƒƒ ƒ

ƒ : [ x →→ x

2

: Z →→ Z ]

Osservando la rappresentazione grafica di figura 3, si evince che l’applicazione introdotta in Z non è iniettiva in quanto sussistono elementi distinti (cioè due interi opposti) che possiedono la stessa immagine (lo stesso quadrato) e non è neppure suriettiva poiché un intero qualsiasi non risulta, in generale, quadrato di un altro.

Si noti che l’applicazione

ƒ ƒƒ ƒ’

così definita

:

ƒ ƒƒ

ƒ’ : [ x →→ x

2

: N → → → → Z ]

è INIETTIVA ma NON è SURIETTIVA. Come si nota, benché le due applicazioni

ƒ ƒƒ ƒ ed ƒ ƒƒ ƒ’

esprimano lo “stesso procedimento operativo di calcolo”, la differenza del dominio di queste applicazioni implica delle proprietà diverse tra loro.

Un’applicazione dell’insieme A sull’insieme B che sia contemporaneamente iniettiva e suriettiva si dice biiettiva. In una applicazione biiettiva di A in B a ogni elemento di A è associato uno e un solo elemento di B e viceversa ogni elemento di B proviene da uno e uno solo elemento di A.

Più comunemente si è soliti dire che tra A e B si è posta una corrispondenza biunivoca.

In figura - 4 viene evidenziata la rappresentazione grafica di una applicazione BIIETTIVA.

Dunque, l’applicazione

ƒƒ ƒ ƒ

è detta una biiezione di A in B se risulta:

ƒ ƒƒ

ƒ(A) = B e da x

1

≠≠≠≠ x

2

segue ƒƒƒƒ(x

1

) ≠≠≠≠ ƒƒƒƒ(x

2

) qualunque siano gli elementi x

1

e x

2

di A

Si osserva allora che:

• la

ƒ ƒƒ ƒ

, poiché applicazione, fa corrispondere a ogni elemento di A uno e un solo elemento di B;

• inoltre, poiché la

ƒƒ ƒ ƒ

è suriettiva, ogni elemento di B è immagine di almeno un elementodi A

• infine, poiché l’applicazione

ƒƒ ƒ ƒ

è anche iniettiva, ogni elemento di B è immagine di un solo elemento di A

A

1

3 2 4

4 2 5 3 1

6 ƒ(A)

(figura - 2)

-3 -2 -1 0 +1 +2 +3 +4 -3 -2 -1 0 +1 +2 +3 +4

(figura - 3)

A

a

c b

d

u s v t r

e w f

B

(figura - 4)

(3)

Possiamo allora dire che:

Fra gli elementi di due insiemi A e B, non vuoti, intercorre una corrispondenza biunivoca, ovvero una biiezione, quando esiste una legge che fa corrispondere ad ogni elemento di A uno e un solo elemento di B, e viceversa, ogni elemento di B è il corrispondente di uno e un solo elemento di A.

La corrispondenza biunivoca tra A e B si indica nel modo seguente: A ⇔⇔⇔⇔ B

Sia

ƒ ƒƒ ƒ

un’applicazione biunivoca di A in B. In questo caso, come ogni elemento di B è associato ad un solo elemento di A, così pure ogni elemento di A è associato ad un solo elemento di B.

Perciò, se con l’applicazione

ƒƒ ƒ ƒ

si passa dall’elemento

x

di

A

all’elemento

y = ƒƒƒƒ(x)

di

B

, allora esiste anche un’applicazione

g

di B in A, che dall’elemento y di B fa ritornare all’elemento x di A; cioè:

g(y) = x

, che si può scrivere nella forma:

g(ƒƒƒƒ(x)] = x.

L’applicazione g viene chiamata inversa della ƒƒƒƒ e si indica con ƒƒƒƒ--

1. In tale caso si dice, anche, che la

ƒ ƒƒ ƒ

è invertibile. Nella figura 5 è evidenziata la rappresentazione grafica tipica relativa ad una applicazione biunivoca di A in B.

In figura 6 vengono rappresentate con un diagramma di Eulero − Venn le applicazioni iniettive, suriettive e biiettive.

Un’applicazione lineare ƒƒƒƒ : V→→→→W viene, come già detto, denominata anche OMOMORFISMO di spazi vettoriali di dominio V ed immagine o condominio W; di solito è indicato con Hom(V,W) l’insieme di tali omomorfismi.

Le applicazioni lineari che hanno la proprietà di essere INVERTILI, cioè che sono INIETTIVE e SURIETTIVE contemporaneamente, vengono denominate ISOMORFISMI, ed il loro insieme è solitamente indicato con Iso(V,W).

Un omomorfismo per il quale il dominio e il condominio coincidono, di solito, prende il nome di ENDOMORFISMO ed il loro insieme è, usualmente, indicato con End(V,W).

Un isomorfismo per il quale il dominio e il condominio coincidono, di solito, prende il nome di AUTOMORFISMO ed il loro insieme viene individuato, solitamente, con Aut(V,W).

Premesso le considerazioni teoriche sopra richiamate si propone un approfondimento afferente la matrice associata ad una applicazione lineare e successivamente vengono proposti alcuni esercizi applicativi e di approfondimento degli argomenti trattati.

A

a

c b

d

u v t

B

(figura - 5)

s

suriettiva iniettiva biiettiva

Applicazioni Relazioni (figura - 6)

(4)

MATRICE ASSOCIATA AD UNA APPLICAZIONE LINEARE

Lo studio delle specificità delle Applicazioni Lineari risulta notevolmente facilitato dal ricorso all’utilizzo delle matrici. Infatti la teoria dimostra che ad una assegnata applicazione lineare resta associata un’opportuna matrice.

Consideriamo l’applicazione lineare ƒƒƒƒ : V →→→→ W e siano rispettivamente n ed m le dimensioni di V e di W, ovvero: dimV = n e dimW = m; inoltre, in V ed in W siano stabilite le specifiche “basi”

che vengono indicate, rispettivamente, con:

B

V

= {v

1

, v

2

, ….., v

n

} B

W

= {w

1

, w

2

, ….., w

m

}

In ossequio alla definizione di base di uno spazio vettoriale risulta assodato che ogni vettore v∈∈V sarà univocamente determinato da una opportuna combinazione lineare dei vettori costituenti la base BV; parimenti, ogni vettore w∈∈∈∈W sarà definito anch’esso in modo unico dalla combinazione lineare dei vettori della base BW.

Con riferimento alla base BW, proprio rispetto ad essa, ognuno degli n vettori ƒƒƒƒ(v1), ƒƒƒƒ(v2), ...., ƒƒƒƒ(vn), che costituiscono le immagini dei vettori di BV ottenute dall’azione dell’applicazione ƒƒƒƒ, avrà m coordinate che possono essere ordinate e quindi espresse in vettori colonna di Km, come di seguito mostrato:

f v

x x x

f v

x x x

f v

x x

m m

x

n

n n

mn

( )

1

: , ( ) : , ..., ( ) :

11 21

1

2

12 22

2

1

=

2

 

 

 =

 

 

 =

 

 

La matrice Af, avente come colonne gli n vettori ƒƒƒƒ(v1), ƒƒƒƒ(v2), ….., ƒƒƒƒ(vn) già in precedenza definiti, costituisce e definisce in modo univoco la matrice associata all’applicazione ƒƒƒƒ.

Il significato operativo specifico della matrice Af consiste nel fatto che essa esplicita la modalità per determinare l’agito espletato dall’applicazione ƒƒƒƒ sui vettori v∈∈V, cioè sui vettori del dominio V. A tale riguardo, osserviamo che una volta stabilita la base BV in V, a ciascun vettore v∈∈∈∈V resta associata una n-pla di coordinate che rappresentano i coefficienti della combinazione lineare dei vettori della base che conformano il vettore v medesimo, così come espresso dalla relazione di seguito riportata:

v a v a v a v a v

n n

a v

i i

i n

= + + + =

=

1 1 2 2 3 3

1

...

Risulta, allora, possibile associare a v∈∈∈∈V il vettore colonna le cui componenti sono costituite dai coefficienti ai della combinazione lineare dei vettori della base BV; indicando poi con (v)BV la matrice vettore colonna i cui elementi sono costituiti dalle coordinate del vettore v rispetto alla base BV, si ottengono le due scritture equivalenti di seguito esplicitate:

v

a a a

n

 

 

1

:

2 ovvero:

( )



 



 

=

n B

a a a

v

V

:

2 1

Attivando l’azione esercitata sul vettore v dall’applicazione ƒƒƒƒ, si otterrà il vettore w = ƒƒƒƒ(v) di W. È tuttavia evidente che in riferimento alla base BW stabilita in W, il vettore w = ƒƒƒƒ(v) sarà certamente esprimibile, in modo unico, mediante la m-pla di coordinate ββββ1, ββββ2, … , ββββm che rappresentano gli m coefficienti della combinazione lineare degli m vettori wj della base BW.

(5)

Atteso quanto premesso, la matrice Af consente di costruire la m-pla di coordinate di w = ƒƒƒƒ(v) rispetto alla base BW a partire dalla n-pla di coordinate di v rispetto alla base BV. In definitiva, la matrice Af consente di costruire e quindi determinare l’immagine di ciascun vettore del dominio V; ciò avviene per il tramite dell’operazione di prodotto righe per colonne della matrice Af ubicata quale fattore di sinistra del vettore colonna che costituisce le coordinate del vettore v rispetto alla base BV. Esprimendo quanto sopra detto in formule, la m-pla delle coordinate del vettore w = ƒƒƒƒ(v) rispetto alla base BW è fornita dalla scrittura di seguito esplicitata:

{

{ 1 2 3 1 4 4 4 4 2 4 4 4 4 3 { 1 2 3

) 1 (

2 1

) 1 (

2 1

) ( 1 1

2 22

21

1 12

11

) 1 (

2 1

) 1 (

2 1

)

(

: :

...

2

: :::::

: :

...

...

: :

• •

• •



 



 

=



 



 



 



 



 



 

=



 



 

m m n

n n

m

mn m

m

n n

m m n

n n

m f

a a a

x x

x

x x

x

x x

x

a a a A

β β β

β β β

Come mostrato dalla relazione sopra evidenziata, la matrice Af, proprio per come è stata strutturata, permette di affermare che Af∈∈∈∈Mm,n(K) e, pertanto, nell’ambito del prodotto righe per colonne fra matrici, è conformabile alla sua destra con i vettori colonna di Mn,1(K). La relazione evidenzia poi che il risultato del prodotto definisce un vettore colonna di Mm,1(K), il che fornisce significato alla affermazione in base alla quale tale vettore colonna Mm,1(K) definisce una m-pla di coordinate di un vettore di W.

La matrice associata Af(m·n), cioè di tipo (mxn) può, pertanto, essere usata agevolmente per calcolare l’immagine ƒƒƒƒ(v) di ogni vettore v∈∈V mediante la relazione che, in forma compatta, di seguito si ∈ riporta:

w

v B

B

f

v w

A • [ ] = [ ]

in cui Bv

v]

[

e

Bw

w]

[

sono le coordinate del vettore v e del vettore w nelle rispettive basi.

Si deve osservare che la scelta delle basi è essenziale in quanto, la stessa matrice, usata su basi diverse, può rappresentare applicazioni lineari diverse.

(6)

ESERCIZIO 1. Stabilire quali delle seguenti applicazioni ƒƒƒƒ : ℜ ℜ ℜ ℜ

2

→ → → → ℜ ℜ ℜ ℜ

3

sono da dichiararsi lineari.

f a b

a b a a b

  

  = +

 

  f a b

a a

b a

  

  =

+ +

 

  1 2 5

f a b

a b a

  

  =

 +

 

 

0 f a

b

a b

  

  =

 

 

2

0

2

a) L’applicazione fornita è:

ƒ ƒƒ ƒ(a, b) = (a + b, a, a − − − − b)

. La condizione necessaria è soddisfatta, è infatti

ƒƒ ƒ(0) = O ƒ

. Applichiamo, pertanto, la definizione.

ƒƒ ƒ ƒ

è lineare se è, per ogni λλλλ, µµµ e per µ ogni coppia di vettori u = (a1, b1) e v = (a2, b2):

λ λ λ

λ·ƒ ƒƒ ƒ(a

1

, b

1

) + µ µ µ·ƒ µ ƒƒ ƒ(a

2

, b

2

) = ƒƒƒƒ(λλλλ·(a

1

, b

1

) + µ µ µ·(a µ

2

, b

2

))

Applicando la definizione si ottiene per il primo membro:

λ µ λ µ

λ λ µ µ

λ µ

λ λ µ µ

f a

b f a

b

a b a a b

a b

a

a b

a b a b

a a

a b a b

1 1

2 2

1 1

1

1 1

2 2

2

2 2

1 1 2 2

1 2

1 1 2 2

  

  + 

  

  = ⋅ +

 

  + ⋅

+

 

  =

+ + +

+

− + −

 

 

e per il secondo membro si ottiene:

f a

b

a

b f a a

b b

a a b b

a a

a a b b

( )

( ) ( )

( ) (

λ µ λ µ

λ µ

λ µ λ µ

λ µ

λ µ λ µ

1 1

2 2

1 2

1 2

1 2 1 2

1 2

1 2 1 2

  

  + 

  

  = +

+

  

  =

+ + +

+

+ − +

 

 

Poiché i due vettori ottenuti sono uguali, ƒƒƒƒ È lineare.

b) L’applicazione fornita è del tipo:

ƒ ƒƒ ƒ(a, b) = (a + 1, a, 2b + 5a)

. La condizione necessaria NON È soddisfatta, infatti

ƒ ƒƒ ƒ(0, 0) = (1, 0, 0) ≠ ≠ ≠ ≠ O

. Il risultato ora conseguito consente, con immediatezza, di dichiarare che

ƒƒ ƒ ƒ

NON È lineare.

c) L’applicazione data è del tipo:

ƒ ƒƒ ƒ(a, b) = (a + b, 0, a)

. La condizione necessaria È soddisfatta, infatti

ƒ ƒƒ ƒ(0) = (0, 0, 0) = O

. Applichiamo, pertanto, la definizione.

ƒ ƒƒ ƒ

è lineare se è, per ogni λλλλ, µµµµ e per ogni coppia di vettori u = (a1, b1) e v = (a2, b2):

λ λ λ

λ·ƒ ƒƒ ƒ(a

1

, b

1

) + µ µ µ·ƒ µ ƒƒ ƒ(a

2

, b

2

) = ƒƒƒƒ(λλλλ·(a

1

, b

1

) + µ µ µ·(a µ

2

, b

2

))

Applicando la definizione si ottiene per il primo membro:

λ µ λ µ

λ λ µ µ

λ µ

f a

b f a

b

a b a

a b

a

a b a b

a a

1 1

2 2

1 1

1

2 2

2

1 1 2 2

1 2

0 0 0

  

  + 

  

  = ⋅

 +

 

  + ⋅

 +

 

  =

+ + +

+

 

 

e per il secondo membro si ottiene:

f a

b

a

b f a a

b b

a a b b

a a

( )

( ) ( )

(

λ µ λ µ

λ µ

λ µ λ µ

λ µ

1 1

2 2

1 2

1 2

1 2 1 2

1 2

 0

  

  + 

  

  = +

+

  

  =

+ + +

+

 

 

Poiché i due vettori ottenuti sono uguali, ƒ È lineare.

d) L’applicazione fornita è:

ƒƒ ƒ(a, b) = (a ƒ

2

, 0, b

2

)

. La condizione necessaria è soddisfatta, infatti è

ƒƒ ƒ(0) = (0, 0, 0) = O ƒ

. Applichiamo, pertanto, la definizione.

ƒ ƒƒ ƒ

è lineare se è, per ogni λλλλ, µµµµ e per ogni coppia di vettori u = (a1, b1) e v = (a2, b2):

λ λ λ

λ·ƒ ƒƒ ƒ(a

1

, b

1

) + µ µ µ·ƒ µ ƒƒ ƒ(a

2

, b

2

) = ƒƒƒƒ(λλλλ·(a

1

, b

1

) + µ µ µ·(a µ

2

, b

2

))

Applicando la definizione si ottiene per il primo membro:

(7)

λ µ λ µ

λ µ

λ µ

⋅ 

  

  + ⋅ 

  

  = ⋅

 

  + ⋅

 

  =

+ +

 

 

f a

b f a

b

a b

a b

a a

b b

1 1

2 2

12

12

22

22

12

22

12

22

0 0 0

e per il secondo membro si ottiene:

f a

b

a

b f a a

b b

a a

b b

a a a a

b b b b

( )

( )

( )

λ µ λ µ

λ µ

λ µ

λ µ

λ µ λµ

λ µ λµ

1 1

2 2

1 2

1 2

1 2 2

1 2 2

2 1 2 2 2 2

1 2 2 1 2 2

2 2

1 2

0

2 0

2

  

  + 

  

  = +

+

  

  =

+ +

 

 

 =

=

+ +

+ +

 

 

Poiché i due vettori ottenuti NON sono uguali, se non per particolari valori di λλλλ e di µµµµ e per particolari vettori, l’applicazione ƒƒƒƒ NON È lineare.

Consideriamo l’applicazione

ƒƒ ƒ:ℜ ƒ ℜ ℜ ℜ

2

→ → → → ℜ ℜ ℜ ℜ

3definita mediante la relazione

ƒ ƒƒ ƒ(a, b) = (a + b, 1, 2b)

. Si verifichi che tale applicazione non è lineare.

La condizione necessaria NON è soddisfatta, infatti

ƒƒ ƒ(0, 0) = (0, 1, 0) ≠ ƒ ≠ ≠ O

. Il risultato ottenuto consente, con immediatezza, di dichiarare che

ƒƒ ƒ ƒ

NON È lineare.

ESERCIZIO 2. Si dica per quali valori del parametro reale k risulta lineare l’applicazione ƒƒƒƒ : ℜ ℜ ℜ ℜ

3

→ → ℜ → → ℜ ℜ ℜ

3

tale che: ƒƒƒƒ(a, b, c) = (ka + b, (1 − − − − k)b

2

+ c, (1 − − − − k

2

) + a)

Verifichiamo che l’applicazione assegnata soddisfa la condizione necessaria. Affinché sussista la condizione

ƒ ƒƒ ƒ(0, 0, 0) = O

deve risultare:

f a b c

f

k k

k k

 

  =

 

  =

⋅ +

− ⋅ +

− +

 

  =

 

  0

0 0

0 0

1 0 0

1 0

0 0 1

2

2 2

( )

( )

L’applicazione

ƒ ƒƒ ƒ

può, quindi, essere lineare solo se

(1 −−−− k

2

) = 0

, ovvero se k = 1 e k = −−−−1; ma non è detto che per tali valori lo sia, in quanto la condizione è solo sufficiente.

Proviamo il caso di k = 1; l’applicazione

ƒ ƒƒ ƒ

diviene:

ƒ ƒƒ ƒ(a, b, c) = (a + b, c, a)

. Applichiamo ora la definizione ƒƒƒƒ è lineare se è, per ogni λλλλ, µµµ e per ogni coppia di vettori u = (aµ 1, b1, c1) e v = (a2, b2, c2):

λ λ λ

λ·ƒ ƒƒ ƒ(a

1

, b

1

, c

1

) + µ µ µ·ƒ µ ƒƒ ƒ(a

2

, b

2

, c

2

) = ƒƒƒƒ(λλλλ·(a

1

, b

1

, c

1

) + µ µ·(a µ µ

2

, b

2

, c

2

))

Per il primo membro si ottiene:

λ µ λ µ

λ λ µ µ

λ µ

λ µ

 

  + ⋅

 

  = ⋅

 +

 

  + ⋅

 +

 

  =

+ + +

+ +

 

  f

a b c

f a b c

a b c a

a b

c a

a b a b

c c

a a

1 1 1

2 2 2

1 1

1 1

2 2

2 2

1 1 2 2

1 2

1 2

mentre per il secondo membro si ottiene:

(8)

f

a b c

a b c

f

a a

b b

c c

a a b b

c c

a a

( λ µ )

λ µ

λ µ

λ µ

λ µ λ µ

λ µ

λ µ

1 1 1

2 2 2

1 2

1 2

1 2

1 2 1 2

1 2

1 2

 

  +

 

  =

+ + +

 

  =

+ + +

+ +

 

 

Poiché i due vettori ottenuti sono uguali,

ƒ ƒƒ ƒ

+1 È lineare.

Proviamo k = −−1; l’applicazione

ƒ ƒƒ ƒ

diviene:

ƒ(a, b, c) ƒƒ ƒ = (−−−−a + b, 2b

2

+ c, a)

. Per la definizione ƒƒƒƒ è lineare se è, per ogni λλλλ, µµµµ e per ogni coppia di vettori u = (a1, b1, c1) e v = (a2, b2, c2):

λ λ λ

λ·ƒ ƒƒ ƒ(a

1

, b

1

, c

1

) + µ µ µ·ƒ µ ƒƒ ƒ(a

2

, b

2

, c

2

) = ƒƒƒƒ(λλλλ·(a

1

, b

1

, c

1

) + µ µ·(a µ µ

2

, b

2

, c

2

))

Per il primo membro si ottiene:

λ µ λ µ

λ λ µ µ

λ λ µ µ

λ µ

 

  + ⋅

 

  = ⋅

− +

+

 

  + ⋅

− +

+

 

  =

=

− + − +

+ + +

+

 

  f

a b c

f a b c

a b

b c

a

a b

b c

a

a b a b

b c b c

a a

1 1 1

2 2 2

1 1

12 1 1

2 2

22 2 2

1 1 2 2

12

1 22

1 2

2 2

2 2

2

mentre per il secondo membro si ottiene:

f

a b c

a b c

f

a a

b b

c c

a a b b

b b c c

a a

a a b b

b b b

( λ µ ) ( )

λ µ

λ µ

λ µ

λ µ λ µ

λ µ λ µ

λ µ

λ µ λ µ

λ µ λµ

1 1 1

2 2 2

1 2

1 2

1 2

1 2 1 2

1 2 2

1 2

1 2

1 2 1 2

2 12 2

22

1

2

2 2 4

 

  +

 

  =

+ + +

 

  =

− − + +

+ + +

+

 

  =

=

− − + +

+ + ⋅ b c c

a a

2 1 2

1 2

+ +

+

 

 

λ µ

λ µ

La seconda componente dei due vettori è diversa, quindi l’applicazione

ƒƒ ƒ ƒ

-1 NON È lineare.

L’applicazione è lineare solo per k = 1.

ESERCIZIO 3. Stabilire la dimensione e una base sia per l’immagine sia per il nucleo dell’applicazione lineare ƒƒƒƒ : ℜ ℜ ℜ ℜ

3

→ → ℜ → → ℜ ℜ ℜ

2

(x) così definita:

ƒ ƒƒ

ƒ(a, b, c) = (a − − − − 2b −− c)x

2

+ (2a + 2c)x + (b + c)

Determiniamo come prima cosa un sistema di generatori per l’immagine. Consideriamo per

ℜ ℜ ℜ ℜ

3 la base canonica:

e

1

= (1, 0, 0), e

2

= (0, 1, 0), e

3

= (0, 0, 1)

. Risulta allora:

u = f x x v f x w f x x

 

  = + =

 

  = − + =

 

  = − + + 1

0 0

2

0 1 0

2 1

0 0 1

2 1

2 2 2

Dobbiamo quindi verificare se i tre vettori u, v, w sono linearmente indipendenti o dipendenti.

A tale scopo, consideriamo la combinazione lineare dei tre vettori; si ha:

α α·u + β α α β β β·v + δ δδ δ·w = 0

ovvero, se per ogni x si verifica che:

α ( x

2

+ 2 x ) + β ( − 2 x

2

+ 1 ) + γ ( − x

2

+ 2 x + 1 ) = 0

(9)

con ααα, βα ββ, γγγγ contemporaneamente nulli, allora tre vettori u, v, w sono linearmente indipendenti β altrimenti i tre vettori risultano linearmente dipendenti; si ottiene

( α − 2 β γ − ) ⋅ x

2

+ ( 2 α + 2 γ ) ⋅ + x ( β γ + ) = ⋅ 0 x

2

+ ⋅ + 0 x 0

che, per il principio di identità dei polinomi richiede la validità delle condizioni seguenti:

α β γ α γ β γ

α γ β γ

− − =

+ =

+ =

 



⇒ = −

= −

 

2 0

2 2 0

0

Poiché il sistema è verificato per

α α = − α α − − −γγγγ, β β β β = − − − − γγγγ

, quindi ad esempio per

α = 1 α α α

,

β β β β = 1

e

γγγγ = −−1

, i tre vettori

u

,

v

,

w

sono linearmente dipendenti. Sono, invece, linearmente indipendenti i due vettori

u = x

2

+ 2x

e

v = −−−−2x

2

+ 1

, infatti:

λ µ

λ µ λ µ

⋅ + + ⋅ − + =

− ⋅ + ⋅ + = ⋅ + ⋅ +

( ) ( )

( )

x x x

x x x x

2 2

2 2

2 2 1 0

2 2 0 0 0

da cui si evince il sistema seguente:

λ µ λ µ

λ µ

− =

=

=

 



⇒ =

=

 

2 0

2 0

0

0 0

Pertanto i due vettori

u = x

2

+ 2x

e

v = −−−−2x

2

+ 1

costituiscono una base per l’immagine, che quindi ha dimensione 2, cioè: dim Im(.

ƒƒ ƒ) = 2. ƒ

Per il

teorema di nullità più rango

risulta:

dim Ker(ƒƒƒƒ) + dim Im(ƒƒƒƒ) = dim ℜ ℜ ℜ ℜ

3

da cui si deduce quanto segue:

dim Ker(ƒƒƒƒ) + 2 = 3 ⇒ ⇒ ⇒ ⇒ dim Ker(ƒƒƒƒ) = 1

Il nucleo ha quindi dimensione 1. I vettori del nucleo sono tutti quei vettori di

ℜ ℜ ℜ ℜ

3 che hanno come immagine il vettore nullo, cioè il polinomio nullo di

ℜ ℜ ℜ ℜ

2

(x)

. In ossequio alla definizione di nucleo, si perviene alla scrittura di seguito riportata:

f a b c

a b c x a c x b c x x

 

  = 0 ⇒ ( − 2 − ) ⋅

2

+ ( 2 + 2 ) ⋅ + ( + ) = ⋅ 0

2

+ ⋅ + 0 0

La condizione è verificato per

a = −−−−c, b = −−−− c

, cioè per

a = 1

,

b = 1

e

c = −−−−1

. Pertanto, si ricava che i vettori del nucleo sono i multipli del vettore n = (1, 1, −−−−1).

ESERCIZIO 4. Sia data l’applicazione lineare ƒƒƒƒ : ℜ ℜ ℜ ℜ

2

→ → → ℜ ℜ ℜ ℜ

2

così definita:

ƒ ƒƒ

ƒ(a, b) =[a + kb, (k − − − −1 )a + 2b].

Stabilire per quali valori di k, ƒƒƒƒ è iniettiva

Una applicazione è iniettiva se e solo se la dimensione dell’immagine dim Im(

ƒƒ ƒ) ƒ

coincide conla dimensione del dominio

dim Dom(ƒƒƒƒ)

che in questo caso è

2.

I generatori della immagine sono i trasformati dei vettori di una base del dominio, ad esempio la base canonica o standard. Risulta con immediatezza:

(10)

f e f

k f e f k

( )

1

1 ( )

2

0

1 1

0

1 2

= 

  

  =

  

  = 

  

  = 

  

 

e la matrice associata all’applicazione, relativa alla base canonica, assume la forma:

A k

k rango A f A

= −

  

  ⇒ = = ⇔ ≠

1

1 2 ( ) dimIm( ) 2 det( ) 0

Vediamo se esistono valori di k per cui i due generatori sono indipendenti, cioè: dim Im(ƒƒƒƒ) = 2.

I valori richiesti sono quelli per cui:

det 1 ( )

1 2 k 0 1 2 0

2

2 0

k k k k k

  

  ≠ ⇒ − − + ≠ ⇒ − − ≠

Pertanto, nel caso in cui sia

k ≠≠≠≠ 2

e

k ≠≠≠≠ −−−−1

i due vettori sono linearmente indipendenti. Quindi,

ƒƒ ƒ ƒ

è iniettiva per tutti i valori di k, esclusi

k = 2

e

k = −−−−1.

ESERCIZIO 5. Stabilire la dimensione ed una base sia per l’immagine sia per il nucleo dell’applicazione lineare (2ƒƒƒƒ−−−−g), in cui sia:

ƒ ƒƒ

ƒ : ℜ ℜ ℜ ℜ

2

→ → → ℜ ℜ ℜ ℜ

3

e tale che ƒƒƒƒ(a, b) = (a, a−−−−b, 2a)

g : ℜ ℜ ℜ ℜ

2

→ → → ℜ ℜ ℜ ℜ

3

e tale che g(1, 0) = (2, 2, 4) e g(0, 1) = (2, 3, 0).

1° Metodo: considerata per l’applicazione g la base canonica, risulta evidente la posizione di seguito esplicitata:

g a

b g a b ag bg a b

a b

a b

a

  

  = 

  

  + 

  

  = 

  

  + 

  

  =

 

  +

 

  =

+ +

 

 

( 1 )

0

0 1

1 0

0 1

2 2 4

2 3 0

2 2

2 3

4

Allora, per come è definita la costituzione della definizione dell’applicazione

ƒƒ ƒ ƒ

*=

(2ƒƒƒƒ −−−− g)

, si ha:

f a

b f g a

b f a

b g a b

a a b

a

a b

a b

a

b

*

 ( ) b

  

  = − 

  

  = 

  

  − 

  

  = −

 

  −

+ +

 

  =

 

 

2 2 2

2

2 2

2 3

4

2 5 0

Quindi, il generico vettore dell’immagine

Im(ƒƒƒƒ

*

) = Im(2ƒƒƒƒ − − − − g)

, definisce un multiplo del vettore x = (−−−−2, −−−−5, 0) ottenuto ponendo la componente b al valore b = 1.

Risulta, inoltre, evidente che

dim Im(ƒƒƒƒ

*

) = dim Im(2ƒƒƒƒ − − − − g) = 1

ed il vettore

x = (−−−−2, −−−−5, 0)

rappresenta una base per l’immagine.

Dal teorema costitutivo della seguente relazione:

dim Im(2ƒƒƒƒ−−−−g) + dim Ker(2ƒƒƒƒ − − − − g) = n

si deduce che il nucleo dell’applicazione ha dimensione:

dim Ker(2ƒƒƒƒ − − − − g) = n − − − − dim Im(2ƒƒƒƒ−−−−g) = 2 − − − − 1 = 1

Per determinare una base per il nucleo, detto u = (x, y) il generico vettore, dovrà essere soddisfatta la relazione:

ƒ ƒƒ ƒ

*

(x, y) = (2ƒƒƒƒ−−−−g)(x, y)=(−−−−2y, −−−−5y, 0) = (0, 0, 0)

ovvero y = 0 con x arbitrario.

Una base del nucleo è allora costituita dal vettore u = (1, 0) ottenuto ponendo x = 1 ed y = 0.

2° Metodo: individuiamo le matrici associate alle applicazioni ƒƒƒƒ e g nelle rispettive basi canoniche di ℜℜℜℜ2 eℜℜℜℜ3. Si ottiene:

(11)

f 1 f g g 0

1 1 2

0 1

0 1 0

1 0

2 2 4

0 1

2 3 0

  

  =

 

 

  

  = −

 

 

  

  =

 

 

  

  =

 

 

; ; ;

Ricordiamo che le colonne delle due matrici F e G di ƒƒƒƒ e di g sono i coefficienti della combinazione lineare con cui si ottengono i trasformati dei vettori della base scelta del dominio nella base scelta per il codominio, quindi si ottiene:

F = − G

 

  =

 

 

1 0

1 1

2 0

2 2 2 3 4 0

Allora la matrice F* dell’applicazione

ƒ ƒƒ ƒ* = (2ƒ ƒƒ ƒ− − − −g)

è:

F

*

= ⋅ −

 

  −

 

  = −

 

  −

 

  =

 

  2

1 0

1 1

2 0

2 2 2 3 4 0

2 0

2 2

4 0

2 2 2 3 4 0

0 2

0 5

0 0

La matrice F*, in seguito alla prima colonna costituita da tutti zeri, presenta rango 1; pertanto la dimensione dell’immagine, in conformità al teorema di nullità più rango, è dim Im(2ƒƒƒƒ−−−−g) = 1. I vettori generatori dell’immagine sono O = (0, 0, 0) e w = (-2, -5, 0), in cui il primo è ovviamente dipendente dal secondo. Dato che poi la prima colonna è il vettore nullo O, e la prima colonna è il trasformato del vettore (1, 0), ne risulta che tale vettore (1, 0) è una base del nucleo.

ESERCIZIO 6. In ℜ ℜ ℜ ℜ

3

si considerino la base canonica e la base costituita dai tre vettori u = (1, 0, 1), v = (0, 1, −−−−2) e w = (-3, -1, 0). Si determini la matrice dell’automorfismo di ℜ ℜ ℜ ℜ

3

che porti la prima base nella seconda, e si determinino le componenti del vettore (2, 1, 5) nella seconda base. Esiste un vettore che abbia le stesse componenti nelle due basi ?

L’applicazione ƒƒƒƒ richiesta, che è un automorfismo, è quella che opera il cambiamento di base, quindi è tale che:

f f f

1 0 0

1 0 1

0 1 0

0 1 2

0 0 1

3 1 0

 

  =

 

 

 

  =

 

 

 

  =

 

 

La matrice F associata all’applicazione ƒƒƒƒ, rispetto alle basi canoniche, per dominio e codominio, è quindi quella a lato mostrata. Se ora consideriamo un vettore x = (a, b, c) si potrà porre: x = λλλλu + µµµv + νµ ννw, in cui risulta: ν

λ µ ν

 

  = ⋅

 

  ( F

)

a b c

1

; ove si intende: F

=

 

 

1

2 6 3

1 3 1 1 2 1

Pertanto, le componenti, nella seconda base, del vettore assegnato y = (2, 1, 5) saranno:

y

*

=

 

  =

 

  ⋅

 

  =

 

  λ

µ ν

2 6 3 1 3 1 1 2 1

2 1 5

17 6 5

;

da cui si deduce il vettore y* di: componenti: y* = 17u +6v + 5w

F =

 

 

1 0 3

0 1 1

1 2 0

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