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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.20 (1893) n.0976, 15 gennaio

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U ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN TE R E SSI P R IV A T I

Anno I X

Voi. XXIV

Domenica 15 Gennaio 1893

,

N, 976

ONESTÀ POLITICA

Nun si può disconoscere che anche nel nostro paese come in molti altri l’atmosfera politica è viziata tal­ mente che si cerca e si trova sempre meno ¡’ one­ stò politica. Basta ascoltare con ¡speciale attenzione i discorsi del pubblico, basta sentire come dal basso e dall’alto si discutono gli uomini, che occupano le più alte posizioni sociali e coprono cospicue cariche, per comprendere che, se la pubblica opinione è tratta in errore da esagerazioni e da calunnie, è però più di­

sposta nella grandissima maggioranza a non nutrire e manifestare la stima che non sia a ribellarsi contro le voci che non sono nemmeno più accusatrici, ma semplicemente narratrici.

Noi non siamo scrupolosi al segno da non com­ prendere che quanto più il Governo è in mano di tutti od almeno di moltissimi è inevitabile trovare i tri­ sti ; e la statistica ci insegna troppo la proporzio­ nalità di certi eventi per meravigliarci dell’aumento delle cifre assolute, quando aumentano le cause e le occasioni. Ma non è la corruzione vera ed effettiva che ci spingerà a muovere lamento ; la troviamo in tutti i tempi; ed è la lebbra che rode la società, tanto più quanto maggiore è il numero dei loro membri compartecipanti al potere.

Vorremmo invece che la attenzione di lutti fosse rivolta alla onestà p olitica sia pure intesa in un senso molto largo e molto indulgente. Noi inten­ diamo per onestà p olitica quel contegno dell’ uomo che si occupa delle pubbliche faccende, perii quale, pur essendo disposto dalle esigenze del momento a transigere, conserva però concetti, idee e principi cosi che tutti i suoi atti sono rivolli ad ottenere in modo diretto od indiretto il trionfo di quanto forma l’ alimento intimo del suo pensiero. Tutti sap­ piamo che, specie nei regimi parlamentari la rigidità eccessiva non è mezzo efficace per la lotta e per il trionfo ; tutti sappiamo che la politica esige una cena dose di simulazione e di dissimulazione ; nè 1101 Cj tT6™1! °gg' a d're se ¡e politica l’uomo onesto non debba nè simulare, nè dissimulare ; coloro che si sentono chiamati alla vita politica sanno che una tale misura di pieghevolezza è requisito necessario per vivere nell ambiente che la stessa politica crea e determina.

Ma sembra a noi che si sia ormai ecceduta la mi- sura, e che nella pratica moderna la vita politica voglia dire mancanza assoluta di quelle qualità, senza le quah I uomo privato non si chiamarebbe onesto, rammenti, con una morale loro propria, sogliono

nella pratica biasimare che sieno rinfacciate ad un uomo politico le idee altra volta manifestate in una questione; ma da questa che poteva essere con­ siderata come una prudente precauzione per i grandi uomini politici, siamo passati grado grado ad una perfetta dimenticanza di ciò che si è detto ieri nel sostenere oggidì una qualunque questione. La con­ traddizione non più nei particolari, nelle secondarie parti di una disposizione, ma nella stessa sostanza, nello stesso concetto sono diventale abitudini, e non si distingue più un uomo politico per le sue idee e per i suoi principi, giacché, se ha 1’ ingegno suf­ ficiente per averne e per sostenerne sembra' die sia indifferente ad abbracciare un principio piuttosto che un altro.

Da ciò abbiamo visto uomini di destra sembrare liberalissimi a proposito di leggi essenzialmente po­ litiche — 1’ on. Lampertico sostenne I’ articolo 100 della legge elettorale ; uomini liberali in economia vo­ tare disposizioni protezioniste; l’on. Digny votò il dazio sui cereali; — ed uomini liberali arieggiare a tiranni ; l’on. Grispi, l’on. Nicotera hanno tenuto un contegno meno ossequente al Parlamento, l’ ou. Zanardelli fece votare il nuovo Codice penale, che in molte di­ spozioni è illiberale.

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Tutto questo ammasso di contraddizioni nelle gran­ di e nelle piccole cose è, noi crediamo, nella più fla­ grante incompatibilità colla onestà politica, quale deve intendersi, se le parole hanno ancora qualche signi­ ficalo. Questi sfregi alla onestà politica sfibrano i caratteri, tolgono la fiducia del paese nel Governo, fanno si che dappertutto si infiltri uno scetticismo pe­ ricoloso sugli uomini e sugli scopi che li fanno agire. E siccome poi gli uomini di Stato ripetono a sa­ zietà di assumere il potere con loro personale sa­ crifizio e quasi per abnegazione, e d’altra parte oggi il potere, da chi osserva le cose dal di fuori non presenta invero grande attrattiva, il pubblico che giudica all’ingrosso, non capisce quale possa essere in conclusione il movente, per il quale l’ individuo rinuncia perfino ai propri convincimenti per andare o rimanere al potere e suppone quindi fini e molivi

ancora meno onorevoli della semplice verità. A questo indirizzo erroneo, per il quale il nome di una persona politica non significa più lutto un programma di idee e di criteri di Governo, la stampa avrebbe potuto mettere rimedio, adoperandosi a man­ tenere alta e rispettata la onestà politica. Ma è avvenuto invece che dalla mobilità e dalla incertezza degli uomini politici la stampa trae in genere mo­ tivo per abbandonare qualunque ideale, qualunque principio e mettersi soltanto a servizio degli uomini. La smania sorta in Italia, dove mancano molti de­ gli elementi favorevoli alla stampa, di fare dei gior­ nali che costano più del prezzo per cui si vendono, ha generate le transazioni e le dedizioni. Non conte­ stiamo che molte volte alcuni giornali hanno mostrata una meravigliosa abilità nei passaggi più perigliosi, ma si ingannano assai i pubblicisti, se credono il pub­ blico così ignorante da non accorgersi del muta­ mento. Abbiamo avuto Depretis, Crispi , Budini e Gioiittì, ed abbiamo visto dei giornali, che hanno sa­ puto sostenere tutti questi ministeri, e con essi tutte le opinioni possibili ed immaginabili.

Alla capitale ed anche nei più importanti centri delle provincie, si parla della venalità della stampa come di fatto che non ha bisogno di dimostrazione; si citano fatti ed episodi di ogni genere senza nes­ sun riguardo. Vogliamo ammettere che vi sia molla esagerazione, ma ci sia permesso di domandare che cosa faccia la stampa periodica per impedire che queste voci e queste accuse abbiano corso. Si è me­ nomamente pensato a qualche garanzia nel reclutare il corpo dei pubblicisti ? vi è stato nessun giornale che abbia messo in pubblico il proprio bilancio ? vi è alcuno di quei pubblicisti, che vivono ricca­ mente, che senta il bisogno di giustificare la prove­ nienza delle sue rendile?

Oggi in Francia vediamo accusati molti giornali per aver avute ingenti somme dalla impresa del Panama ; — gli ex-Ministri, i deputati i senatori, gli amministratori dell’impresa sono stati processati od hanno avuto dalla pubblica opinione la dim inutio c a p itis ; e i giornalisti? Godono forse la impunità? No, ma in nome di una pretesa moralità si scagliano oggi contro quegli stessi, coi quali qualche anno fa hanno ripartito il bottino.

Le associazioni della stampa non dovrebbero avere l'ufficio di mantenere morale I’ ambiente e cercare perchè quest’ organo della pubblica opinione, che è il giornale, fosse al disopra di ogni sospetto ?

E intendasi bene non parliamo di corruzione e corruttibilità nel senso materiale della parola ; par­

liamo di onestà p olitica dove il Codice penale non entra, ma entra invece la moralità pubblica, intesa nel senso più civile, più fine della parola.

Queste nostre considerazioni non hanno evidente­ mente ¡’obbiettivo di produrre un effetto, ina quello semplicemente di accertare dei fatti ; ed è fatto scon­ fortante, che sia così diversa la messa in scena della vita politica da quello che appare nei corridoi, nei circoli e nella vita fuori del palcoscenico. È quasi lecito domandare chi siano gli ingannati, se cosi nume­ rosi sono gli ingannatori.

Quando due anni or sono avvenne il mutamento di Amministrazione nella Società di Credilo Mobi­ liare, ai nuovi Consiglieri e più al Consigliere de­ legato, l’Econom ista che, come era suo dovere, si

era occupato di quell’azienda, diede l’ avvertimento che si assumevano un compilo difficile, nel quale le rose sarebbero state accompagnate da abbondanti spine.

Quale’ presentavasi allora la situazione, doman­ dava, secondo l’opinione di molti, tutto un cambia­ mento di metodo; era allora e lo è tanto più oggi inutile discutere se la via seguita sino a due anni or sono fosse buona o no ; essa aveva fatto cattiva prova ed era perciò appunto condannabile. Il Mo­ biliare si era ingolfato io intraprese, le quali non davano quella riuscita che avevano promesso, anzi mostravano tanti lati deboli da far comprendere che non erano state condotte colla necessaria avvedu­ tezza. La crise edilizia, la crise generale, le incer­ tezze del Governo ed altri simili fatti potevano e possono spiegare gli avvenimenti, ma non li giusti­ ficano, e, lo abbiamo ripetuto molte volte, quando gli azionisti, fra i moltissimi desiderosi, scelgono alcuni uomini e li mettono a capo dell’azienda, egli è perchè li credono superiori alla comune e quindi capaci non soltanto di saper condur bene gli affari nelle ordinarie vicende ma, ed anzi molto più, in quelle straordinario ed inattese, nelle quali appunto occor­ rono uomini di non comune valore e di speciali attitudini.

Tutto quanto è avvenuto in questi due anni sul mercato italiano dimostra ad evidenza che non era esagerato l’affermare l’esistenza di gravi difficoltà; — intraprese arrischiate, capitale sempre più diffidente, fiducia del pubblico scossa, risparmi diminuiti, con­ cordia degli uomini dell’Alta Banca diventata un vano desiderio. Il Mobiliare aveva però la sua via trac­ ciata e due compiti principalmente doveva cercare di raggiungere od almeno dimostrare che si avvici­ nava a raggiungerli :

I o rendere più elastica la propria azienda ed epurarla dalle soverchie immobilizzazioni ;

2° dominare il mercato per mantenerlo nella maggior calma possibile, alfine di impedire da una parte quelle soverchie illusioni che sono stale causa di tanti guai, dall’altra quell’esagerale convulsioni che hanno scosso persino gli ultimi strati del pub­ blico, provocan lo una decisa astensione dall’impiego in quasi tutte le imprese.

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do-mandavano e domandano energia ed oculatezza, af­ fine di turbare il meno possibile lo stato delle cose. Ci riserviamo di trattare in seguito il secondo punto, di natura sua più delicato e tale, che richiede ancora ogni più assidua cura, e ci limitiamo oggi, giacche la pubblicazione del bilancio 1892 ce ne offre l’occasione, a vedere quale sia stata la azione che nella azienda ha compiuta durante questo pe­ riodo l'amministrazione del Mobiliare.

Lasciando di considerare il portafoglio che da 16 milioni è aumentato a 18, della quale cifra 15 milioni sono cambiali sull’Italia a tre mesi o meno, la attenzione deve essere portata sulla grossa cifra di titoli che l'Istituto possedeva alla fine del 1891 e che da molti era reputata eccessiva in quanto rap­ presentava una specie di immobilizzazione od almeno un impiego forzatamente fisso, contrario al carattere dell’azienda, che domanda una rapida azione, che si risolva in tempo relativamente breve. Al 31 decer«- hre dei due anni 1891-1892 il bilancio presentava le seguenti cifre per la voce titoli :

Obbligazioni di corpi morali Azioni ed obbligazioni di

ferrovie... Azioni ed obbligazioni edi­

lizie e fondiarie . Azioni ed obbligazioni In­

dustriali e di credito.

1891 (892 Differenza

milioni milioni milioni

0 . 9 0 . 2 — 0 . 7

3 5 . 2 2 0 . 9 — 1 4 . 3

7 . 4 7 . 1 — 0 . 3

2 7 . 9 2 2 . 5 — 5 . 4

Totale 71.4 50 7 — 20.7

Durante l’anno testé terminato adunque il Mobi­ liare ha diminuito il proprio fardello di titoli di circa 20 milioni, malgrado abbia nel frattempo assorbito i due Istituti di Milano la Roma Unione ed il Gre dito Mobiliare che, nelle loro situazioni, accusavano valori per circa altri 10 milioni. La smobilizzazione quindi sarebbe stata spinta fino a 30 milioni circa. Nè questo fatto è di poca importanza, perchè non si può certo volere che il Mobiliare non impieghi una parte del suo capitale disponibile in titoli, perchè non è suo compito di compenetrarsi soverchia­ mente in alcuno aziende così da far dipendere esclusivamente da quelle la propria vita, ma piut­ tosto di creare e sorreggere le imprese nascenti finché abbiano propria esistenza e possano da sè affrontare le vicende del mercato. Senza questo si­ stema di grande elasticità lo stesso compito dell’Isti­ tuto mancherebbe inquanto, non avendo fondi ine­ sauribili, la sua azione sarebbe limitata a pochi titoli, che rimarrebbero cristallizzati nel suo portafoglio.

Nello stesso periodo di tempo il capitale versato dell’Istituto da 40 milioni venne portato a 59.4 in occasione dell’assorbimento già accennato dei due Istituti milanesi, e colla emissione di 25,000 azioni. Notiamo di passaggio che tale operazione di aumento del capitale e di collocamento delle azioni fu com­ piuta con molla prudenza e con pieno successo, malgrado tutte le difficoltà che presentava anche allora il mercato. — La vendita delle nuove azioni portò pertanto circa 19 milioni di capitale disponibile. E la situazione ci mostra ancora che i con'i cor­ renti fruttiferi presso 1’ Istituto crebbero da 18 j a 38 milioni, il che ,se in parte è dovuto alla ab- j bondanza del capitale disponibile, che non si allenta ancora di impiegarsi nelle imprese industriali e di

credito, è però prova che il Mobiliare ha ispirata crescente fiducia.alla sua clientela.

Per questi tre titoli adunque — mobilizzazione del portafoglio, aumento del capitale ed aumento dei depositi, il Mobiliare ebbe disponibile la cospicua somma di quasi 60 milioni.

Il bilancio ci dice in qual modo sono stati im­ piegati. E troviamo : conti correnti d i B a n ca , cioè le sovvenzioni che per qualunque titoli il Mobiliare fa ad altri Istituti saliti da 59 a 72 milioni; un aumento cioè di 13 milioni; tale aumento deve es­ sere in gran parte dovuto agli impegni che le due società milanesi assorbite avevano verso la loro clientela. — Ad ogni modo si aveva già I’ anno decorso la assicurazione che tutte quelle sovven­ zioni avevano speciali e solide garanzie, or vi è da credere che tali garanzie sieno piuttosto aumentate che scemate.

I riporti aitivi sono passati da 7 milioni a 34 con un aumento quindi di 27 milioni e specie nei mo­ menti presenti per un Istituto come il Mobiliare I’ operazione del riporto è certamente più prudente che quella del definitivo impiego.

Infine troviamo diminuite da 63 a 56 milioni i conti correnti di Banca, cioè le sovvenzioni accet­ tate o chieste da altri stabilimenti e da 47 a 32 mi­ lioni, cioè ben 15 milioni i riporti passivi.

Ecco pertanto che nell’aumento dei riporti attivi e dei conti correnti attivi di Banca, e nella dimi­ nuzione dei riporti passivi e dei conti correnti pas­ sivi di Banca, sono impiegati i 60 milioni di capi­ tale disponibile, a cui avevamo sopra accennato.

È adunque una mutazione di indirizzo non sola­ mente promessa ma in parte anche mantenuta, quella che denotano queste cifre e noi facciamo l’augurio, che non solamente il comm. Frascara ed il Consiglio continuino su questa via, ma anche che sappiano e possano sollecitamente raggiungere in modo com­ pleto la meta.

Come risultato dell’esercizio durante il 1892, tro­ viamo le seguenti cifre:

Spese di amministrazione e tasse

compreso l’ammortamento . L. 1,485,532.77 Interessi passivi dei conti correnti » 941,767.41

Totale delle spese L. Di fronte a questa spesa sono

conseguili utili e profitti: Per interessi sui titoli di proprietà L. Per sconti e provvigioni . . . » Utili diversi... ... »

2,427," 00.18

3,062,513.41 1,362,016.06 1,151,917.67 Totale degli utili L. 5,576,147.14 Conseguentemente detraendo le

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Oltre a ciò l’Istituto ha :

una riserva d i ...L. 210,859.79 ed un fondo per perdile eventuali » 1,828,921.59 Totale . . . L. 2,059,781.58 Nel bilancio 1892 la riserva era

d i ...L. 205,722.29 ed il fondo per perdite eventuali di » 1,558,479.45

in totale . . . L. 1,761,202.74 L’aumento quindi a favore del 1892 è di L. 275,5711.(14. Il processo di epurazione è adunque da questo lato importante; di cinque milioni e mezzo di benefizi, tre circa furono distribuiti per interessi, il rima­ nente è impiegato a vero e proprio ammortamento. Un altro passo, e terminata come vi è luogo da credere la corrente dei ribassi, si potrà veder rico­ stituito il fondo di maggior valore dei titoli.

Esaminato così succintamente il bilancio del quale gli azionisti possono essere abbastanza soddisfatti, perchè è prova di savio indirizzo e promessa di mi­ gliore avvenire, ci resta da esaminare il secondo punto, quello dell’ azione del Mobiliare sul mercato e sulle più importanti vicende di esso. Ma di questo punto che è argomento delicatissimo, ed intorno al quale è necessario parlare con tutta franchezza, an­ che per vagliare giudizi che crediamo precipitati od unilaterali, tratteremo in un prossimo articolo.

Intanto prendiamo atto che il bilancio del 1892 è migliore del 1891, come questo era migliore di quello del 1890.

U H M E S T A SULLE COIDIZIONI DEL LAVORO

Alcuni anni or sono il Congresso degli Stati Uniti d’America ordinò, con uno scopo a un tempo poli­ tico e scientifico, una inchiesta generale sul costo di produzione delle merci importate nella Unione, Questa inchiesta è stata compiuta dal sig. E. R. L. Gould assieme ad alcuni collaboratori e i risultati di essa sono stati riassunti in una relazione, che presenta molto interesse ed è ora esaminata in vari paesi, tra gli altri in Francia, in Inghilterra e agli Stali Uniti. Una parte della detta relazione, e pre­ cisamente quella che si riferisce ai salari, alla in­ fluenza che essi esercitano sul costo di produzione e alla condizione morale e materiale degli operai, è stata letta recentemente davanti all’Accademia delle scienze morali e politiche di Parigi dal signor Léon Say e di essa J. Chailley-Bert ha dato un sunto nei Débats, dal quale sarà utile di estrarre alcune notizie.

L ’inchiesta si occupò di quattro industrie; quella del carbone, della ghisa, del ferro e dell’ acciaio e non è stata compiuta che per cinque paesi: gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Francia, la Germania e il Belgio. Per il carbone anzi non è stata fatta che in quattro paesi, cioè esclusa la Francia. Per ciò parleremo piuttosto dell' inchiesta sull’ industria del ferro. Il signor Gould inoltre ha studiato principalmente ciò eli’ egli considera come 1’ unità sociale, la famiglia

operaia ; egli ha raccolto su ciascuna delle fami­ glie considerale dei documenti relativi: 1° al nu­ mero dei membri che la compongono, 2° alla loro abitazione, 5° alle loro risorse, 4° all’ uso che ne fa ino.

È agli Stati Uniti e in Inghilterra che la fami­ glia operaia media è meco numerosa e in Germania che lo è maggiormente; essa conterebbe 6 membri in Germania, 5,5 nel Belgio, 5,5 in Francia e 4,8 in Inghilterra e agli Stati Uniti.

Meno numerosa di quella degli altri paesi la fa­ miglia americana guadagna tuttavia di più. Il salario annuale d’uua famiglia ammonta a 5920 franchi agii Stati Uniti, a 259Ò in Inghilterra, a 2525 in Fran­ cia, a 1796 nel Belgio, a 1411 in Germania. In tutti questi paesi i guadagni provengono da due fonti : dal lavoro del marito e dal lavoro degli altri componenti la famiglia. È agli Stati Uniti che il lavoro del marito fornisce il più forte contingente, mentre nel Belgio è il più debole. Sulle cifre totali sopracitate il lavoro del marito fornisce agli Stati Uniti 5492, in Inghilterra 2194, in Francia 1658, nel Belgio 1067, in Germania 1219 franchi.

Dopo il bilancio delle entrate vediamo quello delle spese.

L’americano consacra 556 franchi, ossia il 16 per cento alla pigione di casa, 1406 franchi, ossia il 41.9 per cento al nutrimento, 619 fr. pari al 18.4 per cento al vestiario, 25 fr. pari a 5.7 per cento al­ l’alcool, 65 fr. 85, ossia il 2 per cento al tabacco, 41 fr. 25 = 1.2 per cento ai libri e giornali e inoltre 1182 fr. ad altre spese. L’ Inglese consuma 266 fr. = 11.1 per cento alla pigione, 1150 fr. = 47 per cento al nutrimento, 478 fr. = 15.8 per cento al vestiario, 155 fr. 45 = 4.4 all’alcool, 65 fr. 25 = 2.6 per cento al tabacco, 29 fr. 20 — 1.2 per cento ai libri e giornali e inoltre 809.90 ad altre spese.

Per il francese si ha: fitto di casa 154 fr. = 7.7 per cento, nutrimento 979 fr. = 48.8 per cento, vestiario 445 fr. = 22.2 per cento, alcool 255 fr. 65 = 4.7 percento, tabacco 26.50 = 1.5 percento libri e giornali 14.75 = 0.7 per cento, inoltre 596.65 fr. di spese diverse. Per il belga si ha 171 fr. = 9.7 per cento pel fitto, 825 fr. = 46.7 per cento per l’alimentazione 417 fr. = 25.6 per cento pel vestiario, 92 fr. = 5.2 per cento per l’alcool, 28 fr. = 1.6 per cento pel tabacco 16 fr. = 1 per cento per libri e giornali e inoltre 652.75 fr. di spese diverse. Finalmente pel tedesco 88 fr. = 6.2 per cento pel fitto di casa, 757 fr. = 51.2 per cento pel nutri­ mento, 274 fr. = 19.8 per cento pel vestiario, 74 fr. = 5.1 all’alcool, 20 fr. 25 = 1.4 per cento pel tabacco, 12 fr. 20 = 0.8 per cento per libri e giornali e inoltre 507.50 dt altre spese.

Aggiungasi che sopra 625 famiglie americane con­ siderate 112 sono proprietarie della loro casa men­ tre su 114 famiglie inglesi e 40 francesi, nessuna è proprietaria e su 75 famiglie belghe 5 e sopra 22 famiglie tedesche 1 soltanto hanno casa propria. Inoltre la famiglia americana dispone di 6 camere, l’inglese di 4.2, la francese di 4, la belga di 5.5, la tedesca di 1.9. Ancora può notarsi che la fami­ glia americana economizza 565 fr. 14.5 per cento, l’inglese 196 = 7.6 la francese 5 1 8 = 15.7, la belga 29 =» 16 per cento; per la Germania le famiglie considerate non hanno risparmi.

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operai *) e il confronto non è lusinghiero per l’Euro­ pa. Ma conviene avvertire anche che l’ industria del ferro è una di quelle in cui i contrasti tra l’ Europa e l’America sono più spiccati e la superiorità degli Stati Uniti per ciò che esaminiamo ora, la meglio accertata.

Questa conclusione riguardante la superiorità del­ l’operaio americano in confronto a quello europeo (conclusione naturalmente comprovata con un nu­ mero di fatti ben maggiore di quelli qui riferiti) viene dal Gould considerata da due punti di vista. Egli si domanda, anzitutto, da che dipende quella superiorità forse dalla razza o dal clima, o dal paese o dalle sue risorse? Si domanda inoltre in che esatta­ mente consiste la superiorità dell’operaio degli Stati Uniti, quali elementi vi entrano, elementi materiali ed elementi morali, cercando così di scoprire la via, nella quale si deve non soltanto agli Stati Uniti ma nel mondo intero cercare d’orientare l’operaio.

Ambedue quest’ordini di considerazioni ci interes­ sano. Vediamo anzitutto ciò eh’ egli dice dal punto di vista americano. L’ Europa, dice il Gould, la quale ha operai di condizione così inferiore ai no­ stri invia agli Stati Uniti delle migliaia di emigranti dogni nazionalità; che cosa diventano questi immi­ granti e che diventa la superiorità che avevano su essi gli Americani? A questa domanda, così catego­ ricamente formulata, egli risponde che i fatti raccolti portano un grave colpo allo chauvinisme americano. L’operaio medio di origine americano nelle industrie considerate guadagna meno dell’inglese e del tede­ sco. Quest’ ultimo, capo di famiglia, trapiantato in America apporta al guadagno totale della famiglia ùn contingente più considerevole di quello dell’ ameri­ cano indigeno. Presso l’ americano il totale dei gua­ dagni della famiglia è minore, l’abitazione offre un po’ meno di comodità e la media della spesa per testa pel nutrimento e il vestito è minore che presso il tedesco e [’ inglese, che lavora agli Stati Uniti. In altri termini sotto tutti i rapporti più importanti, eccetto quello del consumo delle bevande spiritose, questi ultimi sembrano vivere in una condizione migliore.

Il Gould dà con cifre un’ idea del progresso dei tedeschi e dei francesi, che lavorano in America. Il francese, ad esempio, a differenza dell’inglese e del tedesco resta al disotto dell’americano indigeno, ma non di molto. Il guadagno del marito si accresce della metà confrontato alla cifra dei salari in Francia, quello di tutta la famiglia di circa un terzo. Quanto ai padri, che domandano pel bilancio della famiglia un contributo ai figli non se ne conta la metà come m trancia. Abitazioni di una classe superiore, mi­ gliore alimentazione, condizione intellettuale miglio­ rata, sobrietà maggiore, ecco i resultati palesi.

Quando si conoscono questi fatti, quando si sa ebe I operaio tedesco, così miserabile e anche tal­ volta così inferiore in Europa, si eleva in America

) Su questo importante argomento possono aversi molti dati da alcuno recenti pubblicazioni, quali ad esempio : Cheysson e Toqué, Les budgets comparés des cent monographies de familles; Rome, Botta, 1890;

;/■ ampke, Das Àusgabebudget der Privatwirtscha-

tten,_ Jena 1888 ; I. Grueer, Das Haushaltung der arbeitenden Klassen, Jena 1887, le pubblicazioni del jSoard, o f Trade. (Inghilterra), specie le 34 monografie ai tanaglie operaie pubblicate nel 1889, ec. ec.,

al primo rango, si modifica naturalmente la posi­ zione della prima delle due domande sopra formu­ late e non si chiede più : da che dipende la supe­ riorità dell’ operaio americano, ma da che dipende la superiorità dell’operaio in America ?

Il Gould lascia comprendere che la superiorità dell’ operaio d’America è a un tempo materiale e morale. Riguardo alla prima va notato ch’egli gua­ dagna di più, consacra una somma maggiore al fitto, a! vestiario, al nutrimento. E per effetto del basso prezzo delle derrate anche a eguale spesa egli consumerebbe maggiormente. Dal fato morale non soltanto la famiglia americana ha entrate più con­ siderevoli, ma da una parte se le procura con mezzi migliori e dall’ altra ne fa un uso più proficuo. Il Gould insiste su ciò, per lui l’ideale è die la fami­ glia possa vivere coi guadagni del solo suo capo. Ora è agli Stati Uniti soltanto e nelle industrie del ferro e dell’ acciaio che l’operaio ammogliato è in grado, senza ricevere alcun soccorso estraneo, di mantenere la propria famiglia e in quei due casi il margine è così ristretto, che non vi è da far le meraviglie se la cosa è possibile. In Europa in nessuna indu­ stria il capo di famiglia può far senza del concorso degli altri membri di essa. Però questo concorso gli è dato più che spontaneamente e per tal modo ìa vita in comune permette alla famiglia — unità sociale — di vivere quasi così bene, non ostante i minori guadagni del capo, come la famiglia ameri- ricana coi guadagni considerevoli del marito.

Si è detto anche che il capo di famiglia ameri­ cano fa un uso migliore del suo salario, e lo si è ve­ duto analizzando il bilancio delle famiglie. L ’ameri­ cano ci tiene ad avere un home, rimane volentieri in casa, perchè essa è talvolta sua e spesso è di suo gusto. Spendendo di più per l’alloggio e I’ alimen­ tazione consuma meno per le bevande spiritose. E si è visto più sopra che mentre I’ americano spen­ deva in bevande spiritose 125 franchi, l’ inglese ne consumava 155, il francese 253, il belga 92, il tedesco 73. Ho notato dice, il Gould, nel corso delle mie ricerche personali che esisteva una relazione curiosa tra il fitto di casa e la spesa delle bevande spiritose. Le condizioni economiche necessarie per reprimere il desiderio di bere sono raggiunte quasi in 'ar.abilmente nelle case degli operai che sono ben regolate.

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« Non bisogna, egli dice, separare mai la que­ stione del salario da quella del risparmio e dalle esigenze della vita. Là dove i guadagni economiei sono tenui, il risparmio attesta un livello relativa­ mente basso di esistenza. Un popolo parsimonioso non è mai progressivo, nè, in tesi generale, industrial­ mente attivo. È l’uomo che ha molti bisogni, che lavora energicamente per soddisfare le sue aspira­ zioni ». E il Gould aggiunge che è quello l’operaio che si ha interesse ad impiegare; consacra anz una lunga trattazione per stabilire che l’operaio meglio pagato lavora più e meglio e che un più forte sa­ lario non corrisponde necessariamente a un costo di produzione più alto.

Indubitabilmente — dice egli terminando, e vai la pena di riferire questo passo d’una inchiesta or­ dinata da un governo protezionista — indubitabil­ mente i salari quotidiani più alti in America non significano pel produttore un aumento corrispondente della mano d’opera. Ma perchè ciò avviene? La vera spiegazione è, io credo, che la forza fisica maggiore risulta da una migliore alimentazione e combinata con una intelligenza e una abilità superiore dà al lavoro dell’operaio degli Stati Uniti una maggiore efficacia. La sua risoluzione di mantenere la pro­ pria esistenza al livel'o più alto lo induce a fare maggiori sforzi, il che torna a vantaggio di colui che lo impiega. Noi non possiamo attribuire il prin­ cipale merito della superiorità dei salari uè agli imprenditori, nè alle tariffe doganali, nè ad alcuna altra causa se non all’operaio medesimo, che non può lavorare per un salario minore di quello, che gli permette di vivere a un livello sociale elevato.

Il fatto eh’ egli può seguire questo metodo e rea­ lizzarlo con così pochi inconvenienti, per colui che lo impiega (per ciò die riguarda la concorrenza economica) contiene in sè un insegnamento della maggior importanza. Invece di un regime alla Ri­ cardo, in cui i salari diventano appena sufficienti per permettere al lavoratore di sostentarsi e alla specie di riprodursi, sembra che tra poco si dovrebbe giungere a un regime, in cui la supremazia indu­ striale del mondo passerà a coloro che guadagnano di più e vivono meglio.

E per ora, con questa conclusione di uno studio che merita d’essere studiato e discusso, poniamo termine alla rapida analisi che ne abbiamo fatto; ma non ci mancherà in seguito l’ occasione di rie­ saminare l’ inchiesta del sig. Gould.

LA CONFERENZA MONETARIA

il.

Nell’ ultimo numero dopo avere brevemente ac­ cennato alle vicende principali della Conferenza mo­ netaria di llruxelles, le quali in fondo si aggiravano tutte sulla proposta Rothschild, e terminando no­ tavamo che la Conferenza di Bruxelles non aveva poi trattata in nessun modo una questione monetaria come lesi generale, onde veniva naturale il quesito se tale questione esistesse ed in caso affermativo quale fosse.

E prima di tutto conviene fare una prima distin­ zione : la questione monetaria dal lato degli interes­

sati speciali e la questione monetaria dal lato degli interessi generali.

Per il primo punto gli interessi speciali che tal-, volta prendono il nome di questione monetaria sono di due categorie : — i produttori di argento da una parte; i grossi possessori d'argento dall’ altra. Gli uni e gli altri nolano la diminuzione del prezzo del metallo bianco, e, o perchè veggono esaurirsi o di­ minuirsi una fonte di lucro, o perchè veggono sce­ mare la consistenza patrimoniale, confondono questi particolari ed occasionali interessi con quelli gene­ rali ; e vorrebbero almeno che gli interessi loro particolari fossero, perchè considerevoli e degni di attenzione, considerati come interessi universali.

Occorre appena avvertire che nè gli interessi dei produttori, nè quelli dei maggiori possessori di ar­ gento anche se questi possessori fossero degli Stati, possono costituire la questione monetaria in un senso giusto della parola. I produttori di argento degli Stati Uniti di America o del Messico veggono dimi­ nuire il prezzo del loro prodotto, ma il fatto che questo prodotto serve anche di moneta, non può e non deve essere sufficiente per dare alla perdita un carattere di questione internazionale e peggio universale. An­ che i produttori di ferro, di rame, di zinco ecc., hanno visto la rispettiva loro merce deprezzare in proporzioni talvolta molto gravi, e tuttavia a nessuno venne in mente di fare del ribasso una questione internazionale, nò vennero convocate conferenze allo scopo di provvedere al danno che i produttori di quelle merci potevano risentire. Perchè i produttori di argento dovrebbero essere trattati ad una stregua diversa ed ottenere una protezione che nessuno si sogna di invocare a favore di altri produttori ?

D’altra parte, è proprio vero che il ribasso del valore dell’argento produce la rovina delle miniere d’ argento, o non è piuttosto che la prosperità delle miniere d’argento è causa principale del ribasso di prezzo di quel metallo inquanto provoca un au­ mento di produzione ?

Non possiamo qui entrare in una questione tecnica, la quale ci porterebbe troppo lontano dallo scopo nostro e dimanderebbe l’esame accurato di elementi che non si pnssedono completi, ma limitandoci a notare i semplici effetti economici, non si può a meno di osservare che se la produzione dell’argento è aumen­ tata, malgrado che il prezzo diminuisse di oltre il 30 per cento, ciò vuol dire che è rimasto sempre un margine sufficiente alla rimunerazione del capitale impiegato nelle miniere. E se sono vere, come non vi è motivo da dubitare, le notizie che si sono pur raccolte, che cioè le miniere ancora oggi danno profitti rilevantissimi del 20, del 30, e perfino del 50 per cento al capitale impiegato, vi è motivo per chiedere che prima di ascoltare la voce degli Stati produttori, i quali si sono fatti difensori degli in­ teressi dei proprietari delle miniere, si ricerchi con cura e con imparzialità se sia vero l’ accu­ sato disagio della produzione. Fino a prova con­ traria noi abbiamo ragione di credere che, non solo per ora il capitale impiegalo nelle miniere d’argento ritragga una larga rimunerazione, ma che vi sia ancora molto margine prima che si possa parlare di perdita.

(7)

produttori potessero provare una effettiva perditi — si elimina da sè anche uno dei postulati dai quali, pare a noi, è partita la Conferenza di Bruxelles, e e si conclude che la condizione d ei p ro d u ttori non può costituire e non costituisce in nessun modo la questione m onetaria.

Rimane però I’ altro punto da esaminarsi quello dei possessori ili notevoli masse di metallo bianco.

Gli Stati a sistema monometallico d’argento, que'li a sistema bimetallico debbono vedere senza dubbio con una certa apprensione la diminuzione del prezzo dell’argento, la quale diminuzione, oltre alle pertur­ bazioni monetarie, produceva un difalco nel patri­ monio dello Stato. Consideriamo soltanto la lega latina, che accusa oltre due miliardi e mezzo di ar­ gento in circolazione e si Ita già una perdita di quasi 730 milioni I

Però anche per queste perdile, che da un mo­ mento all’altro possono esigere la realizzazione, giac­ ché oggi non sono che in potenzialità, anche per queste perdite, domandandoci se esse costituiscono veramente una questione monetaria, dobbiamo ri­ spondere negativamente. È bea vero che i diversi Stati i quali nei loro sistemi monetari fanno uso dell’ argento con potenza liberatoria, se volessero mettersi in regola dovrebbero riconiare le monete di argento per avvicinarne il peso al valore, ma la perdita che conseguirebbero è veramente tale da differenziarsi da tante altre perdite che gli Stati su­ biscono per servizi anche meno utili di quelli che offrono le monete ?

Vediamo mutare per le vicende della tecnica e della meccanica ad ogni momento i fucili e spen­ dere nelle mutazioni centinaia di milioni; — gli ap­ provvigionamenti della nuova polvere senza fumo hanno domandato diecine di milioni ; i navigli si rinnovano periodicamente con una spesa notevolis­ sima; se lo Stato esercita qualche monopolio, i mac­ chinari e gli strumenti si rinnovano come la cosa più naturale del mondo.... perchè il servizio mone­ tario non deve domandare una spesa periodica di rinnovamento? — Perchè non dobbiamo ascrivere ad imprevidenza degli Stati, i quali avendo adottato il monometallismo d’argento ed il bimetallismo a rap­ porto fisso — mentre tutto faceva comprendere che gli scambi internazionali sempre più si determina­ rono sulla base dell’ oro — non hanno costituite delle riserve per le perdite eventuali, a cui il si­ stema monetario li avrebbe esposti?

Noi non sappiamo in verità comprendere perchè si possa escludere a p r io r i la spesa necessaria alla riconiazione delle monete d’ argento, mentre co.-i facilmente si votano centinaia di milioni per la rin­ novazione degli armamenti. Sappiamo benissimo che le due cose hanno indole diversa; ma se il mondo politico ha le sue esigenze di difesa, non ne deve avere anche il mondo economico? Perchè tutto ad un concetto, sia pure nobilissimo, e nulla all’altro?

Egli è, crediamo, che i governanti, esperti nella politica, nelle questioni diplomatiche, nelle compli­ cazioni guerresche non hanno ancora posto mente abbastanza alle questioni economiche che richiamano è vero la loro attenzione per gli effetti che portano, ma che essi don sono sufficientemente preparati per comprendere e per risolvere. Nasce da ciò che si fraintendono le cose e si originano le meno serie di­ scussioni. Che cosa si direbbe di un uomo di Stato, il quale, per risparmiare una grossa spesa, propo­

nesse una Conferenza militare, nella quale ciascuno Stato si obbligasse a non perfezionare le armi guer­ resche? — Ebbene la conferenza monetaria di Brus- selles sembra avesse un propòsito egualmente poco serio ; produttori e possessori di argento — che è una delle armi economiche nella lotta degli scambi — pretenderebbero che si procedesse ad impedire il ribasso del metallo, chiamando a contribuzione anche gli Stati che o non ne producono o non ne sono possessori in misura considerevole. L’ accordo su queste basi è impossibile, a meno che non si di­ mostri effettivamente phe esiste una questione mo­ netaria di indole e carattere diverso dagli interessi dei produttori e possessori d'argento.

Esiste tale questione? Picco un punto che for­ merà oggetto ili qualche studio.

LE FOSSE, LE T E IIE E L'EVOLUZIONE »E l S A L U T O ’ >

IV.

Le cagioni che condussero fin dal secolo XVII alla costituzione delle grandi intraprese industriali, che presero la denominazione di fabbriche, non sono nello slato odierno delle ricerche specificatamente e pienamente palesi. Certo la fabbrica è in gene­ rale la conseguenza di un concorso di condizioni che rendevano inadeguata ai bisogni nuovi la struttura industriale allora prevalente ; è la forma nuova di in­ dustria a cui si ricorse per sfuggire agli inconvenienti e ai danni che l’industria a domicilio presentava.

Come le corporazioni di mestieri divennero incom­ patibili con le condizioni economiche e tecniche del­ l’industria - e lo si è veduto nel precedente articolo - cosi la manifattura, intesa quale industria a domicilio, pur essendo un progresso sulla forma precedente, ha i suoi loti oscuri. « Essa presentava — scrive lo Stieda — l’inconveniente di una limitatissima vigi­ lanza sui lavoranti in casa, che perciò, abbando­ nali a sè medesimi, cadevano in disonestà e non ave­ vano alcuna puntualità nella consegna delle merci loro ordinate. Inoltre essa difficoltava la introdu­ zione e la diffusione dei progressi tecnici » f). Non deve credersi però che la fabbrica quale agglome­

razione di lavoratori impiegati nella trasformazione di una data materia, nella preparazione di una data merce, si manifesii soltanto nel secolo XVII o in quello precedente. Già nell’antichità si trovano isti­

tuzioni industriali che impiegano un numero rela­ tivamente considerevole di lavoratori (schiavi), e nelle letterature classiche non è difficile di trovare accenni più o meno precisi di colali stabilimenti ; ma la fabbrica, nel concetto moderno di essa, ossia la grande impresa, è contemporanea o quasi alle prime e più importanti scoperte meccaniche e in generale tecniche, che tanto impulso diedero alla produzione, specie a quella non agricola. Se le fa­ mose scoperte di Arkwright, di Hargreaves, di Crompton, di Kelly, di Watt, di Cartwright, eco., furono un impulso efficacissimo a determinare il

pas-') Vedi ¡1 numero 973 doll’Economista.

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saggio dai sistema della manifattura, con la coorte indispensabile dei committenti-intermediari tra il produttore e il consumatore, in una parola dalla industria a domicilio alla fabbrica, non meno deci­ siva rispetto a quella evoluzione è stata la tra­ sformazione nelle relazioni di scambio, nella esten­ sione del mercato. Questo dapprima assolutamente circoscritto alla località, che era anche il più spesso di non grande importanza, si allarga a poco a poco il mercato regionale sostituisce quello locale, ed è alla sua volta assorbito dal mercato nazio­ nale, sviluppandosi così parallelamente la concor­ renza. Quando per i monopoli naturali o artificiali che un paese aveva, per lo incremento della po­ polazione, per la divisione territoriale del lavoro spinta più innanzi, le relazioni commerciali si estesero, il mercato internazionale divenne una realtà e la concorrenza ebbe campo di esercitarsi anche tra paese e paese, la piccola produzione sul sistema delle manifatture non poteva resistere alla gara interna­ zionale e I’ accentramento degli operai in grandi stabilimenti, l’impiego di capitali sotto forme varie, divennero le condizioni essenziali della nuova forma d’ industria. Dapprincipio cotale accentramento trovo opposizione vivace nelle corporazioni dei mestieri, ma poi la necessità di sorvegliare, di dirigere or­ dinatamente e simultaneamente il lavoro di numerosi operai si impose e i divieti, che qualche principe aveva stabilito di riunire al lavoro oltre un certo numero di persone, caddero in dissuetudine.

Così, osserva il Biicher, se il capitale organizzando 1’ industria a domicilio non si è accaparrato che la vendita dei prodotti, organizzando la fabbrica si mise alla direzione di tutta la produzione. Con la prima di queste due forme di industrie I’ intraprenditore per raggiungere Io scopo non ha che da far lavo­ rare un certo numero di operai isolati, precisare il compito loro, il carattere che devono avere i loro prodotti e riunire le merci così ottenute in un grande deposito. Ma con la fabbrica l’ intraprendi­ tore organizza tutto il procedimento della produzione, riunisce gli operài secondo un piano prestabilito e ne fà un corpo costituito, eh’ egli sottomette a una rigorosa disciplina ; li raccoglie nei propri locali, li provvede dei vari mezzi di produzioni meccanici e si sforza di accrescere quanto più è possibile la loro capacità di lavoro. La fabbrica si distingue pertanto dall’ industria a domicilio, come l’ esercito regolare si distingue dalla leva in massa.

E il segreto della sua forza consiste nel trovare il modo più efficace di impiego del lavoro. Per rag­ giungere questo fine segue una via che a prima vista pare contraddittoria al suo stesso scopo. Decom­ pone cioè nei suoi elementi più semplici, il lavoro necessario per la produzione, separa i lavori penosi da quelli facili, quelli che si fanno meccanicamente dagli altri, che suppongono una certa dose di intel­ ligenza, i lavori speciali da quelli che non esigono una vera istruzione. Con ciò giunge a organizzare un sistema di funzioni, che permette di occupare successivamente le forze umane più disparate ; gli operai che hanno appreso un mestiere e quelli che non hanno una capacità particolare, gli uomini adulti come le donne e i fanciulli, gli operai il cui lavoro è principalmente muscolare e quelli che lavorano col cervello: i tecnici, gli artisti, i mercanti. Il fatto di po­ ter ridurre l’attività di ciascun individuo a una parte minima dei processi della fabbricazione opera un

aumento straordinario della produzione. Cento operai riuniti nella fabbrica eseguiscono in totale un lavoro superiore a quello di cento uomini di mestiere che lavorano isolati, quantunque questi ultimi conoscano tutti i procedimenti tecnici relativi a quella produ­ zione e i primi soltanto una piccola parte.

All’opposto della industria a domicilio elle occupa forze individuali e simili tra loro, la fabbrica è fon­ data sull’ impiego di forze tecniche differenti, tutte disciplinate in vista di uno scopo ben determinato; la produzione di date merci. L’ intraprenditore si occupa così non solo delle funzioni attinenti allo spaccio del prodotto, ma anche, e a poco a poco prin­ cipalmente, di quelle relative alla trasformazione delle materie, alla preparazione dei prodotti.

Le nuove macchine hanno favorito questa trasfor­ mazione industriale, permettendo di applicare nella misura più larga la divisione tecnica del lavoro. La scissione ch’esse cagionarono nel lavoro, col sepa­ rare quello più istruito dall’altro che non lo è af­ fatto o pochissimo, il frazionamento, la decomposi­ zione del processo tecnico che esse agevolarono, le forze che misero a disposizione della industria, tutto ciò non poteva non avere effetti molteplici sociali, tecnici ed economici. Certo, quando si parla delle macchine quali coefficienti di una fase evolutiva dell’industria, bisogna restringere la considerazione a quelle a va­ pore, che hanno permesso le lunghe giornate di la­ voro e talvolta stimolato ad aumenti della durata del lavoro punto consentanei con il benessere degli operai ed hanno dato una importanza sempre cre­ scente al capitale tecnico.

Infatti dall’impiego delle macchine e dalla divi­ sione del lavoro derivano le altre particolarità ine­ renti alla fabbrica e cioè la necessità della grande impresa, l’impiego di capitali considerevoli ed entro certi limiti la dipendenza economica, se non asso­ luta relativa degli operai. Sulle quali caratteristiche è ora sufficiente di notare che soltanto un impianto industriale su grande scala con mezzi potenti di produ­ zione poteva e può permettere l’economia nelle spese e la riduzione dei prezzi al minimum così da ren­ dere sempre più esteso e sicuro lo spaccio e pos­ sibile la lotta della concorrenza. Ma si può anche os­ servare riguardo a quelle caratteristiche che vi è una notevole differenza tra la fabbrica e l’ industria a domicilio; nella prima il capitale assicura ed esige la continuità dell’esercizio industriale, perchè diver­ samente il fabbricante subisce la perdita dell’ inte­ resse del capitale investito; nella seconda l’ intra­ prenditore può sospendere il lavoro dei suoi operai, senza incorrere in alcuna perdita di capitale, in- quantochè egli non dà che commissioni e acquista i prodotti compiuti dall’operaio. Si può quindi pre­ vedere, secondo il Biicher, che l’industria a domicilio, che si occupa di articoli assai disparati e la cui domanda è soggetta a frequenti mutazioni, potrà sussistere ancora a lungo accanto alla fabbrica. ■

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assai ristretti e la contrattazione si era riferita tal­ volta alla locazione del lavoro, talvolta alla vendita dei suoi prodotti, l’ operaio essendosi assunto i ri­ schi della produzione. Ma dall’ avvento della fab­ brica e della grande impresa il suo prezzo è stato sempre più determinato dalle circostanze della do­ manda ed offerta sopra una grande area — una città, un paese, o il mondo intero *).

E di questa determinazione del prezzo del lavoro, che dovremo occuparci in seguito ; qui basterà ram­ mentare che precisamente intorno alle conseguenze molteplici, di cui è stato fecondo il sistema della fabbrica, vertono le più importanti controversie tra i campioni delle varie scuole economiche e il pessi­ mismo e l’ ottimismo economico si contendono il campo. Nè trattasi soltanto di dispute teoriche, ma anche di lotta sul terreno pratico per ottenere una più alta retribuzione o per resistere a una minac­ ciata diminuzione; poiché non piccola parte della questione operaia sta appunto nel conflitto che si agita per la remunerazione del lavoro.

Ed ora se vogliamo riassumere i caratteri delle cin­ que forme di industria analizzate, possiamo dire col­ l’acuto indagatore di esse più volte citato, che l’ indu­ stria del focolare trasforma la materia per l’uso proprio della famiglia, nel sistema del lavoro locato il lavoro è eseguito per conto del cliente ; col mestiere la ven­ dila del prodotto è fatta direttamente al consuma­ tore, Tindustria a domicilio e la fabbrica producono le merci, la prima con un sistema di produzione decentrata, la seconda centralizzata. E siccome nes­ sun fenomeno economico può rimanere isolato, cia­ scuno di quei modi di esercizio industriale non è che una tappa della grande evoluzione economica e sociale. L’ industria del focolare opera la trasformazione della materia per l’economia autonoma della casa, il la­ voro locato è l’anello intermedio tra l’economia della casa e quella della città, al fiorire del mestiere corrisponde il periodo del maggior svolgimento delle città ancora autonome, T industria a domicilio pre­ para la transazione tra l’economia municipale e quella nazionale e la fabbrica finalmente è la forma di industria dei popoli maturi, che hanno per obietto la conquista dei mercati del mondo.

Non devesi credere però che ciascuna forma di industria abbia soppiantato quella precedente, così che oggidì l’ultima soltanto, cioè la fabbrica, sia la forma praticata nelle industrie. L’ osservazione più superficiale della vita economica dei popoli, dimostra che ciò non è. Come i nuovi mezzi di trasporto, fa osservare giustamente il Biicher, non hanno affatto reso inutile e sostituito in tutto gli antichi, ma questi, sia pure in misura e in condizioni differenti, sussi­ stono sempre, così è avvenuto delle forme che ha assunto successivamente l’esercizio industriale.

Ed "égli nota chela produzione industriale riceve costantemente da due parti nuovi rinforzi : 1° da una parte, staccando sempre dall’antica economia do­ mestica e agricola qualche nuovo ramo, che diven­ gono industrie indipendenti ; 2° dall’altra, arricchen­ dosi col perfezionamento e il costante aumento dei beni, che servono a soddisfare i nostri bisogni.

Perciò presso tutti i popoli industriali d’ Europa che ebbero nel corso dei secoli uno dopo I’ altro

, ) Marshall, Principles o f Economics p. 41 (1* ediz.) London 1890.

quei vari sistemi, possiamo trovare ancora notevoli applicazioni dell’industria casalinga, del lavoro locato e del mestiere accanto alle forme moderne delle grandi imprese ').

E la conclusione ultima, alla quale si può perve­ nire è che non si è perduto nessuno degli elementi, che hanno concorso a civilizzare i popoli, _ ma tutti anche se sono inadeguati allo scopo principale che occorre raggiungere, continuano a contribuire in qualche misura al suo conseguimento.

Rivista Bibliografica

Dr. Guido Cavaglieri. — Il diritto di tutti g li uomini all’effettivo godimento della terra. - A proposito di alcuni avanzi di proprietà collettiva nel Pole­ sine. - Osservazioni d’ordine economico. — V en e­ zia, Tip. F.lii Visentini 1893, pag. 158.

Questo volume di studi, che diremo pratici, sulla grande questione della proprietà del suolo, si pre senta utile a chi si interessa alla questione, più per­ chè presenta nella loro verità i piccoli poderi a si­ stema collettivo di famiglia, che esistono ancora per­ duti tra i latifondi del Polesine, che per la novità delle dottrine. L’A. ha premesso all’ illustrazione di quei piccoli poderi da lui osservati, retti secondo un sistema di proprietà collettiva, un rapido abbozzo, per mostrare dove ne sia, a proposito della pro­ prietà del suolo, l’economia della cattedra, e quali opinioni prevalgano nella teoria, intorno al sistema d’appoderamento più conforme ai bisogni dell’ indi­ viduo e della società.

Codesta parte teorica è condotta con sufficiente maestria e con lodevole conoscenza d’ autori ; però risente un po’ troppo della fretta, con cui fu com­ pilata, ed è più farraginosa che sistematica. Certo che l’A. stesso, nelle poche parole di prefazione, ci avverte di non attribuire soverchio valore alla pri­ ma parte del suo volume; con ciò non intese « . . . di tracciare la storia della teoria del collettivismo, nè di esporre tutti gli argomenti tratti a combat­ terla o a sostenerla, ma solo di darne una pallida idea. » Sicché sarebbe una severità fuor di luogo è di cattiva lega, l’ insistere in una critica già pre­ viamente insegnata dall’Autore.

È vero, verissimo ciò che l’A. osserva circa alle tendenze della legislazione borghese ; essa si è sem­ pre ed energicamente rivolta a distruggere le tar­ dive briciole della proprietà collettiva del suolo (pag. 5 3 - 5 4 ) ; ed i suoi sforzi si rivolsero costante- mente a spogbare senza compenso di sorta o, tut- t’al più, con un compenso irrisorio, quelli che erano ab antiquo investiti del godimento di qualche diritto reale sul suolo comunale o demaniale.

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anche involontari della grande propr'età individuale, ripeta le sue parole, a pag. (56. « Belle aspirazioni, be'le frasi in verità ! Ma coinè farete a realizzarle pacificamente ? »

Lo studio del Caviglieri, è, pero, un ottimo studio, utile specialmente per le notizie coscienziose intorno allo stato attuale delle comunanze agricole del Po­ lesine : lodevole per la sincerità e per la imparzia­ lità con cui vi è esaminala la questione ; e che si raccomanda anche per lo stile piano, facile e lon­ tano da un soverchio tecnologismo. Esso è un se­ gno evidente e notevole che il risveglio degli studi economici va sempre più accennandosi in Italia.

E. Ma sÈ-Da r i

(Rivista

o

Economica

/ / r a c c o lto d e lla c a n a p a e d i a l t r i p r o d o t t i a g r ic o li in I t a l i a n e ! 1 8 9 1 . — Le e n tr a te e le s p e s e d e l- / ’ im p r e s a d e l P a n a m a . — / / r a c c o lto d e l vino in I t a l i a n e ! 1 8 9 2 . — Lo s v ilu p p o d e i te le fo n i.

Il raccolto in quest’anno fu, come si vede, di poco I superiore a quello dell’anno 1890 e in quasi tutte le regioni agrarie abbastanza sodisfacente in causa delle condizioni meteoriche generalmente favorevoli.

Il raccolto delle fave, vecce e cicerchie e dei lu­ pini, ceci e mochi, nel quinquennio 1887-91 fu il seguente: Anno 1887 . V 1888. . . » 1889. . . V 1890. . . » 1891. . . Ettolitri 3,041,227 » 2,714,792 » 3,001,055 » 3,883,840 » 3,818,568

La produzione di queste leguminose da seme fu nel 1891 quasi uguale a quella dell’anno precedente. Favorite da buona stagione in Piemonte e Lombardia, danneggiate per rigida primavera nel Veneto, Li­ guria, Marche ed Umbria, nella altre regioni agrarie ebbero una stagione abbastanza regolare.

Le entrate e le spese dell’ impresa (lei Panama. Meritano attenzione le cifre seguenti, che compendiano in sè stesse tutta la storia dell’impresa del Panama finita così miserevolmente.

Le entrate dell’impresa sono le seguenti: Emissione

11 raccolto della canapa e di altri prodotti agricoli in Italia nel 1891. — Il raccolto della canapa nel 1891, secondo le notizie telegrafiche pubblicate nel B ollelino d i notizie agrarie n. 47 dell’ottobre di quell’anno, si prevedeva di quintali 670,290 di fibra (tiglio e stoppa); dalle notizie de­ finitive è risultato invece di quintali 713,601, cioè superiore di quintali 43,311 alle dette previsioni, ed inferiore di quintali 78,447 al raccolto del 1890, a causa della siccità prolungata e persistente che lo danneggiò in quasi lutto il Regno, e della minore coltivazione.

Il massimo della produzione si verificò nel cir­ condario di Mondovì (Cuneo), ove raggiunse la media di quintali 12.63 per ettaro, mentre la media per il Regno nel 1891 è stata di quintali 6.8 1 .

La produzione, importazione ed esportazione della canapa greggia nel quinquennio 1887 91 possono desumersi dal quadro seguente:

P r o ­ Im por­ E sp o r­ d u zione tazion e tazione Q u in ta li Q u in tali Q u in tali A N N I di fibra d i fibra d i fibra

1 8 8 7 .. . . 7 8 5 , 5 7 3 5 , 1 9 3 3 0 9 , 3 1 1

1 8 8 8 .... 6 4 5 , 0 2 7 3 , 7 2 0 3 8 3 , 5 1 1

1 8 8 9 .... 7 8 1 , 4 0 0 1 , 1 6 4 3 4 9 , 4 5 4

1 8 9 0 .... 7 9 2 , 0 4 8 3 2 4 3 6 8 , 8 0 4

1 8 9 1 .... 7 1 3 , 6 0 1 6 , 6 4 7 3 3 0 , 2 3 2

La qualità del raccolto è risultata in questa pro-porzione: 7/100 ottima; 58/100 buona ; 29/100 me­ diocre; 6/100 cattiva; e mentre nel 1890 si eb bero 71/100 di qualità ottima e buona, nel 1891 le dette qualità scesero a 65/100 a causa delle molte contrarietà atmosferiche.

Il raccolto dei fagiuoli, dei piselli e delle lentic­ chie, fu il seguente nel quinquennio 1887 9 1 :

Anno 1887 » 18'8 » 1889 » 1890 » 1891 Ettolitri di semi 1,379,656 1,379,550 1,606,687 1,513,006 1,516,541 del 1880 . . fr. 292, 705,125 del 7 settembre 1882 . » 109 2*3,198 del 3 ottobre 1883. . » 168, 251,900 del 25 settembre 1884 . » 144, 331,713 del 3 agosto 1886 . . » 205, 972,430 del 26 luglio 1887 . . » 112, 874, 830 del 14 marzo 1888 . . » 34, 869,115 del 26 giugno 1888. . » 185, 871,176

dei buoni a lotteria » 12, 543,184

in. complesso fr. 1 266, 702,671 Di questa enorme somma, sono stati pagati : Per dividendi agli azionisti, per interessi e per am­

mortamenti ... fr. 238,149,446 Per il deposito fatto al Credito fon­

diario pel servizio e rimborso delle

o b b lig a z i o n i...» 104,000,000 Per l’acquisto della ferrovia Colombo

a Panam a... » 93,268,186

Totale . . . fr. 435,417,632 e restano perciò circa 830 milioni, di cui non si co­ nosce la destinazione.

Siccome poi dei 1266 milioni che formano le en­ trate dell'Impresa, soli 293 rappresentano le somme versate dagli azionisti e il resto è costituito dalle sot­ toscrizioni di obbligazioni, i creditori della società, cioè i portatori di obbligazioni, hanno perduto quasi 535 milioni. E diciamo perdu to, perchè le altre poche attività che restano sono insignificanti rispetto a quella somma.

Notiamo infine, secondo i dati del X I X S ik l e , da cui togliamo queste cifre, che le spese di pub­ blicità sono state le seguenti:

Spese di pubblicità vere e proprie fr. 2 0 ,4 3 2 ,5 5 4 .— Id. per i sindacati. . . . » 36,447, 133.—

Id. di commi ssi one. . . . » 20,898, 700. —

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non si possono ritenere ancora per definitive corno quelle del 1891, accertate con susseguenti rapporti:

1891 1892 Piemonte . . . . Ett Lombardia. . . . » V en eto...» Liguria...» E m ilia ... » Marche-Umbría . . » T o s c a n a ... L a z i o ... » Merid. Adriatico . . » Merid. Mediterraneo. » S ic ilia ... » S a rd e g n a ... 2,,930,100 3, 816, 600 920, 000 1, 158, 200 858,61)0 611, 500 294,900 296, 400 3, 459,800 2, 947.,000 3,,376,000 2, 917, 700 3, 462,500 3, 519, 700 b,261.200 1, 313, 700 7, 051,400 6, 923, 300 4,,775,900 5, 496, 100 4, 186,900 6, 855, 600 786,300 L 136, 400 Totale 33,365,600 36,922,200

Fra le regioni in cui si ebbe un minore raccolto è da notarsi la Sicilia e la Sardegna, per le quali evvi una causa permanente, la filossera,die ha de­ cimato e seguiterà a decimare i prodotti dei vigneti, anche maggiormente di quello che accadde fino ad j

ora, più di qualsiasi altra vicenda meteorica. Lo SYÌlnppo dei telefoni. — Mentre non si nota da diverso tempo alcun perfezionamento nei telefoni, sì da rendere più facili e comode le comunicazioni in città, ossia a breve distanza, si nota invece uno sviluppo notevole negl’ impianti a grande distanza. Citiamo alcuni esempi.

La linea telefonica impiantata fra New-York e Chicago è lunga 1539 chilometri: quella da Parigi a Marsiglia 900 e finalmente 506 chilometri misura il filo fra Vienna e Trieste.

Per una conversazione di cinque minuti da New York a Chicago si pagano 9 dollari, ossia 9 scudi — da Parigi a Bruxelles non si pagano che 3 lire; da Vienna a Trieste 2 fiorini e mezzo.

La linea New York-Chicago ha costato 5 mi­ lioni di dollari e furono impiegati 413,230 chilog. di rame. Si pensa ora di continuarla lino a San Francisco.

Oltre le suddette comunicazioni abbiamo tra le più notevoli la linea Parigi-Londra con 500 cliil.

— Berlino-Braslavia con 353 — Vienna-Praga con 350 e Parigi-Bruxelles con 320.

F.cco un campo tuttora vergine per T Italia.

L’ EMIGRAZIONE EUROPEA

L’ Italia, che è uno degli Stali di Europa che for­ nisce più largo contributo all’emigrazione, è special- mente interessata alle varie questioni che si connettono al grave problema.

Crediamo pertanto di molto interesse riassumere uno studio del Leroy-Beaulieu, e ciò tanto più volen tieri che a questo scritto ha dato occasione anche un lavoro del prof. Giulio Del Vecchio, dell’Università di Genova, sulla E m igrazion e perm anente Ita lia n a nei p a es i stran ieri.

Da due anni circa una crisi violenta travaglia l’A­ merica meridionale, sicché questo paese è ora meno ricercato dagli operai e dai coltivatori di Europa. D’altra parte, gli Stati Uniti del Nord, i quali godono di una grande prosperità, hanno preso, rispetto

al-l’immigrazione, delle misure restrittive e pare sieno disposti a rincrudirle anche di più.

Per compiacere agli operai americani e per man­ tenere i salari artificialmente alti, vi è un partito che parla nientemeno che di interdire l’immigrazione per un certo tempo, per esempio un anno, e altri vor­ rebbero assoggettarla a condizioni anormali, e cioè che l’immigrante sappia leggere e scrivere, che pos­ sieda un capitale di 500 lire, o alla presentazione di un la s cia -p a ssa re del console degli Stati Uniti più vicino alla residenza dell’immigrante, la s cia -p a ssa re che il console sarà di certo invitato a non rilasciare che con circospezione.

Si dice anzi che codeste restrizioni troverebbero posto in una prossima legge.

Possiamo dunque assistere allo strano spettacolo di una nazione che deve il suo maggiore sviluppo alla immigrazione e che dà opera a limitarla. E spe­ cialmente la immigrazione italiana che sembra esser presa di mira con questo progetto di legge, poiché gli immigrati tedeschi, inglesi e scandinavi sanno quasi lutti leggere e scrivere e molti possiedono anche le 500 lire richieste.

Se gli Stati Uniti dovessero adottare questa deci­ sione e applicarla rigorosamente, gli effetti pratici potrebbero essere gravi ; e potrebbe avere per risul­ tato di dirigere sull’ America del Sud, la maggior parte della corrente migratoria.

Ora la questione della emigrazione è di capitale importanza per l’equilibrio presente e futuro fra le nazioni del mondo ; e può avere inoltre delle con­ seguenze finanziarie sollecite e considerevoli sulla re­ staurazione dei paesi transatlantici colpiti dalla crisi. Del resto le cause non mancano e non manche­ ranno così presto, alla emigrazione europea. La crisi industriale in Germania ; le sofferenze agricole in Inghilterra e in Irlanda, il languore di alcune indu­ strie inglesi, come la filatura del cotone ; le condi­ zioni economiche generali dell’ Italia ; la fillossera in Spagna, per non parlare di altre meno note, ecco altrettanti motivi per determinare la emigrazione.

Alcuni paesi, che fino agli ultimi anni, non ave­ vano offerto cite un debolissimo contingente alla emigrazione transatlantica, come il Belgio e la Fran­ cia, ora forniscono una corrente notevole e ciò fino dal 1887. Così il Belgio, che non aveva che 2,048 emigranti fuori d’ Europa nel 1886 e 3 , 8 ' 4 nel 1887, ne ha avuti 7,794 ne! 1888 ed 8,406, nel 1889. Anche la Francia che non mandava alle con­ trade extra europee che 7,314 emigranti nel 1886, ne ha inviati 11,170 nel 1 8 8 7 ; 23,339 nel 1888 ; 31,354 nel 1889 e 20,560 nel 1890.

Ora è interessante sapere quale sia stata I’ in­ fluenza che ha esercitato sulla emigrazione europea, la crisi intensa che infierì nell’ America del Sud, giacché non si è ancora in grado di giudicare l’ ef­ fetto delle misure restrittive degli Stati-Uniti.

Gli Stati dai quali proviene l’ emigrazione sono per ordine di importanza la Gran Bretagna, l 'I r ­ landa, l’Italia, la Germania, la Russia, l’Austria-Un- gheria, la Svezia, e la Norvegia, la Spagna, la Fran­ cia e il Portogallo.

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