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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.20 (1893) n.0988, 9 aprile

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L ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FE R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XX

Voi.

XXIV

Domenica 9 Aprile 1893

N. 988

LA FINANZA DELLO STATO

Fra qualche giorno ¡1 Senato del Regno sarà con­ vocato, e toccherà all’alto consesso discutere a fondo la questione finanziaria, che la Camera elettiva ha più che trattata, sfiorata fino a qui. Il progetto ^ulle pensioni fornirà argomento alla importante discus­ sione. I nostri lettori sanno già quale sia il nostro pensiero in proposito. Il progetto del Ministero (in­ torno al quale noi dissentiamo soltanto perchè la ope­ razione è fatta colla Cassa Depositi e Prestili invece che con privali Istituti) provv;de al disavanzo me­ diante uria dilazione nel pagamento del debito vita­ lizio. Trattasi quindi, nè più nè meno, di una ope­ razione che non modifica in nessun modo le entrate effettive, ma che, come opportunamente propose ed ottenne l’un. Sennino, è da iscriversi nel movimento dei capitali. Il bilancio per una serie d’ anni viene sollevato da un onere di circa trenta milioni.

Ora sembra che al Senato alcuni abbiano fatto un ragionamento che ha tutta I’ apparenza della logica più rigorosa, ma che nondimeno ci permettiamo di sottomettere a qualche critica.

« Voi ci proponete - direbbero alcuni Senatori - una operazione che, sollevando il bilancio di una trentina di milioni, vi può lasciar tempo per meglio studiare la questione finanziaria ; ebbene ; noi non dissentiamo da questo co retto, ma limitiamo la vo­ stra proposta nel senso che vi autorizziamo a farvi prestare per due anni 50 milioni l’anno dalla Gassa Depositi e Prestiti, lasciando impregiudicato l’avve­ nire. Avrete tempo — in due anni - di studiare ed attenderemo l’esito dei vostri studi ».

Abbiamo detto che tale ragionamento dei predetti Senatori ha tutta I’ apparenza della logica più rigo­ rosa, ma crediamo che si possa opporre ad esso qual­ che efficace e concludente considerazione. Non sap­ piamo quale sia il piano avvenire del Ministero, nè per i provvedimenti finanziari che potessero ren­ dersi ulteriormente necessari, nè per la riforma tri­ butaria che ha più volte ormai promessa, ma che non si decide ad intraprendere. Quella parte del piano finanziario che ci è noto - i monopoli del petrolio, degli alcools, delle carte da giuoco - noi combat­ tiamo con tutte le nostre forze, perchè li conside­ riamo come mezzi — a parte tutte le altre con­ siderazioni - coi quali la già esagerata potenza dello Stato e della sua burocrazia si accrescerebbe, aggra­ vando molte delle cause dei mali che oggi lamen­ tiamo. — Quindi discutendo il progetto sulle pensioni non ci facciamo difensori dei concetti finanziari del Ministero, perchè non siamo disposti a vedere nei

nuovi monopoli nemmeno il principio di quella tra­ sformazione di tributi che reputiamo necessaria e colla quale soltanto si può ricostituire l’Italia finanziaria, rovinata dagli empirismi dei primi ministri delle finanze.

Ma alla opposizione sorta in Senato noi osser­ viamo : — il bilancio presenta un disavanzo che i trenta milioni, che verrebbero dati dalla operazione sulle pensioni, colmerebbero in gran parte; i bilanci avvenire per una serie di cause che sono note, senza che qui le citiamo, porteranno maggiori oneri, che il miglioramento della economia nazionale potrà com­ pensare, si spera, con un maggior gettito delle imposte, ma che rendono ad ogni modo non superflui i trenta milioni derivanti dalla operazione sulle pensioni. Si tratta adunque, limitando a due soli anni il prov­ vedimento proposto, di aspettare ulteriori provvedi­ menti e questi non possono essere che di tre specie:

o un’altra forma di debito; o economie sulle spese; o nuove imposte.

Respingiamo con tutte le nostre forze 1’ ultimo provvedimento, quello delle nuove imposte. Il paese non può e non deve pagarle, perchè senza che nuovi fatti e nuovi pericoli siansi presentati, negli ultimi dieci anni la Nazione ha già dato meglio che trecento

m ilioni di maggiori entrate, ed i governanti non hauno

saputo, malgrado tanta abbondanza, mantenere nei li­ miti convenienti il bilancio. Se ora i contribuenti concedessero venti trenta o magari cento milioni di nuove imposte, si sciuperebbero egualmente o con modificazioni di organici per la burocrazia, o con nuove ferrovie non urgenti, o con una seconda treccia da mettere sul kepi dei soldati. D’altra parte l’esperimento è già stato fatto, e si è visto che tutte le nuove imposte da qualche anno danno per risul­ tato la diminuzione dì altri proventi; la misura è colma e, se non si modifica la situazione economica del paese, è inutile parlare di nuovi tributi, ed im­ ponendoli si farebbe un danno assoluto alla nazione. Ma quanto alle economie invece, siamo sempre disposti ad appoggiarle ed a difenderle ; forse siamo siati i primi a suggerirle in misura più larga pos­ sibile. Sventuratamente, i poteri dello Stato e il Senato tra i più ostinati, non vogliono intendere di farne, là soltanto dove sono possibili. Si sono fatti cento volte i conti più elementari : con un bilancio di 4300 milioni abbiamo:

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. . . . . . . . . .. ...,. .1" . v - - ,

220 L ’ E C O N O M I S T A

9 aprile 1893

J

Rimangono 350 circa milioni sui quali una seria economia non è assolutamente possibile senza ar­ rivare alle vergogne di sopprimere il censimento 0 di non pagare gli impiegali. Sulle riforme orga­ niche poco abbiamo sempre sperato; meno ancora speriamo ora, quando le preture, le sottoprefetture, 1 commissariati distrettuali, e le università hanno dato i risultati che sono noti I

Le sole economie possibili ed efficaci, dove si potrebbe con grande vantaggio m ateriale e m orale risparmiare un centinaio di milioni, sulle spese cioè militari, non si vogliono, nè nei così detti altissimi luoghi, nè dal Governo, nè dal Parlamento. E noto che il Ministro Colombo prima, il Ministero Rudinì poi, pagarono amaramente l’arditezza del volere ri­ durre l’esercito che da ventidue anni, fa così bella mostra di sè nelle manovre e nei tornei.

L’Italia non ha il censimento, paga male i suoi mae­ stri, farà una meschina figura a Chicago, non manderà

una spedizione scientifica alla prossima eclisse, non rinnuova il materiale scientifico delle università, lesina il denaro per rifare le stazioni, ma ha la sod­ disfazione di avere l’esercito più ben vestito d’ Eu­ ropa, e spende milioni per avere le più belle navi del mondo.

Non rimane quindi per risolvere la questione sollevata dal Senato che un altra forma di debito, diversa da quella della operazione sulle pensioni.

E sia. Il Senato è padronissimo di ritenere che sia meglio procurarsi in altro modo che non pro­ crastinando il debito vitalizio, i trenta milioni ne­ cessari al bilancio. Ma in tal caso noi vorremmo che finalmente la questione fosse posta con sinceri­

tà ; la parola è dura, ma mostra che ci contentiamo

di poco. .

Respingendo il progetto sulle pensioni, il Senato dica chiaro e tondo il proprio pensiero. Gli egregi uomini di finanza che fanno parte dell’ alto Conses­ so, hanno il dovere di non trattare con leggerezza un tema che è della maggiore importanza e sul quale è pur necessario avere un’ idea precisa. Quando il progetto sulle pensioni verrà in discussione, noi ci attendiamo dalla competenza della Camera vita­ lizia uno o I’ altro di questi tre ordini del giorno : il Senato invitando il Ministero a proporre trenta milioni di economia nelle spese militari, respinge il progetto sulle pensioni ;

oppure:

il Senato, invitando il Ministero a proporre nuove imposte che dieno trenta milioni di nuove entrate, respinge ecc. ;

o infine ;

il Senato invitando il Ministero a proporre un’ altra forma di debito che procuri al bilancio un minor onere di trenta milioni, respinge, ecc.

Bisogna persuadersi che delle chiacchiere delle questioni di partiti di gruppi, di regioni, ecc., il paese ne ha abbastanza ed esige che gli oppositori abbiano un concetto serio e preciso. Se il Senato, il quale con ardimenti insperati, ha in quest’ ultimo tempo acquistata tanta potenza, crede di compiere il pro­ prio dovere ripetendo gli errori della Camera, la quale da quattro o cinque anni ormai discute la questione finanziaria senza che si riesca a com­ prendere che cosa voglia, se il Senato si metterà in questa via, finirà, come la Camera elettiva, ad es­ sere sempre meno considerato dal paese come istitu­ zione seria.

Il Ministero Giolitti ha già molto perduto della sua forza perchè ha indugiato ; ed in dieci mesi di potere non è ancora riuscito a presentare un pro­ getto finanziario che meriti attenzione maggiore di quella che un espediente può richiedere. Finirà a perdersi come i suoi predecessori, alle promesse non facendo seguire i fatti; ma il Parlamento sarà an­ cora più biasimato dal paese se la opposizione mo­ strerà di aver concetti finanziari ancora meno con­ creti e precisi di quelli del Ministero.

L i VIGILANZA SULLE B i f f i ! B’ EMISSIO

e il Ministero del Commercio

Le considerazioni che abbiamo esposte nel n. 986 intorno al progetto di legge sul riordinamento degli Istituti di emissione ci hanno procurato varie osser­ vazioni da parte dei lettori, in appoggio o contro a quello che abbiamo scritto e di esse ci occuperemo in seguito nell’ esame ulteriore del detto progetto. Ma la° nostra opinione che la vigilanza sulle Banche debba essere demandata al Ministero del Tesoro e quindi sottratta alla Divisione del commercio, del­ l’industria e del credito, ci ha procurato una replica

di\W'Economista d 'Ita lia che non possiamo lasciare

senza risposta.

Il confratello romano, accennato che due ragioni ci muovono a combattere la vigilanza sulle Banche affidata al Ministero del commercio e cioè la inde­ gnità e la incompetenza, dice che quest’ ultima non è stata da noi provata « perchè non ci correvano facili sotto la penna gli argomenti. » Veramente potremo rispondere senz’altro che ciò che è avvenuto in questi ultimi anni sta a provare due cose oltre la indegnità: primo, che in materia di Banche (e non soltanto in questa) la Divisione del commercio, del­ l’industria e del credito ha dato prova di scarsis­ sima competenza, perchè non ha saputo antivedere gli effetti disastrosi per l’economia nazionale del di­ sordine bancario prodottosi e rafforzatosi dopo il 1883 e non ha saputo, sebbene ne avesse il dovere e le facoltà, impedire quel disordine; secondo, che la in­ competenza della detta Divisione è stata riconosciuta implicitamente dallo stesso Governo, quando in oc­ casione di ispezioni straordinarie non ha potuto tro­ vare, all’ infuori dei famosi quanto inoperosi Com­ missari, uomini cui affidare con animo tranquillo l’incarico di approfondire lo stato delle Banche.

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9 aprile 1893 L ’ E C O N O M I S T A 227 11 confratello romano « non può astenersi dall’ os­

servare che era fino a poco tempo fa persuasione diffusa fra i competenti che nel Ministero del com­ mercio fosse raccolto un personale abile ed intelli­ gente e che non mancassero in esso funzionari lar­ gamente dotati di tutte le energie morali ed intel­ lettuali, i quali alla serietà dei propositi, alla coltura tecnica accoppiassero la religione del lavoro e del dovere. » Bello parole, in verità, che formano pre­ cisamente quel grano d’incenso che egli dice di non voler bruciare.

Ma disgraziatamente pel paese, la verità è un po’ differente e alla nostra volta non possiamo astenerci dal dire che a giudizio, non sappiamo se dei competenti o no, ma certo dei disinteressati, da alcuni anni la Divisione dell’ industria, del commer- cio_ e del credito è andata scadendo sempre più.

È passato, e da un pezzo, il tempo in cui uomini veramente competenti e dolati di tutte quelle ottime qualità che il confratello romano enumera, davano l’intonazione alla Divisione del commercio, dell’ in­ dustria e del credito. Scomparsi essi e accentrato ogni cosa sotto la direzione di un uomo che non mancava certo di attività, ma è di coltura scientifica e tecnica limitata, e di moralità che non giudichiamo, perchè deve ancora farlo la giustizia, l’ azione mol­ teplice della detta Divisione divenne molto meno utile di quello che era stata prima. Errore gravis­ simo, da noi sempre deploralo, fu quello di unire il Credito alla Divisione dell’ industria e del com­ mercio; errore, che si è scontato in vari modi, ma sopratutto nella vigilanza sugli Istituti di emissione che fu quanto di più illusorio, ridicolo e inconclu­ dente si possa immaginare. Qui, dove scriviamo, abbiamo potuto, molto prima che si accertassero i fatti della Banca Romana, conoscere a che si ridu­ ceva l’opera dei Commissari e come questi delle Banche si curassero ben poco. Se al centro, se alla amministrazione vi fossero stati uomini competenti in materia, si sarebbero avuti altri risultali della vigilanza governativa e la riforma di questo ramo dell’ammini­ strazione non si sarebbe compiuta richiamando a Roma i commissari, come si è fatto, ma col dar loro istruzioni categoriche e col prendere provvedi­ menti a loro carico ogni qualvolta venissero meno al loro dovere.

Noi non vogliamo ora discutere sulla necessità vera o fittizia e sulla utilità maggiore o minore del Ministero di agricoltura, industria e commercio ; le nostre osservazioni riguardavano effettivamente la Di­ visione dell’industria, del commercio e del credito, che è quella propriamente in causa riguardo alle Banche. E circa ad essa per dimostrare la sua p r o ­

vata incompetenza nelle questioni del credito, noi,

secondo il nostro costume, non faremo nomi ; li faccia, se lo crede e lo può, \’Econom ista d’Ita lia per provare la competenza e allora giudicherà il pubblico. Quello che a noi pare certo, a parte anche la questione della incompetenza della Divisione del Credito, è che la vigilanza sulle Banche di emissione, può molto più utilmente essere affidata al Ministero del Tesoro, dove di regola non sono prescelti all’ alto ufficio di Ministro uomini noli per merito letterario, filosofico, patriottico e simili come è avvenuto troppo spesso dopo il 1876 pel Ministero di agricolturi ma sono elevati alla direzione degli affari, uomini di competenza meno contestata.

Se negli anni tra il 1861 e il 1876 furono mi­

nistri di agricoltura persone eminenti non solo nella politica ma anche nelle discipline economiche, dopo d’allora forse per la scarsissima fede nella utilità di quel ministero lo si è affidato a persone egregie, senza alcun dubbio, ma che fino allora avevano rivolta la loro mente e i loro studi a ben altre questioni che non sieno quelle economiche e si sono così ve­ duti ministri ingenui o inesperti tollerare abusi, accettare a occhi chiusi le più disparate proposte di riforme, presentare in tante materie progetti di legge, che il soffio della critica potè demolire con non grande fatica. Da un ministero affidato a si­ mili mani è gran ventura se non si hanno mali peggiori di quelli accertati ora, e per evitare che si ripetano certi fatti sarebbe provvida misura il togliergli qualsiasi ingerenza sulle banche di emis­ sione. Un passo importante già si è fatto con le ispezioni straordinarie, rimane da farne un’ altro affidando anche quelle ordinarie e in generale il sindacato sulla emissione al Ministero del Tesoro, come si pratica agli Stali Uniti.

Si noti anche che vi è maggiore affinità tra il Tesoro e le Banche di emissione, anziché tra queste ultime e il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio.

È a! Tesoro che per necessità di cose si segue il movimento dei cambi coll’ estero, e si studiano i vari problemi monetari, si verificano e si vigilano le operazioni per l’ abolizione del corso forzato, si fanno acquisti di tratte sull’ estero pel pagamento dei debiti ecc. ecc., è anche al Tesoro che si possono formare meglio impiegati idonei al servizio di vigi­ lanza delle banche, perchè ivi le ispezioni alle teso­ rerie provinciali danno 1’ abitudine della scrupolosità, dell’ esattezza, dell’ oculatezza. Per tutte queste ra­ gioni, d’ordine generale e speciale, crediamo meglio adatta delia Divisione dell’ industria, del commercio e del credito la Direzione Generale del Tesoro e il progetto di legge, conservando lo stata quo, di­ mostra ancora una volta che dagli avvenimenti bancari non si è saputo ancora trarre tutte le con­ seguenze, quasi diremo fatali, che ne derivano. Vo gliamo sperare che la Commissione della Camera o quantomeno quella del Senato non trascureranno, come ha fatto il Ministero, questo argomento della vigilanza, perchè il nuovo ordinamento bancario esige anche una in stau ran o ab im is negli organi che de­ vono vigilarne e frenarne la azione.

LE MAGGIORI SPESE NEI BILANCI

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ov-228 L ’ E C O N O M I S T A . 9 aprile 1893 « vero imputali alle competenze dello esercizio

snc-« cessi vo. »

Ci richiamo ora a questo argomento un progetto di legge, presentato non è guari dal Governo, per mo­ dificare le disposizioni della legge dell’ 11 luglio 1889 sulla contabilità di Stato.

Ma dobbiamo avvertire subito che non si tratta di Un disegno di legge inteso a tradurre in alti l'or­ dine del giorno surriferito. Quello di cui ora ci occupiamo, e di cui fra non molto dovrà occuparsi la Camera, è invpee un disegno di legge, chiamia­ molo così, di ord in e interno, diretto a scemare il lavoro che alla Giunta del bilancio e alle Camere ha portato la presentazione di tanti progetti speciali,quanti capitoli del conto consuntivo portano eccedenze di impegni. Esso è stato presentato, del resto, più per obbedire alle esortazioni della Giunta del bilancio, che per iniziativa del Ministero del tesoro : nella relazione, che n’ è stata fatta dall’ on. Carmine, si legge in fitti che « le poche modificazioni in esso « proposte erano state indicate dalla Giunta stessa « in talune sue recenti relazioni. »

E se è coù, ce ne duole per la Giunta e pel suo relatore, poiché, come i lettori vedranno, le modi­ ficazioni proposte sono assai poca cosa e non me­ ritano l’onore di esser tradotte in disposizioni legi­ slad ve.

Quando si arriva a proporre di variare una legge, bisogna farlo per migliorare gli ordinamenti a cui essa si riferisce, e non già per solo scopo di ri­ sparmiarsi lavoro. Ma se delle leggi si avesse questo concetto, siccome bisognerebbe studiar molto prima di mutarle, esse in ilaiia non sarebbero arrivate, dopo poco più di treni’ anni, a varie diecine di mi­ gliaia.

E torniamo alle maggiori spese, che formano l’ ar­ gomento più importante contemplato nel progetto di cui discorriamo. Si sa che esse sono la piaga dei nostri bilanci, come dei bilanci degli altri Stali con­ tinentali, quantunque l’ esistenza dei fondi di riserva dovesse far sperare in Italia che si potesse toglierle di mezzo. Ma, tra per la scarsezza delle somme stanziate per riserva, tra perchè la Corte dei Conti, che è tenuta a vigilare affinchè le spese non supe­ rino le previsioni, limita il suo controllo ai soli pa­ gamenti e non si cura degli impegni, il fatto sta che non c’ è anno in cui i fondi di riserva non siano esauriti e non rimangano inoltre molte spese, per un buon numero di milioni, impegnate al di là degli stanziamenti del bilancio.

Per queste spese fatte senza autorizzazione, il Go­ verno deve chiedere un bill d’ indennità al Parla­ mento, come si è fatto sempre. E a tal fine, una volta si inscriveva un articolo speciale, che appro­ vava le maggiori spese nella legge sul conto con­ suntivo, e più recentemente si presentavano tanti disegni di legge quanti ministeri avevano ecceduto le previsioni. Ma ciò si faceva unicamente per ob­ bedire alle buone norme costituzionali, che vogliono approvata dalle Camere qualunque spesa pubblica.

Nel 1889 si volle invece sancire con una legge speciale anche questo principio eosì ovvio, e si di­ spose inoltre che si dovessero presentare alla Ca­ mera tanti progetti speciali quanti capitoli di spese facoltative mostravano eccedenze, odre un disegno di legge comples-ivo per le eccedenze di spese ob­ bligatorie e d’ ordine.

Da questa prescrizione derivarono due conseguenze

nna negativa, e l’ altra positiva. Primo, non si è raggiunto lo scopo, clic l’ on. C irmine nella sua relazione al progetto, di cui discorriamo, attribuisce al legislatore del 1889, di scemare, cioè il numero e I’ entità delle eccedenze di spesa. Ed era del resto ben naturale che eosì avvenisse, dal momento che esse derivavano dalla scarsezza dei . fondi di riserva e dalla mancanza di controllo sugli impegni da parte della Corte dei Conti, e non già dal fatto che per approvarle si presentava un disegno di legge per og’d ministero, anziché uno per ogni capitolo di bilancio. Secondo, si sono annoiate superlativamente le Camere e le rispettive Giunte, le quali devono approvare un quaranta o cinquanta progetti di più all’anno, per quelle eccedenze.

E allora ? forsechè alla Giunta del bilancio è ve­ nuto in mente di invitare il Governo, come aveva fatto tempo fa il Senato del Regno, a regolare una buona volta questa materia, e trovare il modo di eliminare le maggiori spese, le quali sono, oltre che una irregolarità, una stonatura in uu bilancio dove sono stanziati due fondi di riserva?

Oli ! no davvero. Essa si è rivolta al ministero, dicendogli : T ran seat a me calix iste, riduciamo questa infinita quantità di disegni di legge a un numero non maggiore di quello dei ministeri, oltre a uno complessivo per le spose obbligatorie e di ordine.

E noi non diremo che il desiderio non sia giusto, ma, se per accontentare la Giunta del bilancio bi­ sogna votare una logge, la quale non disponga altro che il ritorno puro e semplice a ciò che si faceva prima del 1889. prima che il legislatore interve­ nisse nella questione, aggiungiamo che più giusto ancora sarebbe il desiderare che lo si faccia per rimediare davvero all’ inconveniente e allo sconcio delle maggiori spese. Così facendo, anche la Giunta vedrebbe esaudito il suo voto.

Ma se non si venisse a quest’ordine di idee, me­ glio sarebbe non toccar nulla : cosi il lavoro deri­ vante dal gran numero ilei progetti per I’ approva­ zione delle maggiori spese, presentati annualmente alla Camera, terrebbe sempre desto il desiderio di vedere una buona volta regolata la grave questione.

* * *

Avevamo scritte queste poche considerazioni, quando ci è pervenuto il D iritto del 6 corrente, il quale combatte anoh’ esso molto assennatamente il progetto ministeriale. E ce ne rallegriamo col valoroso giornale, il quale - r a r a avis - mostra coi fatti di credere che la stampa politica non debba rimanere estranea alle discussioni tecniche, quando esse riguardano argomenti così importanti, come quello a cui abbiamo accennato.

LE FORME, LE TEBE E L B liK I E I L S U I T I ’>

via.

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L ’ E C O N O M I S T A 229 9 aprile 1893

mava il proprietario un salariato) a comprendere tutte le classi della società tra quelle salariate; altri applicano I espressione a tetti coloro (die scambiano i loro servigi co.Uro denaro, altri ancora hanno limitato la parola alla retribuzione fissa Convenuta in pre­ cedenza e data all’operaio pel suo lavoro. È in questo senso che viene specialmente usata la parola salario dagli scrittori moderni e contemporanei e qui pure essa vuol essere limitata alla rimunerazione fissa del lavoro dell operaio. 1 tedeschi, più precisi nel loro linguaggio, sogliono accennare esplicitamente al sa­ lario del iavoro, all ’Arbeitslohn, ma anche nell’ uso comune di salario si parla preferibilmente a pro­ posito del lavoro manuale ; per quello intellettuale si adoperano altre espressioni, come stipendio, ono­ rario e simili. Ciò premesso, e conveniva avvertirlo per dissipare ogni possibile equivoco, è necessario vedere anzitutto i caratteri generali del salario, per scendere poi allo studio delle forme varie che può

assumere. r

Nella compartecipazione al prodotto, quale si è veduto praticarsi nell’ industria rurale e peschereccia, il lavoro, sebbene conosca in precedenza secondo quale rapporto verrà repartito il prodotto, non può sapere la misura o la entità del compenso che gli spetterà, perchè è ignoto l'ammontare del prodotto medesimo. L’ alea è i evitabile e sarebbe già per sè stessa un ostacolo e un inconveniente grave suf­ ficiente a rendere inapplicabile in molli casi il sistema della pura e semplice compartecipazione nel prodotto, se altri inconvenienti non meno seri non fossero ad esso connessi, soprattutto in un redime economico nel quale abbia applicazione la divisione del lavoro e l’ impiego delle macelline. Il salariato modifica sostanzialmente quella condizione di cose. La differenza tra esso e la compartecipazione al prodotto non sta punto, come sembra credere il Gil- man ) nel fatto che nel salario la retribuzione è in moneta e ne'la divisione del prodotto è in natura tanto è vero che il primo può essere pagato in na-

ur<l ) e la sfìeon.fa potrebbe efTeUuarsi anche sul prezzo totale di vendita del genere, come si usa nella pesca (a Chioggia ad esempio), ma I’ un metodo dif- ensce dall altro per l’ indole dei rapporti che in­ tercedono fra capitale e lavoro.

Nella compartecipazione al prodotto l’associazione tra questi due fattori della produzione è evidente, il lavoratore è un socio d’ industria; nel salariato il connetto di società manca, vi è unione natural­ mente, ma non associazione vera e propria di la­ cero e capitale. Al primo è fatta una condizione pre- ueterininata, qualunque sia il risultato della pro­ e m i l e il rompe so è precisato, anticipato anche Pnma di ottenere il prodotto atto alla vendita e l’alea quinifi è eliminata. Questi che sono innegabilmente ant.iggi pBr l’operaio non si ottengono però senza pesa senza un sacrifizio che per essere mascherato on è meno vero e inevitabile; l’ operaio si assi­ ra un determinato compenso sul proprio lavoro, ma rinuncia con ciò stesso ai benefici derivanti dalle giunture economiche favorevoli, le quali non __urterebbero di produrre i loro effetti nel sistema

Bo]to^r is89S *p Ii" i336eiU’ee!l employer an^ emPl°yee vifitftE;in0t0 p“rà che ' n mo,t! Paes! ,a leeislazione g ì » . Pa?*/nento del salario in natura, quello che

g Cai chiamano il trucie System.

dqHa compartecipazione al prodotto. Il lavoro non è più così, d ii punto di vista dell’ imprenditore, quel fattore economico primordiale della produzione che 1 economia politica studia ed esalta, diventa una dtdle tante, e certo una delle principali spese di produzione, che la logica e il tornaconto ilei pro­ duttore vuole sia ridotta al minim um possibile, nè più nè meno, come qualsiasi altra spesa di produ­ zione.

Ciò tuttavia non deve condurre a disconoscere i van­ taggi del quale è capace il contratto di lavoro salariato; vantaggi per l'operaio, in quanto lo libera da qualsiasi alea relativa ai risultati della produzione egli permette di soddisfare ai propri bisogni, che sono immediati e continui, senza dover aspettare che il prodotto sia venduto; vantaggi per l’ imprenditore, inquanto gli procura la sua libertà d’azione e quindi una mag­ giore possibilità di adattamento alle condizioni varie della produzione e del consumo e la certezza che la spesa per la retribuzione del lavoro non eccederà un dato limite. « Les ouvriers, scrive il Leroy-Beau­ lieu, peuvent dans des cas très rares, regretter de n’ôtre^ point liés à l’entreprise par un simple con­ trat d’association; mais, outre que ce contrat eût été impossible en général, il est légitime que les résul­ tats nets en perte ou en gain, tous frais ordinaires payés, incombent à l’ entrepreneur seul, puisque les ouvriers n* ont pas eu la conception de I’ en­ treprise et que les résultats bons ou mauvais eu sont dus surtout à l’habilité générale de la di­ rection et de l’administration, c’est à-dire au talent personnel et au mérite de l’intrepreneur. » *) Tut- tavia, questo argomento che i resultali sono dovuti all abilità dell’ inlraprenditore non va esageralo, come spesso è accaduto, perchè non si tratta sem­ pre di produzioni che esigano una speciale capa­ cità organizzatrice, che riebieggano qualità tecniche e commerciali straordinarie; basti citare le imprese per certi lavori stradali per comprendere subito che la finizione tecnica o industriale dell’ intrapre nlitore è talvolta assolutamente minima, che il suo talento personale e il suo merito non sono affatto in causa o soltanto in misura del tutto secondiaria. E in cotesti casi, che non vanno punto trascurati, gli operai hanno certo ragione di dolersi che le loro condizioni economiche non consentano loro di ele­ varsi fino a divenire associali dell’ inlraprenditore.

Ma è anche certo che sono dolorosamente vere queste parole dello stesso valente economista fran­ cese. « Dans un bien plus grand nombre de cas, les ouvriers ont lieu de se féliciter de n’avoir pas été des associés, mais simplements des salariés. Ainsi, de 1879 à 1883, on a construit une dizaine de mille de maisons à Paris. Les ouvriers maçons, charpentiers, couvreurs, ont é'é occupé 1res active­ ment avec des salaires moyen de 7, 8 ou 9 francs par jour, parfois de 10 à 14 francs (voire la Série des prix de la ville de Paris pour 1883); or, sur 10 entrepreneurs de ces travaux, si rémunérateurs pour les ouvriers, 9 au moins ont fait faillite ou sont tombés en liquidation; les maisons de banque qui leur avaient prêté ont perdu la moitié de leur avoir. Ou citerait bien des exemples analogues, no­ tamment celui îles premiers fabricants de meubles artistiques de Paris qui oat du, de 1880 à 1887,

*) Nouveau dictionnaire d’écon. p o i, tomo II. na-

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230 L ’ E C O N O M I S T A 9 aprile 1893 liquider avec perte, tandis que les ouvriers ébéni­

stes qu’ils employaient avaient toujours reçu des salaires de 7, 8 à 10 francs par journée '). E non v’ha alcun dubbio che gli esempi si potrebbero mol­ tiplicare, specie attingendoli dalla storia industriale di tutti i paesi; essi mostrerebbero se non altroché il salariato ha permesso talvolta agli operai di sot­ trarsi alle dure e crudeli vicende del movimento industriale e ha loro assicurato un compenso che nel sistema della compartecipazione al prodotto sa­ rebbe stato minore e meno pronto.

Serionchè il molto che si potrebbe dire sui van­ taggi e sugli inconvenienti del salariato è per così dire messo da parte da un argomento pregiudiziale, dal fatto cioè che nella grande generalità dei casi il salario, ossia la retribuzione del lavoro fissata antici­ patamente e pagata immediatamente, si impone, data la condizione della classe lavoratrice, quale una ine­ luttabile necessità. Affinchè si potesse abbandonare senz’ altro il sistema del salario bisognerebbe che intervenisse un cambiamento sostanziale nella condi­ zione economica della classe lavoratrice, cambiamento di cui non si vede punto la possibilità immediata, perchè dovrebbe mettere l’operaio in grado di soste­ nersi anche nell’ attesa di raccogliere il frutto del suo lavoro. Yi è a questo riguardo una differenza, che non va trascurata, tra il coltivatore del suolo e l’operaio della industria manifatturiera. Il primo può trarsi di imbarazzo anche senza un salario fisso, ossia può adattarsi al sistema della compartecipazione al prodotto, perchè nella colonia parziaria, che ne è la forma concreta piti comune, è alloggiato in generale senza spesa, raccoglie qualche prodotto quasi giornal­ mente, vive con parsimonia, non subisce l’eccitazione del contrasto irritante tra la sua povertà e il lusso dell’ambiente e ottenendo il maggior frutto del suo lavoro una volta l’anno, calcola con prudenza le sue spese, mentre l’operaio della fabbrica, il lavoratore in genere che non vive sul fondo coltivato ha bisogni più numerosi e frequenti, ha spese in de­ naro per una entità maggiore e gli è perciò neces­ sario ricevere a periodi molto più brevi tutto il compenso dell’opera compiuta. Per lui questa necessità primeggia le altre e costituisce una inferiorità econo­ mica che dà la ragione della grande applicazione che trova il salariato e della sua permanenza attraverso tante mutazioni nell’ ordine economico, sociale e politico.

Però, ed è questo un grande vantaggio del sala­ riato, esso non è irrigidito in una data e sola forma, non si è cristallizzato così da mancare di plasticità e di adattabilità alle mutate condizioni ecenomiche. Al contrario, chi si faccia a studiarlo nelle sue più in­ time e recondite manifestazioni trova che esso ha assunto e va assumendo forme varie in relazione a condizioni peculiari delle industrie e della stessa classe lavoratrice. Infatti il salario a tempo (oro, giornata, mese ecc.) e il salario a compito non sono più le due forme uniche di retribuzione del lavoro ; certo esse rimangono le principali, ma altre se ne sono aggiunte o meglio quelle prime si sono perfezio­ nate e conseguentemente diversificate o per stimolare l'operaio a dare il maggior prodotto di cui è capace o per avvicinarsi sempre più a quell’equo compenso del lavoro, che anche nel salariato non può non essere *)

*) Op. cit. pag. 777-8.

la mèta cui devono tendere tutti gli sforzi della società. Gosì si sono già introdotte nel mondo indu­ striale, quale più quale meno, alcune forme di salario progressivo, sotto forma di premio per l’economia o di tempo o di materia prima o di combustibile, nonché per la migliore qualità del prodotto, si applica in altre industrie il salario collettivo, anziché individuale, che può essere alla sua volta a tempo o a compito e progressivo, si regola la mercede sul prezzo del prodotto (scale mobili) e via dicendo. Di queste varie forme passeremo ora ad occuparci partitamenle.

Rivista Bibliografica

R. A. Hadfield e H. de B. Gibbins. — A shorter w or­

king day. — London, Methnen, 1892, pag. V III-184

(2 scellini e

'/si-La questione della riduzione delle ore di lavoro è stata trattata dai signori Hadfield e Gibbins in questo libro, che fa parte della collezione S ocial

Question o f to -d a y , in modo abbastanza completo,

chiaro e senza preconcetti. I due autori trovano che oltre le ragioni speciali a certe categorie di lavo­ ratori (minatori, agenti ferroviari, ecc.), che giusti­ ficano il movimento in favore delle otto ore, vi sono delle cause d’ ordine generale che danno la spiega­ zione di tale agitazione. L’ interesse e la sollecitu­ dine che si ha per 1’ esistenza meno penosa di tanti

operai, l’ istruzione e il progresso generale, lo spi­ rito del tempo, il Zeitgeist come dicono i tedeschi; i cambiamenti sopravvenuti nella industria e nel lavoro, tutti questi fatti danno ragione del movi­ mento sociale, che ha per fine una minore durata del lavoro. Indicate e studiate queste varie cause è fatta la storia del movimento per le otto ore in Inghilterra e nell’ Australia dove, come i lettori sanno, il legislatore in alcune colonie ha sancito la giornata di otto ore, od è stata ottenuta dagli stessi operai. Sono poi esposte alcune considerazioni di carattere generale sugli effetti derivanti dall’ accor­ ciamento della durata del lavoro e sono esaminati gli esperimenti già fatti in Inghilterra le obbiezioni mosse alla riduzione delle ore di lavoro e i vantaggi che ne possono derivare. Non ci fermeremo sopra questi vari argomenti, perchè la questione è stata discussa fin dal 1891 in queste stesse colonne e le conclusioni alle quali pervengono i due scrittori in­ glesi concordano nella sostanza con quelle alle quali giunse il nostro collaboratore. Noteremo che lo studio dei signori Hadfield e Gibbins fornisce alcune interes­ santi notizie sopra vari esperimenti compiuti in In ­ ghilterra ; notizie che vanno aggiunte a quelle for­ nite dal Cox e dal Webb nel loro volume : The

E ight H ours D ay (London, Scott, 1891) e da al­

tri scrittori. I due autori sono contrari all’intervento legislativo, credono che la classe lavoratrice, se ve­ ramente vuole avere la giornata di otto ore, possa raggiungere da sè medesima lo scopo e raccoman­ dano la formazione delle Società operaie ( T ra d e

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9 aprile 1893 L ’ E C O N O M I S T A 231 Dr. Leopold Caro. — D er Wucher. Dine socialpoliti-

sche Studie. — Leipzig, Duncker e Humblot, 1893,

pag. XV-311 (6 marchi).

Henry W. Wolff. — P eople ’s Banks. A record o f social

and economie success. — London, Longmans, Oreen

and Co., 1893, pag. X V I-261 (7 scellini */,). L’usura (d er W ucher) è in Germania e in Austria, non meno che in altri paesi, ancora fiorente. Già nel 1888 si è occupata di questo argomento la As­ sociazione per la politica sociale (V erein filr Social-

politik), la quale anzi fece nel 1885 una inchiesta

per conoscere lo stato dell’ usura nelle campagne (voi. X X X V degli S chriften — 1887), inchiesta che mise in luce molti fatti ma fu oggetto anche di alcune critiche. Ad ogni modo è bene notare che in Germania già vige la legge V i maggio 1880 e in Austria quelle del 28 maggio 1881 e del 19 lu­

glio 1887 per punire la usura.

Ora il Dr. Caro ha compiuto uno studio sul me­ desimo argomento, che viene per sè stesso a pro­ vare la inefficacia o quasi della legge in simile materia. Comunque sia di ciò, 1’ argomento è stato studiato dall’Autore con quella diligenza che distin­ gue di solito gli scritti degli economisti tedeschi e anche divergendo dalle sue idee e pur notando al­ cuni errori di metodo si deve riconoscere tutto l’ in­ teresse e l’utilità che presenta il suo libro. Egli vorrebbe combattere legislativamente la usura, ma il risultato che ha prodotto la legge del 1877 nella Galizia che egli espone, dovevano dimostrargli che la usura mal si combatte con alcuni articoli di legge.

Esposto lo stato della usura in alcuni paesi, l'Au­ tore si occupa della libertà dell’ interesse e delle leggi contro 1’ usura, mostra lo scopo differente che queste si sono proposte e i mézzi adoperati per rag­ giungerlo, ricerca il concetto della usura nella scienza e in che essa praticamente consiste e si manifesta e studia per ultimo la usura nelle campagne della Galizia. Strano è però eh’ egli si proponga la que­ stione: che cosa è la usura, soltanto quando giunge alla metà del suo libro e allora ne dà una defini­ zione così complicata e poco precisa ohe ci fa cre­ dere, con lo stesso autore, che si potrebbe, come fece già Giuseppe li, offrire un premio a chi mettesse in chiaro che cosa sia la usura; almeno qualche di­ scussione verrebbe rosa inutile e semplicizzata.

Per noi il mezzo migliore per combattere l’usura è Sempre quello di rendere il credito a buon mer­ cato mediante la concorrenza e le istituzioni ban­ carie popolari. Perciò abbiamo unito al libro del Dr. Caro sull’usura, P altro di un egregio inglese sulle Banche popolari. Il signor Wolff nel suo libro dedicato all’ onorevole Luzzatti Luigi, ha fatto cono­ scere agli inglesi molte istituzioni di credito popolari che qual più, qual meno, lo meritano di certo. Il suo studio riesce quindi opportunissimo, tanto più che non crediamo sia mai stato fatto da un inglese; esso rivelerà quindi all’ Inghilterra alcuni tentativi •atti in Italia in Germania, in Svizzera, nel Belgio e in Austria per mettere il credito alla portata del piccolo commerciante, industriale e agricoltore.

Sono dodici capitoli, i titoli dei quali daranno un concetto del contenuto del volume del signor Wolff: introduzione — idea generale - le associazioni li credito dello Sehulze Delilzsch - le banche di pte- st|ti del Raiffeisen - la grande controversia

coope-rativa - istituzioni derivate e consimili - le banche po­ polari in Italia - le casse rurali del dr. Wollemborg - le banche popolari del Belgio - il credito coope­ rativo nella Svizzera - il credito cooperativo in Fran­ cia - conclusione.

L ’Autore dimostra di avere veramente approfon­ dito il suo tema e se anche l’ entusiasmo che lo studio del credito cooperativo gli ha trasfuso per le banche popolari e le altre istituzioni congeneri è un poco esagerato, ciò non toglie eh’ egli abbia fatto una buona opera per la quale merita lode. Questa i suoi compatriotli non gliela risparmieranno, perchè ha loro indicato tutto un campo d’azione nel quale gl’inglesi, che pur sono tanto avanti nella coopera­ zione di consumo, non si sono ancora provati. È da credere che se troveranno utile di applicare la coo­ perazione anche al credito (e se non I’ hanno fatto sinora vi è più d’ una ragione) sapranno trovare nuove forme e nuovi perfezionamenti.

Charles Booth — Life, and labour o f thè people in

London. — voi. I l i e IV . — London, Macmillan

and Conpany 1893. — Pag. 306 e 354 (3 scellini e 1|2 il volume).

Abbiamo già annunziato (vedi il N.° 979 A&W’E c o ­

nom ista) i primi due volumi di questa nuova edi­

zione dell’ opera sulla Vita e il lav oro del pop olo

d i L o n d ra edita dal signor Carlo Booth ed ora siamo

lieti di segnalare all’attenzione dei lettori, che s’ in­ teressano alle questioni sociali del giorno, gli altri due volumi che completano questa bellissima opera di fisiologia soc;ale. In verità il signor Booth ha dato coll’esempio una splendida lezione ai governi e più specialmente agli uffici governativi di statistica e del lavoro, intorno al modo col quale si devono fare le inchieste sulle condizioni economiche della società contemporanea e anche per questa ragione siamo grati all’egregio autore di avere intraprese le inda­ gini sul popolo di Londra che formano la materia di quattro volumi assai istruttivi.

Il terzo volume è diviso in due parti, la prima delle quali, comprende alcuni saggi su argomenti vari, il principale dei quali ci pare quello di H. Lle- wellyn Smith sul movimento immigralorio della po­ polazione (thè influx o f p op u lalion ) nell’ interno di Loudra, dove sono studiati accuratamente i rapporti tra i fatti demografici di quella metropoli e le con­ dizioni economiche della sua classe operaia. Lo stesso volume contiene alcuni capitoli sui fanciulli di Lon­ dra, specialmente riguardo alla loro istruzione. Ma di interesse anche maggiore per 1’ economista è il volume quarto, delicato completamente alle industrie dell’est di Londra, ossia della parte orientale di quella grande capitale dove vive la popolazione più povera. In esso i docks, l’ industria della confezione dei ve­ stiti, delle calzature, dei mobili, del tabacco, della seta ed anche il lavoro delle donne e lo sw eating

system sono gli argomenti trattati da parecchi scrit­

tori con molta competenza e amore. Nell’ insieme è certo il volume più interessante, ma tutta l’opera merita il più lusinghiero giudizio.

Prof. Tullio Martello. — Dizionario bibliografico della

economia politica. — /* parte : T rattati g en erali,

(trattati, corsi, m anuali com pendi ec.) — Bologna, libreria fratelli Treves di P. Virano, 1893, pag. 83.

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232 L ’ E C O N O M I S T A 9 aprile 1893 tale opera necessariamente faticosa e lunga vie ¡e a

colmare, è proprio il caso ili dirlo, una lacuna. Egli si propone di dividere il suo dizio ario in sette parti, la prima delle quali, testé uscita, com­ prende la bibliografia dei trattati gen erali intesa la espressione in senso lato, cosi da potere incbiudere tutte le opere che con denominazioni varie (trattati, corsi, manuali, compendi, sunti, ecc. ecc.) espon­ gono largamente o succintamente tutta o quasi la scienza economica. Il Dizionario è opportunamente diviso in parti, che si riferiscono alle varie materie nelle quali può scindersi lo studio della economia politica e le opere sono disposte in ordine crono­ logico, il che rende facili le ricerche. Così la parte prima relativa ai trattati generali comincia coll’opera del Montehretien uscita nel 1615 e scende giù giù sino al 1893. In una seconda edizione di cjuesta prima parte, l’ egregio autore si propone di ag­ giungere le indicazioni delle opere che gli possono essere sfuggite e di illustrare le più importanti e le più recenti, presentando di esse un cenno sommario delle materie svolle in ciascuna in relazione al metodo e alle idee fondamentali.

Com’ è naturale, nella bibliografia dei trattati ge­ nerali che ci offre il prof. Martello, oltre qualche errore di stampa, inevitabile in tanta varietà di lingue, si potrà notare qualche omissione ; perciò gli studiosi che le avvertiranno faranno certo cosa grata all’autore e utile a tutti segnalandole, il che non mancheremo di fare noi pure.

Rivista (Economica

L a questione fin a n z ia r ia in F r a n c ia e i l c o n flitto t r a la C am era e i l Senato — G li s c io p e ri in In g h il­ t e r r a n e l 1 8 9 1Le s tra d e c o m m e rc ia li n e ll’A s ia

c e n tra teT r a t t a t i di com m ercio.

La questione finanziaria in Francia e il conflitto tr a la Camera e il Senato. — Il conflitto sorto

in Francia tra il Senato e la Camera dei deputati ha cause finanziarie abbastanza gravi, perchè inte­ ressi conoscerle esattamente; inoltre è un avvenimento politico di molta importanza, essendo stato cagione delle dimissioni del ministero Ribot e della sua sostituzione col ministero Dupuy.

I provvedimenti finanziari del Governo, che ave­ vano trovato presso la Camera una facile approvazione, diedero nelle secche navigando nelle acque del S e ­ nato. Riportati i provvedimenti modificati alla Camera l’ Opposizione trovò modo di dare su di essi batta­ glia al Ministero, debellandolo sulla questione delia riforma delle imposte sulle bevande, che era, con altri provvedimenti, stata proposta per provvedere al pareggio del bilancio 1S93.

Per conoscere a fondo lo stato della questione, gioverà riandare la situazione finanziaria ed esami­ nare i provvedimenti eòe furouo oggetto di disparati voti nella Camera e nel Senato.

Nel bilancio adottato dalla Camera francese le spese ammontavano a lire 3.337,287,132, e le en­ trate a lire 3,378.278,014. Il Senato ridusse le spese di lire 20,933,000, e le entrate di lire 21,5 9 6 ,0 2 3 ; cosi il bilancio rimase assestato nelle seguenti cifre :

Introiti... L. 3,33(5,682,061 S p e se ... » 3,336,354,132 , Eccedenze d' entrate L. 327,729 Per ottenere queste riduzioni il Senato ha dovuto menare nei capitoli del bilancio, approvato dalla Camera, vigorosi colpi di falce, come ha creduto altresì di salvaguardare per altra parte i contribuenti dalle imposizioni che a cuor leggero, o forse troppo preoccupata dal Panama, la Camera aveva volate.

Così ridusse il credito per le spese di ricostruzione dell’ Opéra Contigue da un milione quarantaquattro mila a sole lire 560,1)00, respinse l’articolo relativo alla lista dei senatori e deputati che percepiscono indennità sul bilancio, rimaneggiò il diritto di paliate specialmente per le professioni lassate ed esercitate nelle città fra le 50,000 e le 100,000 anime e re­ spinse l’ esenzione da questa tassa accordata agli operai che si uniscono per un lavoro comune, o per una comune impresa.

Il Senato stralciò inoltre dalla legge di finanza proposta pel pareggio dei bilancio vari provvedimenti, quali quello pel nuovo regime sulla bevande, che diede pretesto alla crisi ministeriale, quello del mezzo decimo addizionale per ogni lira sul diritto di tra­ passo per decesso, e per le trasmissioni tra vivi a titolo gratuito, I’ imposta sulle operazioni di Borsa, e l’annullamento dei residui disponibili sul credilo di l o milioni a favore del Ministero degli interni per la costruzione di strade vicinali secondo la legge 8 agosto 1888.

Respinse pure la tassa sui pianoforti, quella sulle livree, ridusse la tassa sui velocipedi da IO a 5 lire per macchina, dispensò dalla tassa di bollo le do­ mande per la fedina penale rilasciata a privati, e formulò altre modificazioni pel bollo delle ricevute e per le tasse percepite dalle dogane sui petroli.

Il Senato inscrisse poi due nuovi articoli a termini de’ quali : 1° è aperio un credito di 2) milioni al ministro dei lavori pubblici pel pagamento delle garanzie d’ interesse alle strade ferrate; 2° è auto­ rizzata l’emissione di obbligazioni a breve scadenza (1809) per una somma pari a quella snpradetta.

R dusse inoltre il calcolo degli introiti delle dogane sul provento dell’importazioni cerea i di 21 milioni.

Altre minori modificazioni ai provvedimenti finan­ ziari, specialmente nelle date di applicazione delle varie tasse, apportò il Senato, tantoché si potrebbe dire che l’ opera della Camera è andata in questo grande rimaneggiamento interamente sconvolta.

Gli scioperi in Inghilterra nel 1891. — Il rap­

porto sugli scioperi e sulla cessazione di lavoro per il 1891, che pubblica ogni anno il Burnett, corrispon­ dente del lavoro all’Ulficio del commercio e uno dei direttori del nuovo D ipartim ento del lavoro, è stato pubblicato ora. Esso constata che, sopra un totale di 893 scioperi olia si sono verificati durante quell’anno in Inghilterra, molto inferiore alle cifre degli anni precedenti, il 20 0|0 riguarda le industrie tessili, e il 16 per 0/o I’ industria delle costruzioni Gli scioperi ohe hanno avuto per origine dei dis­ sidi sopra questioni di salario, sono nella propor­ zione relativamente piccola del 54 per 0(0- Non ci sono stati in tutto che 47 scioperi per causa di as­ sunzione di operai non sin dacati, e 23 scioperi de­ rivanti da contestazioni sulla questione delle ore di lavoro.

(9)

9 aprile 1893

, . . . v n - » ' - . v ; • , T’. V V

L ’ E C O N O M I S T A delle T rades Unions nel 1891 e nel 1892, della

agitazione in favore della giornata di otto ore, e della legislazione del lavoro. Infine, riassume l’ opi­ nione di un gran numero di rappresentanti del la­ voro e del capitale, sul modo di metter termine alle controversie industriali ; la maggior parte si pronunziano in favore della creazione di Camere di arbitrato speciali, ogni vo'ta cbe sorge un conflitto.

Le strade commerciali nell’ Asia centrale. —

Una gazzetta russa pubblica le seguenti informazioni-: Il ministero russo dulie comunicazioni ha nomi­ nato una commissione speciale coll’ incarico di fare una particolareggiata inchiesta sull’ argome; to delle strade del commercio per l’Asia Centrale.

La ferrovia Tra si,aspi,ma non è sullìciente per dare sfogo al commercio russo co I’ Asia e l’aper­ tura d’ una nuova ferrovia, o qua to meno di una linea di navigazione fluviale è insistentemente ri­ chiesta. Questa necessità fu a lungo studiata dai ministeri delle finanze e delle comunicazioni e studi vennero già fatti per collegare il fiume Amou Daria col mar Caspio.

Egli è vero cbe tale preg ilo importa una gra­ vissima spesa, ma non vi è dubbio che d sacrifizio sarà largamente ricompensato poiché questa nuova via d’ acqua potrà essere utilizzata anche per 1’ ir­ rigazione delle migliaia di versie di terreno die si trovano lungo il percorso e che potrebbero diven­ tare i più fenili della regione, e adatti specialmente alla coltivazione del cotone.

Con questo proposito il ministero delle comuni­ cazioni ha in pronto due piani per costituire una via d’ acqua, il primo importa una spesa di 27 mi­ lioni di rubli e l'altro di 40 milioni. Essi sono stati sottoposti per l’approvazione al ministero della guerra. Si tratta eziandio di costruire una nuova ferrovia fra Orenburg e Tashkend, perchè gra di carovane che colà si dirigono non possono soventi trasportare tutte le loro merci ed il porto di Ooznn Ada non offre comodi bastanti pel commercio ca­ rovaniero.

La Commissione che deve compiere i nuovi studi è composta da rappresentami ilei commercio, di vari istituti scientifici e di alti impiegati del ministero della guerra e della marina.

T rattati (li commercio. — Ecco alcune infor­

mazioni sulle trattative cbe stanno per aprirsi tra la Svizzera e la Svezia per la conclusione di trat­ tati di commercio.

Le relazioni commerciali fra quei due paesi e la Svizzera sono assai attive. La Svizzera vi esporta diversi articoli, sopratuito dell’orologeria per circa un milione, della gioielleria, dei formaggi, ece. E impossibile rendersi conto della cifra esalta di que- s'e esportazioni, gli invii essendo generalmente di­ retti sopra Amburgo, donde i commissari li avranno nella Scandinavia. D’altra parie la Svizzera ricevo dalla Svezia e dalla Norvegia dei pesci conservati, degli olii, deg i zolfa elli, della pasta di legno per la fabbrica zioue della carta, ecc.

Finora la Svizzera trovasi colla Scandinavia sul piede della Nazione più favorita.

— Il trattato di commercio ispano-portoghese è argomento di molta sodd sfazioue in Ispag a, perchè il Governo è completamente riuscito ad attirare il Portogallo nella unione doganale, cbe inette I agri­ coltura e le industrie spagnole in grado di lottare colle altre sul mercato portoghese. Piacciono so­

pralutto le clausole del trattato, per le quali i due paesi si sono reciprocamente impegnati ai) accor­ darsi qual si sbi concessione futura fatta a l .una altra Potenza, e si sono interdetta la facoltà di met­ tere altre inizio d sul medesimo piede di quello ohe il trattato attuale garantisce loro,

Le Ferrovie Sarle nel 1892

Il 23 marzo in Roma ebbe luogo l’Assemblea ge­ nerale degli azionisti della Compag ià Reale delle Ferrovie Sarde per approvare il bilancio consuntivo del 1 8 9 2 , i cui resultati sommari sotto', i seguenti : Approssimandosi maggiormente alla cifra che -la relazione ritiene pressoché normale, i prodotti delle ferrovie sarde animo tarono a L. 1,709,018.74 eùn una differenza in meno di L. 59,247.47 e la diiiti- nuzione si è verificata per intero nei trasporti a pic­ cola veloci¡à, come conseguenza dei minori raccolti dell’ anno precedente.

Diminuirono pure di circa 8,000 lire i prodotti

fu o r i tra/fico, i quali raggiunsero la cifra di Li­

re 18,903.04.

Tuttavia tanto 1’ una che l’ altra delle due cifre, superarono le previsioni antecedentemente fatte.

La sovvenzione governativa ili prodotto netto è stabilita nella somma di L. 6,149,333.00 e quella di prodotto lordo proporzionata ai prodotti dell’ eser­ cizio fu liquidata in L. 399,728.37.

Dall’impiego di capitali si ricavarono interessi at­ tivi per l’importo di L. 102,391.90, con un aumento di L. 3,300 sull’eguale partita del 4891 dovuto ai maggiori capitali derivati dall’esercizio di quell’ anno. Riunendo tutte le somme indicate si viene a for­ mare il totale dei proven ti del bilancio di conipe tenza del 1892 nella cifra di L. 8,379,297.63 che è inferiore ai proventi del 1891, ma supera per altro di L. 18 000 la cifra iscritta uel bilancio pre­ ventivo.

Gli oneri senza fermarci alle cifre rappresentanti il servizio delle obbligazioni e la spesa per cambi sui pagamenti all’estero nell’insieme di L. 4,314,280.37, resultano di L. 1,819,970.64, cifra inferiore alle spese del 1891 per l’importo di L. 30,000.

Sommando le partite degli oneri della gestione del 1892 si ha un totale ìli L. 6,913,761.83 con­ tro 6,972,706,38 nel 189!.

E cosi le resultanze del bilancio consuntivo di competenza del 1892 sono:

per i proventi d i... per gli oneri di . . . . e quindi si hanno utili per . . a cui aggiungendo' la rimanenza attiva dei bilancio del 1891 in . formasi la somma di . . . .

Agli azionisti a titolo di dividendo vennero di­ stribuite L. 7.30 pur azione al 1° luglio 1892 e L. 7.SO al 1° gennaio IS >3 cioè L. 13,50 pur azione e più L. 2,80 pur ognuna dulie azioni esiratte ne­ gli anni precedenti, non che il pagamento pure ese­ guilo per l’ ammortizzazione di 123 azioni estratte nel deceinbie scorso iu ragione di L. 300 per cia­

(10)

234 L ’ E C O N O M I S T A 9 aprile 1893 scuna, il tulio per la complessiva somma di Li­

re 1,òfi0,000.

Il bilancio preventivo per il 1893 è stato fissato nelle seguenti cifre :

Proventi . . . L. 8,563,093 Oner i . . . . » 6,851,744 Utili . . . . L. 1,711,351

La lunghezza delle linee esercitate era al 31 di­ cembre 1892 di chilom 415 divisa fra le seguenti linee:

Cagliari Golfo Aranci . . . . chil. 316 Decimo Iglesias...» 38 Chilivani-Portotorres . . . . » 67 415

Il Credito fondiario in Italia alla fine del 1812

Il Credito fondiario in Italia alla fine del 1892 era rappresentato dai medesimi Istituti che sono il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, il Monte dei Paschi di Siena, l’Opera pia di San Paolo in Torino, la Cassa di risparmio di Milano, la Cassa di risparmio di Bo­ logna, il Banco di S. Spirito di Roma, la Banca Na­ zionale nel Regno d’ Italia, la Banca Tiberina e l’ Isti­ tuto Italiano di Credito fondiario. Questi due ultimi Istituti, quantunque figurino nell’ elenco, non sono compresi nel movimento per le ragioni più volte ac­ cennate.

Al 1° gennaio 1892 i mutui ipotecari stipulati dagli otto Istituti di cui vien reso conto, ascendevano a 15,310 per la somma di L. 763,0 >8,730.31

Dal 1° gennaio 1892 a lutto deeembre ilei lo stesso anno vennero concessi 734 mutui per l’importo di L. 33,094,500 come resulta dal seguente specchietto :

MUTUI IPOTECARI

ISTITUTI al 1° gennaio 1892 al 31 dicembre l."92dal 1° gennaio Num. Ammontare Num. Ammontare Banco di Napoli. ... 2,538 180,947.373 70 8 286,500.00 Banco di Sicilia... 657 28 528,904-73 36 1,230,500.00 Monte dei Pascili di

Siena... 640 22,233,745 69 18 1,166,500.00 Opera pia di S Paolo

in T orin o... 2,039 68,929,854-48 122 4,289,000.00 Cassa d risparmio di uilano... 3,353 184,546 793.47 269 13,756.000.00 Casa i di risparmio di Bologna... . 961, 29 020,733 33 76 1, 911,500 00 Banco di S. Spirito di Roma... 517 28,155,741 72 13 4-3,500.00 Banca Nazionale nel

Regno d'Iialia . . . 4-885 250 735,583.19 192 10,031,000.00 Banca Tiberina.. . . — — — — Istituto Italiano di

Credito fondiario. ___ — ___

Totali. . . . 15,310 763,098,730.31 734 33,094,500.00

Riunendo la consistenza dei mutui al 1° gen­ naio 1892, con quelli successivamente stipulati nel corso dell’ anno, resulta che al 1° gennaio 1893 erano stati stipulati 16,044 mutui per I’ importo di L. 801,193,230.31. Peraltro i vari Istituti, avendo

ritirato alcune somme per rate di ammortizzazione , per rimborsi ed estinzioni di mutui per la somma di L. 43,997,975.8 0 con 458 mutui estinti, rimane­ vano in essere al 51 dicembre 1892 N. 15,886 mutui per la somma di L . 750,195,254.51.

Tutti quesli mutui, insieme al loro importare e colla respettiva garanzia ipotecaria, si dividevano fra i vari Istituti nelle seguenti proporzioni :

ISTITUTI NUM. DEI MUTUI AMMONTARE GARA NZIE IPOTECARIE Banco di Napoli . . 2.478 Lire 168,065,141.00 Lire 338,099,000.00 Banco di Sicilia . . 678 29,002,524.34 61,874,500.00 Monte del Paschi di

Siena... 640 22,136,416.19 59,640,336.23 Opera pia di S. Paolo

in Torino . . . 2 067 67,820,001.79 186.265 179.00 Cassa di risparmio di Milano . . . . 3,513 160.954,492.26 326,312.000.00 Cassa di risparmio di Bologna . . - . 1,015 29,963,969.03 73,599.541.13 Banco di S Spirito di Rt >ma... 525 27,547,841.99 65,626,721.94 Banca Nazionale nel

Regno d’ Italia . 4,670 244,704,867.91 532,7S5,428.00 Banca Tiberina . . — — — Istituto Italiano di Cre­

dito fondiario... - - -Totali . . . 15,586 750,195,254.51 1,644.202,736 30

Al 1° gennaio 1853 i mutui esistenti ascendevano a 15,586 e il loro ammontare a L. 750,195,254.51.

BOLLETTINO DELLE BANCHE POPOLARI

n e l l ’ a n n o 1 8 9 2

B an ca m utua p o p o la re d i Firenze. — Niuno

ignora il disastro che colpì la Banca Romana, di cui la Banca popolare di Firenze ne era rappresentante in questa provincia agli effetti del cambio dei bi­ glietti di sua emissione. La Banca Popolare di Fi­ renze di fronte ad un avvenimento cotanto eccezio­ nale avrebbe potuto attenersi come ne aveva il diritto al partito più semplice e più comodo di denunziare le convenzioni stipulate, facendo cessare nell’ intera provincia il corso legale di quel biglietto, ma ne fu trattenuta dal pensiero dell’ immensa perturbazione, che avrebbe quel fatto prodotto sul mercato e per risparmiarla al paese, continuò e continua tuttora il cambio dei biglietti della Banca Romana. E di questo chi è che non vede quanta lode sia dovuta alla direzione del nostro Istituto popolare.

Ecco adesso i resultati della gestione del 1892. Il capitale versato comprese le riserve ascendeva alla fine del 1892 alla somma di L. 342,391.52 au­ mentando di L. 12,712.09 nel corso dell’anno.

Gli effetti scontati dai soci nel 1891 ascesero a N. 10,021 p e r ...L. 4,111,056.84 mentre nel 1892 se ne scontarono

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