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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.20 (1893) n.0975, 8 gennaio

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GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FE R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XX - Voi. \XiV

Dom enica 8 Gennaio 1898

t

N. 975

CREDITO FONDIARIO E CREDITO COMUNALE E PR0II1CIALE

Approvando ed anzi suggerendo l’idea, diventala ora progetto di una operazione sulle pensioni, allo scopo di alleviare il bilancio di Una trentina di milioni,

V Economista aveva l'atta una riserva, inquanto ri­ teneva clic fosse sotto tutti gli aspetti più prudente fare la operazione con Istituti privati di credito, che non colla Cassa depositi e prestiti. — Eravamo spinti a questa riserva da molti motivi, ma due principalmente ci determinarono ad essa: — prima di tutto la ra ­ gionata diffidenza sui proponimenti dei Governi. Stretto da un contratto con terzi, lo Stato, qualunque fosse il Governo che lo rappresentava, non avrebbe potuto venir meno ai suoi impegni, se non sulla base del

do ut des ; e questa stessa condizione sarebbe stata pungolo efficace ad impedire che in un avvenire più o meno vicino, se le strettezze del bilancio o le esigenze di maggióri spese facessero, pressione, la annualità convenuta fosse rigorosamente pagata. Fa­ cendo invece l’operazione colla Gassa Depositi e pre­ stiti, la quale sebbene autonoma è amministrata dallo Stato, il Governo in fin dei conti stipula un contratto con un ente che è alla sua dipendenza. Non tarde­ ranno a vedersi i fruiti di tale promiscuità, nel troppo facile espediente di sospendere o diminuire il paga­ mento della annualità elle oggi si promette di pagare alla Cassa. — Ma ali’infuori di ciò un’altra ragione ci eccita a combattere la forma della operazione, ed è l’uso soverchio che vien fatto della Gassa depositi e prestiti. Quando dopo il 1884 cessarono gli anni pro­ speri o creduti prosperi, fu la Banca Nazionale d'Italia la gran mammella, dalla quale lo Stato succhiò tutto quanto era possibile, tanto che da ogni parte ci si domandava fino a quando quest’ Istituto avrebbe po­ tuto far le parli della provvidenza. Ma la Banca Na­ zionale d’ Italia non aveva a sua disposizione fondi indefiniti, e quindi fu tanto più presto esaurita quanto più se ne è abusato. Ora il Ministero tocca l’ul­ tima risorsa, la Cassa depositi e prestiti, Istituto au­ tonomo, ma strettamente legato allo Stato e dopo averlo già scosso obbligandolo a concedere prestiti a lunga scadenza ai Comuni ed alle Provincie, lo esau­ risce o quasi colla operazione sulle pensioni.

Mentre pertanto siamo stati favorevoli a questo espediente, col quale più o meno completamente si toglie di mezzo la questione del disavanzo, diventata per mille motivi insopportabile, non abbiamo appro­ vato e non approviamo che il Governo non abbia fatta una vera e propria operazione finanziaria con Istituti privati, i quali avrebbero naturalmente chiesto

I un compenso,'e la misura di esso sarebbe stata per il Governo, per la Camera e per il Paese un salutare ammonimento contro gli errori commessi.

Ma, come è noto, la natura stessa del servizio che la Cassa Depositi e Prestiti è chiamata a dare allo Stato, rende impossibili altri olfici, che le erano stali affidati e tra questi quello di sovvenire con pre stili a lunga scadenza le Provincie ed i Comuni; — da ciò le trattative corse, ed oggi condotte a ter­ mine coll’ Istituto di Credito fondiario, perchè as­ suma esso l’ufficio, per il quale la Cassa depositi e prestiti è divenuta impotente o (piasi impotente.

Se dobbiamo dire con tutta franchezza la nostra opinione in proposito, dobbiamo lamentare che il Mi­ nistero in questa circostanza non abbia avuto idee sufficientemente larghe per approfittare della propizia occasione e sciogliere almeno in parte, con profitto di tutti, la questione bancaria.

Tutti sappiamo che le Provincie ed i Comuni in Italia non godono certo di una esuberante prosperità finanziaria e che i loro bilanci sono tuli’ altro che rassicuranti, sia per i disavanzi che accusano, sia per gli enormi oneri patrimoniali, da cui sono gra­ vati. Le condizioni generali del paese domandano che anche questi corpi locali, come lo Stato, inizino un periodo di raccoglimento, durante il quale digeri­ scano una serie di opere intraprese affrettatamente, condotte con poca prudenza amministrativa e origine di tante operazioni finanziarie che, malgrado la vigi­ lanza delle autorità tutorie, sono riuscite straordina­ riamente gravose a quelle aziende. Meno rari casi, per i quali, quando l’urgenza sia manifesta e la saggezza evidente, i mezzi non mancherebbero certamente, non è certo il caso di incoraggire nuove opere, ma tutto consiglia anzi a cercare con ogni mezzo di dimi­ nuire P onere di quelle che si sono intraprese. La politica finanziaria delle Provincie e dei Comuui deve quindi per ora e per molto tempo, in via generale limitarsi a trasformare i lóro debiti in debiti meno onerosi, ed a diluire su lungo periodo gli impegni assunti. Così soltanto sarà possibile alleviare od al­ meno non aggravare di più i contribuenti, che da tutte le parti sono più che non occorra sopraffatti.

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L ’ E C O N O M I S T A [8 gennaio 1893

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avessero accumulati gli utili che la Banca Nazionale ad esempio ha distribuito ai suoi azionisti, ess' soli, i Banchi Meridionali erano in caso di poter prestare alle Provincie ed ai Comuni a mite saggio di inte­ resse. Il Ministero poteva trasformando gradual­ mente il loro organismo, autorizzarli alla emissione di speciali obbligazioni ed a poco a poco sostituire tali obbligazioni'alla attuale circolazione di biglietti, alla quale per la loro natura quei Banchi — noi 10 sosteniamo da lungo tempo — non sono adatti. E sarebbe stato possibile risolvere in parte almeno la questione delle Banche di emissione, togliendo di mezzo se non subito, almeno in un avvenire non lontano i Banchi Meridionali, dando nello stesso tempo alle Provincie ed ai Comuni un modo per ot­ tenere, ad un relativo buon mercato, il danaro di cui abbisognano.

Il Ministero non ha seguito questa via ed ha in­ vece richiesto l’Istituto italiano di Credito fondiario di assumere tale servizio e l’ Istituto lo ha accettato senza entusiasmo, e più come un dovere di fronte alla situazione attuale, che come una operazione dalla quale possa sperare grande lucro. Certo che, dato l’impegno che la Cassa depositi e prestiti assumeva colla operazione delle pensioni, dato l’ errore di mante­ nere ai Banchi Meridionali l’ufficio della emissione, 11 Governo non poteva fare altrimenti e l’ Istituto Italiano di Credito fondiario non poteva rifiutarsi all’ufficio.

Le linee generali delle convenzioni preliminar­ mente stipulate tra il Ministero e l’Istituto sono sem­ plicissime, e meritano tanto più l’attenzione in quanto sono un altro e notevole passo, che si fa nella sempli­ ficazione del servizio del Credito fondiario, abban­ donando certe forme classiche, le quali non sono più consentanee ai tempi ed alle esigenze dei mercati.

L’Istituto Italiano adunque consacrerà IO milioni di capitale ai nuovi prestiti e avrà facoltà di emet­ tere per ora venti volte tal cifra di obbligazioni, affine di procurarsi il denaro necessario per fare prestiti alle Provincie, ai Comuni ed ai Consorzi di irrigazione e di bonifica. Viene in questa occa­ sione ammesso il principio, che ha fatto si buona prova col Crédit fon d er di Francia, di svincolare il saggio d’interesse dei mutui da quello delle obbli­ gazioni.

L ’ Istituto potrà emettere obbligazioni al saggio che crederà più conveniente e farà prestiti agli enti morali coi quali è autorizzato a trattare, a quel saggio di interesse che sarà suggerito dalle circostanze. Importante disposizione è questa, la quale finalmente distingue due parti distinte del mercato, la domanda e l’offerta; il saggio del capitale, e quello dei mutui. Poiché se é vero che in un periodo sufficiente- mente lungo i due saggi debbono non essere molto diversi, si sa benissimo che talvolta le oscillazioni e le differenze sono notevoli e che perciò appunto è vantaggioso, così per il mutuante come per il mutua­ tario, che sia colto il momento migliore nel quale il mercato può offrire il capitale ; tale momento spesso non è quello nel quale il capitale viene dai mutuatari domandato.

Naturalmente l’ Istituto di Credito fondiario a ga­ ranzia dei prestiti deve ottenere speciali delegazioni sulla sovraimposta fondiaria e sulle tasse consor­ ziali, in quanto quest’ultime si riscuotano coi pri­ vilegi fiscali della esazione delle imposte. E da

questo lato si può riteuere che l’ Istituto abbia la mi­ gliore delle garanzie, poiché le disposizioni regola­ mentari che ora sono vigenti per la Cassa depositi e prestiti — la quale da lungo tempo esercita tale servizio senza aver subito perdite — andrebbero a tutelare le operazióni che concludesse l’ Istituto. Il rimborso dei prestiti verrebbe fatto col sistema della annualità costante per un periodo massimo di qua­ ranta anni, e l’ Istituto godrebbe di una commissione che, tenuto conto delle spese di amministrazione, le quali non saranno certo piccole, quando si pensi alle difficoltà di esaminare con qualche cura lo stato finanziario di una azienda provinciale, comunale, o consorziale, lascierà però margine alla rimunera­ zione del capitale impiegato in tale servizio.

Era da credere che il Governo considerasse tali prestiti come un pubblico servizio e desideroso, come si mostra, di agevolare in qualche modo alle aziende locali, lo provasse rinunziando alle tasse, e special­ mente- a quella gravissima di Ricchezza Mobile sugli interessi. Ma tanta larghezza di idee non è ancora entrai nel Governo, e si è soltanto convenuto in una specie di abbuonamento, col quale si distribuirà egualmente su un lungo periodo la imposta di ric­ chezza mobile sugli interessi che, come si sa, sono decrescenti.

Sappiamo poi che 1’ Istituto di Credito fondiario non assumerà che i prestiti di qualche importanza, crediamo al di là di veuti o trenta mila lire, men­ tre quelli minori che non costituiscono del resto se non una proporzione poco importante del totale, con­ tinuerà a farli la Cassa depositi e prestiti.

Vedremo quale accoglienza farà la Camera al progetto, che, a parte le considerazioni generali che abbiamo premesse, ci sembra sufficientemente stu­ diato. Il nuovo servizio che assume così l’ Istituto italiano gioverà anche allo sviluppo del Credito fon­ diario, e, speriamo, darà modo a che f Istituto nella trattazione degli affari e nel suo organismo rag­ giunga quella elasticità e quella potenza che sono nel desiderio di tutti.

U QUESTIONE I L L S BANCHE

ed il riordinamento della emissione

Ci assicurano che mentre pende sempre la inchie­ sta sugli Istituti di emissione, il Ministero ha final­ mente compresa la necessità di occuparsi seriamente della questione bancaria allo scopo, se non di pro­ porne subito la soluzione, almeno di avviarvisi ener­ gicamente.

Le voci quindi trapelate qua e là di trattative per la fusione della Banca Romana nella Banca Na­ zionale d’Italia non sono esatte se non in ciò che vera­ mente tratterebbesi della fusione di tutte le Banche per azioni. Il Ministero ritiene che per ottenere un sag­ gio e definitivo ordinamento della questione bancaria sia prima di tutto necessario eliminare gli interessi locali e parziali che sino a qui hanno impedito con tanto funesto successo che l’ interesse generale pre­ valesse.

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dalla capitale, ci congratuliamo coll'un. Giolitti per la nuova via nella quale si è messo e lo incorag­ giamo a persistere usqut ad finem. Conosciamo troppo le condizioni note e non note della questione bancaria in Italia per non comprendere che una soluzione qualsivoglia, quando abbia ad essere de­ finitiva, deve incontrare molte difficoltà, ma arrivati allo stadio attuale, è necessario che tali difficoltà sieno assolutamente superate, perchè il paese possa vedere davanti a sè un periodo di calma non solo, ma di azione vigorosa ed illuminata.

Riprendendo quelle trattative che erano quasi ter­ minate quando avvenne la crise del 29 gennaio 1891 il Ministero dà prova di senno, non solo, ma smen­ tisce coi fatti una prevenzione che erasi infiltrata nell’animo di molti che cioè il gabinetto presieduto dalRon. Giolitti, così come è ora composto, fosse il meno adatto a risolvere con criteri larghi e decisi la questione bancaria. La fusione degli Istituti per azione toglie già di mezzo molti ostacoli; riduce per ora a quattro sole le sette specie dei nostri biglietti ; elimina quegli Istituti sui quali la pubblica opinione da mollo tempo manifesta dubbi e incertezze, per­ mette di misurare ad una sola stregua tutto il male causalo da questo periodo di disordine bancario nel quale viviamo da parecchi anni; ed apre un èra di raccoglimento durante la quale, ammaestrati dalla esperienza si eviteranno gli errori commessi.

Fortunatamente oggi le resistenze che il Governo aveva incontrate nel gennaio 1891 non possono ri­ petersi; le Banche Toscane i cui amministratori, con una abnegazione che sebbene sia doverosa, pure sempre meno si incontra, hanno mostrato di ante­ porre alle loro particolari e personali aspirazioni, qualunque concetto di generale interesse, e quindi da questo lato il Governo non troverà che uomini ben disposti ad agevolare l’esito finale delle tratta­ tive; — la Banca Romana che nel gennaio 1891 aveva opposto all’ on. Crispi così tenace resistenza, oggi sembra venuta a miglior consiglio, ed anzi è da quella stessa amministrazione che sembra si debba cominciare la fusione dei quattro Istituti. Per quanto delicate e scabrose, le trattative tuttavia debbono riu­ scire; e, lo ripetiamo, non possiamo che esserne soddisfatti, mentre crediamo conveniente di mante­ nere il maggior riserbo sulle condizioni intorno alle quali si discute.

Ma detto questo, crediamo d'altro canto doveroso avvertire il Governo che non deve fermarsi a mezza via, perchè la fusione delle Banche per azioni può essere un mezzo col quale semplificare la situazione, ma non è ancora una soluzione.

Noi abbiamo sempre sostenuto che la questione bancaria in Italia si divide in due grandi parti : — il riordinamento degli Istituti ed il riordinamento della emissione. Questo secondo punto è la meta, perchè rappresenta veramente il bisogno da tutti sentito e reclamato. È necessario cioè che in Italia dove teniamo sospesa non si sa come la questione monetaria, e dove la longanimità dei cittadini o la loro ignoranza permette il corso forzoso di fatto dei biglietti di Banca, mentre di diritto abbiamo la con­ vertibilità a vista, è necessario approfittare di que­ sto fortunato stato di cose. Se non si può ridare al paese la circolazione metallica quale la legge pro­ mette, se si deve mantenere il cambio al 4 per cento e più, se il solo medio circolante è il bi­ glietto di Stato e di Banca, è però necessario che

questo biglietto offra sotto, tutti gli aspetti la mag­ giore delle garanzie, non solamente nella sua soli­ dità finale — chè quella è dati fino ad un certo punto dal corso legale — ma nella scrupolosa retti­ tudine di chi lo emette, nella regolarità degli Istituti che godono il privilegio, nella assoluta separazione della circolazione dalle vicende finanziarie.

È già qualche tempo che noi andiamo sostenendo che un vero riordinamento non si può ottenere senza rinnovare uomini e cose. La fusione delle Banche semplificherebbe di molto il primo punto; ma r i­ mane ancora il secondo, dal quale il paese deve avere la assoluta garanzia elle i fatti, per i quali si discute da tanto tempo intorno alla solidità degli Istituti che emettono biglietti, non si ripeteranno in nessun modo.

Raccolta la emissione in mani avvedute, energiche e rigorose, posti in chiaro i diritti ed i doveri, determinate le funzioni e sopratutto la responsa­ bilità, I’ emissione riordinata sarà essa stessa e chi la esercita il pernio del credito del paese. E se la crise attuale durerà ancora, e se nuove burrasche verranno a tormentarci, ne sentiremo molto meno il danno quando così alfinlerno come all’estero si possa dire: il biglietto italiano merita ogni fiducia perchè chi gode del privilegio non lo emette se non contro operazioni commerciali di primo ordine.

Allora il paese che lavora sentirà ancora che il credito pubblico è guidato con unità di concetto e con efficace azione, e si accorgerà che è cessalo quel tempo nel quale ogni atto energico era neu­ tralizzato dalla scarsa concordia dei tanti Istituti.

Certo che per raggiungere questo scopo altissimo la via non è nè facile, nè piana ; ma si presenta per insperata combinazione uba nuova occasione for­ tunata. Il riordinamento della emissione poteva farsi nel 1891 dall’ on. Magliani, quando abolì il corso forzato ed era si può dire onnipotente; poteva farsi nel 1891, quando con tanta aspettativa l’on. Luzzatti salì al potere e la Camera ed il paese erano dispo­ sti ad assecondarlo in qualunque ani ito tentativo; — oggi l’opera coraggiosa e necessaria degli on. Colajanni e Gavazzi ha di nuovo messo il paese nella speranza e nella attesa. L ’on. Giolitti non imiti i suoi prede­ cessori, ma fissando bene la propria meta si mostri risoluto a raggiungerla.

L A CORRUZIONE POLITICA

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8 gennaio 1893 che quegli scandali patisce,ma anche sugli alni, per j

quel vincolo di solidarietà che ai nostri giorni unisce i popoli più civili. Or bene, non è di certi banchieri o pseudo-banchieri e della moralità loro che crediamo di dovere occuparci; ciò riguarda più il sociologo e il moralista, che l’ economista e al postutto non offrirebbe argomento ad alcuna considerazione gene­ rale, ma è piuttosto della vita politica e della corru­ zione che in essa può essere esercitata che converrebbe occuparsi, perchè qui si tratta propriamente di un interesse sociale eminente, di una condizione di sa­ lute della stessa società e niun tentativo, niuno sforzo per rendere sempre meno possibile la corruzione politica, potrà mai essere giudicato superfluo.

Conviene anzitutto che la forte impressione rice­ vuta dai recenti fatti del Panama e simili non ci tragga in errore. Per quanto non possa essere di alcun conforto, è pur necessario notare che gli scan­ dali finanziari e parlamentari non sono in alcun modo una prerogativa dei nostri tempi. Vi è tutta una storia anche di essi e senza risalire ai tempi di Roma, basterebbe passare in rassegna le vicende finanziarie dell’ Inghilterra e della Francia negli ul­ timi due secoli, per convincersi che lo sviluppo delle operazioni di credito pubblico ha dato talora impulso a fatti che non fanno fede di un elevato senso mo­ rale in non pochi di coloro che per una ragione o per l’altra, come legislatori o come uomini d’affari, hanno parte in quelle operazioni. Ma a che prò tor­ nare sul passato quando i fatti contemporanei ci offrono un insegnamento non meno esplicito e sicuro di quello che sgorga spontaneo dalla storia? Perchè mai voler fare confronti e stabilire quando e come la moralità politica e finanziaria scese più in basso, se siamo spettatori di tatti che offendono indubbia mente la coscienza individuale e dicono in termini eloquenti che urge reagire e opporsi alla corrente della disonestà politica e delle transazioni con la propria coscienza e col proprio dovere.

Poiché è bene dissipare ogni dubbio : nella sfera degli affari privati l’ individuo, che per la febbre di arricchirsi antepone all’osservanza dei principi di mo­ ralità il proprio vantaggio immediato è certo con dan­ nabile, anche se sa sfuggire alla pena comminata dal codice penale; ma se egli commette atti che la grande maggioranza dei cittadini riprova ciò-theno- ma la sua personalità morale, la sua individualità sociale, senza che la collettività ne rimanga diretta

mente colpita. Quando invece — ed è il caso degli scandali del Panama — sono uomini rivestili da un alto ufficio che, passivamente o attivamente, subendo o imponendo una triste condizione di cose si danno alla corruttela politica e trafficano i voti e le in­ fluenze parlamentari, è la compagine sociale che viene ad essere in causa, sono gl’ interessi della col- lettività che ne possono essere offesi, è tutto 1’ or­ ganismo sociale che può essere invaso dal morbo della corruzione e deperire e perdersi nella più av­ vilente a sfrenala bramosia dei subiti guadagni. Ora è appunto ciò che bisogna impedire e per poterlo fare conviene conoscere le cause impulsive di que­ sto decadimento morale.

Noi siamo persuasi che riguardo alla corruzione politica una delle più efficaci cagioni, uno dei più potenti stimoli si abbia inevitabilmente nella inge­ renza dello Stato, là dove non avrebbe alcuna ra­ gione naturale e alcuna necessità di intervenire.

Si attribuisce a Sir Roberto Walpole la massima

che « tutti gli uomini hanno il loro prezzo », ma se il ministro, corrotto e corruttore, di Guglielmo III poteva farsi forte della propria esperienza per soste­ nere una simile tesi, non poteva certo pretendere cb’essa avesse un significato più esteso di quello che la corruzione da lui praticala consentivagli di dare. Fosse anche vera quella massima (e una discussione sul proposito ci porterebbe ben lontano) ci pare in­ contestabile che le occasioni di conoscere il prezzo di ciascun uomo saranno tanto minori, quanto più limitata sarà l’azione dello Stato e degli altri corpi politici minori. Ed appunto perchè la natura umana non ci consente di fare un illimitato affidamento sulla moralità politica dei cittadini, sono le occasioni di mettere in pericolo la loro condotta morale che bisogna rendere minori quanto più è possibile.

E le occasioni si presentano ogniqualvolta e il Governo, è il Parlamento che col loro beneplacito pos­ sono rendere possibile, ad esempio, una data impresa, l'esercizio d’una data industria, la esecuzione d un certo lavoro, di certe operazioni e via dicendo. Sa ai privati viene lasciato libero campo di agire, se i loro atti non sono vincolati al mutevole criterio di legislatori o di agenti esecutivi, se lo Stato in una parola si attiene rigorosamente alle sue attribuzioni essenziali, senza intromettersi fra i privati, senza volersi sostituire nella operosità economica, nel sin dacato, nella tutela che i privati medesimi devono esplicare a difesa dei propri interessi, vengono a man­ care con ciò stesso le occasioni e gl’ impulsi al traffico delle coscienze. Dove lo Stato può tutto, dove ogni atto che per poco esca dall’ordinario è permesso o no a seconda che piace agli organi de! potere legi­ slativo e di quello esecutivo è somma ingenuità lo sperare che, piccoli o grandi, molti o pochi, non si abbiano atti, favori e concessioni che dal punto di vista morale sono riprovevoli.

Si pensi ad esempio all’ affare del Panama. Fino a tanto che lo Stato si è astenuto completamente dall’avere una qualsiasi ingerenza nella impresa, di corruzione politica, di sbruffi non si poteva certo par­ lare, essi erano impossibili. Può darsi che anche allora sia stato comperato qualche coscienza elastica, qualche silenzio forzato, ma se ciò è condannabile e dannoso non vulnera 1’ essenza stessa dello Stato e se dieci voci interessate mentiscono, ce ne sarà una almeno che dirà la verità. Tale fu precisamente il caso del Panama; se molti e molti giornali tacquero, anche quando il male non era difficile a scoprirsi, nou mancarono i pochi che, apertis verbis e sfidando in certo modo la impopolarità, diedero l’allarme e sco­ prirono le magagne. Paolo Leroy-Beaulieu, direttore del nostro confratello Y Economiste français, sia detto a suo onore, fu tra i pochissimi che compirono il loro dovere, esponendo senza reticenze il vero, quale risultava dagli stessi documenti pubblicati dalla Com­ pagnia del Panama e dallo studio leale degli ele­ menti che erano in possesso del pubblico.

Quando invece lo Stato, pretendendo- di tutelare gl’ interessi del pubblico, fece fare una ispezione sui Favori compiuti e fu chiamato a concedere 1’ auto­ rizzazione per la emissione di un prestito con premi, si inferì, volentieri o no poco importa, nell’andamento della5 disgraziata impresa, il ricorso ai mezzi di corru­ zione si presentò spontaneo alla mento dei finanzieri senza scrupoli e si resero così possibili gli scandali odierni, che minacciano la esistenza stessa della Re­

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E questo è ciò che si vede, ma c’è anche pur troppo quello che non si vede e che deriva dalle ingerenze illegittime dello Stato, o per meglio inlerderci del governo e del parlamento.

Quando gli economisti liberali studiando le fun­ zioni dello Stato e combattendo l’ intervento suo nel campo degli interessi privati hanno segnalato, tra gli altri, il pericolo della corruzione politica, non farneticavano, ma traevano dalla storia lume e in­ segnamenti. E le loro conclusioni trovano nei fatti contemporanei piena conferma. Là dove lo Stato confonde la sua attività con quella dei privali, reca non solo una perdita economica, ma permette anche che agiscano le forze più contrarie alla moralità po­ litica.

Viviamo in una epoca nella quale, come già in altre, il progresso scientifico, quello materiale e quello morale non procedono di pari passo. Ciò dà la ragione dei tentativi di « rigenerazione morale » che di recente sono stati fatti, specialmente in Fran­ cia e in Germania. ¡Via da essi non vi è molto da sperare; sono movimenti certo lodevoli, ma inefficaci, perchè il loro raggio d’ influenza è troppo ristretto e non riescono ad animare di sensi elevati che una piccola ilite intellettuale, la quale, generalmente, è meno esposta alle tentazioni e trova ad ogni modo da soddisfare le proprie ambizioni con altri onori, che non sian quelli finanziari.

Sicché il problema, la cui soluzione più va ri­ cercata, è ancor questo : organizzare lo Stato, dal­ l’alto al basso, in modo tale che siano ridotte al

minimum possibile le occasioni, le possibilità, le condizioni di corruzioni politiche, di frodi, di traffico delle coscienze individuali e siano salvi gl’ interessi, grandi o piccoli, della collettività dalla lebbra della immoralità politica. Per raggiungere questo fine non vediamo che due vie possibili e da percorrere con­ temporaneamente ; restringere lo Stato e gli enti politici minori alla loro propria sfera d’azione, (quale l’ha tracciata la scuola liberale già da oltre un se­ colo ; formare il carattere degli individui, dar loro una personalità morale, il sentimento della respon­ sabilità non solo di fronte alla società, ma anche verso se stessi. É forse questo l’ indirizzo prevalente, nel duplice riguardo dello Stato e dell’ individuo? Lasciamo ai lettori di dare la risposta.

A noi basta aggiungere che non è imprecando alla ricerca affannosa del benessere materiale, dalla quale è invasa la società moderna, che si può cre­ dere di purificare l’ambiente. Non è la tendenza na­ turale al miglioramento della condizione economica che si può biasimare in un tempo in cui tanta parte della popolazione vive stentando e languendo, ma sono i mezzi adoperati per|raggiungere il benessere, che non di rado meritano la più aperta condanna. L economia può e deve cooperare con la morale per distinguere tra il buono e il cattivo, l’utile e il dannoso, I onesto e il disonesto che si manifestano nella vita dei popoli, perchè il fatto economico, pel suo stesso fine, non può essere anti-morale.

LA CONFERENZA MONETARIA

i.

Abbiamo già pubblicati i principali documenti ri­ guardanti i lavori della Conferenza monetaria inter­ nazionale che fu tenuta testé a Brusselles; vogliamo ora esprimere brevemente la nostra opinione in pro­ posito.

Innanzi tutto dobbiamo meravigliarci che gli Stati Uniti dell’America del Nord, i quali avevano in­ detta In Conferenza, superando ostacoli notoriamente molto importanti, non abbiano pensato, non soltanto ad organizzare in qualche modo gli studi che la Conferenza stessa avrebbe dovuto compiere, ma p a ­ lesemente, essi promotori, non abbiano nemmeno presentata una proposta, che potesse giustificare il fatto di aver radunati quasi tutti gli Stati civili.

A questa strana trascuranza degli Stati promotori ne è venuto che la Conferenza mancasse di orien­ tamento, sia perchè non sapesse bene quale fosse il suo compito, sia perchè, mancando di un qualunque questionario, fu costretta a discutere la prima pro­ posta che venne presentata. E fu precisamente in questo punto che apparve troppo evidente la ine­ sperienza degli Stati Uniti d’America, in quantochè la abilità di far leggere e proporre i loro deside­ rata dal Barone de Rothschild, delegato dell’ In­ ghilterra, non valse a nascondere che quella era la sola proposta sulla quale effettivamente la Conferenza avrebbe potuto seriamente discutere.

Come suol dirsi il giuoco fu presto palese, ed appunto per questo mise in diffidenza anche coloro che erano disposti alle più conciliative proposizioni. Fu detto e ripetuto che la Conferenza di Brusselles doveva essere una inutile discussione accademica ; i fatti hanno dimostrato che i tentativi erano ben di­ versi poiché lasciarono appunto in disparte ogni questione teorica per venire al solo lato pratico della questione quale si presenta oggi.

L ’ avvenire forse non lontano ci dirà perchè mai il piano degli Stati Uniti di America si sia estrin­ secato con una proposta del barone de Rothschild delegato della Gran Biv igna ; e forse apprenderemo che alla troppo primitiva astuzia degli Stati ad Est dell’Atlantico, risposero con maggiore finezza quelli della riva Ovest; John Bull d’ altronde aveva di­ ritto e dovere di mostrarsi più astuto del suo cugino Jonathan. Fatto è che coloro i quali seguono da tanti anni la questione monetaria e gl’ inconvenienti che essa presenta, all’udire che un nomo pari a quello del Bar. Alfredo de Rothschild presentava una proposta, raddoppiarono di aspettazione e di cu riosità tanto più giustificate in quanto il detto Ba- rone era delegato di una fra le più interessate e potenti nazioni europee, l’Inghilterra.

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die essi si domandassero: come? gli Stati Uniti d’America per una parte, l’ India per l’ altra sono tra i più danneggiati dal deprezzamento dell’argento, ci convocano a discutere tale questione da-un punto di vista generale, universale anzi, e non sanno pro­ porci di meglio se non di acquistare tutti d’accordo una certa quantità del metallo bianco allo scopo di impedirne un ulteriore deprezzamento durante i pros­ simi cinque anni ? E dopo, dicessero quei meno in­ teressali rappresentanti, dopo chi pagherà a noi le perdite che potesse subire lo stock metallico acqui­ stato ?

E fu un guardarsi in viso meravigliati, fu un chiedersi se valeva la pena di disturbare tanti Go­ verni e raccogliere a Brusselles tanti rappresentanti per un interesse cosi circoscritto. Ma John Bull aveva già fiutato il vento e la proposta del Barone A. de Rothschild fu ritirata prima ancora di essere messa in discussione, lasciando la Conferenza senza punto d’appoggio e gli spettatori nel dubbio che la vecchia Inghilterra avesse voluto provare se è vero che c’est doublé p la is ir de tromper le trompeur.

Fortunatamente la Conferenza seppe salvare le apparenze, discutendo le vecchie proposte veramente accademiche dei Soetbeer, dei Lévy, degli Allard, ece., e persino approvando dei voti platonici, ed il rap­ presentante italiano a Brusselles con tutta la serietà che è obbligatoria nei diplomatici, diede congedo a tutti felicitando dei lavori fatti e degli studi com­ piuti e fissando anche una data, però abbastanza re­ mota, per una riconvocazione.

Questa è riassuntivamente l’ opera della Confe­ renza di Brusselles del 1892 felicemente interrotta dalle feste natalizie; essa nulla di nuovo apprende, se non che in America malgrado tanto sviluppo di civiltà si crede di trattare certe complicate questioni in modo molto diverso da quello che in Europa non si discutano. Nessuno degli Stati europei, nemmeno la repubblica delle Andorre, si permetterebbe di di­ sturbare il mondo civile per raccoglierlo ad una Conferenza senza aver nessun serio programma in base al quale trattare la questione controversa ; nes­ suno degli Stali europei avrebbe creduto dignitoso di esporsi a così colossale insuccesso.

Ma ormai di questi fatti tutti sono quanto basta convinti ; la Conferenza di Brusselles rimarrà a ri­ cordo di stupefacente impreparazione ; però rimane sempre una questione monetaria che non è quella certamente della quale si voleva far oggetto di studio e di deliberazione la Conferenza di Brusselles. Quale sia questa questione monetaria cercheremo di vedere in un prossimo articolo.

Rivista Bibliografica

Prof. C. F. Bastable. — Public Finance. — London, Macmillan and Co., 1892 ; un volume in 8° di pag. X V III-672, (12 s. 6 d.J

La letteratura finanziaria dell’ Inghilterra, ricca senza dubbio di monografie sopra argomenli singoli, non aveva ancora un’ opera completa e sistematica, di scienza finanziaria, chè quella del Mac Culloch non può dirsi completa. Gli studi speciali sui debiti pub­ blici, sulle imposte e sulla storia della finanza scritti

da economisti inglesi, attestano l’ interesse che in In­ ghilterra si è sempre portato alla economia finan­ ziaria, ma la mancanza assoluta di trattati completi è un fatto abbastanza curioso e che dimostra come l’insegnamento della finanza nel paese dove si sono compiute le più importanti operazioni e trasforma­ zioni finanziarie sia stato finora alquanto trascurato. La pratica degli affari ha potuto supplirvi, ma è naturale che óra si cominci anche in Inghilterra a sentire il bisogno di diffondere lo studio teoretico e comparato della finanza pubblica.

A colmare la lacuna cui accenniamo e a fornire il mezzo di soddisfare quel bisogno si è accinto il professore Bastable della Università di Dublino, già noto per altri lodati lavori sulla teoria del commer­ cio internazionale, con questo grosso volume che se non offre una trattazione orginale della materia, presenta però una chiara e ordinata esposizione della economia finanziaria che sarà di molta utilità per gli studiosi. Il libro del Bastable rispecchia infatti lo stato presente della teoria e della pratica finan­ ziaria e fornisce molto materiale che potrà essere poi accresciuto dallo studioso, ricorrendo alle fonti citate nelle note. Nè va taciuto che sono pregi sin­ golari dell’opera la chiarezza e l’ordine della espo­ sizione, la temperanza dei giudizi e la conoscenza precisa dei fatti finanziari dei principali paesi. Senza avere sovraccaricato il libro di cifre, che producono spesso confusione, l’ Autore ha molto opportuna­ mente riferiti soltanto quei dati, che giovano alla migliore intelligenza delle teorie e dei fatti esposti.

L’ opera comprende una introduzione e sei libri. La prima tratta della natura e dello scopo della scienza delle finanze, delle sue relazioni con altre discipline e contiene un sunto della sua storia. Coni’ è naturale l’Autore si è limitato ad accennare ai principali fatti e scrittori di finanza, tuttavia il suo cenno storico dà un concetto preciso dello svol­ gimento di questo ramo della scienza politico-eco­ nomica. Soltanto, come altri ha già osservato, sarebbe stato opportuno qualche accenno alle discussioni fi­ nanziarie che ebbero luogo nella Firenze medioevale ; ma questa omissione potrà essere tolta nella seconda edizione, che non può mancare.

Il primo libro svolge ampiamente il tema delle spese pubbliche. È questa una parte trascurata dagli scrittori francesi nei trattati di finanza, mentre quelli tedeschi se ne occupano più o meno estesamente. Il prof. Bastable ha dedicato un centinaio di pagine alle spese e forse talvolta invaghitosi dell’argomento ha sorpassato il limite della finanza, come quando, trattando della spesa per la difesa, si arresta a con­ siderare lo sviluppo della organizzazione militare e i vantaggi del sistema inglese dei volontari. 11 lettore che studia questo libro primo dedicato alle spese pubbliche vi troverà molte discussioni interessanti, molte pagine istruttive, ma penserà che non studia ancora dei fatti finanziari od almeno che il punto di vista finanziario è alquanto lascialo’ da parte, mentre predomina quello politico, amministrativo ed economico. È però sempre, ripetiamo, una delle parti più interessanti dell’opera, e l'Autore va lodato per aver rivolta tutta la sua attenzione anche alle spese, mentre tanti Autori anche assai pregiati o le hanno trascurate affatto, oppure se ne occupano in modo superficiale.

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8 gennaio 1893

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economiche o quasi private (secondo la nomencla­ tura dell’Autore), il 3° ai principi generali relativi alle imposte e il 4° alle varie specie di imposte singolarmente considerale. Come è facile compren­ dere, questi tre libri formano la parte più importante dell’opera e meriterebbero un largo esame, ma qui dobbiamo limitarci a pochi cenni.

Il prof. Bastable premette anzitutto la classifica­ zione delle entrate pubbliche e dopo aver esposto quella del Rau, ne fa la critica, mirando egli a ri­ durre le entrale in due soli gruppi, le economiche o quasi private e le imposte.

Il Bastable respinge il concetto della tassa o di­ ritto (Gebiihr) perchè non lo crede fondato sulla realtà delle cose; egli trova che quelle che sono dette tasse hanno caratteri corrispondenti o alle entrate patrimoniali oppure alle imposte; ma non ci pare che 1’ indole vera della questione sia stata esattamente intesa dall’Autore. Infatti, se non ci ar­ restiamo a considerare soltanto i caratteri esterni delle tasse o contribuzioni speciali e delle entrate de­ maniali, ma penetriamo coll’ analisi entro la loro natura troviamo' delle differenze sostanziali fra en­ trate demaniali, tasse e imposte. Le prime sono governate dalla legge del valore nel regime della libera concorrenza, la tassa (retribuzione che il pri­ vato paga per un servizio pubblico resogli sopra sua domanda) può essere fissata praticamente al livello del costo di produzione del servizio o al prezzo ti­ pico di monopolio, che è quello che dà il maximum

di guadagno al monopolista, ed anche a un prezzo in­ feriore a quello tipico di monopolio ma superiore al costo e infine a un prezzo inferiore al costo. Sono le ragioni di utilità generale che consigliano di fis­ sare la tassa nell’uno o nell’altro modo. E appunto per questo non ci pare possibile confondere la tassa coll’ imposta, che guarda alla capacità contributiva del cittadino, o coll’ entrata demaniale, che viene fissata dalle condizioni del mercato.

Comunque sia di ciò, ci basta notare che lo stesso prof. Bastable sembra ammettere le tasse (Gebiihren-

diritti) allorquando tratta delle entrate amministra­ tive e giudiziarie dello Stato (pag. 221 e segg.) e parla del fee principie (principio delle tasse) in contrapposto al fax principie (principio delle im­ poste *).

Fatta questa avvertenza riguardo alla questione della classificazione delle entrate, va aggiunto che tanto la trattazione delle entrate demaniali, quanto quella dei principi generali relativi alle imposte sono nel complesso assai lodevoli. Forse il capitolo sulla distribuzione delle imposte andrebbe ampliato per svolgere più largamente la parte teorica che potrebbe stare a sè e anche quella relativa alla im­ posta progressiva e proporzionale andrebbe comple­ tata con l’ esame di altri sistemi. Parimente nel libro quarto sulle varie specie di imposte sarebbe desiderabile che l’Autore tenesse unite le imposte sui fabbricati con quella sui terreni, anziché met­ tere la prima tra le imposte sul capitale.

’) « Fees (tasse) — scrive il Bastable — come in on y. as a supplement to thè other receipts of thè public exchequer and have to be confined to certain cases of measurable Services where thè Citizen is brought iato direct contract withe thè public power >• (pag. 222) ed è ciò che dicono i fautori temperati della separazione tra le tasse e le imposte.

Gli ultimi due libri dell’opera del Bastable sono dedicati al Credito pubblico e al Bilancio, e offrono una concisa ma chiara esposizione delle principali questioni.

Senza dilungarci ancora su questo nuovo trattato di finanza possiamo dire eli’ esso è frutto di studio accurato e se non vi mancano alcune lacune è tut­ tavia una delle migliori opere di finanza. Certo l’Autore avrebbe fatto bene a esaminare le dottrine più recenti di finanza esposte dai seguaci della scuola mengeriana, ma egli ha voluto forse aspettare che la critica le abbia vagliate, prima di accoglierle in un libro che ha principalmente scopo didattico e non polemico. Anche così come il prof. Bastable ha voluto che fosse il suo libro, esso rimane un con­ tributo pregevolissimo alla letteratura finanziaria. W. Kulemann. — D er A rbeiterschuts sonst und jetzt,

in Deutschland und im Auslande. — Leipzig Dun-ckler und Humblot, 1893, pag. X II-159 (2 marchi.) L ’Autore già noto per un libro sulla Democra­ zia sociale germanica ha voluto svolgere in forma piana e brevemente lo' stato passato e presente della protezione degli operai in Germania e all’ estero. Il libro comprende tre sezioni, nella prima l’Autore fa una rassegna storica della legislazione protettrice del lavoro, nella seconda analizza la legge del I o giu­ gno 4891, che modificò la Gewerbeordnung del 21 giugno 1869, nella terza si occupa delle leggi dei paesi esteri, ma lo fa in modo troppo succinto così da dare un’ idea molto generale dello sviluppo che ha avuto la protezione degli operai nei singoli Stati. In appendice si trova il testo della legge germanica I o giugno 1891 che è quella attualmente in vigore riguardo agli operai. Il libro del sig. Kulemann è utile principalmente per l’esposizione analitica della detta legge, nella Germania ; mentre riguardo agli altri paesi non fornisce che indicazioni sommarie , le quali però facilitano lo studio dei singoli Stati.

Rivista (Economica

Oli interessi sui depositi — Il raccolto dell'uva nel

1891 — Produzione e consumo della lana — Leggi

per facilitare il frazionamento delle proprietà in Inghilterra.

Gli interessi sui depositi. — L ’interesse da cor­

rispondersi durante 1’ anno 1893 sulle somme de­ positate alla Gassa depositi e prestiti è stabilito come segue :

1. Nella misura di L. 4,6082 per cento al lordo e del 4 per cento al netto della ritenuta per Impo­ sta di ricchezza mobile per i depositi di premio, di riassoldamento e surrogazione nell’ armata di mare e per quelli della stessa specie riflettenti l’esercito, che si trovano ancora esistenti ;

2. Nella ragione di L. 4,0322 per cento al lordo e del 3,50 per cento al netto come sopra :

a) pei depositi di affrancazioni di annualità, prestazioni, canoni ecc. ;

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8 gennaio 1893 c) pei depositi di premunimento al volontariato

di un anno nel servizio militare.

3. Nella ragione di L. 3,4362 per cento al lordo e del 3 per cento al netto come sopra pei depositi volontari dei privati, dei corpi morali e dei pubblici stabilimenti ;

4. Nella ragione di L. 2,9933 per cento al lordo e del 2,60 per cento al netto come sopra, pei de­ positi obbligatori, giudiziari ed amministrativi.

— L’interesse sulle somme cbe la Cassa darà a prestito alle provincie, ai comuni ed ai consorzi du­ rante l’anno 1893 è fissato nella ragione del 5 per cento, salvo a mantenere i saggi di originaria con­ cessione quando trattisi di trasformazione di pre­ stiti, concessi a tutto l’anno 1892, in quanto il tasso di interesse fosse stato superiore al 3 per cento.

Il raccolto dell’uva nel 1891. — La produzione,

il commercio ed il consumo del vino in Italia, nel quinquennio 1 8 8 7 -9 1 , risultano dal seguente pro­ spetto :

('Quantità in ettolitri) Superficie

alla quale Produzione annuale g òp Esportazione in botti Quantità rimasta ANNI la coltivazione della vite Ettari Media per ettaro Totale J | 3 S..S.S a -g o f ed in bottiglie (i) a disposizione del consumo (3) 1887 » » 34.532,276 136,118 3,603,084 31,065.310 1888 » » 32.845,639 39,015 1,828,982 31,055,672 1889 • » 21,757,139 15,747 1,438,568 20,334,318 1890 3,430,362 8,59 29,456,809 16,765 935,778 28,537,796 1891 3,443,713 10,74 36,992,135 10,581 1,179,192 35,823,524

Il raccolto del vino in Italia nell’anno 1891, se­ condo le notizie telegrafiche sommarie pubblicate nel

Bollettino dì Notizie agrarie n. 34 del dicembre 1891, si ragguagliava ad ett. di vino 34,970,100. Le notizie definitive danno ora un raccolto di ett. 36,992,133, su­ periore di ettolitri 7,333,326 a quello del 1890.

Tale aumento di produzione deriva da ciò, cbe quasi dovunque le viti si rimisero dai gravissimi danni prodotti dalla peronospora nei vigneti d’ Italia nell’anno 1889.

La superficie di terreno, alla quale si estese la coltivazione della vite, presentò nel complesso un leggero aumento sul 1890 di ettari 13,331 e fu su­ periore a quella del precedente anno nel Piemonte, nella Lombardia, nelle Marche ed Umbria, nella To­ scana, nel Lazio e nelle regioni meridionali adria- lica e mediterranea ; inferiore nel Veneto, nella Li­ guria, nell’Emilia, nella Sicilia e nella Sardegna.

Il prodotto medio per ettaro fu di ettolitri 10.74, superiore di ettolitri 2.13 a quello dell’anno prece­ dente; cosicché nell’insieme il raccolto del vino riu­ scì abbondante.

A formare la citata media di ettolitri 10. 74 per ettaro, concorsero produzioni massime di ettolitri 60 ed anche 70, e produzioni minime di ettolitri 0 .0 3 perchè nella superficie alla quale si estese la colti­

l i SI è calcolato che 100 bottiglie formino un ettolitro. 2) La produzione aumentata dell’ importazione e diminuita del­ l ’esportazione.

vazione della vite si compresero anche gli spazi in- terfilari, ancorché sfruttati con altre colture. Il si­ stema di coltura mista viene esercitato quasi dovun­ que, ma più specialmente nell’ Italia settentrionale e centrale.

Si coltiva la vite in tutte le provincie del Regno, in tutti i circondari o distretti, eccezione fatta pei distretti di Agordo, Auronzo e Pieve di Cadore (pro­ vincia di Belluno) e in 7202 comuni sopra un to­ tale di 8233.

La quantità dell’uva da mensa, cioè di quella de­ stinata direttamente al consumo, sia fresca o sia ap­ passita, risultò di circa quintali 310,000. La mag­ giore produzione di uva da mensa si è verificata nelle seguenti provincie: Palermo quintali 31,034, Trapani quintali 30,650, Napoli quintali 19,921, Bari quintali 19,509, Cagliari quintali 17,931, Lecce quintali 17,186, Cosenza quintali 14,943, Sassari quintali 13,364 e Salerno quintali 12,320. Vuoisi no­ tare che questa quantità è dimolto inferiore al vero, perchè nell’uva appassita non si comprese lo zibibbo, e perchè molti comuni dichiararono di non poter fornire notizie attendibili.

Produzione e consumo della lana. — La Com­

missione doganale ha presentato alle Camere fran­ cesi le seguenti informazioni sulla produzione della lana nel mondo. Il mondo civile ha consumato, nel 1890, 900 milioni di chilogrammi di lana. Nel 1879 la produzione della lana era stata di 700 milioni di chilogrammi; si è quindi avuto un aumento del 30 per cento in un decennio.

Questa eccedenza di produzione va attribuita alle regioni americane del Piata, alle colonie d’Australia e del Capo, ed agli Stati Uniti del Nord.

In Australia, dal 1880 al 1890, l’aumento è stato di 390 milioni di chilogrammi, cioè di 130 mdioni di kg. per ogni periodo decennale.

La Francia ha consumato, nel 1890, circa 60 mi­ lioni di kg. di lana dell’Australia, e la parte ch’essa ha preso nel commercio di lana di Buenos-Ayres e Montevideo è molto considerevole ; stimando la pro­ duzione totale dell’Argentina e dell’ Uruguay a 190 milioni di chilogrammi, la Francia ne ha acquistati 83 milioni, ovvero il 65 per cento del totale. Il re­ sto si è diretto nel Belgio e nella Germania.

A questa cifra di 83 milioni bisogna aggiungere 20 milioni di kg. di lana proveniente dai piccoli paesi di Buenos-Ayres e di Montevideo ; in guisa tale che si calcola a 110 milioni di kg. la quantità di lana importata in Francia dal Piata, quantità che corrisponde a 260 milioni di franchi.

Leggi per facilitare il frazionamento delle pro­ prietà in In gh ilterra. — In Inghilterra si dà la

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cole aziende agrarie, dell’estensione da uno a 50 acri, pari ad ettari 2«) circa. Con quest’ultima leg­ ge, oltre il frazionamento della proprietà e la for­ mazione di un ceto agiato di agricoltori proprietari, gli inglesi vollero raggiungere lo scopo di rendere più intensiva l’agricoltura, aumentando la produzione del latte, burro e formaggio, del pollame e delle uova, dei legumi, ortaggi e dei frutti, per i quali prodotti l’ Inghilterra importa annualmente dall’estero circa 24 milioni di sterline!

Bellissima è l'organizzazione della detta legge per facilitare l’acquisto dei piccoli poderi ( Small h ol­ dings act) entrata in vigore il 1° ottobre 1898. Ne daremo un breve saggio, per quanto permettono le esigenze dello spazio, onde invogliare le nostre classi dirigenti e gli alti poteri dello Stato ad imitare la fertile attività della legislazione inglese, ed entrare noi pure in un terreno- pratico.

L’esecuzione della legge è affidata ai Consigli di Contea, i quali, quando vi sia nelle respettive contee una domanda sufficiente per giustificare la applica­ zione della legge, potranno acquistare qualsiasi ter­ reno, atto a provvedere di poderi le persone desi­ derose di acquistarli e di coltivarli da sè. Per co­ stringere poi i Consigli all'esecuzione della legge, è stabilito che qualsiasi elettore, può presentare una petizione al Consiglio, nella quale testimoni che vi sono dimande per l’acquisto di piccoli poderi, sol­ lecitando l’applicazione della legge.

Perchè poi il prezzo elevato dei detti terreni non sia ostacolo all’esecuzione della legge, e non vi sia più il tornaconto degli acquirenti, come può acca­ dere per vicinanza ad una città, o per essere atti alla fabbricazione, ecc., allora -il Consiglio è facol- tizzato a prenderli in affitto, per molti anni, subaf­ fittandoli in piccoli poderi. Per facilitare poi l’ ese­ cuzione dei lavori per parte degli acquirenti ed af­ fittuari!, il Consiglio è autorizzato a sistemare il ter­ reno, dividendoli indotti, eseguendo le relative chiu­ sure, le condutture di acqua potabile, lavori di drenaggio ed aprendo strade poderali, ecc. La legge stabilisce che gli acquirenti, entro i termini fissati dai regolamenti, dovranno eseguire i lavori prescritti, essendo vietato ai Consigli di vendere o di affittare i detti poderi a persone incapaci, mentre li auto­ rizza ad emettere disposizioni per assicurare Y effet­ tivo esercizio dei poderi.

Per assicurare poi il mantenimento dei migliora­ menti prescritti, gli acquirenti non possono, durante venti anni, ed anche più se non hanno completati i pagamenti, suddividere, cedere, subaffittare i loro poderi, non potendo adibirli ad altri scopi che non siano agrari, e non potendovi costruire che una

so a casa di abitazione. I pagamenti pure vennero taciutati, perchè si eseguiscono in un tempo non maggiore di 50 anni, nel quale periodo gli acqui­ renti corrispondono, oltre l’interesse, anco la quota d ammortamento.

1 prestiti ai Comuni e alle Provincie nel 1892

La Cassa dei depositi e prestiti ha con lodevole sollecitudine compilato la situazione dell’Istituto al 31 dicembre 1892, dalla quale resultano sommariamente le operazioni concluse durante l’anno dalla Cassa per

il servizio dei prestiti ai Comuni ai Consorzi e alle Provincie.

I prestiti concessi nel 1892 ascesero a N. 265 per la somma di L. 13,467,400, così distinti:

N. 84 prestiti per opere igieniche in base alla legge 14 luglio 1887 N. 4791

58 prestiti per edifici scolastici (leggi 6 giugno 1885 N. 314, 8 luglio 1888 N. 5516) . . ; 46 prestiti per viabilità ob­ bligatoria...

1 prestito per opere d’ irri­ gazione (Consorzio dei Comuni del Crem onese)...

1 prestito per il Comune di Ge­ nova (L. 4 lug. 1884 N. 2519 41 prestiti per opere diverse 34 prestiti per dimiss, di debiti

a) al Comune di Roma (legge 28 giugno 1892 N. 299) L. 2,000,000.00 5) ad altri Comu­ ni e Prov. » 2,391,587.87 L. 1,061,700.00 3,446,800.00 984,839.31 73,300.00 1,000,000.00 2,509,172.82 4,391,587.87 L. 4,391,587.87 L. 13,467,400.00 Al 1° gennaio 1892 rimanevano a somministrarsi per prestiti concessi anteriormente L. 45 725,713.23 Aggiunte le concessioni del 1892 » 1 3 ,4 67,400.00

____________

Le somministraz. a farsi rilevano a L. 59,263,113.23 Nel corso del 1892 sono state som­

ministrate in complesso . . . » 30,596,124.38 Restano a somministrarsi al 1°

gennaio 1893 ... L. 2 8 .9 6 6 ,9 8 8 % Nello stesso anno 1892 sono stati

rinunziati 8 prestiti per . . » 668,980.05 Per cui là somma rimasta a som­

ministrarsi al 1° gen. 1893 sui prestiti concessi a tutto

il 1892 rileva a . . . . L. 27,998,008.80 Le riscossioni per rimborso di prestiti da parte | dei mutuatari ammontava al 1° Gennaio 1892 e 5000 | delegazioni per L. 24,600,000 in cifra tonda e sic­

come la riscossione vien fatta per legge a rate bi­ mestrali, così equivalendo queste rate ad altrettante partite di credito, l’Amministrazione ha dovuto vigi- : lare per la riscossione di circa 33,000 partite.

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8 gennaio 1893

La Cassa Generale di risparmio nel Belgio nel 1891.

La progressione dei depositi sopra i libretti di ri­ sparmio è andata notevolmente aumentando negli ultimi due anni cioè nel 1890 e 1891 come resulta dal seguente specchietto.

Anno Ammontare dei libretti al 31 dicembre Anno Ammontare dei lit.retti al 31 dicembre 1880... . F r . 125,098,287 1886...,. Fr. 216,893,328 1881..,.. » 128,370,094 1887... » 239,941,384 1882... . » 127,996,208 1888..., . > 260,224,438 1883...,. » 141,942,464 1889.... . » 282. 588,099 1884... . » 158,829,010 1890.... , » 325,415,412 1885... . » 189,061,089 1891.. ■. . » 333,428, 732 Il raffronto delle rimanenze annuali del conto de­ positi sopra libretti, dimostra che negli ultimi anni la legge di progressione è siffatta, che il credito inscritto raddoppia press’ a poco nel periodo di sei anni; questa legge corrisponde approssimativamente ad un aumento dell’ 1 1 .6 per cento all’ anno, cioè a circa I’ 1 per cento al mese.

Nel 1890 l’ aumento è stato di molto superiore: 43 milioni, mentre la cifra calcolata in base alla progressione degli anni precedenti, non è che di 32 */, milioni.

In complesso l’ accumulamento dei depositi alle Casse di risparmio risulta piuttosto dal numero sem­ pre crescente dei libretti di minima importanza, che dall’assenza del limite al credito inscritto.

Il saggio medio dell’ interesse prodotto dall’ im­ piego definitivo dei capitali, nel 1891 è stalo del 3. 48 per cento.

Il costo dei valori, che costituiscono il portafoglio gli impieghi definitivi era, al 31 dicembre 1890,

. . . ' ... Fr. 220,687,003 Durante l’anno, vennero eseguiti

nuovi impieghi per una somma di » 68,858,113 in totale... Fr. 289,545,118

D’altra parte l’ammontare dei va­

lori realizzati è stato di . . . . » 48,742,461 residua così un totale di . . . Fr. 249,802,657

In questa somma i valori di borsa erano annoiati al prezzo d’acquisto

per la somma d i ... » 242,890,001 Al corso della Borsa del 31 di­

cembre questi valori rappresenta­

vano ... » 257,228,286 d’onde un maggior valore di . . Fr. 14,538,285

Per la legge del 1889 la Cassa generale di ri­ sparmio e delle pensioni è stata autorizzata ad im­ piegare una parte dei suoi fondi disponibili in pre­ stiti per la costruzione, o 1’ acquisto di case operaie, e dal 1° maggio al 31 dicembre 1891 si effettuarono 19 prestiti per fr. 60,515, e alla fine del detto anno l’ammontare dei prestili fatto dalla Cassa era di fr. 166,500 al saggio del 2 */, per cento e di fr. 40,000 al saggio del 3 °/0.

Gli impieghi provvisori nel 1891 sono stati i seguenti :

Sconto di effetti n. 18,353 per Fr. 355,041,789 Prestiti su fondi pubblici

n. 2718 per...» 43,622,700 Al 31 dicembre 1891 si aveva uno sconto di 4057

effetti per franchi 80,609,832 e 968 prestiti per fr. 9,530,900.

L'impiego in prestili sopra pegno che aveva dato luogo nel 1890 a 2141 operazioni per fr. 29,935,400. ha dato nel 1891 un movimento di 2718 opera­ zioni per 43,662,700 franchi.

Il numero dei prestiti inferiori a mille franchi, che era nel 1890 di 538, nel 1891 s’ è elevato a 667.

Il conto dei profitti e delle perdite dell’anno 1891 si riassume come segue :

Utile degli impieghi definitivi . Fr. 8,683,557 Utile degli impieghi provvisori . » 2,890,661 Totale . . Fr. 11,574,218 Meno :

1° Per interessi corrisposti ai

d ep ositan ti...Fr. 9,910,409 2° Per spese generali, inden­

nità eco...» 801,874 Somma . . Fr. 10,712,283

Le Casse di Risparmio in Austria dal 1886 ai 1891.

Nel 1890 il numero delle Casse di risparmio in Austria crebbe in misura molto maggiore che negli anni scorsi cioè di 16 mentre nel 1889 l’ aumento fu soltanto di 9 , nel 1888 di 8, nel 1887 di 7 e di 15 nel 1886. Sicché nell’ ultimo quinquennio au­ mentarono di 65 istituti ossia del 17.81 ° /0.

Delle 430 casse di risparmio esistenti nel 1890, 339 erano comunali, 66 sociali e 25 distrettuali.

Il movimento dei capitali che nel 1889 fu di fior: (L. 2.50) 665,172.126 saliva nel 1890 a fior. 690,109,217 con un aumento di fior. 34,936,491. peraltro mentre nel 1889 i versamenti costituivano il 52.61 per cento di lutto il movimento dei capi­ tali, nel 1890 raggiunsero appena il 49,87, aumen­ tando per conseguenza la parte dei rimborsi da 47.39 a 50.13 per cento.

I versamenti nel 1890 furono inferiori di fior. 5,754,886 ossia dell’ 1,65 per cento, e i rimborsi maggiori fior. 30,691,337 e così il resultato finale di questo movimento fu sfavorevole sull’ anno pre­ cedente per l’ importo di L. 56,446,223.

II seguente specchietto contiene le cifre concer­ nenti i versamenti nell’ultimo quinquennio:

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ver-L ’ E C O N O M I S T A

27 8 gennaio 1893

samenti raggiunsero il punto culminante, superando in detto anno di fior. 55,317,250 la somma dei ver­ samenti fatti nel 1885.

I ribassi nel 1890 ascesero a fior. 315,955,853 e dal seguente prospetto si rilevano i rimborsi, av­ venuti anno per anno nell’ultimo quinquennio :

ANNO Ammontaredei rimborsi

Aumento (-K) o diminuzione (—

di fronte all’ anno precedente

« © | 2 a ^ uìh S.2 2*3 « ^ a « 1890 345,935,853 + 30,691,357 p. »/» - f 9.74 100. 51 1889 315,244,496 - 442,780 - 0.14 90. 09 1888 315,687,276 — 5,305,182 — 1.65 94. 56 1887 320, 992,458 - f 39,039,457 4 -1 3 .8 5 101. 71 1886 281,953,001 + 6,441,138 4 - 2.34 91. 20 Nell’ultimo quinquennio i rimborsi figurano per fior. 1,579,813,084 contro 1,652,713,747 ed in media fior. 315,963 milioni all’anno ili fronte a fior. 530,543 milioni di versamento.

1 rimborsi cbe negli ultimi due anni erano di­ scesi, crebbero nel 1890 di fior. 50.691,357 ossia del 9,39 per cento e raggiunsero fior. 315,935,853 la somma più alta finora raggiunta.

Dal confronto dei versamenti con i rimborsi r e ­ sulta per il quinquennio un eccedenza di versamenti per l’importo di fior. 72,900,663 corrispondenti al solo 4,41 per cento di tutti i versamenti.

Gli interessi capitalizzati nell’ ultimo quinquennio furono i seguenti : 1886 ... fior. 41,063,354 1887 ... . 42,574, 735 1888 ... » 44,394,855 1889 ... » 47,057,104 1890 ... > 49,006,719

M I C I DELLE CAMERE DI COMMERCIO

Camera di Commercio di Firenze.

— Nella tornata del 28 dicembre p. p. dopo avere larga­ mente discusso vari argomenti, che non erano al­ l’ordine del giorno, cominciò con approvare per l’an­ no 1893 i ruoli principali e suppletivi per la lassa, col sistema percentuale e con l’aliquota del 4 0|0. Dopo di cbe il Cons. Yimercati prese la parola al- I oggetto di fare osservare come l'elevato dazio d’in­ troduzione che alcuni Comuni dell’ Emilia hanno imposto sulle ligniti, sia di grave ostacolo alla dif­ fusione ed estensione dell’uso di questo combusti- bile nazionale, più particolarmente ricavato dalla regione toscana, e che riesce di così grande utilità negli usi industriali. Mentre Firenze e Prato non hanno dazio d’ introduzione sulle ligniti, mentre Pi­ stoia limita tale dazio a 50 centesimi la tonnellata, il Comune di Bologna lo fa salire a L. 4 e quello di Reggio Emilia perfino a L. 6 la tonnellata. Se si considera la differenza di potere calorifico fra la lignite ed il carbone estero, la sproporzione fra i dazi relativi, nei detti Comuni, appare enorme e tutta a svantaggio del combustibile nazionale. Il

Cons. Vimercati propose pertanto che la Camera facesse uffici presso le consorelle della regione emi­ liana, affinchè tenuto conto delle precedenti consi­ derazioni, si adoperino presso i rispettivi Comuni per una ragionevole riduzione del citato dazio e ciò a vantaggio, particolarmente delle industrie locali, che ne fanno uso.

La proposta venne accettata dalla Camera. Fu ac­ cettata poi come raccomandazione la proposta fatta dal Cons. Frullini, che, alcune delle adunanze della Camera, sieno a cominciare dal nuovo anno, tenute nelle ore serali.

Il Cons. Ciofi riferì su vari affari e la Camera adottò le sue proposte : a) sul progetto del cav. Ce­ sare Buonfanti per una ferrovia da costruirsi fra Livorno e Pistoia, che non può prendersi in corfti- derazione, essendosi già la Camera pronunziata fa­ vorevolmente ad altro progetto nell’adunanza del 9 marzo decorso; b) sull'istanza della Commissione per le statue nella Loggia di Mercato Nuovo, da prendersi in considerazione quando saranno discusse le proposte per sussidi a scuole,ec., ec.; e) sull’istanza di alcuni esercenti nel Comune aperto di Firenze relativamente all'esportazione dei vini di lusso dai magazzini di deposito, istanza accolta favorevol­ mente pregando la presidenza di far le pratiche op­ portune presso il R. Governo ed il Comune di Fi­ renze ; d ) sull’ istanza del sig. Alfredo Agosti circa alla rivendita del coke, istanza che non potè esser presa in considerazione riguardando affari d’ interesse privato.

Camera di Commercio di Bologna.

— Avendo il Consiglio Comunale di Bologna imposto un dazio sulla torba, e su ogni combustibile destinato all’ in­ dustria, la Camera riconfermò il voto altre volte espresso cioè che sia mandato esente da dazio ogni combustibile destinato all’ industria, incaricando per­ altro la Presidenza di studiare il modo di conciliare gli interessi di essa con la possibilità di frodi nella distinzione del consumo privato e industriale.

Camera di Commercio di Venezia.

— Nella tornata del 2 gennaio dopo la elezione del seggio presidenziale, a cui vennero rieletti il Comm. Ricco a presidente, e il Cav. Augusto Cini a vicepresidenle e dopo che i rieletti ebbero pronunziati i loro re­ spettivi discorsi, il presidente fece cenno di una re­ cente decisione della Commissione per la naviga­ zione circa ai servizi marittimi, e chiese I’ urgenza per trattare intorno ad essa.

Ammessa l’urgenza, il Consiglio, dietro proposta della presidenza e del cav. Barbieri, che parlò per la Commissione sulla navigazione, deliberò di indire una riunione dei presidenti delle Camere di com­ mercio del versante Adriatico e delle altre che hanno intendimenti comuni con quella di Venezia, nonché di tutti gli onor. Deputati dei respettivi collegi, per trattare sulle nuove convenzioni marittime proposte dal Governo, allo scopo di sostenere gli interessi rappresentati dai Deputati e dalle Camere stesse.

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