• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.20 (1893) n.0977, 22 gennaio

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.20 (1893) n.0977, 22 gennaio"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN TE R E SSI P R IV A T I

Anno I X - Voi. XXIV

Domenica 22 Gennaio 1893

,

N, 977

LA SITUAZIONE

A PROPOSITO D E L L E B A N C H E DI EM ISSIONE

Nell’ ultimo numero abbiamo espressamente taciuto intorno alla questione delle Banche, perchè, ammae­ strati dalla dura esperienza, non potevamo ancora fare assegnamento nè stilla prudenza, nè sulla one­ stà politica degli uomini. Oggi ci troviamo di fronte ad alcuni fatti compiuti, la cui importanza non può essere disconosciuta. Le tre Banche per azioni, la Banca Nazionale nel Regno d’ Italia, la Banca Na­ zionale Toscana e la Banca Toscana di Credito hanno firmato un compromesso per procedere di comune accordo alla fondazione di un nuovo Isti­ tuto di emissione : la Banca d’ Italia ; — la Banca Romana è messa in liquidazione ; — il Governatore B. Tanlongo ed il Cassiere C. Lazzaroni della Banca stessa sono in carcere; voci e notizie di irregolarità, di malversazioni, di frodi, di corruzioni, sono di­ ventate addirittura spaventose e destano lo sgomento. Diamo più innanzi quasi il testo dei due com­ promessi firmati dai rappresentanti delle Banche, l’uno riguardante la fusione e la costituzione della nuova Banca di emissione, l’ altro la liquidazione della Banca Romana ; premettiamo alcune brevi d i­ chiarazioni ed osservazioni.

Intralasciamo di rilevare la condotta di molta parte della stampa, la quale con così meravigliosa disinvoltura ha abbandonate quelle esigenze, che da tanti anni sosteneva per'principio; e non perderemo nemmeno il nostro tempo a sindacare se e quanto il Ministero possa essere in flagrante contraddizione tra quanto oggi opera e quanto propose audacemente alcune settimane fa e sostenne alla Camera nella me­ moranda tornata, nella quale gli onorevoli Colaianni e Gavazzi cominciarono a sollevare i veli che da tanti anni nascondevano o cercavano nascondere il marcio, nel quale era immersa la Banca Romana.

Ma in pari tempo la nostra moderazione dopo tanti anni di lotta non può essere spinta sino al punto da non fare alcune esplicite dichiarazioni.

Vediamo che alcuni giornali discutono sulla re­ sponsabilità dei ministeri che si sono succeduti e leggiamo i tentativi, coi quali si cerca di togliere o di diminuire tale responsabilità. Ebbene, possiamo affermare con certa scienza:

1. ° che l’on. Giolitti, abbandonando nel 1891 il Ministero del Tesoro, era consapevole dello stato di­ sordinato, in cui si trovava la Banca Romana ;

2. “ che alla fine del gennaio 1891 l ’on. Crispi era tanto convinto dei guai, nei quali nuotava la

Banca Romana, che appunto per questo aveva fatto stipulare i compromessi di fusione tra le Banche, ai quali soltanto il B. Tanlongo resistette sinché la crise venne a togliere di mezzo la questione.

3.° che l’ on. Luzzatti era conscio perfettamente dello stato delle cose quando assunse il Ministero del

j

Tesoro e non agì di conseguenza solo perchè non ebbe energia sufficiente di fronte ai suoi colleghi ;

i.° che fino dal 1891 erano tanto noti ¡ risul­ tati della relazione AIvisi che scrivevamo nel numero del 5 luglio 1891 dell ’Economista: # che le situazioni di uno degli Istituti erano adulterate o sofisticate come dir si voglia » e l’on. Alvisi voleva provare in Senato « che tali adulterazioni e sofisticazioni erano a co­ lf ’ zi°n0 del Governo ». E continuavamo:« sarebbe

stato ingannato il pubblico ed il Governo sulla en­ tità della circolazione, ed, affermavasi, dei biglietti di scorta sarebbero passati in circolazione, senza quelle formalità che la legge stabilisce per renderli capaci giuridicamente del loro ufficio ». E concludevamo: « Badiamo bene ; se può essere discrezione il non mettere in piazza i malanni da cui è afflitto il credito pubblico, può essere colpa il non mostrare al pub­ blico con quanta parzialità e con quanta fiacchezza (ì lettori tengano conto della mitezza delle nostre pa­ role) ^il Governo compie il suo ufficio di vigilanza ». — L on. C him irri allora Ministro di Agricoltura, In­ dustria e Commercio, voleva fosse data querela con­ tro VEconomista ; fu, a quanto ci consta, l’on. Luz­ zatti che si oppose. Se il desiderio dell’on. Chim irri fosse stato seguito, avremmo subito pubblicata l’in ­ chiesta Alvisi. G li scandali odierni sarebbero stati anticipati di un anno e mezzo e si sarebbero rispar­ miati molti milioni, perchè allora il disavanzo della Banca Romana non superava i 33 milioni.

Premesse queste dichiarazioni, le quali mirano a stabilire che nei Ministri, che dal 1888 si sono suc­ ceduti, in fatto di questione bancaria vi è respon­ sabilità, per ignoranza, per colpa, o per leggerezza, passiamo a dire brevementt della situazione attuale.

(2)

50 L’ E C O N O M I S T A 22 gennaio 1893

0<rgi, senza merito è vero del Ministero, ma per un concorso di circostanze fortuite ci troviamo di fronte a fatti compiuti, e noi non possiamo che ral­ legrarcene e dare tutto il nostro appoggio perchè | ottengano la finale sanzione. Non mancherà più tardi il tempo perchè pei recenti errori sia richiesta la meritata espiazione.

In questo momento non si può pensare che all’ inte­ resse generale del paese e al credito pubblico, ed a que­ sto soltanto bisogna, a nostro avviso che si ispiri il Par­ lamento; gli uomini e le loro colpe per un mo­ mento spariscono. Ordiniamo severamente e logica­ mente questo altissimo interesse generale e poi chi ne ha voglia e dovere si occupi degli scandali, delle colpe, delle malversazioni e delle rispettive respon­ sabilità materiali, morali e politiche.

Dalle convenzioni, che pubblichiamo qui sotto, i lettori vedranno che si mira alla fondazione di una nuova banca di emissione, a costituire la quale con­ corrono le tre Banche attuali, la Nazionale d’ Italia e le due Toscane; queste tre Banche assumono pure — e non è piccolo onere — la liquidazione della Banca Romana, ottenendo in correspetlivo il privilegio |per venti anni a favore della Banca costituenda e la di­ minuzione della tassa di circolazione da 1.44 ad 4 per cento lire.

Non vi è tempo da discutere ora sulle condizioni generali di queste convenzioni ; il male era ed è cosi grave che conveniva procedere di urgenza e va data lode al Ministero ed alle tre Banche se — una volta entrati in quella via — hanno voluto e saputo venire sollecitamente a definitive conclusioni.

Ma lutto questo non deve essere se non il mezzo per il quale si mira ad uno scopo molto più alto e definitivo; — la fusione elimina la questione degli Istituti di emissione, ma lascia aperta, spalancata anzi, la questione del riordinamento della emissione. In questi ultimi anni da una parte il Governo con illecite esigenze, da un’ altra le Banche con soverchie condiscendenze, da un’ altra ancora con disposizioni che avevano l’aria di essere pacifiche, mentre erano il prodotto di una inconcepibile debolezza, infine in causa di reati tollerati con una pazienza che rasenta la complicità, — tutti questi fatti hanno luminosa­ mente provato che il pubblico era obbligato dai corso legale ad accettare come moneta biglietti che non avevano il valore che i documenti pubblici affermavano.

0 per colpa o per ignoranza si è ripetuta la sto­ ria di tanti governi medioevali e sì è fatta — come dice il venerando Ferrara — della moneta falsa legale. Le Banche di emissione, le quali dovrebbero essere I’ arca santa del credito diventarono pozzi ai quali si attingeva allegramente e con suprema leg­ gerezza, compromettendo il pubblico credito.

Siamo stati abbastanza fortunati che fra tanti de­ putati — i soli che avevano libertà di dire la ve­ rità poiché i cittadini che l’ avessero detta erano minacciati della reclusione — tra tanti legislatori che certo sapevano lo stato delle cose, se ne sieno trovati due abbastanza coraggiosi per sfidare le in­ solenze ingenue del Miceli, e le audacie politiche dei Baccelìi e dei Giolitti, e toglierci dal pericolo, a cui si sarebbe andati incontro, se si fosse prolungata ancora per qualche anno la gazzarra della Banca Romana, alla quale ormai per mantenersi in equili­ brio non restava altro che accrescere la entità delle colpe, estendendo le corruzioni e le malversazioni. —

Ma la lezione deve bastare a tutti per esigere che la nuova Banca sorga con statuti e con leggi tali da rendere assolutamente impossibili \e compiacen­ ze, le condiscendenze e le colpe.

Riordinati gli Istituti bisogna riordinare la emis­ sione in modo che il biglietto di Banca rappresenti in Italia qualche cosa di tanto onorato e rispettato da poter funzionare come moneta.

Molte cose occorrono per conseguire questa meta, e tra tulle vorremmo dire per prima che occorre­ rebbe una grande occulatezza nella scelta dei Con­ siglieri della Corona, i quali, per la insufficienza del Parlamento, esercitano un potere, che non ha efficace sindacalo. Ma trattando questo punto usciremmo dal campo nel quale a bello studio cerchiamo di man­ tenerci e saremmo costretti a dirigere le nostre mo­ deste critiche troppo in aito, dove, sventuratamente per il paese, non arrivano le voci dei modesti e dei piccoli.

Ma per quanto riguarda strettamente la tecnica bancaria crediamo opportuno raccomandare alcuni punti :

1° che sia riconosciuto che l’ ufficio della emis­ sione è incompatibile con qualunque altra intra­ presa di credilo. Una Banca di emissione ne ha

abbastanza se esercita lodevolmente 1’ ufficio dello sconto commerciale ;

2° che la Banca di emissione non può mai essere chiamata a deviare dalle severe e rigorose disposizioni che la reggono, nè per crisi generali, nè per crisi parziali ; i salvataggi in altri termini non debbono essere nè ordinati, nè invocati, nè permessi ;

3° che di fronte alle inevitabili pressioni della politica e del Governo è da desiderarsi che la Banca di emissione non sia in mano di uno solo, ma di una collettività, che abbia modo e forza di resistere alle esigenze illecite del Governo e degli uomini di« Stato ;

4° che una ben definita responsabilità degli amministratori li metta nella necessità di resistere a qualunque tentativo di deviazione dai loro doveri;

5° che gli amministratori sieno pur scelti tra quelli che nella azienda hanno maggiore interesse, ma si cerchi che il censo sia accompagnato dalla intelligenza e dalla conoscenza delle cose, che deb­ bono trattare.

Una Banca che sorga su queste basi, può ancora salvare il paese dalle maggiori difficoltà verso cui precipita ; quando si comprenderà che un Istituto di emissione è chiamato soltanto a scontare della carta di primo ordine e non è nè un Istituto di beneficenza, nè un opera pia rivolta ad aiutare le cattive imprese od il commercio vacillante o fallito, allora soltanto il biglietto sarà apprezzato nel paese ed all’estero.

Certo che tutto questo non basta. Occorre nel Governo un alto senso di moralità....

Ed ora ecco le convenzioni, delle quali abbiamo parlato più sopra.

Convenzioni tra le Banche Nazionali d'Italia e Toscana.

(3)

im-22 gennaio 1893 L ' E C O N O M I S T A 51

pensierito della gravila della situazione ed aveva manifestato il desiderio che, lasciando intatti i Banchi Meridionali, le tre Banche per azioni si fondessero, alfine di creare un nuovo Istituto e operare la liqui­ dazione della Banca Romana, nella quale si erano riscontrate gravi irregolarità nella circolazione dei biglietti e operazioni disastrose, alle quali era im­ possibile che la Banca stessa potesse far fronte. E giacché la Banca Nazionale del Regno si mostrava disposta ad accogliere l’ idea del Governo, i diret­ tori delle tre Banche si assumono di concorrere al salvataggio della Banca Romana, prendendo atto che il Governo aveva intendimento di rendere meno oneroso il carico, che sarebbe caduto sulle tre Ban­ che, accordando:

1° il privilegio della emissione per venti anni ; 2° la riduzione a ll’ uno per cento della tassa sulla circolazione ;

5° la facoltà di impiegare una parte della r i­ serva, circa 60 milioni, in divisa estera ;

4° la facoltà di impiegare in rendita un terzo del capitale;

5° il corso legale ai biglietti per cinque anni. Il Governo avrebbe anche promesso di affidare alla nuova Banca il servizio di tesoreria ad eque condizioni, e, sulla stessa domanda dei Banchi Me­ ridionali, di ristabilire la riscontrata.

Ciò premesso le tre Banche dichiararono di unirsi per fondersi à forfait tutto il loro attivo e passivo per costituire la Banca d’Italia con un ca­ pitale di 312 milioni dei quali 210 versati.

Questo capitale sarebbe così distribuito tra le tre Banche.

Gli azionisti della Banca Nazionale Toscana r i­ cevono 30 mila 'azioni con 700 lire di versato, in cambio delle attuali 30 mila colla stessa somma versata.

G li azionisti della Banca Toscana di Credito ri­ ceveranno 8 mila azioni con 700 lire di versato, corrispondente al capitale di 5 milioni e di 600 mila lire di riserva, oltre un premio di 360 mila lire ed un rimborso di 140 mila a complemento della r i­ serva, che è appunto di lire 740 mila.

Gli azionisti della Banca Nazionale, che rappre­ sentano 200 mila azioni con 750 lire di versato, ne riceveranno n. 214,283 con 700 lire di versato, ossia ogni 14 vecchie quindici delle nuove.

A completare le 300 mila azioni della Banca d'Italia con 700 lire di versato, rimarrebbero 47,715 azioni, le quali verranno date alla pari, in opzione, agli azionisti della Banca Nazionale, in v i­ sta del maggior premio che le azioni di questa Banca hanno sul mercato.

Venne stabilito che il personale delle tre Banche sarà assunto dalla nuova Banca d'Italia o dagli Isti­ tuti di sconto che si fondassero, secondo i ruoli che saranno stabiliti il 31 marzo 1893. Il personale di grado superiore sarà possibilmente collocato in posti analoghi a quelli che occupa attualmente. G li am­ ministratori attuali delle tre Banche saranno prefe­ riti nella amministrazione della nuova Banca.

Per gli impiegati della Banca Toscana di Credito, che non hanno diritto a pensione venne provveduto perchè possano usufruire per mezzo di una contri­ buzione della Banca e per mezzo di loro contributo personale.

Convenzione

p er la liquidazione della Banca Romana. Fra i delegati delle tre banche suddette e i de­ legati della Banca Romana è stato convenuto quanto segue :

1. I rappresentanti della Banca Romana pro­ porranno al loro Consiglio di domandare all’ assem­ blea degli azionisti la messa in liquidazione, pro­ ponendo di nominare liquidatrice la Banca Nazionale o la banca che ad essa fosse surrogata, con diritto alla assemblea degli azionisti della Banca Romana di scegliere un delegatoi per assistere a detta liqui­ dazione, senza che l’ azione di questo delegato possa impedire il corso della liquidazione.

2. La Banca Nazionale o la banca che ad essa sarà surrogata, pagherà per ogni azione della Banca Romana, qualunque sia il risultato della liquidazione, la somma di lire 450 — ritirando le azioni ed aprendo a ciascun possessore un conto per attribuire gli eventuali riporti, che potessero risultare nella li­ quidazione ;

3. A tale effetto la Banca-Nazionale o chi per essa terrà separato il conto della liquidazione ;

4. La riserva metallica della Banca Romana passerà alla Banca Nazionale, od a chi per essa, come ogni altra attività della Banca Romana, e la Banca Nazionale, o chi per essa, assumerà il carico del passivo, epperciò anche quello della circolazione della Banca Romana, risultante dalla situazione al 10 del corrente mese in lire 134,981,888.50

5. Se dal prodotto della liquidazione, dedotto quanto sarà dovuto alla Banca liquidatrice per somme antistate per la liquidazione, risultasse una ecceden­ za, questa sarà in totalità ripartita fra gli azionisti della Banca Romana, senza prelevazione di alcun compenso per la banca liquidatrice, salvo solo il rimborso delle spese effettive.

Il signor principe Don G iulio Torlonia, al quale si associano pienamente il |Comm. 13. Tanlongo e gli altri delegati della Banca Romana, dirige ai si­ gnori rappresentanti delle tre banche, facendo ap­ pello al loro equo giudizio, le più vive raccoman­ dazioni affinchè abbiano verso gli impiegati e gli inservienti della Banca Romana, sede centrale, non­ ché verso i direttori e personale delle sedi succur­ sali quella maggior considerazione e riguardo, che l’eccezionaiità delle loro condizioni richiede.

Sappiamo poi che si intenderebbe di preporre alla Direzione generale della costituenda Banca d’ Italia un Direttorio e che sarebbero chiamati a costituirlo i tre direttori delle Banche comm. Grillo, comm. Ap- pelius e senatore Ridolfi.

FACiUTAZIOll DOGANALI E FISCALI NEI TRASPORTI IARIT1I

(4)

52 L’ E C O N O M I S T A 22 gennaio 1893

prova, potrà servire di stimolo al Governo a pro­ porre in seguito altre mitigazioni del regime fiscale vigente. Nel qual campo ognun sa se e quanto vi sarebbe da mietere !

Si tratta d’ una riforma della tassa di bollo sulle polizze di carico; argomento di cui noi ci occupammo sino da quattro anni fa e più volte anche in seguito, quando di proposito e quando per incidenza (nu­ meri 768, 793 e 856 dell’ Economista).

Il disegno di legge, di cui sopra, modifica qua e là quello che era stato presentato sulla stessa materia il 25 Maggio 1891 dal precedente Ministero. Anche allora il Governo si era mostrato propenso di soddi­ sfare entro certi limiti al desiderio, tante volte mani­ festato dal commercio, di vedere diminuita la tassa, troppo gravosa, specialmente per le piccole spedizioni. Per renderla dunque proporzionata in qualche modo alla entità dei trasporti e per agevolare il traffico tra le piazze del Regno, si era compilata una tariffa di favore, ripartita in sei gradi, pei piccoli colli, per quelli cioè non eccedenti il peso di cento chilogrammi. La graduazione avendo per base il peso, per le spe­ dizioni di merci inferiori a Chil. IO, il bollo sulla Polizza di Carico avrebbe dovuto essere di cent. IO, per quelle tra 10 e 20 Chil. di cent. 20, da 20 a 40 cent. 30, da 40 a 60 cent. 40, da 60 a 80 cent. 50 e da 80 a 100 cent. 60, tutte tasse soggette, meno quella di 10 cent., all’aumento dei soliti due decimi. In tutto il rimanente la legge sul bollo restava inal­ terata. Durava infatti il divieto di far figurare nelle polizze, qualunque fosse il peso dei colli, più d’ un destinatario; ed era mantenuta intatta la tassa di L. 1,20 per le polizze rappresentanti spedizioni o provenienti dall’estero o superiori ai 100 chilogrammi. Veniva poi stabilito che P indicazione di peso infe­ riore al vero, allo scopo di pagare una tassa minore di quella dovuta, dovesse di per sè stessa costituire contravvenzione alla legge sul bollo.

Il nuovo progetto, e speriamo definitivo, sulle Convenzioni marittime, modifica alquanto queste proposte. Il suo art. 7 dice infatti; « La tassa di bollo sulle polizze di carico e sulle lettere di vettura è stabilita nella misura di cent. 10, quando il peso complessivo della merce non superi i 20 chilogrammi e di cent. 60 quando il peso complessivo della merce superi i 20 chilogrammi ». Il provvedimento ci pare migliore assai di quello indicato poo’ anzi, per le ragioni che diremo tra poco. Conviene aggiungere però, quantunque ciò non rechi poi gran danno, che la motivazione ne è molto mediocre.

Ed invero, la Relazione ministeriale che accompa­ gna il disegno di legge osserva che la graduazione della tassa stabilita dal progetto precedente « può essere di incitamento aò inganno, in quanto che per essa si offre adito all’ inconveniente di poter segnare sulla polizza un peso minimo di quello effettivo per pagare un minor diritto di bollo ». Orbene, un pe­ ricolo siffatto non è del tutto escluso, neanche col progetto nuovo, giacché questo pure distingue i colli inferiori ai 20 chilogrammi da quelli superiori al detto peso, e determina in conseguenza due tasse diverse. Se non che, trattandosi di due sole categorie di peso l’ inganno sarà meno facile. La semplicità, se si può averla, è sempre desiderabile. Col 1.® pro­ getto l’ Inconveniente sarebbe stato maggiore, perchè la graduazione era soverchia. Così avrebbe dovuto esprimersi la Relazione.

La quale osserva inoltre che la disposizione pri­

mitiva, perla quale sono considerate contravvenzioni alle legge di bollo le inesatte dichiarazioni di peso, non basta ad impedire che queste abbiano luogo. Noi però notiamo elle la disposizione medesima anco nel progetto nuovo viene mantenuta e crediamo che sia ben fatto, avendo sempre sostenuto il principio delle tasse miti, ma delle multe gravose e inesorabil­ mente applicate contro i contravventori. Neanche qui la forma della Relazione non è troppo felice, poiché vi si legge: « È materialmente impossibile che la dogana possa pesare tutti i colli di merci nazionali che si trasportano da un posto all’altro dello Stato, ne è da ritenere che la pesatura possa essere scru­ polosamente eseguita dalle Società di navigazione, le quali, dopo tutto, non hanno un grande interesse ad accertare se un collo pesi 2 0 ,21 , 60 o 61 chil. » 0 se per l’ appunto, secondo l’ art. 7 sopra riferito, la sola grande distinzione rimasta è quella tra i venti e i ventuno chilogrammi! Anche qui bisognava dire che essendo ridotta a una sola la differenza che si dovrà tener d’occhio, la possibilità delle frodi sul peso sarà non tolta di mezzo, ma diminuita, il che è sempre qualche cosa.

E diminuita, e notevolmente, non già scongiurata, come dice la Relazione, è la possibilità che il mit­ tente comprenda in un’ unica polizza vari piccoli colli per una stessa destinazione, sottraendo all’erario l’ im­ porto della tassa di bollo che gli sarebbe dovuta per tante polizze quanti sono i colli da spedire. È certo che se il limite di peso, pur graduato come si è detto, fosse giunto pei piccoli colli colpiti da tassa di favore fino 100 chilogrammi del progetto prim i­ tivo, l’invio di parecchi a parecchi colli ciascuno di piccolissimo peso si sarebbe potuto includere in una polizza sola. Ma anche col nuovo progetto i piccoli colli che godono la tassa di favore possono essere diversi in una stessa spedizione; e se l’apparente de­ stinatario è di piena fiducia del mittente, i destinatari effettivi, non nominati nella polizza, possono essere ben più d’ uno; così come lo sono talvolta nelle spe­ dizioni considerevoli, le cui polizze pagano la tassa di bollo normale, e così come entro una busta, pur­ ché tutto il piego non superi i 15 grammi, sì pos­ sono spedire con un solo francobollo lettere chiuse per due o tre persone. Anche qui peraltro l’erario avrà da temer poco, essendosi limitato a 20 chil. il peso complessivo a cui possono ascendere i colli che fruiscono il benefizio della tassa minima.

(5)

22 gennaio 1893 L’ E C O N O M I S T A

53

Il commercio ne avrà senza dubbio un vantaggio, se il Parlamento approverà la proposta, come non abbiamo motivo di dubitare che l’approvi. Esatto di certo è nella Relazione il seguente raffronto: « Se si tiene presente che, secondo la consuetudine, non piu di due polizze di carico vengono emesse, sia per le spedizioni nell’ interno dello Stato, sia per quelle provenienti dall’estero, cioè una polizza pel capitano, I altra pel destinatario, vediamo die la somma da pagarsi ammonta a L. 1,20, secondo la nostra pro­ posta, mentre attualmente è di L . 2,4-0, con una differenza quindi a favore del commercio di L. 1,20, vale a dire del cento per cento. Per le spedizioni invece al disotto di 20 chilogrammi di peso, si cor­ risponderebbe, secondo il nuovo ordinamento, cente­ simi 20 di contro a L. 2,40 che si pagano ora, con una differenza perciò a favore del commercio di L. 2,20 ».

Ma si osservi che abbiamo sottolineato alcune pa- Fole. Lo consuetudine di emettere due soli esemplo ri di polizza c’ è effettivamente, ma è consuetudine abusiva. Il Codice di Commercio (art. 556) senza pregiudizio dei duplicati, vuole per la polizza quattro originali, destinali al capitano, al proprietario od ar­ matore della nave, al caricatore ed alla persona, cui le cose caricale devono essere consegnate. Poco im­ porta che tra le persone pratiche del ceto marittimo vi sia, come v’è di fatto, una corrente d’idee intesa ad ottenere su questo punio la riforma della le»ge, me­ diante la soppressione dell’ obbligo dei quattro orim- nali, che è un avanzo dell’antico meccanismo dei trasporli per mare, oggimai non più corrispondente allo stato di cose determinato dal vapore che si è sostituito in gran parte alla vela e dalle grosse Com­ pagnie di navigazione, che si sono sostituite in gran parte agli armatori spiccioli. Finché la legge vige è e deve essere interesse di lutti che sia rispettata! Ura ci pare un po’ strano che in un documento ulhdale, quale è un disegno di legge presentato alla Camera dal Governo, si parli di una consuetu­ dine abusiva senza far motto di qualche provvedi­ mento inteso o ad impedirla, ovvero, riformando la iegge vigente, a toglierle il carattere abusivo. È esat­ tissimo l’ accertamento di cotesta consuetudine, come base del calcolo esposto nel brano della Relazione dianzi riportato. Ma sarebbe assolutamente necessario, nonché opportuno, cogliere l’ occasione per mettere le cose in regola in uno di questi due modi : o mo­ dificare I ari. 556, o stabilire che il terzo e il quarto esemplare della polizza siono esenti da tassa di bollo o ne sopportino uria lievissima.

. Il primo partito non avrebbe nulla di strano, di intrinsecamente intempestivo. Se una legge speciale, come quella che dà in appalto i servizi postali ma­ rittimi può riformare in un dato punto una leg<m generale quale è quella sulle tasse di bollo, perchè mai non potrà egualmente riformare quell'alma leg^e generale che è il Codice di Commercio ? — Pur o avia ammettiamo che ai più non sia per sembrare acconcio il momento di ritoccare il Codice. Resta allora I altro partito.

Perchè è invalsa la consuetudine, e dovrebbe iamarsi abuso, di emettere due esemplari di po­

s ila ! ca.rico, ¡nvece che quattro? Per risparmiare d f6’ f OA6nt a,tr° (l uailt0 °ga' la tassa di bollo mi i ^ Per °S«i esemplare viene considerata,

non n ar er°’L troPP° grave- Volendo che l’abuso perduri, bisognerebbe stabilire che il terzo e

quarto esemplare saranno esenti da tassa. Ma, forse ci verrà opposto, il sistema della nostra legislazione sul bollo è che ciascuno esemplare d’ un atto scritto, sia originale o copia, debba esser bollato. Benissimo, e allora si stabilisca che il 3° e il 4° esemplare, e i successivi, se gli interessati ne vogliono qualche duplicalo si bollino colla lieve spesa, per esempio, di cent. 5. Per così poco nessuno vorrà cadere in multa, e per l’erario sarà tanto di guadagnato. Questa lacuna vorremmo si colmasse nella discussione del progetto di legge. E ci pare cosa tutt’ altro che difficile a farsi.

L’IMPOSTA SULLE OPERAZIONI DI BORSA IN FRANCIA

E LA BORSA DI PARIGI

Il movimento favorevole alla imposizione delle transazioni di borsa, che si è manifestato in questi ultimi anni in Germania, in Austria, in Italia e in Francia, rispecchia le scarse simpatie che general­ mente suscita la Borsa. Per effetto di pregiudizi, che sono più o meno radicati in molti, sotto l’ influsso di principi economici fallaci e di critiche sociali­ stiche che si vanno diuturnamente diffondendo, l’ opi­ nione pubblica in generale è poco o punto favore­ vole alla Borsa. Non occorre dire quanto ciò sia pro­ dotto da idee erronee, ma il fatto è innegabile, come è anche incontestabile che, a generare una tal quale avversione verso la Borsa e coloro che si occupano di affari di borsa concorrono certe manovre, che il codice penale può benissimo non condannare, ma che essendo dannose socialmente ed economicamente non meritano in verità l’approvazione, neanche da parte dei piu spregiudicati. Se fosse possibile distinguere e separare nettamente il bene dal male che alla Borsa si collegano, si troverebbe però, indubbiamente, che il pi imo non è inferiore al secondo e che il com­ batterla per progetto è un assurdo e un danno pari a quelli che si commetterebbero, combattendo qual­ siasi altro ramo di commercio. Ma per molti l’opi­ nione che esprimeva un giorno il primo Console in una conversazione, rimasta celebre, col conte di M ol­ den è certo l’ espressione della verità. « Io doman­ do, diceva il primo Console, se non si devono con­ siderare come dei tristi quelli che per ri n vi liare gli effetti pubblici offrono di consegnarne in un termine convenuto quantità considerevoli a un corso più basso di quello del g io rn o ?---Io domando se l’ uomo che offre di consegnare in un mese a 38 franchi delle rendite in 5 per cento, per esempio, che si ven­ dono oggi al corso di 40, non proclami e non pre­ pari il discredito; se egli non annuncia almeno che personalmente non ha fiducia nel governo, e se il governo non deve considerare come suo nemico co­

(6)

met-54 L ’ E C O N O M I S T A 22 gennaio 1893

tervi fine con proibizione assoluta dei mercati a ter­ mine, non diversamente. »

Oggidì, se si fa eccezione dei socialisti, le idee in­ torno alla influenza delle borse sono meno assolute e i critici, pur movendo a certe pratiche di borsa aspra censura, non negano che nel movimento ge­ nerale degli affari anche la borsa abbia la sua fun­ zione, ma vorrebbero colpire con forti imposte le operazioni che vi si stipulano per far partecipare lo I Stato ai guadagni, creduti favolosi, che gli uomini di borsa, come si dice, vanno facendo. Senza insi­ stere ora su questo punto dei guadagni, che ad ogni modo presuppongono delle perdite corrispondenti e anche presso la stessa persona si alternano il più spesso con le perdite, ci pare utile di esaminare la questione della imposta sulle operazioni di borsa, quale si presenta ora in Francia, tanto più dacché anche da noi sono state fatte negli ultimi anni varie proposte di rifornita della legislazione vigente e forse non tarderanno ad essere riprensentate.

Bisogna notare anzitutto che nella maggior parte dei paesi lo Stato percepisce sulle transazioni una specie di imposta proporzionale sotto forma di tassa di bollo. Limitandoci a considerare la Francia, un capitalista che acquista a contanti 10,000 franchi di valori pagherà per imposta un bollo di borde­ reau di 4.80, colui che acquista per 100,000 o per 1 milione non paga di più. Lo stesso è a dirsi per gli speculatori. È chiaro che questo sistema non è conforme al principio della proporzionalità. Il bollo dei bordereaux, dei contratti e dei conti di liquida­ zione invece d’ essere uniformemente di 70 centesimi per qualunque operazione al disotto di 10,000 fran­ chi e di 1 .80 per le co (trattazioni che superano i 10,000 franchi dovrebbe essere proporziouale agli affari fatti.

Bisognerebbe in breve che le operazioni di borsa fossero trattate dal fisco allo stesso modo degli ef­ fetti di commercio. E uno scrittore, assai competente nella materia, il Neyinarck, proponeva sin dal 1884 di modificare l’ imposta sul bollo che in virtù di varie leggi colpisce i bordereaux e i conti saldati (iarrêtés de comptes) degli agenti di cambio e sen­ sali, in guisa da fissare la tassa di 10,000 in 10,000 franchi. Determinata in 70 centesimi fino a 10,000 franchi e aumentata di SO centesimi ogni 10,000 franchi 'essa sarebbe da 1 a 1 (>,000, 0,7Ó da 10,000 a 20,000, di 1,20 da 20,000 a 30,000, di 1,70.... da 90,000 a 100,000 di 5,20, ec., ec. Un simile sistema di tassazione moderato non ci pare che possa sollevare molte critiche. Esso è equamente proporzionale, non troppo gravoso rispetto alla im ­ portanza delle transazioni che colpisce, nè tanto one­ roso da nuocere alle transazioni ; in caso contrario comprometterebbe I’ utile di operazioni che poggiano spesso su lievi differenze e allontanerebbe dal mer­ cato gli affari così delicati degli arbitraggi sui va­ lori stranieri.

Or bene il signor Tìrard, ministro delle finanze, non ha seguito una via così semplice. Col suo pro­ getto presentato per soddisfare alle domande insi­ stenti di u a gruppo di deputati, egli ha adottato un sistema di tassazione alquanto complesso. Coll’art. 1° del progetto viene determinato che qualunque ope­ razione di borsa, che ha per oggetto la negoziazione a termine dei valori di cui l’art. 71 del Codice di Commercio francese, dovrà essere constatata sopra'un bordereau individuale firmato dall’agente di cambio.

Un bordereau simile dovrà essere parimente com­ pilato da qualsiasi intermediario per le operazioni sui valori non quotati alia Borsa. E cotesti bórde- reaux sono assoggettati a un diritto di bollo, la cui qualità o misura è determinata dal valore totale dei titoli negoziati, calcolati secondo il prezzo della ne­ goziazione. La misura della tassa sarebbe stabilita nel seguente modo: a 10 centesimi per ogni 1000 fran- j chi o frazioni di 1000 franchi quando il valore to- I tale dei titoli non ecceda i 5000 franchi, a 50 centesimi per ogni 5000 franchi o frazione di 5000 franchi quando il valore totale dei titoli è superiore a 5000 ma non eccede i 50,000 franchi ; a 5 franchi per ogni 50.000 franchi o fraziono di 50,000, quando il va­ lore totale dei titoli è superiore a 50,000 franchi

ma non eccede i 500,000 franchi; lo tassa sarebbe di 10 franchi per ogni 100,000 franchi o frazione di 100.000 quando il valore totale dei titoli è superiore ' a 500,000 franchi. E la tassa non dovrebbe essere

soggetta ai decimi.

Non si può dire che questa tassa sia mitissima ma non è neanche gravosa, ed è probabile che essa non valga ad accontentare i fautori della tassazione degli affari di borsa. È quello che sapremo in se­ guito. Intanto può essere di qualche interesse il co­ noscere su quale ammontare di operazioni dovrebbe essere applicata la imposta. Ricerca questa tult’ altro che facile, come si comprende, perchè non si hanno elementi sicuri in proposito e bisogna procedere per induzioni.

Si può a cagion d’ esempio risalire alle senserie che prelevano sulle operazioni di borsa, gli agenti di cambio e i sensali. Ora a Parigi, all’ infuori del mercato officiale che comprende i 60 agenti di cam­ bio privilegiati vi sono oltre 200 mediatori o cou- lissiers che fanno tra loro e per conto altrui ope­

razioni a contanti ed a termine sui valori e sulle rendite. Questo gruppo di mediatori costituisce ciò che si dice il mercato libero. Se gli ¿genti di cam­ bio consentissero a indicare le loro spese generali annuali e l’ ammontare dei dividendi che riparti­ scono agli associati alla loro carica, sarebbe facile, poiché, la senseria ch’ essi prelevano è di /10, Vs 0 l/i per cento, di determinare il totale delle lóro operazioni ; ma a questo totale bisognerebbe aggiun­ gere quello degli affari effettuati franco cioè senza senseria, bisognerebbe tener conto anche dell’ am­ montare delle provvigioni che parecchi agenti ^ac- cordano agli intermediari e che diminuiscono d a l­ trettanto gli utili netti del loro ufficio. Il Neymarck ha tentato di fare questi calcoli e noi li riassumiamo.

(7)

22 gennaio 1893 L ’ E C O N O M I S T A 55

cento sul capitale di i 50 milioni, valore delle 60 cariche di agente di cambio, in tutto 24 milioni. Per ottenere un utile di 24 milioni, i diritti di me­ diazione, essendo di 1,25 per 1000 fr. occorre che le negoziazioni totali si elevino a oltre 19 miliardi, in cifra tonda a 20 miliardi, Non è una Cifra esage­ rata, ma anzi dev’essere inferiore ai vero, perchè da una parte i diritti di senseria percétti non in­ dicano e non possono indicare la totalità delle ope­ razioni fatte. Quando un agente acquista e vende lo stesso giorno per 100,000, 500,000 franchi, 1 mi­ lione di valori per uno stesso cliente, non riscuote che una sola senseria sulla somma più forte, sia all’acquisto, sia alla vendita e d’ altra parte gli agenti accordano delle provvigioni sulle senserie (remises sur courtages) agli intermediari, sensali, banchieri ec. Si può quindi senza temerità aumentare di due terzi se non dei tre quarti la cifra di 20 miliardi più sopra ottenuta e calcolare il totale delle negozia­ zioni fatte dagli agenti di cambio a contante o a termini in 30 a 35 miliardi.

Questa cifra non apparirà esagerata se si riflette che soltanto il Crédit Lyonnais e la Société génè- rale fanno operazioni di borsa a contanti e a ter­ mine per circa 6 miliardi, si può quindi credere che i 60 agenti di cambio di Parigi, che centraliz­ zano in certo modo tutti gli ordini di borsa della Francia e dell’estero, facciano affari per 30 miliardi circa.

Ma vi è anche il mercato libero formato dalla cou­ lisse dei valori e da quella delle rendite, ossia vi sono 200 case inscritte sul foglio dei coulissiers e un centinaio operano all’ infuori di questo sindacato dei cmlissiers e formano quello che si potrebbe dire un secondo mercato libero a fianco del primo.

La coulisse dei valori conta circa cento membri e si occupa principalmente dei valori internazionali : turco, egiziano, Banca ottomana, esteriore spagnuolo, Rio, eoe. Essa dispone di capitali importanti e la sua organizzazione finanziaria è cosi forte da resi­ stere alle più gravi burrasche, e da ispirare fiducia alle maggiori case bancarie francesi e straniere. Essa si occupa sopratutto delle operazioni a termine. Si calcola che il capitale sociale che rappresentano i membri della coulisse dei valori non sia inferiore a 50 milioni e che la cifra dei suoi affari non deve allontanarsi molto da 20 miliardi l’anno.

La coulisse delle rendite comprende delle case che fanno parte anche di quella dei valori, ma men­ tre alla coulisse dei valori le operazioni si regolano sia con la consegna dei titoli, sia col pagamento e la riscossione delle differenze, quelle della coulisse delle rendite si saldano sempre col secondo sistema. Qual’è adunque l’ importanza delle operazioni annuali di questo mercato ? Non si possono fare che delle va­ lutazioni ipotetiche. Alla coulisse delle rendite gli affari si trattano per migliaia di rendite, sia a prezzo fermo, sia a premio per « fine mese o pel domani ». Un acquisto o una vendita di 15,000, 30,000, 60,000, 100,000 fr. di rendita si fa e si r i­ solve con maggior facilità su questo mercato, che una operazione dì acquisto o di vendita di 100 ob­ bligazioni al contante sul mercato officiale.

Se si suppone soltanto che ciascuno dei 100 cou­ lissiers per le rendite operi su 30,000 fr. di rendita al giorno, che rappresentano in capitale circa 1 m i­ lione di franchi, ciò darebbe quasi 30 milioni di affari al mese e pel complesso della coulisse delie

rendite 35 a 40 miliardi l ’anno. Ma sono cifre queste puramente ipotetiche. Queste transazioni, come abbiamo già dettc^ non riguardano che le differenze dei corsi ; esse sono fatte nella maggior parte dai coulissiers per loro cento, senza dar luogo ad un prelevamento di provvigione.

Tali sono i dati approssimativi o piuttosto ipote­ tici delle operazioni a termine e al contante che si effettuano sul mercato della Borsa di Parigi : da 30 a 35 miliardi col mezzo degli agenti di cambio ; da 20 a 25 miliardi per mezzo della coulisse dei valori, 55 a 40 miliardi per mezzo della coulisse delle rendite, ossia una' cifra totale di 100 miliardi. Per conoscere l’ ammontare esatto di queste opera­ zioni bisognerebbe possedere e rilevare i bollettini d’ impegno (les bulletins d'engagements) che gli agenti di cambio, come i coulissiers, scambiano tra loro prima dell’apertura della borsa per constatare le ope­ razioni fatte alla borsa precedente, bisognerebbe avere tutti i bordereaux per le operazioni a con­ tante e tutti i conti di liquidazione degli agènti di cambio e dei coulissiers. In mancanza di questi documenti diventa inevitabile di partire dai dati so­ pra esposti.

L ’entità considerevole delle transazioni di borsa rende evidente che la imposta, anche mite, può ren­ dere allo Stato alcuni milioni. Ma ogni previsione a questo riguardo, lo insegna anche l’esperienza del nostro paese, è pericolosa. Torneremo sull’ argomento se la Camera francese ne farà oggetto di discussione a proposito del disegno di legge del sig. Tirard.

I RESULTATI DELLE C O L T IM I SPLRI1ENTALI DEL FRÌE1T0

negli anni 1890-91-92

Fino dal 1881 il Ministero di Agricoltura ricono­ sceva che tra le cause del disagio, in cui trovasi oggidì la nostra agricoltura, va annoverata in prin- cipal modo la particolare condizione in cui si eser­ cita la coltivazione del grano, la quale mentre da un lato occupa in tutto il Regno una molto vasta superficie, non riesce sovente dall’ altra a sommini­ strare che uno scarso prodotto. Basti dire che nel quinquennio 1870-74, questo veniva ragguagliato ad ettolitri 10.75 per ettaro e nel 1879-85 scendeva ancora ad una media di ettolitri 10.51.

Questa sfavorevole condizione di cose vuoisi rife­ rire a diverse circostanze : lavori monchi e spesso insufficienti, scarsa e poco razionale applicazione di concimi, coltivazione su terreni ingrati per la loro composizione e sovra aride e troppo inclinate pen­ dici, avvicendamento del grano con piante voraci che dimagrano il suolo, poco avveduta scelta della se­ mente, negligenza infine di successive cure che val­ gano a migliorare la quantità e la qualità della pro­ duzione. A tutti questi inconvenienti conviene venga posto riparo, ed il modo migliore più efficace e più sollecito è quello di insegnare per mezzo della espe­ rienza come si possa aumentare la produzione, au­ mentando nel tempo stesso il profitto.

(8)

L ’ E C O N O M I S T A 22 gennaio 1893

anni successivi; i risaltati delle gare furono pubbli­ cale nel 1889 assieme ai risultati dei campi : speri­ mentali, che vennero promossi per la prima volta nell’agosto 1888.

in questa prima serie di provo si considerò la coltura del frumento come parte a sè, indipendente­ mente da ogni rotazione, adattandola solo alle spe­ ciali condizioni dei luoghi. Le conclusioni a cui in ­ dussero quelle prove furono importanti : apparve cioè indiscutibile anche nelle attuali condizioni del mercato mondiale, la possibilità di fare della grani- coltura una larga sorgente di profitti.

Infatti ecco quali furono i massimi prodotti otte­ nuti nelle diverse regioni d’ Italia, messi a confronto coi prodotti medi :

Prodotti Prodotti Differenze

Regioni massimi medi in più Ettolitri Ettolitri Ettolitri

P iem onte... 49. 70 12.41 28. 29 Lombardia... 36. 50 12. 09 24. 41 V e n e to ... 3 4 .7 4 12.14 22. 60 Liguria... 17 — 8. 50 8 50 Emilia... 41 36 11.75 29. 61 Marche ed Umbria . . . . 16.87 9 .5 4 7. 33 T osca n a ... 28. 40 10.15 18. 25 Meridionale adriatica... 35. 50 9. 66 25. 84 » mediterranea 33. 55 9. 83 23. 72 Sicilia... 21. 96 10. 78 11.18 Sardegna... 17 — IO. 73 6. 27 I risultati di questa prima serie di prove indus­ sero il Ministero ad istituirne una seconda, la quale servisse anche a completare la prima, esaminando il problema della coltivazione del grano da un punto di vista differente. Tale coltura non fu più consi­ derata da sola, ma bensì come facente parte di una rotazione triennale così composta: 1° anno, frumento; 2° anno, leguminosa da foraggio ; 3° anno, frumento.

La vigilanza di questa seconda serie di prove venne affidata ai direttori delle Scuole superiori delle Stazioni e dei Laboratori di chimica agraria, ai quali venne diretta apposita circolare in data 27 agosto 1889. Così furono eseguiti larghi esperimenti di coltivazione del grano collegati con esperimenti di coltivazione dei foraggi in 41 campi di prova e questa seconda serie di esperimenti, compiuta negli anni 1890 91-92, ha confermato pienamente le con­ clusioni generali a cui aveva indotto la prima. A p­ pare cioè manifesto che nell’ applicazione dei concimi chimici è necessario procedere con molto accorgi­ mento, poiché, dove vi sieno e finché durino buone qualità fisico-chimiche del suolo, e qualora ad esse vadano uniti buoni lavori culturali, può ottenersi un ottimo raccolto ed in tal caso l’aumento di produ­ zione può non essere tale da compensare la maggiore spesa derivante dall’applicazione dei concimi. Dove però non si presentino condizioni così eccezionali, l ’ impiego razionalmente fatto di concimi può elevare la produzione in notevole misura. Ecco infatti i mas­ simi prodotti ottenuti nelle diverse regioni del regno comparati coi prodotti medi :

Re g i o n i

Prodotti massimi

Prodotti

medi Differenza in più

— Ettolitri Ettolitri Ettolitri

Piem onte... 12.41 20. 29 Lombardia... 12. 09 19. 34 V eneto... . 2 5 .4 7 1 2 .1 4 13. 33 E m ilia ... 11. 75 29. 82 Marche ed Umbria . .. . 4 0 .8 0 9 .5 4 31.26 Re g i o n i Prodotti massimi Prodotti me ii Differenza in più

— Ettolitri Ettolitri Ettolitri T oscan a... 25 — 10.15 14.85 L a z io ... 34. 94 12. 09 22. 85 Meridionale adriatica.. 3 1 .4 2 9. 66 21. 76 5 mediterranea 32. 53 9. 83 22. 70 Sicilia... 16. 96 10. 78 6 .1 8 Sardegna... 33. 95 10. 73 23. 22 Pome vedesi la differenza per quanto molto dif­ ferente da regione a regione è sempre rilevante, il che dimostra che l’aumento della produzione è pos­ sibile, purché non manchino le cognizioni e i mezzi. L ’indole del nostro periodico non ci consente di entrare nei particolari degli esperimenti compiuti per cura della Direzione generale dell’ agricoltura, ma il lettore che si interessa a queste questioni di eco­ nomia agraria, potrà trovare lutti i dati che desidera nel volume di recente pubblicato col titolo che ab­ biamo premesso a questi cenni riassuntivi.

IL BILANCIO DEL MOBILIARE

»

li.

Abbiamo brevemente analizzato nell’ ultimo nu­ mero il bilancio del Mobiliare e nel complesso ce ne siamo dichiarati soddisfatti, non soltanto per ciò che fu fatto affine di regolare quella azienda, ma più ancora per quanto ora se ne può attendere. Dob­ biamo ora mantenere la promessa di fare qualche considerazione sulla azione, che l’amministrazione del Mobiliare svolse sul mercato ed abbiamo già avver­ tito che trattasi di argomento molto delicato in quanto, da una parte, non pretendendo noi di essere nella mente di chi dirige quella azienda, dobbiamo emettere i nostri giudizi, deducendo gli elementi dai fatti che sono di pubblico dominio, dall’altra sen­ tiamo la necessità di tener conto di tutti gli osta­ coli, che la amministrazione doveva incontrare al di fuori quando in prima linea poneva una serie di provvedimenti per riordinare l’ azienda al di dentro.

Quale lo abbiamo sempre inteso noi un Istituto di Credito Mobiliare, e quale lo vediamo agire in alcuni paesi dell’ estero, per esempio, il Crédit Mo- bilier austriaco, vediamo in esso una determinata incompatibilità tra il suo titolo e tutte quelle ope­ razioni, che ne renderebbero dipendente e peggio cristallizzata la sua azione con altra azienda. È cer­ tamente compito di un Istituto come il Mobiliare di non disinteressarsi mai di alcuna importante opera­ zione, che offra garanzie di serietà e che possa es­ sere sorretta od aiutata a nascere ed a svilupparsi; ma l’interessamento deve limitarsi nella maggior parte dei casi non già ad una immobilizzazione di capitale, in una od in un’ altra impresa, industriale o di credito, ma sibbene ad un transitorio intervento, così che l’aiuto e l ’ incoraggiamento possono essere distribuiti dovunque e sempre vi sia qualche cosa di buono che nasce o cresce.

Ecco perchè dobbiamo tenere in conto di smobi­ lizzazione del passato, non solamente quella diminu­ zione di titoli, che da tanti anni stavano in portafo- *)

(9)

22 gennaio 1863 L’ E C O N O M I S T A 57

glio e costituivano un semplice impiego, smobilizza­ zione di cui già abbiamo parlato, ma anche il sapere che a suo tempo il Mobiliare ha rivolto la sua at­ tenzione a nuòve aziende, tra cui gli Omnibus di Roma, dei quali si parla ottimamente nei circoli finanziari, e le Ferrovie secondarie Sarde, alle quali si afferma sia riservato un bell’avvenire.

Un Istituto come il Mobiliare che per la propria natura deve tener conto dell’ alea ed occorrendo affrontarla, ha però davanti gli azionisti suoi e an­ che davanti il pubblico una certa responsabilità morale, che non può essere trascurata senza esporsi al pericolo di veder diminuita la stessa propria clientela. Già molti casi si sono dati, per i quali il mondo finanziario accordò più o meno fiducia al Mobiliare secondo che procedevano i prezzi di altri titoli, nei quali si sapeva che 1’ Istituto era fortemente impe­ gnato. Ciò è non soltanto pericoloso, ma a nostro avviso erroneo. Il Mobiliare può e deve benissimo venire in aiuto colle dovute cautele e colle debite garanzie di qualunque impresa quando abbia fondi disponibili e quando sappia che il suo capitale è pienamente assicurato deve importare sino ad un certo punto al Mobiliare il conoscere l’ andamento generale della impresa, a cui porse aiuti e sovven­ zioni. Ma aiutare e sovvenzionare non vuol dire in­ teressarsi nella impresa coll’acquisto delle azioni in misura notevole. Quando il pubblico sa che un Istituto importante come è il Mobiliare acquista o detiene una certa quantità di azioni di questo o quel- P Istituto, è indotto a ritenere che gli Am m inistra­ tori del Mobiliare abbiano perfetta e precisa cogni­ zione dello stato e dell’ andamento dell’azienda, alla quale interessano i capitali dell’ Istituto, e quindi il pubblico trae norma dai prezzi di acquisto del Mo­ biliare, per entrar esso stesso nella impresa, noto­ riamente bene giudicata e favorita dall’ Istituto che si ritiene doverosamente illuminato.

Le accuse che colpirono altra volta gli Am m ini­ stratori del Mobiliare movevano precisamente da ciò, che il pubblico non poteva giustificare l ’ impiego dei capitali dell’ Istituto in imprese, nelle quali più tardi si riconobbe una consistenza molto minore di quella che per le operazioni fatte dal Mobiliare avrebbero dovuto avere. Era infatti quello un er­ rore doppiamente grave, sia perchè si esponeva ad una effettiva perdita od almeno ad un rischio esagerato l’ Istituto, sia perchè, se l’ impresa sorretta coll’acquisto delle azioni avesse incontrate delle dif­ ficoltà sul mercato, il deprezzamento di quei titoli si rifletteva immediatamente in un deprezzamento dello stesso Mobiliare, che, colpito, in tal modo era messo nella difficoltà, se non nella impossibilità, di prestare il proprio aiuto mediante speciali sovvenzioni alle imprese ferite.

Si comprende facilmente che questo nuovo modo di vedere le coso deve avere urtati molti di quelli che erano diversamente abituati; ma non vi ha dubbio alcuno che riflettendo comprenderanno che la giusta via sta in questa specie di omaggio eoe la Amministrazione del Mobiliare viene a fare alla pubblica opinione, non dando ad essa il pro­ prio giudizio sul valore dei titoli, se non con piena cognizione di causa. Potranno egualmente verificarsi degli errori; ma saranno errori, non compiacenze, non condiscendenze, e meno ancora reticenze dirette a nascondere la verità od a cercare che meno pre­ sto sia nota; sopratutto citino alta la estimazione

verso gli amministratori e non si autorizzino le ca­ lunnie e le mormorazioni, che accennano ad un quie­ tismo non disinteressato.

Il Mobiliare continua ad aiutare le Acciaierie ed Alti forni di Terni. Dalle informazioni che abbiamo' attinte su tali imprese ni risulterebbe che le officine di Savona che, come è noto, furono acquistate ad eccellenti condizioni, svolgono la loro attività molto bene, specialmente perchè è così cessata ogni con­ correnza con Terni ; a Savona è riserbata la parte dei prodotti industriali, a Terni si vanno specializ­ zando le forniture per la guerra e la marina. Già si incominciano a notare gli benefici finanziari di tale riforma, e ci si assicura che sempre più si sen­ tiranno.

L ’apertura dello stabilimento a Bari ha dato ot­ timi risultati e ce ne avverte un nostro corrispon­ dente, facendoci osservare che anche il saggio del­ l’ interesse del Mobiliare (che crediamo non inferiore al 7 per cento) è benedetto in quella regione dove l’ usura imperava. Molto ancora vi è da fare nelle provincie adriatiche meridionali, dove non mancano le ricchezze del suolo, ma manca una buona orga­ nizzazione finanziaria ; ed il Mobiliare può far molto a profitto di quel territorio, traeudone un lucro grandissimo, quando sappia opportunamente eccitare gli altri a fare, limitando la propria responsabilità e la propria azione a quella di banchiere. Giova in ­ tanto tener conto che si è cominciato bene in questo senso coi magazzini generali e colla società Cirio, alla quale è stato ora preposto un intelligentissimo ed attivo nostro amico, a cui auguriamo di tutto cuore la fortuna che merita. Il Mobiliare fornisce i capitali con le opportune garanzie e dobbiamo esser lieti che si guardi bene dal trasformarsi in indu­ striale; la sua parte è quella dell’ intermediario; creare le operazioni, ma lasciare che altri le eserciti a proprio rischio e pericolo.

Non dissimile è l’ opera che certamente sarà com­ piuta a Palermo; già le notizie in proposito sono state esplicite; il Mobiliare non si sostituisce alia casa Fiorio, la quale continua nel proprio indirizzo, ma anche qui assume semplicemente la parte di banchiere.

Nè a tutta questa maggiore attività mancheranno certamente i mezzi; il Mobiliare ha l’ esercizio di esattoria, dal quale non soltanto ricava un lucro, ma gli dà anche la disponibilità di capitali impor­ tanti; — a Milano dove si nota già uno sviluppo bancario di primaria importanza il Mobiliare ritrarrà anche a suo tempo un vantaggio, assorbendo qualche porzione di quei capitali, di cui la regione lombarda è tanto ricca.

(10)

58 L’ E C O N O M I S T A 22 gennaio 1898

LA SITUAZIONE DEL TESORO

al 31 dicembre 1892

Le attività del Tesoro alla fine dei primi sei mesi dell’esercizioi892-93 ammontavano a L . 2,149,338,074.54 divise come appresso :

Pondi di cassa alla chiusura del­

l’esercizio 1891-92 . . . . L. 230,189,561.56 Entrate di bilancio nel semestre Entrate effettive ordinarie e stra­ ordinarie . . L. 792,839,593.47 Movimento di ca­ p ita li. . . . » 16,269,612.45 Costruzioni di fer­ rovie . . . . » 19,230,491.49 Partito di giro . » 17,769,254.67 846,128,952.08 » 846,128,952.08 ... 947,274,860.51 In conto debiti di T e s o r e r i a ... In conto crediti di Tesoreria...» 125,744,700.39 Totale attivo L. 2,149,338,074.54

Le passività nella stessa cifra dell’attivo erano co­ stituite dalle seguenti partite :

Spese di b ila n c io ... L- 887,492,054.53

In conto debiti ^ 850,9o0,808.94

In conto c r e d i t i ...1 176,833,638.80 Fondi di cassa al 31 dicemb. 1892 244,081,512.27 Totale passivo L. 2,149,338,074.54

Da questi prospetti del dare e dell’ opere, resulta che le entrate di bilancio dal primo luglio 4892 a tutto il 31 dicembre dello stesso anno ascesero a L. 846,128,952.08 e le spese di bilancio, quelle cioè fatte dai vari Ministeri ammontarono a L. 877 492,054.53. I seguenti prospetti riassumono la situazione dei debiti e crediti di Tesoreria al 31 dicembre 1892, e le respettive differenze :

D E B ITI di Tesoreria

Buoni del Tesoro o rd in a ri... L. Buoni del Tesoro a

lunga scadenza. Vaglia del Tesoro Banche-C onto an­ ticipazioni sta­ tutarie ... Amministraz. del Debito pubbl. in c /c infruttifero Arrministraz. del Fondo culto in c /c infruttifero. Altre Amministra­ zioni in c /c frut­ tifero ... Id. in c/c infrutt Incassi da regola­ rizzare. . . .

Totale dei debiti L.

I debiti di Tesoreria aumentarono nel semestre di L . 96,343,991.57.

C R E D IT I di Tesoreria

Situazione Differenza al 30 Binino al 3Í dicemb. . , 8 , dl„- i892

1832 I 1892

Amministraz. del Debito pubb. per p a g a m e n t i d a rim borsare.. . L. AmmSn. del Fondo per il Culto per pagani, da rim­ borsare ... Altre Ammin. id.. Obbligazioni del-

1’ Asse e ccie s ... Deficienze d i cassa a carico del con­ tabili del Tesoro Diversi . . . . 2,036,507 74 3,846,127.65 18,442,514.20 263,000.00 2.419.567.33 6.123.808.33

Tot. dei cr e d iti.. Eccedenza dei de­

biti sui cr. diti.

33,197,725.27 495,632,551.80 20.549,144.56 +18,452,636.82 11 243 372.21 + 7.396,944.56 3 l’,525,906.81 + 13,383,362.61 168,800.00 — 100,100.00 2,398,547.83 — 21,019.52 18,490,892.27 +12,277,083.94 84,286,663.68 + 51,088,938.41 540,887,604.96

-Tot. come sopra L . 528,830.277.07 625,174,268.64

I crediti di Tesoreria aumentarono nel semestre di L. 51,088,938.41.

(Rivista (Economica

Situazione al 30 giugno 1892 Situazione al 31 dicemb. 18'J2 Differenza al 31 die. 1892 280,870,000.00 266,190,500.00 -14,779,500.00 49,990,000.00 17.799,294.67 99,985,000.00 16,540,168.56 +49,995,000.00 - 1,259,126.11 25, 000,000.00 30,000,000.00 + 5,000,000.00 119,845,730.54 149,079,366.81 +29,233,636.27 5,391,744.68 12,227.050.59 + 6,835,305.91 11,661,223.98 18,272,283.20 20,692,579.64 30,459,603.04 + 9,031,336,44 +22,187,319.84 » » » 528,830.277 07 625,174,268.64 +96,343,991.57

Per !e Cooperative di lavoro.Prodotti delle mi­ niere del 1891.Le cause della mortalità in Italia.

Per le Cooperative <li lavoro. — A ll’ ordine del giorno della Camera sarà iscritto il progetto per le concessioni alle Società cooperative degli appalti governativi.

La Commissione dichiara nel suo rapporto pubblicato negli scorsi giorni che avrebbe volato modificare più sostanzialmente il progetto del Governo, ma che ha preferito di non ritardare l’ applicazione dei nuovi benefici per i lavoratori.

Il disegno di legge, con le variazioni fattevi dalia Giunta, rimane concepito così:

Art. 1 — A ll’ articolo 4 della legge 11 luglio 1889, n. 6216 (serie 5*), è sostituito il seguente:

Possono stipularsi a licitazione o a trattative private contratti per appalto di lavori o forniture o manuten­ zioni con associazioni cooperative di produzione e lavoro, legalmente costituite nella massima parte di operai^ purché la spesa totale non superi le L. 200,000 per ciascuna di esse.

[ pagamenti di acconto saranno fatti a rate io pro­ porzione de! lavoro o della fornitura o della manu­ tenzione eseguita, e potranno per • essi emettersi mandati a disposizione con le stesse norme delle spese da farsi ad economia.

In tali contratti la cauzione verrà costituita mediante ritenuta del 10 per cento dell’importo di ogni rata, e sarà restituita a lavoro o fornitura o a manutenzione compiuta e collaudata.

(11)

22 gennaio 1893 L’ E C O N O M I S T A 59

forniture e delle manutenzioni per le Amministrazioni .provinciali, comunali, delle istituzioni publiche di beneficenza e dei consorzi idraulici ili difesa arginale, di irrigazione, di scolo e di bonificazione e per quelle: altre che, secondo le leggi dalle quali sono rispettiva­ mente regolate, devono seguire, per gli appalli dei lavori e forniture, le prescrizioni della legge e del regolamento di contabilità generale.

Art. 2 — li Governo del Re, sentito il parere della Corte dei conti e del Consiglio di Stato, mo­ dificherà il reg 'lamento approvato con Decreto reale del 25 Agosto ì 890, n. 7040 (serie 5a), per metterne le disposizioni in armonia con la presente legge.

Prodotti delle miniere del 1891. — 1 prodotti delle miniere nel 1891, in quantità e valore, furono

come segue: Minerale di ferro . Quantità in Tonnellate 216,486 Valore in Lire 2,767,100 Numero degii operai impiegati 2,269 » di manganese 2,429 64,500 127 * di rame . 53.039 2,829,800 2,050 > di zinco . 120,685 12,722,6001 5,984,200| 10,552 * di piombo 30.233 » di argento . 2,0 6 1,937.400 1,278 440 » di oro. 7,729 406,300 * d ’ antimonio. 782 323,200 357 Mercurio (metallo) 330 1,782,000 574 Pirite di ferro . 19,803 270,500 458 Combustibili fossili . 289,286 2,205,800 2.386 S o lf o ... 395,528 44,325,400 35,813 Salgemma . . . . 31,285 379,500 367 Sale di sorgente . 9,258 207,000 139 Asfalto, mastice e bitume 28,180 679,000 719 P e t r o lio ... 1,155 348.100 251 Acque minerali . . 3,580 28,300 7 All un i t e ... 4,000 19,200 75 Acido borico 1,775 887,500' 524 Borace . . . 2,056 1,336,400 G r a f i t e ... 2,415 33,000 67 1,222,131 79,891,010 68,453

Le provincie, dove la produzione mineraria è mag­ giore, sono quelle di Cagliari (per 20 milioni di lire), di Caltanisetta (per 17 '/« milioni di lire), di Girgenti (per 15 */, milioni di lire), di Catania, di Grosseto, di Pisa, di Livorno, di Palermo, di Forlì, di Avellino e di Pesaro Urbino (per un valore da 5 a 1 milioni).

Una buona parte dei minerali estratti dalle miniere sono sottoposti a lavorazione nelle officine metallur­ giche e mineralurgiche nazionali ; non tutti per altro. Minerali di ferro, di zinco e di piombo, si esportano abbondantemente per essere lavorati all’ estero.

L ’ attività delle officine metallurgiche e mineralur- giche è indicato da queste altre cifre, relative alla quantità dì prodotti ottenuti mediante la lavorazione del minerale: G h is a ... Tonn. Quantità dei prodotti 11,930 Valore in Lire 1,576,000 Numero degli operai 211 Ferro . » 15 2,668 39,982,0001 11,395 Acciaio > 75,925 19,744,0001 Grò . Kg. 283,965 834,000 167 Piombo Tonn. 18,500 5,698,0001 900 A rgento . . . . Kg. 37,600 6,016.0005 Rame e sue leghe . Tonn. 5,977

330 11,216,000 1,278 Mercurio . » 1,782,000 3,067,700 60 Sai marino . » 347,274 2,271 Sale di sorgente. » 9,258 267,000 Solfo raffi uato » 59,396 8,399,700 343 Solfo macinato . » 95,215 13,596,600 927 Agglomerati di car­

bone fossile » 626,150 18,916.000 534 Altri prodotti . . » 4,881,500 522

Totali . . . 135,978,000 18,608

Nelle miniere si fa uso di 27 motori idraulici della potenza di 492 cavalli e di 234 motori a vapore della potenza di 4350 cavalli ; nelle officine metallur­ giche e mineratologicbe i motori sono 768 idraulici della forza di 15,557 cavalli, e 208 a vapore della forza di 13,804 cavalli.

Le cause della mortalità in Italia. — Il com­ mendatore Bodio ha pubblicato di questi giorni la Statistica delle cause di morte. Y i spigoliamo le seguenti cifre:

Nel 1890 morirono nel regno 795,911 individui, che confrontati colla popolazione calcolata danno per quoziente 26,80 morti per ogni 1000 abitanti.

La Statistica enumera non meno di 171 malattie, che furono cause di morte.

Per necessità ci limitiamo a trascrivere le cifre relative ad alcune cause predominanti. Morirono di

1889 1890 V a iu o lo ... . . 1 3,416 7 ,1 20 M orbillo... . . 13,800 14, 394 Scarlattina... , . 6 ,4 4 4 7 .3 96 Difterite... . . 18,418 18,284 Ipertosse... 13,091 Febbre tifoidea ... . . 2 2 ,75 6 2 0,441 Febbri da m a la ria ... , . 1 6 ,19 4 1 5 ,62 4

Febbre p u erp era le... . . 6 ,0 9 6 3 ,6 9 4

Malattie tubercolari... 57,917 Pellagra... Tumori maligni... 3 ,1 1 3 3, 698 . . 1 2,923 1 2,980 Tabe s e n ile ... . . 2 8 ,91 7 3 0 ,66 8 Congestione ed apoplessia c e r e b r a le ... . . , . 3 1 ,5 9 8 3 0 ,64 0 Bronchite e polmonite . . . . . 134,624 162,123

Malattie del cuore e del

p erica rd io... . . 4 1 ,30 2 40,842

Enterite e diarrea . . . . 9 2 ,1 3 4 97,309

Alcoolism o... 484

Morti accidentali per ub­

briachezza... . . 40 19

Avvelenamenti... . . 142 161

Morti accidentali, escluse quelle per ubbriachezza

e gli avvelenamenti...10,121 9,174 Suicidi... . . . . 1,463 1,659 Omicidi ... 1,302 Morti per altre cause e

per cause ig n o t e ... . . 241,885 252,891 768,068 795,911

Pochi saranno sorpresi di apprendere, che Hltalia, fra gli stati d’ Europa, occupa, per abbondanza di morti, uno dei primi posti. Nel 1889 la mortalità fu in Italia più bassa che mai; per 1000 individui ne morirono 25,63. Nell’istesso anno si ebbero in Fran­ cia 24, in Svizzera 20, nel Belgio 19,6, nell’ Impero germanico 24,27, in Inghilterra 17,86, nella Sve­ zia 15,14 morti per mille individui. Solo l’ Austria fra i paesi di cui si conoscono i dati, ci superò con 27,16 morti per 1000 abitanti.

Riferimenti

Documenti correlati

il fisco non può esigere, senza recare gravi ostacoli alla rapidità delle operazioni e alla stessa loro sti­ pulazione. E facciamo grazia di altre censure, che

tuzioni industriali che impiegano un numero rela­ tivamente considerevole di lavoratori (schiavi), e nelle letterature classiche non è difficile di trovare accenni

Il discredito nel quale è caduta la Divisione del Credito è ormai palese a chiunque non ami nascon­ dersi il vero. La politica dello struzzo ha imperato è

*) 11 Salandra, nell’articolo citato, scrive « La for­ mula più generale della dottrina che imprendo ad esaminare è questa: L ’assicurazione non è un affare

— I molti acquisti fatti nel mese scorso e ravvicinarsi del nuovo raccolto contribuiscono a ren­ dere meno attivo il numero degli affari, ma questo non recò

L e tendenze favorevoli sono andate in quest’ ultim i giorni vie più m anifestandosi e generalizzandosi e questo resultato, che si deve anche alla m aggiore

Luzzatti non si ferma a considerare che l’ora presente, l’ av­ venire pare che per lui non esista e si direbbe che le nostre misere questioni di politica

Quanto all’andamento commerciale dei grani, è sem­ pre il ribasso che predomina, ma peraltro con minore intensità delle settimane precedenti, essendosi più quà e