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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.10 (1883) n.485, 19 agosto

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SC IEN ZA ECONOM ICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, B A N CH I, F E R R O V IE , IN T E R E S SI P R IV A T I

Anno X - Yol. XIV

Domenica 19 Agosto 1889

N. 485

LO STATO COSTRUTTORE DI FERROVIE

È sorta in questi ultimi giorni tra i giornali po­ litici una breve polemica intorno alla costruzione delle ferrovie da parte dello Stato o da parte del­ l’industria privata. Il fatto che la Società delle Me­ ridionali ha aperto al pubblico, costruendola in bir­ bissimo tempo", la linea Benevento-Termoli, ha spinto qualche giornale a dire che quella’ era una prova di più che l’attitudine dell’industria privata nel co­ struire ferrovie è superiore a quella dello Stato. E tale affermazione provocò una lettera dell’onorevole Baccarini, già ministro dei lavori pubblici, nella quale mette in evidenza due punti : il primo che 10 Stato in fin dei conti non costruisce ferrovie, perchè in ogni caso ne dà in appalto la costruzione, 11 secondo che anche lo Stato ha saputo mettere in esercizio in breve tempo delle linee di costruzione abbastanza difficile come la Caldare-Canieatti e la Novara-Pino.

La importanza della questione non ha bisogno di essere notata; tuttavia la stampa politica se ne oc­ cupò assai poco e sorpassò od anche appoggiò delle argomentazioni che in verità non possiamo lasciar correre, poiché tenderebbero, ammettendole, a render nulla od oziosa tutta la lotta che e in Italia ed al­ l’estero gli economisti della scuola liberale hanno sostenuta per dimostrare che lo Stato è fra tutti il peggiore costruttore di ferrovie.

E giacché si mostra di non farne conto, è bene fermarsi un momento sulla differenza che passa tra il fatto che lo Stato costruisca una linea, o che invece la costruisca una società privata. A nessuno viene in mente certo di ritenere che; dicendo « lo Stato costruttore di ferrovie » si voglia dire che il Ministro dei lavori pubblici o gli impiegati del Mi­ nistero dei lavori pubblici vadano essi stessi colla zappa, il badile ed i carretti ad innalzare I’ argine stradale o ad armare la linea, od a edificare le sta­ zioni. E neppure si vuol dire con ciò, che in ge­ nerale lo Stato prenda a proprio stipendio degli operai e li faccia lavorare sotto la direzione del genio civile governativo. È noto a tutti che, in mas­ sima generalissima, per obbedienza anche alla legge sulla contabilità, lo Stato appalta la costruzione delle linee ferroviarie, o dividendole per tronchi com­ plessivamente , od anche per ogni tronco appal­ tando in modo separato, a chi la costruzione del- l’ argine stradale, e chi l’ armamento dell’ argine stesso, a chi la esecuzione degli edifici. Queste cose sono così elementari che certamente non avremmo creduto opportuno farne cenno se l’onor. Baccarini

nella sua citata lettera non ci avesse dato l’esempio di credere che qualcuno non comprende che cosa voglia dire « lo Stato costruttore di ferrovie. »

Ma in pari tempo non conviene neppure confon­ dere due fatti molto distinti. Dicendo che lo Stato affida sempre alla industria privata la costruzione delle ferrovie, si potrebbe pensare che adunque gli economisti liberali abbiano finora combattuti i mu­ lini a vento, ed abbiamo domandato die sia fatto quello che poi si fa. — La costruzione delle ferrovie da parte della industria privata può avvenire in due modi: quando lo Stato assume esso stesso l’ alea delle conseguenze finanziarie di una costruzione, come pure assume esso stesso la responsabilità di tutte le modalità ohe si riferiscono alla costruzione stessa, e in pari tempo appalta la esecuzione d ei suoi

p i a n i , in questo caso abbiamo appunto la co­ struzione da parte dello Stato. Quando invece lo Stato affida la costruzione delle linee alle Società che dovranno esercitarle, o si contenta di fissare i punti generali intorno alla costruzione stessa, ed il concorso suo nella spesa, lasciando alla Società co­ struttrice ed esercitante l’ alea delle conseguenze finanziarie di tale costruzione, e la responsabilità sulla modalità di secondo ordine che vi si riferiscono; allora si ha la costruzione per mezzo della industria privata.

La legge Sella sulle ferrovie, ad esempio, auto­ rizza la costruzione di linee (secondo modalità che devono essere approvate dal Consiglio superiore dei lavori pubblici) alle quali lo Stato promette il sus­ sidio di lire mille per chilometro. Il consorzio delle province venete, Vicenza, Padova, e Treviso, in base a quella legge, intraprese la costruzione delle linee Padova-Bassano, Vicenza-Treviso. Vennero presen­ tati dei piani al Ministero dei lavori pubblici, il Consiglio superiore gli approvò e le linee furono costruite, mentre lo Stato esborsò il sussidio dalla legge contemplato. Che poi la costruzione delle due linee sia stata vantaggiosa o no, che abbia dato dei consuntivi di spesa superiori od inferiori al preven­ tivo, che le opere diverse fossero fatfe in modo da esigere una manutenzione più o meno dispendiosa, allo Stato nulla importò; egli pagò solamente le mille lire per chilometro. — Questo modo di co­ struzione si addimanda come dicemmo, « costru­ zione a mezzo della industria privata. »

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opere e dei tronchi stradali ; da ingegneri propri fa appaltare la costruzione dei tronchi e delle opere; da ingegneri propri fa collaudare i lavori eseguiti; — allora lo Stato p a g a anche del p r o p r io se la linea fu rilevata in modo che si scielsero le località dove vi erano più ostacoli da superare (tunnel da forare, ponti da costruire, pendenze forti da vincere, curve ristrette a cui provvedere ec., ec.); p a g a del p r o p r io se i preventivi furono fatti in modo che i singoli ap­ paltatori hanno trovato margine ad esagerato gua­ dagno ; p a g a del p r o p r io se i capitolati furono redatti così da lasciar facile mezzo agli appaltatori di sfu- gire ai loro obblighi o di accampar pretese per in­ dennizzi ; p a g a del p r o p r io se le opere, costrutte secondo i piani del genio civile governativo, non rispondono al loro ufficio e si debbono rifare o mo­ dificare ; p a g a d el p r o p r io se nei collaudi gli in­ gegneri sono ciechi o troppo indulgenti e prendono per buona costruzione quella che è cattiva; p a g a del

p r o p r io infine se per la mala costruzione del lavoro

le spese di esercizio vengono aggravate. — Questa forma di costruzione si addimanda comunemente « co­ struzione da parte dello Stato, » appunto perchè, nel primo caso lo Stato non ha che la responsabilità mo­ rale se mai avesse permessa la costruzione e l’eser­ cizio di una linea contrariamente alle regole della scienza e dell’arte, così che accadessero degli infor­ tuni più o meno gravi in causa di tali cattive costru­ zioni ; — nel secondo caso, oltre la responsabilità morale, lo Stato ha'anche la responsabilità materiale, cioè finanziaria di tutti gli errori che i suoi impie­ gati commettessero.

È chiaro quindi che tra i due modi di costru­ zione, corre una differenza enorme, sebbene, lasciando a parte molti sottintesi, si possa tuttavia a rigore asserire che lo Stato non costruisce ferrovie, ma ne affida sempre la costruzione all’ industria privata.

Ma è anche questa stessa enorme differenza quella che suggerisce alla scuola economica liberale la tenacità con cui combatte la costruzione di ferrovie da parte dello Stato.

Abbiamo detto disopra che per tutti gli errori che si commettono nella costruzione di una linea (e trat­ tandosi di cosa così complessa gli errori non sono difficili) o la Società privata o lo Stato p ag an o del

p r o p r io . Ma nel mentre la Società privata paga pre­

cisamente del proprio, cioè gli azionisti pagano di propria tasca, lo Stato paga del proprio in un modo diverso, cioè a mezzo della tasca ilei contribuenti. Si dirà che allo stesso modo che il consiglio di am­ ministrazione di una Società risponde davanti gli azionisti del suo operato, il Ministro risponde-pure davanti al Parlamento. — Ed astrattamente la cosa non pare diversa, ma in pratica tra I’ una e l’ altra corrispondenza corre un abisso. Il Consiglio di ammi­ nistrazione di una Società costruttrice non risponde che de! modo con cui ha impiegati i denari degli azionisti; il Ministro di quante altre cose non ri­ sponde ! Che diventa il fatto che una linea costò il doppio del preventivato in mezzo alla faraggine di faccende che costituiscono un Ministero! — Qualcuno dirà che il Consiglio di un’Amministrazione ha in­ teresse di far redigere un preventivo di spesa largo assai, affine di poter poi farsi hello delle economie, ottenute talvolta con facilità; ad ogni modo non ha mai bisogno o quasi mai di far credere la spesa inferiore alla realtà — perchè il conto è chiaro assai: o la Società può o non può sobbarcarsi

al-l’impresa. Mentre per lo Stato è cosa diversa; i suoi preventivi son sempre inferiori ai suoi consuntivi, perchè ha sempre bisogno di far credere al Parla­ mento che la spesa entra in bilancio e non doman da che una limitata entrata straordinaria. Però a questa osservazione che in parte è giusta, con­ viene tuttavia rispondere riflettendo che, nei pre­ ventivi dello Stato, vi.sono compresi tutti e due i difetti : quel lo di una spesa preventivata inferiore ai reale— inferiore, appunto per non ¡spaventare la rappresentanza ed ottenere più facilmente la appro­ vazione; e quello di una inettitudine tutta par­ ticolare dei Corpi morali di lasciarsi ingannare da coloro a cui domandano la prestazione di qualche servizio; giacché, mancando la potente molla dei- fi interesse personale, i funzionari (anche non am­ mettendo che in via eccezionale le corruzioni) non sono spiati a quella oculatezza che è propria del privato, e d’altra parte sono sopraffatti dalla furberia dei terzi, che, di questa mancanza dell’interesse per­ sonale, cavano eminentemente protitto.

Al che giova assai un altro fatto, quello che i consuntivi dello Stato vengono molto tardi; — quando già mille vicende hanno influito sulla situazione finanziaria, il rilevare oggi che la linea tale costò il doppio del preventivato, non ha importanza, subito che i! bilancio non si è alterato, e si è provveduto con mezzi generali ad un disavanzo complessivo delle entrate sulle uscite, o, con economie sulla istru­ zione, si è provveduto alle maggiori spese per la co struzione delle ferrovie.

Certamente che lo Stato può avere alcune qua­ lità che sono proprie anche all’industria privata; ma quando queste qualità, le abbia l’onor. Baccarini nella sua lettera lo dice chiaramente : « Purché non vi faccia ostacolo la finanza, lo Stato può costruire con altrettanta sollecitudine quanta ne hanno le So­ cietà private. » Ed infatti la Novara-Pino si costruì abbastanza celeremente e pare non vi facesse ostacolo la finanza; preventivata la spesa di 20 milioni, a tutto oggi il costo è di SO milioni e non è ancora finita la liquidazione, che si dice occorreranno an­ cora 10 milioni e più. Ya bene. Il Gottardo stava per aprirsi all’esercizio, era quindi necessario che la linea fosse data, non già con celerità straordi­ naria, ma noi tempo convenuto dai contratti in­ ternazionali, e lo Stato fece questo miracolo di at­ tività e giunse alla meta.... spendendo quasi il triplo di quanto aveva presunto. Ecco il prezzo della esat­ tezza dello Stato costruttore !

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19 agosto 1883

L ’ E C O N O M I S T A

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IL SISTEMA COLONIALE

domandiamo a che approderebbe la Francia se, con­ tinuando nella via in cui si è messa , stremasse a grado a grado in imprese arrischiate e di dubbio In ogni tempo la espansione coloniale è stata prova

della vitalità economica di un popolo ed uno dei fatti, ai quali si è misurata la sua grandezza. E ciò nell’antichità, come nel medio evo e nell’età moderna.

All’ epoca nostra l’ Inghilterra è la prova più lam­ pante di quanti vantaggi possa arrecare un buon si­ stema coloniale. E diciamo espressamente buono, giacché anche qui come in tutte le cose umane si può far bene e si può far male. E la prova l’abbiamo nel modo diverso col quale in questa faccenda pro­ cedono l’ Inghilterra e la Francia. La prima lascia fare ai privati, salvo poi al governo d’intervenire per aiutarli allorché ne sia il caso ; questa si permette a spese del pubblico erario il lusso delle spedizioni della Tunisia, del Tocchino, del Madagascar e del Congo. E quando si rifletta alla situazione finanziaria dei nostri vicini, davvero che si è tratti a concludere che queste imprese costeranno loro più di quello che renderanno, anche per questo lato tutto il coro di voci irate che dalla Francia si leva in questo mo­ mento contro il solo alleato su cui potesse contare non ci pare davvero ragionevole.

D’altra parte non si può pretendere che l'Inghil­ terra applaudisca alla politica protezionista che laFran- cia segue in fatto di colonizzazione. Gl’ inglesi han­ no ben qualche motivo di preferire la domina­ zione degli Hovas e dei mandarini asiatici a quella francese, poiché questi barbari, come argutamente nota il Jo u r n a l des Économ istes, non hanno inven tato i diritti differenziali e ammettono indistintamente, alle stesse condizioni, le mercanzie di tutti i paesi. Invece un popolo incivilito che fonda una colonia vuole riserbare il mercato coloniale esclusivamente alla madre patria e quindi esclude per quanto è pos­ sibile i prodotti stranieri. L ’Inghilterra segue il si­ stema opposto, e si può ritenere che quando la Francia ammettesse i prodotti inglesi alle stesse condizioni dei propri, gl’inglesi non si preoccuperebbero troppo della sua espansione coloniale. Ma è certo che finché si tiene alla politica che abbiamo accennata, l’ Inghilterra troverà più utile aver che fare coi governi indigeni, i quali non frappongono ostacoli al suo commercio.

M ulta renascentur qitaejarn cecidere, e la Francia

rinnova gli errori d’ altre età. E allora perchè la­ mentarsi se gli altri non batton le mani? A torto o a ragione, la Francia crede di provvedere ai propri interessi, e non può far carico ai suoi vicini d’olire Manica se provvedono ai propri nel modo che sembra loro più opportuno.

Ciò che è veramente deplorabile si è che questi malumori provocano incivili antipatie, mantengono gli odii e le diffidenze da un lato, e dall’altro nuoc­ ciono agl’interessi generali del commercio europeo, poiché, checché ne dicano i protezionisti, esiste una grande e naturale solidarietà fra i vari paesi, e chi rompe quest’armonia (preghiamo per carità di non lasciarsi spaventare da questa parola scomunicata) fa male altrui, ma finisce anche per far male a sé stesso. E valga il vero. L ’Inghilterra perchè dopo le dure lezioni della esperienza finì per comprendere questa verità, ha potuto perdere o abbandonare co­ lonie, e altre ne abbandonerà forse a suo tempo, pur vedendo crescere anziché scemare la propria ricchezza e la propria influenza nel mondo. Noi ci

successo le forze del proprio hilaucio. Speriamo che la lezione non vada perduta per noi.

LA R IF O R M A DELLE CAMERE DI COMMERCIO

È noto che il Consiglio del Commercio e del­ l’industria doveva nella sessione ultima tenuta a Roma discutere intorno all’ importante argomento della riforma della legge 6 luglio 1862 sull’ordina­ mento delle Camere di commercio ed arti. Se non che essendo mancato al Consiglio il tempo per trattare tale questione, deliberò che venisse intanto distribuita la relazione del sig. A. Monzili, segretario del Consiglio stesso, alle Camere di Commercio del Regno affinchè esprimessero il loro parere intorno alle progettate riforme; cosi il Consiglio avrebbe avuto maggior copia di elementi per deliberare.

Noi non siamo veramente partigiani delle riforme

ab im is fu n dam en tis, inquantochè, non solo non

rispondono alla logica, che domanda in obbedienza ai naturali processi, le lente evoluzioni, ma in tali materie per giunta vediamo che gli effetti pratici delle leggi sono così difficili a prevedersi nelle loro molteplici manifestazioni che molte volte le riforme riesceno peggiori, malgrado tutta la buona volontà dei riformatori, dello stato di cose precedenti. Tuttavia non neghiamo che nel caso di cui qui si tratta, è consigliabile, se non una riforma affatto radicale, almeno un ritocco della legge attuale in misura ab­ bastanza larga. Non conviene dimenticare infatti che la legge 6 luglio 1862 è già vecchia di per se, e lo è tanto più in quanto venne compilata in fretta ed in furia sul modello di leggi estere ancora più vec­ chie, le istituzioni quindi che uscirono da quell’or­ dinamento non poterono rispondere alle esigenze dei tempi, e non vi risposero infatti. Che se qualche Camera di Commercio è in Italia esempio illustre di attività e di saggezza ciò è dovuto più alla alacrità ed alle cognizioni possedute da chi la dirige, che non al fatto di un ordinamento logico ed omogeneo che renda tali istituzioni incarnate nel commercio e nelle industrie nazionali.

Nella cronaca dalle Camere di Commercio che an­ diamo settimanalmente pubblicando, i lettori avranno veduto che le Camere stesse si sono occupate ad esa­ minare le proposte fatte dal segretario del Consiglio. A noi non sono noti tutti i risultati di questo esalile, sia perchè non tutte le Camere pubblicano i loro atti, sia perchè alcune si sono limitate ad approvare sen­ z’altro, le proposte del cav. Monzilli. Tuttavia dei lavori che ci sono pervenuti, alcuni veramente pre­ gevolissimi e che costituiscono delle monografie sulla funzione delle Camere (tra le altre citiamo quella del prof. S. De Luca Carnazza segretario della Ca­ mera di Catania), crediamo opportuno di render conto riassuntivamente discutendo in diversi articoli una per una le questioni che si connettono alla ri­ forma vagheggiata delle Camere di Commercio.

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fìci specialmente se con una saggia riforma si saprà renderle veramente rappresentanti degli interessi com­ merciali ed industriali della nazione. Oggi che la vita dei popoli si riversa in tanta parte nella lotta economica, e che le più forti e vigorose nazioni per vie diverse tendono tutte ad un solo scopo, quello di trovare sbocchi nuovi ai propri prodotti, noi ita­ liani, che nel campo di questa lotta entrammo gli ultimi e, convien riconoscerlo, quasi disarmati, dob­ biamo sentire la necessità prima di tutto di una forte organizzazione interna, di tutte le nostre forze economiche. Ed uno degli elementi appunto dal quale potrà scaturire tale organizzazione è il riordinamento delle Camere, le quali, avendo allargate le loro attri­ buzioni e potendo esse stesse in molti casi delibe­ rare e provvedere, permetteranno che scompariscano, in parte almeno, i danni del centralismo, che se è ri­ conosciuto dannoso in ogni genere di amministrazione, lo è molto più in ciò che riguarda i commerci e E in­ dustrie. Infatti i fenomeni industriali e commerciali si compiono con tanta rapidità che i provvedimenti debbono essere presi con una sollecitudine che è consentita solo dalla discentralizzazione; di più essi sono così complicati e molteplici da richiedere in molti cosi provvedimenti speciali nei singoli mer­ cati. Nè l’uria cosa nè l’altra sono possibili quando le Camere sieno mantenute nella attuale impotenza e soprattutto quando dal loro ordinamento non ri­ cevano tale una autorità e un prestigio naturali, da poter esser considerate come altrettanti centri a cui fanno capo i fili delle industrie e dei commerci.

Ed è dietro questo convincimento profondo della necessità di dare alle Camere un largo potere su­ gli interessi nazionali, che noi esamineremo le diverse proposte che vengono poste innanzi per la riforma della legge 6 luglio 1862.

LE CONVENZIONI DELLE STRADE FERRATE FRANCESI

La caratteristica dei documenti presentati dal Mi­ nistro dei lavori pubblici in Francia alla camera dei Deputati, è, senza dubbio alcuno, la concisione, e basta osservare che la relazione al progetto di legge comune alle diverse società ferroviarie, è contenuta in 15 pa­ gine, il progetto di legge in 3 articoli e ciascuna convenzione, ove sono stabiliti i patti relativi a costru­ zioni — esercizio — reparto d’ utili — tariffe — ri­ scatto, in 19, per esserne persuasi apprezzando giu­ stamente quella sobrietà di parola scevra di rettorica e di pedanteria che non lascia nulla a desiderare in fatto di chiarezza.

Nella loro sostanza le convenzioni ferroviarie si riassumono per sommi capi come appresso:

a) Le società già concessionarie e proprietarie

si obbligano di costruire le linee complementari che ad ognuna di esse saranno cedute definitivamente, e di provvedere i mezzi necessari con emissioni suc­ cessive di obbligazioni.

b) Lo Stato dal canto suo si obbliga di rim­

borsare le società delle loro anticipazioni con tante annualità corrispondenti agli interessi e ammorta­ mento dei prestiti da esse contratti, e 0,10 per ogni obbligazione circolante e per anno.

c) Gli interessi e l’ammortamento delle obbli­ gazioni emesse per la costruzione delle linee com­

plementari sino alla loro completa esecuzione saranno pagati coi prodotti delle sezioni aperte all’esercizio, e della deficenza resultante fra i prodotti,'e i paga­ menti, ne sarà addebitato il conto di fondazione.

d) Lo Stato eserciterà il suo sindacato intorno

alle costruzioni ed alla emissione dei titoli.

e) È determinato un limite di tempo - IO anni -

per eseguire le costruzioni delle linee, e aprirle al- i’ esercizio, oltrepassato il quale le società conces­ sionarie che non avessero adempiuto all’ obbligo contrattuale saranno multate in ragione di 5000 fr. per kilómetro e per anno di ritardo. Se però il ri­ tardo provenisse dalle difficoltà di realizzare i capitali necessari alla esecuzione dei lavori per le condizioni del mercato finanziario constatate dal Governo, le società concessionarie saranno esonerate dalla multa.

f ) La contabilità delle linee complementari farà parte integrante della contabilità generale.

g) La garanzia dello Stato che si applicava alle

insufficienze non compensate dal dev ersoir — ecce­ denza dei prodotti netti della I a rete — sarà invece determinato da uu minimum di prodotto netto asse­ gnato respettivamente ad ognuna delle Società con­ traenti.

li) Quando gl! utili supereranno un limite pre­

stabilito, lo Stato perciperà i 2|3 delle eccedenze.

i) Sulle nuove linee concedute a titolo defini­

tivo, il numero dei treni in ogni senso che il Ministero dei lavori pubblici potrà esigere dalle Società conces­ sionarie, sarà stabilito in ragione di uu treno al giorno per 5000 franchi di prodotto chilometrico locale e nessuna circolazione di treni dalle 10 pomeridiane alle 6 antimeridiane potrà essere imposta fino a che il prodotto chilometrico non avrà raggiunto la cifra di 15 mila franchi a chilometro, salvo il rimborso delle spese supplementari necessitate da un servizio notturno.

l) Quando lo Stato sopprimesse la sovratassa

aggiunta alle imposte della grande velocità le S o ­ cietà s’ impegnano a ridurre il prezzo dei biglietti del IO 0[0 per i viaggiatori di 2 a classe, e del 20 per 0|0 per quelli di 3 a classe.

m ) Sulle nuove linee cedute a titolo definitivo

le Società concessionarie rimborseranno allo Stato le spese di sorveglianza quando le linee saranno aperte all’esercizio.

n) Lo Stato è sempre in facoltà di riscattare

l ’intiera rete alle condizioni stabilite dal capitolato con alcune modificazioni inerenti alle nuove con­ venzioni.

Prese queste in esame nel loro insieme vi si scorge ad evidenza lo spirito di conciliazione dal quale le parti Contraenti furono animate.- Infatti il Ministro, dotato di senno pratico, non andò alla ricerca del­ l’ottimo, comprendendo come in simili trattative, onde ottenere, faceva d’uopo concedere, e i contraenti entro i limiti del possibile lo seguirono sitila stessa strada.

È principalmente da notarsi che la maggioranza della Camera repubblicana, succeduta a quella eletta nel 1874 ostile alle grandi Società ferroviarie, ap­ provò i patii stipulati fra il Ministro e la H au te

B an qu e, come gli avrebbe approvati una Camera a maggioranza monarchica. Sarebbe per avventura un segno dei tempi ?

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19 agosto 1883

L ’ E C O N O M I S T A

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GLI OPIFICI GOVERNATIVI

Di tempo in tempo, fa nei giornali capolino la notizia che il Governo ha in . animo ora di ingran­ dire, ora di impiantare nuovi opifici demaniali, per esercitarvi un qualche nuovo ramo industriale.

Talvolta è il Ministero della guerra che non trova ben fabbricate le armi ed i numerosi prodotti che la guerra richiede; tal’altra si è il Ministro della marina, il quale, quando si tratti di lavori da ese­ guire in paese, non apprezza che i suoi arsenali e trova lutto da biasimare, quando si tratti di lavori compiuti o da compiersi negli opifici privati.

Nè l’amministrazione delle carceri vuol restare addietro in questa corsa verso una mela prefìssa e tende pur essa ad allargare la produzione industriale delle case di pena. Un tale indirizzo, condannato ad un tempo dalla scienza e dalla esperienza, è asso­ lutamente sbagliato e non ci vuol molto ingegno per riconoscere che non può non arrecare pessimi frutti.

Le varie amministrazioni governative dovrebbero per contro prendersi seria cura, di spogliarsi gra­ datamente dello molte operazioni industriali cui esse si sono sobbarcate, procurando di affidarle all’ in­ dustria privata. Lo si è detto le mille volte, e noi si ripeterà mai abbastanza ; lo Stato non deve as­ sumersi con i capitali del pubblico, un compito che non è suo; non deve fare un’ indebita concorrenza all’ industria privata ; egli non si deve tramutare in un filatore, tessitore, fonditore, stampatore e via di­ cendo.

Ben altro, ben altro si è il compito dello Stato, che non quello di tramutarsi in un diretto produt­ tore di valori industriali.

Le ragioni che consigliano lo Stato ad astenersi dalle operazioni dì diretta produzione economica, sono così evidenti, tanto ripetute e talmente a tutti note, che crederemmo abusare della pazienza del lettore, quando ci rifacessimo ad esporle ancora una volta. La Dio mercè, non solo gli economisti — classe odiata in questi tempi di rinascente protezionismo — ma anche gli stessi uomini politici, nella gran mag­ gioranza, sono concordi in ordine alla convenienza di non mischiare la Stato nelle operazioni che ri guardano la produzione industriale, operazioni che debbono essere lasciate, per quanto è possibile, alla libera iniziativa dei privati cittadini.

Scrittori ed amministratori sono — almeno sotto l’aspetto teorico — pressoché tutti d’accordo su que­ sto punto ; si dovrebbe quindi logicamente riscon­ trare che, anche nelle pratiche applicazioni, le am­ ministrazioni pubbliche, fossero aliene dall’ immi­ schiarsi in tale diretta produzione; invece avviene l’opposto.

Pare proprio che alcuni ottimi Direttori generali, alcuni eccellenti Capi divisione, senza dubbio per­ suasi di far cosa utile allo Stato ed al paese in ge­ nerale, non possono frenare il loro ardente desiderio di tramutarsi in capi di manifatture. Allorquando questi chiari personaggi, riescono ad impiantare col denaro dello Stato, un qualche nuovo opifìcio, sono profondamente convinti di essere riusciti a dotare la nazione di un nuovo elemento di forza e di pro­ sperità.

Quanto per contro sarebbe meglio, che questi ze­ lanti funzionari, invece di immischiarsi a farla da commercianti per l’acquisto delle materie prime; da

manifatturieri per trasformarle; talvolta nuovamente da commercianti per la vendita dei prodotti, come avviene per certe case di pena, si persuadessero, che per quanto riguarda i bisogni dell' esercito e dell’armata, sarebbe molto preferibile bandire -gli appalti per gli occorrenti approvvigionamenti, ot­ tenendo così il vero vantaggio dell’amministrazione e quello della manifattura nazionale ad un tempo.

Ma se è da condannarsi in tesi generale l’ indu­ stria demaniale, anco negli arsenali di terra e di mare, tanto più lo è, quando a vece di braccia li­ bere, si adoperano quelle schiave dei carcerati. In tal caso per mezzo di operai mantenuti e pagati col denaro dei contribuenti, si crea una concorrenza altrettanto ingiusta, quanto dannosa per gli industriali e gli operai privati.

Il lavoro manifatturiero compiuto nelle carceri, non è utile alle amministrazioni carcerarie, non è proficuo ai detenuti ed è dannoso per gli industriali ed operai liberi.

Il sistema delle occupazioni assegnate ai detenuti è in Italia sbagliato, come Io è l ’ inefficace sistema di polizia preventiva e punitiva. Fondandosi su tesi metafisiche, le nostre autorità hanno abbandonato le norme positive dell’esperienza; seguendo queste astra­ zioni filosofiche; la pubblica sicurezza è sempre pro­ blematica ; ragguardevolissimi i capitali vite ed averi che ogni anno si distruggono ; le spese sopportate per vigilare, arrestare, condannare, detenere, sorve­ gliare, sono enormi, con risultati pressoché nulli. Le carceri che costano un occhio del capo, anziché di correzione possono dirsi stabilimenti di perfezio­ namento al delitto e la proporzione fra i liberati ed i recidivi è ora più chè mai spaventosa.

A questo si aggiunga, che per la manìa manifat­ turiera, siamo riusciti al bel risultato di giovarsi dei carcerati, per far concorrenza ai lavoratori liberi. Non è certo nostro intendimento con questo affer­ mare che i detenuti debbano essere lasciati oziosi, che anzi dichiariamo non essere riusciti a capir bene la colonna che figura nelle statistiche carcerarie col titolo detenuti sen za lavoro che nel 1880 ad esempio erano per i condannati ai bagni <i,576. È certo però che i lavori manifatturieri non sono i più adatti a migliorare l’animo dei carcerati e vantaggiarne nel suo interesse avvenire l’umana società.

Potremo essere in errore, ma ci pare, che è nei lavori di bonifica di terreni, nell’attività esercitata in aperti campi, che sarebbe preferibile veder lar­ gamente adoperati i condannati alle case di pena.

L’Italia, come hanno dimostrato recentemanle va­ lentissimi scrittori, è fatalmente troppo ricca di ter­ reni paludosi e di maremme, centri infettivi, che bisogna, nell’ interesse dello Stato e di tutta la popola­ zione, affrettarci a bonificare. Anzi, dalla inchiesta fattasi per opera del Senato, sotto la spinta patriot­ tica del conte Torelli, risulta, che i tratti di terri­ torio sottoposti a malaria, tendono ad accrescersi anzi che a diminuire.

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famiglia, e non invece coloro, che con la loro sre­ golata e colpevole condotta, hanno cagionato pertur­ bazioni, danni e spese senza fine alla civile convi­ venza.

Chi voglia essere pratico, non può aver dubbio od incertezza nel rispondere al formulato quesito. E senza dubbio preferibile che a tali imperiosi la­ vori di bonifico, attendano i carcerati; e se non altro sarebbe questo da lor parte un lieve com­ penso, al forte dispendio, che i delittuosi arrecano in mille maniere all’umana società.

Pareva che la Direzione generale dalle carceri, tanto avversa alla deportazione — dalla quale pure I Italia, quando una tal pena fosse giudizialmente ap­ plicata, potrebbe ritrarre tanti utili fruiti — pareva diciamo, si fosse da qualche tempo persuasa, ad uti­ lizzare maggiormente i condannati nei lavori cam­ pestri e particolarmente in quelli di bonifica e risa­ namento. Questa amministrazione però si indusse a tal partito così di mala voglia, attivò il concetto in proporzioni così meschine, aderì a tali proposte tal­ mente in via di provvisorietà e di esperimento, da far persuaso chicchessia, non esser davvero questo metodo il suo ideale.

A questo riguardo si obbietta, che in molli luoghi malsani, il pericolo non si ha solamente per i cu­ stoditi, ma per i custodi eziandio. Al che non è difficile rispondere additando i molti pubblici fun­ zionari, ed in parti colar modo quelli addetti al ser­ vizio doganale e ferroviario, i quali soggiornano con grave loro pregiudizio, e certo senza ¡oro colpa, in località di malaria, che corre obbligo doveroso allo Stato di redimere a salubrità e produzione. Invece pretendendo creare opifici penali, si trasformano gli impiegati in industriali, vincolando il denaro dello Stato ad intraprese manifatturiere, togliendo ragguar­ devoli forze idrauliche all’azione fruttuosa delle pri­ vate iniziative. La quale, ove non fosse stata in tal guisa contrastata, ad anzi avesse per le commissioni ricevute conseguito incoraggiamento, alimento ed im­ pulso, avrebbe restituito all’erario sotto forma di contribuzione una parte dei guadagni ottenuti, e non solo per le imposte pagate dal capitalista, ma an­ cora dall’ operaio, sotto forma di dazio consumo e tasse di ricchezza mobile.

Invece dopo aver col pubblico denaro e per mezzo di lavoranti schiavi, fatta concorrenza indebita alle private manifatture, e tolto a queste i mezzi di ini ziativa e sviluppo, è ancora assai dubbio, se, te­ nuto conto di tutti gli elementi di spese, i prodotti ad esempio per l’armata e l’esercito si abbiano dal­ l’amministrazione a prezzi più convenienti. Quando a questo proposito si Sostituiscono calcoli, dai fana­ tici (autori della diretta produzione demaniale, ab­ biamo quasi sempre veduto trascurare nel conto il fondo di ammortamento, l’interesse del capitale fisso e circolante e soprattutto poi gli stipendi e le pen­ sioni del personale addetto a queste anormali lavo­ razioni.

Invece se i calcoli concernenti certe manifatture governative, si rifacessero, in modo serio, positivo e compiuto, il Governo si persuaderebbe agevol - mente, che è preferibile il sistema di oculati ed in­ tegri appalti, che non quello, in apparenza seducente, e pur tanto fallace e dannoso, della diretta produ­ zione compiuta per opera dello Stalo.

Sono questi i motivi che ci. persuasero a richia­ mare ancora una volta l’attenzione dagli uomini di I

Stato, sui gravi inconvenienti che apporta la deplo­ rabile tendenza delle amministrazioni centrali, a tra­ sformarsi in aziende industriali, giovandosi princi­ palmente dell’opera dei carcerati.

Ia c o p o Vi r g i l i o.

L’ fflDDSTEU BELLE CONSERVE ALIMENTARI

Il prof. Carlo Besana ha dettata per il Giurì della Sezione X classi 22a, 2 3 a dell» Esposizione di Mi­ lano, una relazione anche sulla industria delle con­

serve alim en tari, nella quale comprende tutte quelle

sostanze animali e vegetali, « destinate all’ alimen­ tazione dell’uomo che vennero sottoposte ad un trat­ tamento tale da preservarle alla corruzione spon­ tanea. »

Questa industria viene divisa in due classi; la prima comprende carne a pezzi, e vi concorsero 89 espositori, la maggior parte con salami e carni suine salate; conseguirono la medaglia d’oro, Bellen

ta n i G iuseppe di Modena, F o r n i A lessan dro di Bo­

logna, V icario e C itterio di Rho, tutti per salami; — la seconda, che comprende frutti e legumi dis­ seccati e preparati, ebbe (38 espositori, di cui 27 per salsa di pomidoro, e conseguì il diploma d’ onore

C irio F ra n cesco di Torino, per esportazione di con­

serve vegetali ed animali.

Ciò premesso ricaviamo alcune notizie dalla dotta relazione del Besana intorno alle condizioni di que­ sta industria in Ital ia. Lasciamo la parte storica della industria sulla quale anche il relatore molto breve­ mente e superficialmente si ferma, e veniamo ai metodi diversi coi quali oggidì si raggiunge lo scopo di conservare le materie organiche. Il relatore le di­ vide in cinque classi: la sottrazione dell’ acqua o disseccamento; la sottrazione dell’ aria coll’ immer­ sione nell’elio, o nel grasso, e colla spalmatura di miele, di sciroppo, di zuccherosi acido stearico, di gomma, di gesso, di cenere ecc.; l’azione del freddo per mezzo del ghiaccio, o per mezzo di macchine fri­ gorifere sistemi Wiudhausen, Ca.sè, Tellier, Pictet; — l’azione del calore coi metodi Appert o Cheva- lier—Appert; l’ azione delle sostanze antisettiche od antiputride come il sai marino, il salnitro, l’acetato di soda, il borace, il solfilo di soda, l’acido acetico, l’acido solforoso allo stato di gas, lo spirito di vino, ecc.

Rispetto ai singoli prodotti alimentari, primeggia senza dubbio la carne, che forma la base della nu­ trizione dei popoli civili e forti. L’italiano è tra i popoli d’Europa quello che consuma meno carne ; mentre ogni individuo inglese consuma in media chilogrammi 47 d ¡2 di carne, il francese 31, il Belga ed olandese 15, 13 lo scandiuavio, 13 lo sviz­ zero ed il prussiano, 12 l’austriaco e lo spagnuolo, l’italiano non arriva a 10 chilogrammi. E per quanto si possa concedere qualche errore alla statistica, è certo che siamo al disotto dell’ Inghilterra e della Francia in misura notevolissima.

(7)

19 agosto 1883

L’ E C O N O M I S T A

519

stiame da macello verso i paesi più consumatori, come la Francia. Così l’Alta Italia ebbe rinvigorita assai la sua agricoltura in causa di questo commer­ cio di bestiame colla Francia; il che è stata una graude fortuna per l’agricoltura ma, osserva l’au­ tore, « è uno sfogo che può anche avere un ter­ mine, perchè quel commercio nacque in seguilo a guerre e ad epizoozie e perchè può essere seria­ mente turbato da un cambiamento delle tariffe do­ ganali o da una concorrenza di paesi più feraci, meno popolosi, e più poveri del nostro, come sa­ rebbero l’America e l’Australia. »

Non dividiamo però completamente questa opinione dell’autore, in quanto ci pare difficile che la Francia, la quale ha bisogno del nostro bestiame, possa pri­ varsene, con un aumento di dazi, per lunga durata, o con un miglioramento agricolo. Piuttosto è da ri­ tenersi che in un avvenire non fontano l’America e l’Australia riescano a conquistare il mercato europeo anche per questo genere di prodotti; poiché è noto quale abbondanza di bestiame abbiano quei paesi, e la scienza saprà senza dubbio scoprire un mezzo abbastanza economico perchè la carne americana od australiana arrivi fresca in Europa. I metodi di­ versi di preparazione delle carni non hanno fatto buona riuscita essendosi il consumatore mostrato schifiltoso e volendo che la carne abbia conservati il colore, l’odore ed il sapore naturali.

La possibilità di ottenere il ghiaccio artificL.le a prezzo mitissimo (meno di un centesimo per chilo­ grammo) e di ottenere una atmosfera secca e fredda cogli apparecchi ad ammoniaca, così che la carne, senza congelarsi, stia in una temperatura tra 2° e 5° centigradi ha reso possibile l’ incremento grandis­ simo del trasporto di carni macellate fresche dal l’America all’ Europa. Il bestiame allevato nell’ Illi­ nois, nell’ Ohio, nell’ Indiana, nel Kentuchy, viene diretto a Chicago e di là trasportato a Nuova Y ork; quivi si macella mediante sgozzamento, e la carne tagliata a pezzi si raffredda ; si chiude in sacelli di forte canovaccio e si carica a bordo delle navi nelle camere refrigeranti dove viene trasportata a Liverpool. Anche la conservazione delle carni a mezzo del calore ha preso notevolissimo sviluppo in grazia dei perfezionamenti nei melodi. La carne a tre quarti di cottura viene chiusa entro scatole di latta piene di brodo il cui coperchio viene saldato; si fanno poi bollire nell’acqua le scatole e così impedito al­ l’aria di entrarvi, la carne si conserva per molto tempo.

L ’ industria della conservazione delle carni col mezzo del calore è abbastanza bene rappresentata in Italia; e la Liguria, Palermo, Napoli, Bologna, Milano, hanno dati molti eccellenti prodotti.

Meno riusciti finora furono in Italia i tentativi di ottenere l’estratto di brodo di carne, conosciuto col nome del celebre chimico Liebig, di cui tuttavia è molto grande il consumo. Alla esposizione di Mi­ lano fu trovato migliore di tutti l’estratto della ditta G. Pozzi e C. di Milano, sebbene inferiore esso pure e di molto ai prodotti americani. Non è inutile no­ tare che in Italia si importano circa 400 quintali di estratto Liebig, e che la sola fabbrica di Frny-Bentos nel Piata, produce 500,000 chilogrammi di estr tto, consumando ogni anno circa 50,000 buoi.

Poco diremo intorno all’ industria della prepara­ zione delle carni suine, poiché è argomento molto conosciuto. L'Italia per la qualità dei suoi prodotti

occupa un posto ragguardevolissimo, ma è sopraffatta anche in questa industria dalla concorrenza americana, la quale dà un prodotto inferiore, bensì ma a più buon mercato, così che non solo il mercato estero è di difficile conquista ma continua ad essere notevole anche la importazione di carni suine in Italia.

Intorno alia conservazione del pesce il relatore si meraviglia che l’Italia consumi tanto pesce seccato, affumicato, salato e coll’ olio e che ne comperi al­ l’estero più 400 mila quintali cioè, in valore, oltre 25 milioni di lire. Ma subito dopo riconosce che l’ importazione « verte per la maggior parte quelle specie che i nostri mari non possedono, come il merluzzo , I’ aringa eoe., però, aggiunge, il tonno abbonda anche nel Mediterraneo eppure non basta al consumo del paese. » Bisogna tuttavia notare su questo ultimo punto che il tonno è pesce delicatis­ simo, e che non viene preso vicino alle coste ita­ liane, e quindi il tornaconto dell’ industriale è di prepararlo in un luogo che sia vicino il più possi­ bile al posto di coltura. È a questo specialmente che si deve il fatto di tonnare italiane impiantate sulle coste mediterranee della Spagna e del Tunisino.

Finalmente riguardo alla industria dei frutti ed ortaggi conservati, ci limitiamo, per non riportare cose troppo note, a trascrivere il brano della rela­ zione che si riferisce all’ opera di Francesco Cirio.

« Il nome di Francesco Cirio — dice la rela­ ziona — è di quelli che lasciano traccia nella storia; un qualche Smiles italiano lo raccoglierà certamente nella categoria degli uomini che hanno edificato la propria posizione coi miracoli del proprio lavoro.

« Crrio concepì un’ idea mastodontica: asportare in grande proporzione quei prodotti alimentari, che il suolo italiano fornisce in grande quantità ed a buon mercato, nel nord d’Europa nel quale invece mancano e sono scarsissimi. Per attivare questo progetto dovette vincere ostacoli grandissimi come è facile immaginare, e subire perdite considerevoli.

« Cirio ebbe invero privilegi ferroviari inusitati, ma a nulla sarebbero questi valsi senza la sua fe­ nomenale attività e tenacità ed un talento particolare che un qualche seguace di Gali concreterebbe subito in una prominenza cerebrale da denominarsi : com ­

m ercio d i esportazione.

« Nel vedere quell’ ometto di aspetto semplice

e modesto nessuno s’immagina che quello è una potenza oggidì e che tiene in mano i fili di un com­ mercio che si estende da Peggio Calabria a Londra e da Parigi a Pietroburgo.

« L’entità di questo commercio può desumersi dai seguenti numeri estratti da un prospetto inviato dalla Ditta Cirio alla Esposizione Nazionale. Riguar­ dano le derrate vendute durante l’anno 1880.

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di uova e burro, 24 vagoni (quint. 218-4) di frutta ed agrumi, 24 vagoni (quintali 1920 di ortaglie e 172 vagoni quint. 6857 di derrate diverse.

« L ’incremento di tale commercio è rappresentato dal decennio 1 8 7 1 - 8 0 dalle seguenti cifre:

Armi Vagoni Quintali A nni Vagoni Quintali

1871 60 3,665 1876 1188 95,077 1872 148 9,141 26,624 1877 1763 133,315 1873 409 1878 1746 135,150 1874 435 29,327 1879 2505 202,221 1875 651 49,571 1880 4519 386,901

« La sede centrale dell’Azienda Cirio è Torino ;

le succursali sono Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Pescara, Reggio Calabria, Roma, Venezia, Verona, Amsterdam, Bruxelles, Charenton, Francoforte sul Meno, Londra, Monaco di Baviera, Parigi, Praga, Pietroburgo. Varsavia, Vienna, Zurigo.

« A nessuno sfuggirà l’ importanza che ha pel nostro paese il commercio di Cirio, molti nuovi mercati vennero aperti ni prodotti agrari italiani, specialmente ai nostri squisiti frutti ed agrumi, alle nostre saporite verdure. I consumatori esteri ap­ prezzano tutta questa roba buona che in gran parte è preferita a quella di ogni altro paese.

« Il commercio di Cirio è un incentivo potente al miglioramento ed aH’incremento dell’ orticoltura, della frutticoltura, nonché di tutte le industrie ru­ rali che hanno per ¡scopo la preparazione di sostanze alimentari, come il caseificio, l’enologia, l'oleificio, ecc. Non basta. Cirio acquista le sue derrate pir l’esporta­ zione in ogni parte d’Italia,ovunque trova merce buona; ed i molti milioni che vengono in Italia per opera sua non sono accumulati da uno o da pochi indi­ vidui, ma sono distribuiti sotto forma di tanti piccoli grappoli a tanti piccoli agricoltori ed industriali. Non vi è certamente in Italia un altro genere di commercio che abbia un carattere così generale e che diffonda così direttamente i suoi profitti per un numero altrettanto grande di persone. »

JI Commercio della città e porto di Genova

n e i * 8 8 %

Dai quadri statistici pubblicati per opera della soler­ te rappresentanza commerciale di Genova apparisce che nel 1882 il movimento commerciale della piazza di Genova superò quello del 1881 tanto per l’impor­ tazione che per l’esportazione. Infatti nell’anno scorso giunsero nel porto con nave a vela e a vapore italiane e straniere e sbarcarono 1,604-,700 tonnellate di merci e ne uscirono tonnellate 4 6 7 ,9 0 5 , mentre l’importazione nel 1882 fu di tonnellate 1,516,783 e la esportazione di 327,499. Vi fu per conseguenza nel 1882 un aumento rappresentato da 87,313 ton­ nellate di merci in entrata, e di 140.406 in uscita. È peraltro da notarsi che nella predetta quantità di merci importate, sono comprese quelle che non si fermarono nello stato, ma vennero spedite in tran­ sito oltre i confini austriaco, francese e svizzero e che nella esportazione sono comprese le merci im­ barcate nel porto di Genova giuntevi per ferrovia e provenienti anch’esse dall’estero. Questo transito fu di 28,074 tonnellate per le prime, quantità inferiore di 6349 a quella dell’anno precedente ; e di 22,060 per le seconde, quantità maggiore di 5812 di quella

del 1881. Nell’insieme il transito nelle due opposte direzioni diminuì, di 737 tonnellate, per dar posto ad un aumento nella vera importazione e special- mente nella esportazione.

Il rendiconto statistico di cui ci occupiamo è di­ viso in due parti. Nella prima è compreso il mo­ vimento commerciale riguardante le merci sdoga­ nate, merci riesportate, e quelle spedite con bolla a cauzione.

Nella seconda si contiene il movimento marittimo le costruzioni navali, ed il materiale della marina mercantile nel Compartimento.

Premessi questi cenni generali passeremo a se­ gnalare il movimento commerciale della città di Ge­ nova nell’ordine tenuto dal rendiconto statistico pub­ blicato per cura della Camera di commercio della città stessa.

Commercio complessivo. — Il commercio com­

plessivo nell’importazione comprende tutte le merci estere che furono introdotte in Genova senza tener conto dell’ ulteriore loro destinazione, cioè se per consumo dello Stato o per transito; e nell’ esporta­ zione comprende le merci nazionali, o nazionalizzate che si spedirono all’ estero, non che quelle estere che eseirono da Genova in transito. Il movimento complessivo nel 1882 im portazion e esportazion e e

tran sito ascese a valore ad una somma complessiva

di L. 463,436,224 e a p es o a tonn: 1,395,407 che confrontato con quello del 1881 da una differenza in p iù sul valore di L. 14,876,738 e sul peso di tomi: 54,047. Il seguente specchietto farà conoscere meglio i dati di confronto :

COMIViERCIO SPECIALE Valore 1882 1881

Importazione . . . . L. 350 779,215 338,530,761 Esportazione . . . . » 84,268,077 79,206,212 Transito per via di mare » 12,933,881 13,329,843 Id. per via di terra . . » 15,133,051 17,192,650 L. 463,136,224’ 448,259,466 Differenza in p iù nel 1882 di L. 14,876,738.

COMMERCIO SPECIALE Peso 1882 1881

Im p o rta z io n e ... Ton. 1,227,595 1,173,155 E s p o r t a z io n e ... » 117,678 117,334 Transito per via di mare . » 22,060 16,248 Id. per via di terra. . . » 28,074 34,623 Tonnellate 1,395,407 1,341,360 Differenza in p iù nel 1882 di tonn. 34,047.

Commercio speciale. — Il commercio speciale

nell’importazióne indica le sole merci estere sdoga­ nate in Genova per consumo nello Stato, e nel- 1’ esportazione comprende le sole merci nazionali, o nazionalizzate che si spedirono all’estero. Il commercio speciale d’importazione rappresentò nel 1882 a valore una somma di L. 350,779,215 e a p es o di tonnel­ late 1,227,595, e quello di esportazione L. 84,268,077 a valore e tonn. 117,678 a p eso. Paragonando queste cifre con quelle del 1881 si ha un aumento nell’im portazione di L. 12,248,454 sul valore e di tonnel late 54,440 nel p eso e nell’esportazione un aumento di L. 5,061,865 nel valore, e di tonn. 344 nel p e s o .

Eccone i dati di confronto.

Va l o r e

1883 1881

Importazione. . L. 350,779,215 338,530,761

(9)

19 agosto 1883

L ’ E C O N O M I S T A

521

Importazione Tonn. Esportazione » Peso 18 8* 18 81 1,227,595 1,173,155 > 117,678 117,334

T ra n sito .— Il commercio di transito comprende

tutte le merci estere che esrirono da Genova dopo averne attraversato o toccato il territorio, e com­ prende pure tutte le merci estere che vengono rie­ sportate dopo essere rimaste nei depositi doganali. Le merci estere giunte in transito durante il 1882 ed uscite per via di mare rappresentano un valore di L. 1 2 ,933,881 cioè a dire una differenza in meno di L. 373,962 in confronto del transito del 1881 ed ebbero un peso di tórni. 22,060 cioè a dire una dif­ ferenza in p iù in confronto del 1881 di tonn. 5,812, Le merci che traversarono Genova direttamente o dopo essere state per qualche tempo nei depositi do­ ganali, ebbero nel 1882 un valore di L. 15,153,051 cioè una differenza in meno in confronto dei 1881 di L. 2,059,599 e un p eso di tonn. 28,074 ossia tonn. 6,549 m eno che nel 1881.

Commercio speciale

1. Spiriti,bevande ed olj L. 2. Generi coloniali, droghe

e tabacchi. . . . » 3. Prodotti chimici, generi

medicinali, resine, e profumerie . . . » 4. Colori e generi per tinta

e concia . . . . » 5. Canapa, lino, juta ed

altri vegetali filamen­ tosi , escluso il co­ tone ... » 6. C o t o n e ...s 7. Lana, crine e peli . . > 8. Seta . ■...s 9. Legno e paglia . . > 10. Carta e libri . . . : 11. P e l l i ... 12. Minerali, metaìli e loro

l a v o r i ... i 13. Pietre, terre,vasellame,

vetri e cristalli . . 14. Cereali, farine, paste e

prodotti vegetali non compresi in altre ca­ tegorie . . . . . . i 15. Animali, prodotti e spo­

glie di animali non compresi in altre cat.’ 16. Oggetti diversi. . . per categorie 1 8 8* Importazione Esportazione .11,273,155 14,756,986 50,394,420 2,190,524 17,523,695 4,554,082 4,757,414 101,921 4,168,673 80,194,206 18,943,048 2,096,860 8,718,698 380,732 10,479,910 59,763,659 21,196,242 2,697,105 3,844,855 2,382,154 5,785,040 1,953,507 4,176,907 3,633,203 2.956,428 2,129,229 40,322,028 16,342,977 16,948,410 10,672,619 3,618,065 3,090,540

Totale Generale del Commercio speciale L. it. 359,779,215 84,268,077

Navigazione per operazioni di commercio. — Il

resultato complessivo della navigazione internazionale e di cabotaggio dei bastimenti a vela e a vapore, en­ trati ed usciti nel 1882 per operazioni di commercio si riassume come segue:

1 bastimenti entrali ed usciti furono 11,327 della complessiva portata di tonn. 4,484,174 con una dif­ ferenza in confronto col 1881 di 178 bastimenti, e di 432,329 tonn. in p iù nel 1882.

I bastimenti entrati nel 1882 furono N. 3718 di ton­ nellate 2,054,107 con una differenza in p iù in con­ fronto col 1881 di bastimenti 163 e di tonn. 228,960. I bastimenti usciti furono N. 5609 di tono. 2,230,067

conlro bastimenti 5,596 e tonn. 2,026,698 nel 1881. I bastimenti Impiegati nella navigazione interna­ zionale salirono nel 1882 fra entrati e usciti a 4358 della portata complessiva di tonn. 3,122,192 con una differenza in confronto col 1881 di bastimenti 21 e di tonn. 163, 552 iil p iù nel 1882.

I bastimenti addetti esclusivamente al cabotaggio cioè alla navigazione fra porto e porto ascesero a bastimenti 6,969 e a tonn. 1,561,882 con una dif­ ferenza in confronto col 1881 di bastimenti 157 e di tonn. 268,777 in p iù nel 1882.

MOVIMENTO COMMERCIALE DELLA PROVINCIA DI PESARO

La Camera di Commercio ili Pesaro ha pubbli­ cato la statistica del movimento commerciale nel distretto Camerale per l’anno 1882. Si rileva da essa che l’ esportazione totale fu ili quint. 259,238 di merci, e 1’ importazione di quint. 239,987 con un eccedenza sulla esportazione di quint. 20,749.

Le merci maggiormente esportate furono : vino e mosto, farine, concimi, derrate animali, ortaglie, so­ stanze tessili greggi 3, lana, zolfo, pietre e tufi, e uva fresca.

Gli articoli di maggior importazione furono: boz­ zoli, acque, bevande, spiriti, frumento, coloniali e droghe, combustibili minerali, filati e tessuti, legnami greggi e lavorati, canape, mobili, metalli greggi e lavorati, petrolio, eco.

L ’ammontare totale del commercio d’importazione e di esportazione nel distretto camerale di Pesaro nel biennio 1 8 8 1 - 8 2 è dato dalle seguenti cifre:

1882 Q. 213,407 226,691 440,098 » 239,238 259,987 499,225

Diff. in più nel 1882 Q. 25,831 33,296 59,125 Il movimento della navigazione nei porti canali di Pesaro e Fano nel biennio 1881 82 fu il seguente: Pesaro Arrivi N. 350 nel 1881 e 427 nel 1882 Partenze N. 347 nel 1881 e 415 nel 1882 Carico tonn. 15,728 nel 1881 e 18,490 nel 1882 Fano Arrivi N. 1,314 nel 1881 e 1,244 nel 1882 Partenze N. 1,311 nel 1881 e 1,246 nel 1882 Carico tonn. 37,638 nel 1881 e 50,174 nel 1882 Nel 1882 si vararono dal cantiere di Pesaro 6 trabaceoli della portata complessiva 170 lonnell. e media di tonnellate 58. Tre di questi trabaceoli vennero destinati alla navigazione e tre alla pesca. Ntd cantiere di Fano non fu fatta nel 1882 alcuna costruzione.

CRONICI CELLE CAIIERIÌ DI COMMERCIO

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maggio cioè che essendosi nel 1875, in occasione del quarto congresso generale delle Camere di com­ mercio in Roma, fissata per acclamazione in Venezia la sede del futuro congresso, non sarebbe conve­ niente di fare adesione alla proposta della conso­ rella di Alessandria di un congresso da tenersi in Torino durante la esposizione nazionale del 1884. Appoggiò le seguenti istanze delle Camere di com­ mercio di Mantova, di Arezzo, di Lucca e di Catania 1° Di Mantova per ottenere che gli uffici po­ stali della località non congiunte da ferrovia al ca­ poluogo provinciale vengono autorizzati di ricevere e spedire i valori metallici ;

2° Di Arezzo onde sia reso obbligatorio negl’im­ piegati ferroviari di suggerire le tariffe più favorevoli, e di applicarle ancorché queste non siano dal mittente richieste; perchè siano rimborsate sollecitamente dalle Amministrazioni ferroviarie le eccedenze di tasse per- cette, avvisandone gli aventi dritto al rimborso delle eventuali differenze in più, come provvedono all’or quando si verificano versate in meno; cbe sia tolto infine il prodotto lane dalla categoria delle materie infiammabili per lasciare adito a spedizioni a gran velocità superiori a chilogrammi IO.

3° Di Lucca relativa alla tassa di bollo sugli effetti commerciali.

4° Di Catania affinchè venga revocata la de­ terminazione di escludere la neve dai trasporti a piccola velocità ecc. Deliberò finalmente L. 1000 come concorso nelle spese per la Esposizione na­ zionale di Torino nel 1884.

Camera di Commercio di Rennes.

- La Camera di Rennes ha domandato al Ministro di Giustizia che sieno create in trancia delie C orti d i ap p ello corti

m ercia li le qutili sieno incaricate di giudicare in ul­

tima istanza, invece e luogo delle corti di appello della giurisdizione comune, le controversie commerciali giu­ dicate in prima istanza dai tribunali consolari. La Ca­ mera di Rennes opina che il favore accordato oggi ai tribunali di commercio e ben meritato per la r a ­ pidità delle loro decisioni, come pure per la sem­ plicità ed economia della loro procedura, sarebbe per il medesimo titolo accordato alle nuove Corti, perchè verrebbero ad offrire i medesimi vantaggi.

Camera di Commerc'o di Roubaix.

— La Ca­ mera di Roubaix ha scritto al Ministro del Com­ mercio, come pure alle altre Camere per protestare contro le leggi attualmente pendenti avanti il par­

lamento, sulla responsabilità in caso di infortuni. La Camera di Roubaix protesta energicamente contro il principio stesso di questi progetti di legge che fa ricadere questa responsabilità unicamente sui padroni, principio che essa considera come arbitrario, ingiusto, e immorale. Essa spera che il Governo e i deputati respingeranno le proposte di legge tali quali sono formulale sulla responsabilità degli infortuni, e sulla creazione inutile e inopportuna di una cassa n a z io ­

n ale di assicurazioni contro il rischio di questa re­

sponsabilità.

Notizie economiche e finanziarie

Situazione delle Banche di emissione italiane ed estere.

(in milioni di lire)

Banca Nazionale Toscana

30 giu gn o I Cassa e riserva . . L. 20,6

Attilli

Portafoglio . . . » 27,9 ( Anticipazioni . . . » g Capitale . . . . L. 30,0 Massa di rispetto. . » 3 6 Circolazione L. 51,9) Altri deb.a vista » 3> "

Banco di Sicilia

Ì

Cassa e riserva . Portafoglio . . . » . L. Anticipazioni . . . »

Sofferenze . . . »

j Capitale... L. ) Massa di rispetto. . »

Circolazione L. 35,7)

Altri deb. a vista » 29,7 '

20 luglio 26,9 22,8 4,7 3,5 11,6 2,9 65,4 31 luglio 25,6 23,5 4,7 3,5 L. 35,6 ) » 29,7 \ 11,6 2,9 65,3

Banca Nazionale del Belgio

(9 agosto). — In casso

m etallico fr. 9 4,456,038; p o r ta fo g lio fr. 281,451,283; riserv a trancili 1 7 ,0 6 6 ,9 8 2 ,9 2 ; a n ticip a z io n i fran­

chi 13,920,848; conti corren ti fr. 73,827,036,54 ;

circ o la z io n e fr. 327,309,700.

Banca di Francia

(2 agosto). - Aumentarono; i conti corren ti del T esoro di fr. 13,052,972.

Diminuirono; la circolazion e di fr. 5 1 ,5 3 7 ,7 4 0 ; i conti corren ti p a r t ic o la r i di fr. 10,319,997; l'in ­

casso m etallico di fr. 268,558, e il p ortafoatio di

fr. 67,475,461.

Il bilancio si chiude con franchi 3,836,000,957,72 mentre era stato di fr. 3,896,251,370,21 la settimana precedente, e di fr. 3,909,952,067,63 la settimana corrispondente del 1882. La riserv a aveva ; 9 agosto 2 agosto Oro . . Ir. 9 8 8,343,132 fr. 988,363,144 Argento » 1.035,505,009 » 1,035,753,555 Totale . fr. 2,023,848,141 fr. 2,024,! 16,699

Banca d’ Inghilterra

(9 agosto). — Nessun au­ mento.

Diminuirono: la circolazion e di sterline 87,000 ; i conti c o rr en ti del T esoro di sterline 8,735 ; i conti

corren ti p a r t ic o l a r i di sterline 594,282 ; i fo n d i p u b b lici di si. 1 , 7 3 7 ; il p o r ta fo g lio di st. 5 8 5 ,8 8 7 ;

J’ in casso m etallico di stelline 87,568; e la riserv a di sterline 508.

Clearing House.

— Le operazioni ammontarono nella settimana che terminò coll’8 agosto a ster­ line 91,949,000 cioè sterline 21,781 meno della settimana precedente e sterline 2,016,000 p iù della settimana corrispondente del 1882.

Banca di Germania

(31 luglio). - Aumentarono: li p o rta fo g lio di sterbue 675,000 ; la circo la z io n e di si. 318,000 e i conti co rren ti di st. 354,000.

(11)

19 agosto 1883

L’ E C O N O M I S T A

523

Banca Austro-Ungarica

(31 luglio). — Aumen­ tarono: l'incasso m etallico ili st. 1 5 2 ,0 0 0 ; \\ p o rta ­

foglio e le an ticipazion i di sterline 471 ,0 0 0 e la circolazione di st. 50,000.

Nessuna diminuzione.

Banca Neerlandese

(4 agosto). — Aumentarono: il p ortafog lio e le an ticipazion i di si. 282,000 e la

circolazion e di st. 54,000.

Diminuirono: {’incasso m etallico di st. 242,000, e i depositi di st. 50,000.

Banche associate dì Nuova York.

— (1 i agosto) Aumentarono: le specie m etalliche di st. 20,000; la

circolazione ili st. 4 0 ,0 0 0 ; i d ep o siti di st. 80,000;

e la riserv a legale contro depositi di st. 20,000. Diminuirono: il p o rta fo g lio di st. 1 0 0 ,0 0 0 ; e i

boni del T esoro di st. 20,000.

— Il ministro Berti con circolare alle Camere di commercio, partecipa che il Governo francese ha permesso l’introduzione di armi e materiali da guerra in Algeria. Ma viceversa poi, non essendo abrogate in Algeria le ordinanze locali restrittive sul com­ mercio delle armi e materiali da guerra, questa concessione della Francia è illusoria.

Colla stessa circolare il ministro avverte che la Spagna ha permesso l’introduzione del sughero in tavole a Caraquis provincia di Gerona, nel qual c o ­ mune si lavorano i turraccioli e I’ Italia esporta in Ispagna sughero per L. 209,000 circa all’anno.

— Il Ministero francese dei lavori pubblici, nel­ l’occasione della discussione sulle convenzioni fer­ roviarie, che furono approvate dalla Camera ha compilato una statistica del materiale delle varie ferrovie francesi ed eccone le principali cifre per linea. Linea nord . . Locom otive 1138 Vag. pas. 2021 V ag . merci 33971 » est . . . 922 2359 22401 » ovest. . 1045 2881 11465 » Oreans. 970 2100 20 453 Parigi Lione . 1960 3187 62000 Linee second.6 838 2582 23619 6893 15452 182089

Le locomotive sonò 2826 per passeggieri e 4067 per merci.

I vagoni passeggieri sono 3208 di prima classe, 5515 di seconda classe e 6909 di terza.

— La G azzetta U fficiale dell’8 ha pubblicato il trattato di commercio e navigazione tra l’Italia ed il Montenegro.

— Gli introiti doganali agli Stati Uniti nel mese di luglio scorso, sotto l’ influenza della nuova ta­ riffa, sorpassarono di un milione di dollari quelli del mese di luglio 1882.

— Il confronto fra le riscossioni delle imposte dal 1° gennaio a tutto il mese di luglio 1883 e quelle dello stesso periodo del 1882 dà i seguenti resultati :

Imposte dirette i s s a 1882

e macinato. . L .2 2 1 ,1 8 5 ,7 8 4 .6 9 L .2 2 3 ,032,774.47 Tasse sugli affari » 93,690,027.49 » 90,340,890.42 Dogane ed altri

proventi ammi­ nistrati dalla Dir.0 gen. delle

Gabelle . . . » 250,440,311.83 » 251,491,238.25 Totale L. 567,3 16,324.03 » 545,064,905.14

Si ebbe un aumento nel 1883 di L. 22,251,420.79. Aumentarono le tasse sugli affari di L. 5,1 49,136.97 ; le dogane ed altri proventi amministrati dalla Dire­ zione generale delle gabelle di L. 18.940,278,60. Diminuirono le imposte dirette e macinato di L. 1,846,989.78.

— Ecco il riassunto delle operazioni delle Casse postali di risparmio nel Regno a tutto il mese di giugno 1885.

Libretti rimasti in corso alla fine

del mese precedente... N. 673,265 —

Libretti emessi nel mese di giugno » 25,659 —

N. 698,924

-Libretti estinti nel mese stesso . » 2,585 —

Rimanenza . . . N. 696,389 — Credito dei depositanti alla fine del

mese p reced en te ... L. 97,259,842 90 Depositi del mese di giugno . . » 7,819,130 09

L. 105,079,272 99 Rimborsi del mese stesso . . . » 6,382,326 49 Rimanenza . . . » 98,696,916 50 — Nel giugno del 1883 i prodotti delle ferrovie del- I’ Alta Italia salirono a L. 9,106,511,65, mentre nello stesso mese dell’ anno 1882 furono di L . 8,831,837,57 e però si verificò un aumento di L. 274,674,08.

Dal 1° gennaio poi al 50 giugno 1885 i p ro­ dotti furono di L. 56,356,030,52 mentre nello st°sso periodo del 1882 furono di L. 53,595,238.16 e si verificò il notevole aumento di L. 2,760,792,56.

Da queste cifre si può dedurre die il prodotto chilo­ metrico, esclusa la navigazione, fu di L. 15,066,60 mentre dal 1° gennaio al 30 giugno 1882 fu di L. 14,993,11.

RIVISTA DELLE BORSE

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