Tra le molte differenze presenti nelle teorie che hanno come scopo l’individuazione dell’origine del percorso genetico del trust, vi è una pressoché totale concordia nel ritenere lo use come suo diretto antecedente giuridico nel diritto inglese; tuttavia non pochi autori, sia britannici che stranieri, hanno ritenuto di doversi soffermare ad analizzare una locuzione, «ad opus» presente nei documenti anglosassoni risalenti al IX secolo e quindi di molto precedenti la conquista normanna. L’interesse degli studiosi è giustificato dal fatto che se si venisse a considerare tale locuzione come perfettamente coerente
requisiti dalla Corona e dovevano rispondere dei loro atti di fronte ad un corte regia; R.H.HELMHOLZ, op. cit., pp. 177 ss.
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col percorso evolutivo che comprende sia lo use, sia il trust, si assisterebbe ad un radicale arretramento cronologico per quanto riguarda l’accertamento della presenza di istituti fiduciari in territorio inglese, sin dall’abbandono romano della Britannia. Tuttavia, tali analisi, pur convenendo sulla singolarità di tale fenomeno nel quadro giuridico anglosassone, pervengono a considerazioni di fondo diverse sul suo valore storico-giuridico: se F. W. Maitland, primo a porlo in relazione con lo use, lo considera il ponte tra la tradizione germanico-salica e l’istituto inglese del trust56, G. P. Verbit viene invece a
negare l’esistenza di un legame evolutivo57, mentre ancora M. Ferrante lo considera un elemento che, pur non ponendosi come antecedente diretto dello use, dimostra l’influenza del diritto canonico sulla creazione dello stesso anche attraverso un’analisi del processo semantico che avrebbe come partenza i termini latini opus ed usus58.
Andando con ordine, possiamo notare come la locuzione in esame sia contenuta in frammenti a noi pervenuti di quelli che erano definiti charters (lat: diploma, privilegi). In questa classificazione rientrano tutti quegli atti, redatti su pergamena, che contenevano la registrazione di
56 F.W.MAITLAND, The Origin of Uses, Harvard Law Review, Vol. VIII
(3), 1894
57 G.P.VERBIT, “Ad Opus”, in The Origins of Trust, Bloomington 2002 58 M.FERRANTE, L’apporto, p. 137
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concessione di terre o altri privilegi solitamente di provenienza reale.
Ai fini della presente indagine risulta utile esaminare il contenuto di due frammenti presi anche in considerazione da Maitland per il suo studio59:
• «Item in alto loco dedit eidem venerabili viro ad opus
praefatas deo servientium terram.»
(809 d. C.)
(Allo stesso modo, dono, in un altro posto, tera allo stesso venerabile uomo a beneficio dei servitori di Dio.) • «Rex dedit ecclesiae Christi ex Wulfredo episcopo ad opus
monarchorum…villam Godmeresham.»
(822 d. C.)
(Il re dona alla chiesa di Cristo e al vescovo Wulfredo a beneficio dei governanti del villaggio di Godmeresham.)
Ad un primo sguardo si nota subito che entrambe queste attribuzioni sono fatte a ordini religiosi o alla Chiesa in generale; infatti, i charters erano originariamente in gran parte destinati allo scopo del sostentamento del clero, solo in epoca più tarda si diffusero in ambienti laici.
Il semplice dato letterario in relazione a queste attribuzioni immobiliari porterebbe quindi ad affermare
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che la locuzione ad opus è legittimamente considerabile come il primo passo giuridico verso il trust; tuttavia, questa deduzione, si scontra con il parere della maggioranza degli storici del diritto che lo vuole come frutto del giurisprudenza di corti civili, che però non avrebbero avuto competenza su beni clericali e non sono conosciuti frammenti in cui l’attribuzione non sia direttamente o indirettamente destinata a soggetti diversi da quelli religiosi60.
Sino alla conquista normanna le poche attribuzioni «ad opus» disponibili sembrerebbero confermare la tesi di Maitland; tuttavia, quest’ultimo prende in esame anche l’utilizzo della stessa locuzione all’interno del Domesday Book61, redatto nel 1086 su ordine di Guglielmo I il Conquistatore, cercando di rafforzare il proprio punto di vista attraverso due esempi costituiti da altrettanti frammenti62:
• «Inter totum reddit per annum xxii. libras…ad firmam
regis…Ad opus reginae duas uncias auri…»
60 G.P.VERBIT, “Ad Opus”
61 Il Domesday Book rappresenta in pratica un grande censimento
catastale, in cui vennero censite le proprietà determinandone anche l’appartenenza alle varie classi sociali. Il censimento verrà effettuato in ogni contea da un ufficiale regio, un rappresentante del clero e quattro agricoltori. Da questo viene tratto «il quadro della società inglese dell’epoca utilissimo a fini fiscali, giudiziari, di polizia, militari ed amministrativi». V.BARSOTTI – V.VARANO, La tradizione giuridica
occidentale. Testo e materiali per un confronto civil law common law, Torino
2014, p. 269
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(In totale, paga 22 libbre…alle rendite del Re…due once d’oro ad uso della Regina).
• «Non geldabant quia de firma regis erant et ad opus regis
sunt.»
(Non sono stati pagati alle tasse perchè facevano parte delle rendite del Re; sono destinati ad uso63 del Re.) Maitland trae questi due esempi da un gruppo più ampio e li utilizza per evidenziare come la locuzione ad opus non solo sia sopravvissuta allo sconvolgimento politico e giuridico causato dall’invasione normanna, ma inoltre ritiene che ciò dimostri come si fosse estesa anche per indicare conferimenti non solo ad organi religiosi ma pure a soggetti laici.
Tuttavia, esaminando più attentamente il contenuto di questi frasi, si può facilmente notare come l’ad opus sia utilizzato non per indicare una divisione tra quelle che nel
common law sono indicate come legal property e equitable property64: nel primo frammento si parla di rendite del Re e di entrate destinate al mantenimento della Regina, mentre nel secondo frammento si evidenzia come il
63 Nella traduzione originale di G.P. Verbit si utilizza il termine “use”
(King’s use, Queen’s use) in sostituzione del termine utilizzato da Maitland “work” (King’s work, Queen’s Work)
64 Tali termini saranno oggetto di analisi approfondita nei paragrafi
successivi; per la trattazione in oggetto è sufficiente considerare che essi indicano rispettivamente il diritto proprio di chi riveste la posizione del trustee e il diritto che è attribuito al beneficiario del trust.
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terreno non è soggetto a tassazione poiché facente parte dei possedimenti reali. Nella traduzione si è preferito utilizzare il termine “ad uso” indicare chi è il destinatario delle rendite.
G. P. Verbit teorizza che il destinatario delle rendite ne sia anche il proprietario feudale: infatti ritiene che la locuzione in oggetto sia da attribuirsi al lavoro dei redattori del Domesday Book. Questi erano incaricati di stabilire chi fosse il proprietario dei terreni soggetti a censimento per determinare chi dovesse essere tassato in ragione dei suddetti. In alcuni casi la proprietà dei terreni era contestata e allora si procedeva ad assegnarla direttamente «for the King’s use»65.
Questa è l’applicazione dell’ad opus più frequente (oltre ai seppur rari utilizzi a vantaggio di enti religiosi, che potrebbero rimandare alla succitata maniera anglosassone) che si ritrova nel Domesday Book: lo user, il destinatario delle rendite, è anche il proprietario ai fini del censimento. Ciò non esclude che vi possa essere qualcun altro che detenga il legal title della terra, ma questo non risulta dal dato testuale pervenutoci.
Alla luce di questi elementi non si ritiene di poter seguire l’orientamento delineato da Maitland in quanto, la forte
65 “In some cases “ownership” is contested and in these cases the land is
“adjudged” for the King’s use.”
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differenza di significato che si delinea tra la locuzione presa in questo contesto e in quello precedentemente esaminato, non permette di affermare con assoluta certezza che la stessa in epoca normanna sia stata impiegata in via generale per gli stessi fini che ne motivavano l’utilizzo precedente66.
Tuttavia, si può concludere che l’ad opus anglosassone originario si avvicina molto, se non altro per il soggetto che ne fa uso e che ne è anche il beneficiario, a quello che sarà lo use sviluppato dalla Chiesa inglese dal XIII secolo per eludere lo Statute of Mortmain. Tale somiglianza, quantomeno contenutistica, può trarre in inganno, ma esaminando i frammenti del Domesday Book si evidenzia come manchi l’elemento della continuità tra i due istituti che spinge a ipotizzare che la locuzione avesse perso il significato originale e che quindi non possa ritenersi diretto antenato dello use e, di riflesso, del trust; risultato viene a concordare perfettamente con l’opinione storiografica dominante che vede, come sarà approfondito in seguito, lo use come conseguenza giuridica della particolare qualificazione della proprietà immobiliare inglese.
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