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A PROPOSITO DI POLITICHE INDUSTRIALI REGIONALI

Nel documento Cronache Economiche. N.011-012, Anno 1977 (pagine 51-61)

Carlo Beltrame

1. Mentre a livello nazionale un disegno di politica industriale sembra prendere corpo in forme più organiche che non in passato, come attestano la recente legge sulla riconversione industriale e il relativo dibattito, nonché il proposito di operare utilizzando i cosiddetti « pia-ni di settore » le Regiopia-ni cercano in concreto di precisare i contenuti di una loro politica industriale. Ma è veramen-te possibile per le Regioni metveramen-tere in atto una vera e propria politica indu-striale, cioè realizzare comportamenti e darsi strumenti che costituiscano dei contenuti concreti al rivendicato (nei confronti dello Stato) riconoscimento, ad esempio, di « competenze relative all'in-centivazione diretta mediante appresta-mento di aree attrezzate e con forme di assistenza tecnico-organizzativa e gestio-nale per le imprese artigiane e la picco-la e media industria »?

Cercheremo di fornire delle risposte a questo interrogativo soprattutto ripren-dendo le impostazioni formulate a livel-lo di nuovo piano regionale di sviluppo del Piemonte, nonché illustrando par-ticolari strumenti di politica industriale regionale, come le società finanziarie regionali e le aree industriali attrezzate. Ci manterremo comunque prevalente-mente sul terreno della documentazione. 2. Si prescinde qui dal trattare il puro fondamentale ruolo, esercitabile da par-te delle Regioni, di fornire stimoli e contenuti alla politica industriale nazio-nale, dove si collocano i grossi nodi di una politica industriale tout court e dove si colgono più correttamente i nes-si internazionali e multinazionali della problematica coinvolta 2. E nemmeno af-frontiamo qui il tema della partecipa-zione delle Regioni alle scelte localiz-zative e alle istruttorie per i grandi im-pianti di competenza centrale, per limi-tarci strettamente al tema specifico di questa nota, riguardante gli interventi diretti delle Regioni in campo industria-le. Si tratta di interventi soprattutto cen-trati sul tema dello stimolo e del con-trollo delle localizzazioni industriali3, ma non limitati ad esso, trattandosi an-che di forme di assistenza di varia na-tura alle imprese e anche, attraverso la formazione professionale, di contribui-re ad adeguacontribui-re, in termini qualitativi e

quantitativi, la manodopera delle singo-le aree ai disegni e ai processi di svilup-po o di riconversione industriale. Passiamo però subito a delle imposta-zioni e proposte concrete, riferendo sul programma di sviluppo industriale del piano di sviluppo del Piemonte 1977-1980 approvato di recente dal Consi-glio regionale. Ricordiamo che in Pie-monte, alla strategia di riequilibrio ter-ritoriale di fondo (controllo del proces-so di crescita dell'area di Torino, per reimmettere nel processo di sviluppo le città importanti della regione e per l'in-tegrazione delle stesse con i territori circostanti, che sono poi i loro com-prensori) è strumentale una serie orga-nica di politiche territoriali, tra cui quella relativa alla localizzazione e ri-localizzazione dell'industria.

È all'interno di questa politica che ri-troviamo il « programma di sviluppo industriale », basato su « direttrici di lavoro » che intendono trovare speci-ficazione operativa attraverso:

— la creazione di un'anagrafe delle at-tività produttive industriali, in partico-lare manifatturiere, come elemento in-formativo essenziale per una valutazio-ne strutturale e congiunturale delle mo-dificazioni dell'apparato produttivo pie-montese;

— la attivazione di meccanismi di rilocalizzazione delle unità produttive finalizzata all'attenuazione del peso del-l'area metropolitana e all'avvio di pro-cessi di industrializzazione nelle aree più « deboli » del Piemonte;

— la realizzazione di un rapporto sta-bile tra amministrazione regionale e « grandi imprese » che permetta di rac-cordare le scelte di impresa con gli obiettivi di sviluppo socio-economico regionale.

Circa l'anagrafe delle attività produtti-ve industriali, va ricordato che è già stato formulato un particolare « proget-to » che si articolerà nelle seguenti fasi: — censimento delle informazioni che vengono raccolte a livello regionale; — definizione di una metodologia di aggregazione delle informazioni; — individuazione di una serie di indi-catori atti ad evidenziare gli andamenti

congiunturali e le modificazioni strut-turali;

— individuazione delle modalità di ag-giornamento dell'anagrafe;

— definizione di un regolamento di ac-cesso e di pubblicizzazione delle infor-mazioni.

Per quanto riguarda invece la seconda direttrice di lavoro proposta, l'attività della Regione sarà finalizzata da un lato alla realizzazione di una politica delle

aree industriali attrezzate atta a

valo-rizzare i fattori di sviluppo esistenti sul territorio, dall'altro alla definizione di

meccanismi di mobilità aziendale, che

permettano una riorganizzazione degli insediamenti, tesa non solo ad una atte-nuazione del ruolo polarizzante del-l'area metropolitana torinese, ma anche ad un migliore rapporto tra sviluppo della conurbazione e localizzazioni pro-duttive.

Entro il 1978 si avvieranno operativa-mente le aree previste da una specifica legge regionale (la legge regionale

9-4-1975 n. 21): Vercelli, Casale Monfer-rato, Mondovi e Borgosesia. È peraltro prevista una nuova normativa generale circa le aree industriali attrezzate, che stimoli processi di rilocalizzazione, sul-la scorta di accordi predeterminati tra imprese ed enti locali.

In altri termini la Giunta regionale del Piemonte intende operare sulla base di un protocollo concordato con le orga-nizzazioni imprenditoriali, che indivi-dui le modalità di rilocalizzazione delle unità produttive e che possa essere as-serito come elemento ispiratore omoge-neo di specifici accordi tra imprese (o gruppi di imprese) ed enti locali (o gruppi di enti locali). Tra i criteri ispiratori c'è anche quello della priorità alle iniziative che prevedano processi di mobilità che concorrano alla promozio-ne dello sviluppo promozio-nei comprensori ester-ni a quello torinese.

La Regione Piemonte ha reso note qual-che tempo fa le « linee della conven-zione-quadro per regolare la rilocaliz-zazione, l'ampliamento e la ristruttura-zione delle aziende insediate nelle aree urbane ». La convenzione, una volta ap-provata, entra a far parte dei program-mi pluriennali d'attuazione dei Comuni

interessati. In particolare dovrà essere specificato:

a) l'area di prevista rilocalizzazione, da

definirsi in un'area industriale attrezza-ta, nei piani per gli insediamenti pro-duttivi o in aree ritenute idonee nella programmazione territoriale alle varie scale, tenendo conto di aree già in pro-prietà o in disponibilità delle singole aziende;

b) il tipo di intervento previsto dal

pun-to di vista urbanistico, edilizio, tecno-logico, ambientale, ecc.;

c) il volume e la qualità degli investi-menti stimati per affrontare la rilocaliz-zazione, gli ampliamenti o la ristruttu-razione e le modalità ed i tempi pre-visti;

d) i livelli occupazionali previsti; e) il prevedibile valore globale delle

aree lasciate libere, sia in relazione alle indicazioni del piano esecutivo predi-sposto, sia, come riferimento di verifica, alle previsioni degli strumenti urbani-stici vigenti e alla attuale normativa di legge in materia di espropriazioni; /) le condizioni per il reperimento dei mezzi finanziari per far fronte agli in-terventi previsti, con riferimento al cre-dito industriale disponibile, alle neces-sità di ricorso ad altre forme di credito, al recupero del valore dell'area d'attuale insediamento, ecc.;

g) tempi e modi di attuazione degli in-terventi da parte dell'Amministrazione comunale, sulle aree destinate a servi-zio pubblico;

h) il valore corrisposto alle aziende, e i tempi di erogazione, per le aree lasciate libere.

3. L'impostazione fin qui illustrata si qualifica meglio e si completa, conside-rando i programmi piemontesi in mate-ria di finanziamate-ria regionale e anche avendo presenti i progetti nel campo del-la formazione professionale. Per quan-to riguarda la formazione professiona-le, in termini generali si sostiene che « gli interventi formativi vanno indiriz-zati alla difesa dell'occupazione nei tori maturi e allo sviluppo di nuovi set-tori industriali ad alta tecnologia », che

vanno eliminate gradualmente « le qua-lifiche obsolete per spostare capacità e risorse verso i profili professionali emer-genti », che vanno « predisposte inizia-tive formainizia-tive nuove ad alto contenuto professionale e connesse a rilevanti pro-cessi di sviluppo e di riconversione ». Sono peraltro stati definiti i seguenti « progetti »: un centro regionale per l'automazione industriale (che è già in grado di funzionare dal novembre 1976), un progetto per la formazione, sperimentazione, ricerca per settori tes-sili e meccanotestes-sili nell'area biellese, un progetto per il centro di formazione professionale di Orbassano per la mec-canica e le macchine utensili.

In particolare, il progetto dell'area biel-lese, prevede un complesso di iniziati-ve, che consta:

— di un centro di formazione profes-sionale direttamente gestito dalla Regio-ne per la qualificazioRegio-ne dei giovani e la riqualificazione dei lavoratori già occu-pati, indirizzato sia alle produzioni in-dustriali (tessili, meccano-tessili) sia al-lo sviluppo di servizi collaterali (com-mercio, marketing);

— di un istituto direttamente gestito dalla Regione per la formazione, riqua-lificazione, aggiornamento di giovani già diplomati e di quadri medio-alti delle imprese;

— di un centro di sperimentazione tecnologica istituito da un consorzio di aziende e dalla fondazione « Oreste Rivetti »;

— di un centro di ricerche del CNR già attualmente operante in Biella (Cen-tro G. Rivetti);

— dell'Istituto tecnico statale « A. Gal-lo ».

4. In Piemonte la finanziaria regionale « pubblica » (la si chiama anche cosi, per distinguerla da una precedente fi-nanziaria regionale operante esclusiva-mente attraverso l'assunzione di parteci-pazioni in imprese di produzione) sta entrando in attività in questi mesi e si qualifica come « strumento diretto della Regione per l'attuazione degli interventi regionali nel campo dell'organizzazione del territorio e della promozione delle attività economiche utili ad un

equili-brato sviluppo coerentemente con le di-rettive della programmazione regiona-le ». Da notare che « la partecipazione in altre imprese è limitata alle inizia-tive dirette a realizzare infrastrutture e l'assistenza tecnico-finanziaria ad impre-se o enti; resta pertanto esclusa la pos-sibilità di assumere partecipazioni in imprese industriali o commerciali ». In un primo documento orientativo per l'organizzazione della F I N - P I E M O N T E

venivano precisati i campi di intervento facendo riferimento a 5 specifici servi-zi: il servizio finanziario e creditizio, il servizio per la realizzazione di inter-venti nel campo formativo, il servizio per l'assistenza gestionale ed ammini-strativa, il servizio di promozione del-l'attività di ricerca e di assistenza tecno-logica, il servizio marketing e di pro-mozione dell'esportazione. Ad esempio, relativamente al servizio di assistenza gestionale ed amministrativa, si guarde-rebbe alle seguenti attività:

— la promozione di servizi di consu-lenza aziendale specializzati su specifi-che problematispecifi-che caratteristispecifi-che della piccola e media impresa;

— un ruolo di assistenza nella selezio-ne e selezio-nel dimensionamento delle procedu-re di meccanizzazione e automazione delle strutture amministrative e gestio-nali;

— un ruolo di assistenza tecnica alle imprese per quanto si riferisce alla nor-mativa vigente nei paesi esteri con cui gli operatori abbiano scambi commer-ciali, ed un servizio di assistenza per quanto attiene alla stipulazione di con-tratti di esportazione.

5. L'impostazione piemontese in mate-ria di finanziamate-ria regionale e di sua arti-colazione operativa tiene conto di un dibattito avviato nel nostro Paese non da ieri e di sperimentazioni italiane di diversa natura, oltre che di modelli este-ri 4. Forse, il modello maggiormente te-nuto in conto dai piemontesi nel proget-tare la F I N - P I E M O N T E è quello dell'ER-VET emiliano. È utile dedicare ad esso un veloce cenno.

L ' E R V E T (Ente regionale per la valoriz-zazione economica del territorio) di Bo-logna, creato nel 1973 dalla Regione

Emilia-Romagna, opera prevalentemente in questi settori:

a) creazione di una serie di aree

indu-striali attrezzate (da notare che I ' E R V E T

è una società di sviluppo e promozione, che non gestisce direttamente le inizia-tive, per le quali si ricorre invece a so-cietà di gestione delle aree industriali, come la Si PRÒ (Società per gli interventi produttivi) o la S A I A (Società per le aree industriali attrezzate Bologna-Fer-rara);

b) assistenza alle imprese (ad esempio,

attraverso progetti come questi: un cen-tro di ricerca per il settore ceramica, un progetto per la migliore utilizzazione de-gli strumenti già esistenti per la ricerca tecnologica nel campo dei materiali me-tallici, una convenzione con la stazione sperimentale per le conserve alimentari di Parma);

c) interventi di qualificazione, riconver-sione e ristrutturazione di piccole e me-die industrie e di imprese artigiane;

d) interventi nel campo della

depura-zione delle acque;

e) realizzazione di una società

promo-zionale di mercato in accordo con la Unioncamere regionale;

/) iniziative di sostegno e finanziarie per il potenziamento e l'espansione del por-to di Ravenna.

L ' E R V E T è interessato anche alla realiz-zazione di centri di servizi sociali al servizio di aree industriali di nuova at-tuazione o di insediamenti produttivi già esistenti. In materia si è già provveduto a stipulare una interessante convenzio-ne-quadro con la Nuova Pignone e le Associazioni regionali delle cooperative di produzione e lavoro.

6. Si tratta di una impostazione, quella dell'ERVET, presente anche in recenti altre nuove finanziarie regionali, ad esempio come la F I L A S del Lazio 5 e la

F I L S E della Liguria. Sulla base di una nostra specifica recente ricerca 6, volen-do concludere sul tema delle finanziarie regionali, noi pensiamo a organismi per i quali si ponga prevalentemente l'accen-to sui seguenti ruoli:

a) finanziamento della creazione di

in-frastrutture che servano alle imprese o a gruppi o consorzi di imprese;

b) fornitura alle imprese di una vasta

gamma di servizi di assistenza economi-co-tecnica.

Tra le infrastrutture di più immediato interesse per le finanziarie regionali e per la politica di programmazione regio-nale ci sono indubbiamente le aree in-dustriali attrezzate. È un discorso che tende normalmente a inquadrarsi nella politica industriale e di riequilibrio ter-ritoriale, per lo più delle Regioni. Il discorso si cala in effetti nella realtà in maniera non episodica, nella misura in cui esso ha a monte un disegno di piano regionale e un conseguente schema di assetto territoriale. Disegno e schema ci diranno quali sono le aree nelle quali operare prioritariamente, realizzando quindi la sequenza di operazioni: in-dividuazione, acquisizione e sistemazio-ne dei terreni, predisposiziosistemazio-ne dei rac-cordi infrastrutturali e della rete interna, dotazione dei servizi.

Occorre peraltro sottolineare che per un efficace operare dello strumento area in-dustriale attrezzata è poi importante di-sporre di complementari strumenti di promozione e di assistenza tecnica. Si tratta di strumenti direttamente colle-gati alle esigenze delle aziende indu-striali di minori dimensioni, dei quali può essere un significativo esempio il progettato Centro lombardo per la dif-fusione della tecnologia nelle piccole e medie imprese 7. Questa attenzione per la piccola e media impresa si inquadra, tra l'altro, nella « filosofia » avanzante di un nuovo riguardo, anche in senso strettamente economico, per le minori dimensioni aziendali, quasi collocandosi sulla scia delle idee di Ernst Friedrich Schumacher nel suo libro « Small is Beautiful ».

7. Di aree industriali attrezzate si tratta ormai in tutte le regioni e si avviano o si programmano realizzazioni sia verso procedure legislative oppure attra-verso le finanziarie regionali o anche con entrambi gli strumenti8.

Di realizzazioni compiute e definite in questa prospettiva regionale (ché, in al-tra ottica e prima delle Regioni, ven-nero pure varati anche da noi progetti

di aree industriali, anche di grandi di-mensioni) si è ancora in attesa e per-tanto non è possibile formulare giudizi di primo consuntivo.

Va peraltro ricordata la felice esperien-za all'estero di questi strumenti di svi-luppo e/o di riorganizzazione industria-le, ad esempio in Belgio e specialmente in Gran Bretagna, dove il discorso si lega a classiche anticipazioni nel campo del leasing immobiliare. In Belgio sono state avviate solo di recente sette Socié-tés de développement régional, ma si dispone di una esperienza di rilievo, nel campo in esame, a livello di società o associazioni intercomunali (una trentina in totale), aventi lo scopo specifico di promuovere lo sviluppo economico in provincia, favorendo l'insediamento di nuove attività industriali e l'ampliamen-to di quelle esistenti, ma occupandosi anche di ogni operazione relativa all'as-setto territoriale, in particolare di aree industriali attrezzate9. Significativo in materia è il caso della SPI di Liegi, So-ciété provinciale d'industrialisation. La Gran Bretagna offre interessanti spunti di meditazione, con le sue « in-dustriai estates », una pratica (quella di progettare uno stabilimento standard, per affittarlo e/o venderlo, con molte-plici utilizzazioni possibili e di costruirlo anticipando una specifica domanda) che risale agli anni trenta. Le tre « estates corporation » dell'Inghilterra, della Sco-zia e del Galles amministrano insieme circa 2000 stabilimenti, con oltre 250 mila addetti10.

N O T E

lagna. Ricordiamo, in particolare, che la Francia dispone di quindici Sociétés de Développement Régional operanti a livello di singole regioni o gruppo di regioni e di numerose Sociétés d'éco-nomie mixte locales. Le prime partecipano al ca-pitale e / o finanziano imprese di produzione, qua-lificandosi essenzialmente come finanziarie di svi-luppo. Le seconde operano invece più diretta-mente nel campo delle infrastrutture e dei ser-vizi, più in generale nel campo dell'organizzazio-ne territoriale. Esse hanno, ad esempio, come scopo la costruzione e la gestione di immobili (ad uso di abitazione come ad uso industriale, particolarmente per il leasing immobiliare), le si-stemazioni agrarie, la realizzazione e la gestione di aree industriali attrezzate, la costruzione e la gestione di mercati di interesse nazionale, la costruzione e la gestione di autostrade, di aero-porti, ecc.

5 Ricordiamo che la Fi LAS si è programmatica-mente impegnata a lavorare intorno ai seguenti progetti:

— progetto per aree industriali attrezzate; — progetto per agevolare l'accesso al credito e forme di leasing;

— progetto per l'applicazione tecnologica della ricerca scientifica;

— progetto per la formazione di quadri dirigenti e tecnici dell'industria;

— progetto per la promozione delle esportazioni dei prodotti dell'industria e dell'artigianato re-gionale;

— progetto, nell'ambito dell'attuazione del piano regionale di disinquinamento, relativo ai consorzi intercomunali, ecc.

6 C A R L O B E L T R A M E , L'esperienza delle finanziarie regionali. Buffetti Editore, Roma 1977.

7 Sui più recenti sviluppi di questo progetto, si veda: E M A N U E L E I N V E R N I Z Z I , Centro tecnologico lombardo: il seguito della storia, in « Mondo

economico» del 6 agosto 1977.

8 È questo il caso del Piemonte, come fa notare Claudio Simonelli (Assessore regionale alla pro-grammazione) nello scritto citato in precedenza.

9 Si veda: P . L A C O N T E e L. P H . L A N D E L O O S , In-dustriai estates and infrastructure in Wallony,

pubblicazione del Crédit Général, Bruxelles 1974. Questa banca pubblica anche una dettagliata mappa di tutti i « parchi industriali » della Val-Ionia.

10 Sulle aree industriali attrezzate si veda anche 11 nostro saggio, Appunti e documentazione sulle

aree industriali attrezzate, in « Cronache

econo-miche » della Camera di Commercio di Torino, nn. 11-12, novembre-dicembre 1974.

1 Per interessanti chiarimenti circa questa tema-tica, si veda, di Giorgio Giorgetti e Giancarlo Lizzeri, il saggio Politica industriale e piani di

settore, in « Economia e politica industriale »,

n. 15, novembre 1976.

2 Questo aspetto è stato, ad esempio, trattato da Ruggero Cominotti, nella relazione che ha aperto la tavola rotonda « L'industria piemontese, sog-getto attivo e utente della programmazione re-gionale », organizzata dalla Fondazione Agnelli di Torino, anche con la partecipazione di Sante Bajardi e Alberto Benadì. Se ne veda il testo nel quaderno n. 8 della Fondazione Agnelli, pubbli-cato nel giugno 1977.

3 Si veda in materia: CLAUDIO SIMONELLI,

Loca-lizzazioni industriali e intervento regionale, in

« M o n d o economico» dell'I 1 giugno 1977.

4 Si considerano in genere le esperienze di paesi europei come la Francia, il Belgio, la Gran

Bre-CHAMPAGNE

Anche quest'anno l'Italia è stata la mecca per le esportazioni di champa-gne francese. I dati del primo seme-stre '77 ci vedono al secondo posto negli acquisti, alle spalle degli inglesi, con quasi tre milioni di bottiglie, ma tutto lascia prevedere che a dicembre il computo supererà largamente i sei mi-lioni e mezzo. Una cifra che eguaglia quella registrata nel '76.

Il grafico degli acquisti italiani di cham-pagne negli ultimi anni consente alcune riflessioni. Il « re dei vini francesi » ha avuto sui nostri mercati un « boom » dal 1971 al '73, anni in cui le impor-tazioni sono salite dai 6,6 milioni di bottiglie ai quasi dieci milioni. L'au-mento della domanda nel nostro e in altri Paesi (è di questo periodo il sor-gere di nuovi, importanti mercati, spe-cialmente in Oriente e negli Emirati

Nel documento Cronache Economiche. N.011-012, Anno 1977 (pagine 51-61)