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IN TEMA DI RISTRUTTURAZIONE E RICONVERSIONE

Nel documento Cronache Economiche. N.011-012, Anno 1977 (pagine 35-45)

Valter Codini

Il tema della ristrutturazione e ricon-versione industriale è stato al centro di una tavola rotonda, organizzata dal Cen-tro studi della SOGES, società di consu-lenza organizzativa e di gestione, tenu-ta presso la Camera di commercio colla partecipazione di personalità del mon-do industriale, politico ed economico. Scopo dell'iniziativa era quello di pro-muovere un costruttivo confronto fra mondo economico-politico da una parte e mondo industriale dall'altra sui pro-blemi che l'imprenditore deve affron-tare quando si accinge ad avviare tale processo nell'azienda. Il tutto mediato, almeno nelle intenzioni, da tecnici di economia aziendale, autori di una pub-blicazione sull'argomento 1 apparsa con-temporaneamente al convegno, con l'in-tenzione di precisare i termini del pro-blema e offrire una metodologia da per-correre per affrontare in modo razionale e sistematico il cambiamento.

Vengono precisati subito alcuni concetti fondamentali: anzitutto il processo di ristrutturazione o riconversione, sottoli-nea nel primo intervento Enrico Salza, presidente della Camera di commercio di Torino, è un processo continuo, con-sistente nel riadattare giorno per giorno strutture, tecniche e prodotti, alle mu-tevoli esigenze del mercato. L'impresa non può star ferma, ma neppure muo-versi a balzi; il cambiamento deve av-venire da spinte interne, deve far parte di una normale evoluzione e non essere imposto rigidamente da vincoli esterni, questo almeno se si vuole che continui a vivere come impresa nelle regole del gioco di mercato.

Il discorso è ripreso da Alberto Benadi', Presidente dell'Unione industriale di To-nno: l'innovazione e l'evoluzione costi-tuiscono la vita dell'azienda e sono rese necessarie da una serie di condizioni e contesti del sistema economico in cui 1 imprenditore si trova ad operare. Esse sono rappresentate dalla rapida obsolescenza dei prodotti, da impianti tecnicamente o economicamente supe-rati, dalla necessità di un ripensamento del sistema commerciale o della struttu-ra organizzativa dell'intestruttu-ra azienda. E importante a questo punto rilevare la differenza di fondo tra ristrutturazione e

"organizzazione che avviene

nell'ambi-to dei prodotti o del mercanell'ambi-to nel quale opera l'azienda e costituisce il più co-mune fatto, potremmo dire la prassi giornaliera, di direzione dell'impresa. Ben diversamente nel caso di riconver-sione produttiva l'azienda avvia produ-zioni in settori merceologici diversi da quello di appartenenza e di conseguenza i cambiamenti o le riorganizzazioni pos-sono essere ben più radicali, interessan-do non solo la modificazione degli im-pianti e dei cicli produttivi ma anche la ridefinizione generale di tutta la strut-tura aziendale, con conseguenti proble-mi di riaddestramento e riqualificazione, fino a comportare nei casi limiti anche spostamenti territoriali per la nuova unità.

Caso significativo, citato dall'industriale De Tomaso, quello dell'Innocenti in cui dalla precedente produzione di sole au-tomobili si passa a quella di motori e parti di motocicli, a differenza invece della Moto Guzzi appartenente allo stesso gruppo, assorbita in una struttura più grande ma operante sempre nello stesso settore, e quindi esempio di ri-strutturazione. Una situazione del gene-re è attualmente attraversata da molte aziende operanti nel campo dell'edilizia.

I C O N D I Z I O N A M E N T I ESTERNI

Un primo e fondamentale punto di di-scussione è costituito dai condiziona-menti esterni, non governabili dall'im-prenditore, costituiti dal contesto poli-tico e legislativo in cui l'azienda opera. Anzitutto viene reclamata a gran voce dagli industriali chiarezza ed efficacia negli strumenti legislativi e nelle enun-ciazioni generali; chiarezza necessaria perché l'azienda possa operare economi-camente conoscendo i vincoli del siste-ma, efficacia per ottenere risultati validi anche su un piano sociale. « L'incer-tezza è spesso l'unica cerL'incer-tezza » nel-l'attuale situazione; ma in ogni caso, l'azienda deve essere lasciata libera di

ristrutturarsi e riorganizzarsi senza

pe-santi rigidità esterne che ne compro-metterebbero una corretta gestione con ripercussioni sull'intero sistema econo-mico.

Si richiama la classe politica ad una maggior concretezza e incisività, trala-sciando facili slogan e enunciazioni di principi astratti che vengono poi siste-maticamente disattesi nella realtà; le cose non si aggiustano da sole e la coe-renza e le conseguenze di certi atti de-vono essere sempre verificate in base alle conseguenze che producono. Le aziende che intendono rinnovarsi devo-no trovare un habitat adeguato, in grado di recepire le loro esigenze, sottolinea Alberto Benedi', non può essere rigido o imposto dal legislatore ma deve consen-tire la flessibilità necessaria per potersi prontamente adeguare alle pressioni del-la concorrenza; lo statuto d'impresa in fase di elaborazione presso la Confindu-stria vuole sottolineare questo aspetto del problema.

Occorre poi chiarire se con la riconver-sione si intendano ancora rispettare i criteri dell'economia di mercato o pro-cedere nella direzione di una gestione centralizzata dall'economia.

L'onorevole Eugenio Peggio sottolinea come oggi, nel contesto economico mon-diale, le parole « libertà per l'impresa » rischino anch'esse di suonare come teo-riche e prive di significato rispetto alla situazione effettiva. Nella realtà tutte le imprese nel mondo, incluse le giappo-nesi, subiscono condizionamenti e limiti anche pesanti sia dello Stato che dal mercato e dalle leggi che regolamentano il commercio internazionale.

È desiderio anche della classe politica avere un rapporto chiaro e palese con la classe imprenditoriale, senza sotterfugi o manipolazioni reciproche: a questo scopo devono servire le leggi.

Si innesta a questo punto il dibattito sulla nuova legge 675 di ristrutturazione

industriale, che polarizza la discussione

e il confronto fra le parti. Il moderato-re, Beppe Gatti, docente di politica eco-nomica, sottolinea quattro aspetti fon-damentali della legge stessa. Il primo riguarda l'aspetto istituzionale e cioè la creazione di comitati e organismi perma-nenti di governo del processo di ristrut-turazione e sviluppo industriale, che do-vrebbero costituire la struttura di base per gestire tali processi. 11 secondo gli

indirizzi di politica industriale della

nel-la binel-lancia dei pagamenti (sia con uno sviluppo delle esportazioni che con una riduzione delle importazioni potenzian-do il settore agricolo e alimentare, e in generale i settori di maggior dipendenza dall'estero), a ridurre lo squilibrio ener-getico e infine ad incrementare l'occupa-zione in particolare nel meridione. Il terzo aspetto definisce la struttura e le modalità di utilizzazione di tutto un

sistema di incentivi e agevolazioni per i

quali sono creati appositi fondi cui le aziende possono attingere per progetti di investimento, ristrutturazione o

ri-/ partecipanti alla tavola rotonda.

cerca, nel rispetto di programmi fina-lizzati e di alcuni vincoli in particolare per quanto riguarda il mantenimento dell'occupazione. Il quarto riguarda es-senzialmente il controllo e la regola-mentazione della mobilità di lavoro, per i quali è previsto un apposito fondo, facente capo ad apposite commissioni regionali e centrali di programmazione e intervento.

La legge viene messa subito sul banco degli accusati da parte industriale. Pur essendo partita con buoni propositi è stata progressivamente snaturata fino

a fare in buona parte dell'assistenzia-lismo per aziende malate a « decotte » secondo la terminologia corrènte. In definitiva finisce col favorire preva-lentemente le aziende a partecipazione statale, ma ben difficilmente servirà a far nascere nuove aziende vitali, dato che certi interventi tendono a stravol-gere le regole economiche, di funziona-mento dell'azienda in un libero mercato.

Se poi l'azienda vuole ricorrere ai bene-fici previsti dalla legge viene costretta Se poi l'azienda vuole ricorrere ai bene-chinosi regolamenti di applicazione, con

il rischio « di congelare la struttura esi-stente e bloccare la nascita di nuove aziende ».

Di parere diverso anche se variamente motivato è la classe politica. La legge può costituire anche se imperfetta un primo quadro di riferimento per una politica di programmazione industriale fatta alla luce del sole e non con accor-di sottobanco. Essa in ogni caso serve a riordinare la materia trattata da diver-se leggi o disposizioni precedenti in particolare per quanto riguarda il set-tore degli incentivi all'industria.

Que-sto anche se nella legge trovano ecces-sivo spazio, a causa dell'attuale prassi nella formulazione legislativa, le parti riservate a obbiettivi, finalità e soprattut-to regolamenti piutsoprattut-tossoprattut-to laboriosi e non sempre coerenti colle finalità pratiche che si vogliono raggiungere.

L'onorevole Guido Bodrato sottolinea come importante dato di fatto quello che la crisi industriale è concentrata in alcu-ne grosse industrie e in particolari zoalcu-ne critiche: « una legge dello stato non può prescindere da questa realtà ». Oc-corre tenere poi presente il collegamento

fra industria e territorio ad esempio il grado di specializzazione di alcune aree (ad esempio le zone tessili di Prato e Biella) che rendono estremamente diffì-cile il riassorbimento dei lavoratori in periodi di crisi di settore.

Se è vero che molte aziende delle parte-cipazioni statali sono « decotte » non de-ve essere dimenticato che in buona parte provengono da aziende private in note-vole difficoltà e la cui chiusura avrebbe provocato gravi ripercussioni nell'occu-pazione di determinate zone. Non si chiede all'impresa di rinunciare alla sua prerogativa di scelta e iniziativa, che anzi sono il fondamento dell'attività im-prenditoriale in particolare della piccola e media azienda, ma di incanalarla se-condo ambiti o modelli di sviluppo che siano compatibili con l'interesse della comunità nazionale.

Lo spontaneismo delle imprese non può risolvere da solo tutti i problemi; in assenza di un quadro generale finirem-mo col trovarci completamente dipen-denti da tecnologie straniere e con zone sempre più congestionate rispetto ad al-tre in cui c'è esuberanza di mano d'opera.

La legge punta a definire nuove priorità che non siano costituite solo dal settore dell'automobile o degli elettrodomestici 0 ad una crescita immobiliare di natura speculativa; e a definire in termini nuo-vi il problema della dislocazione delle aziende per iniziare un discorso di pro-grammazione del territorio.

L'onorevole Giorgio La Malfa ribadisce infine l'esigenza di una programmazione

della riconversione colla partecipazione

diretta dei rappresentanti del governo, degli imprenditori e dei sindacati. Oc-corre però tenere presente che in un' sistema economico la difesa dei posti di lavoro e le rivendicazioni economiche sindacali non sono variabili indipen-denti, ma occorre vincolare queste ulti-me alla necessità dell'occupazione. Al-trimenti si corre il rischio di avere ad esempio nell'industria tessile, ad alto contenuto di mano d'opera, una dimi-nuzione dell'economicità e competiti-vità nei mercati internazionali per l'ec-cessivo costo del lavoro, colla conse-guenza di ridurre invece che aumentare 1 posti occupati.

Un altro punto evidenziato riguarda il tema della mobilità del lavoro, trattato specificatamente dalla legge. Su questo punto la Confindustria sta per proporre la creazione di un nuovo istituto: « l'agenzia di lavoro » su base regionale colla rappresentanza delle diversi parti sociali interessate. In quest'ambito ver-rà razionalizzata l'attuale cassa integra-zione, trasformandola da strumento pu-ramente assistenziale a strumento attivo che punti alla riqualificazione professio-nale del lavoratore dimesso da aziende in crisi e al suo reinserimento in altri settori.

In questo contesto, quasi a sottolineare una marziana differenza dai « grandi » che dialogano sui massimi sistemi, in presenza di leggi che non può utilizzare perché non adatte al suo pragmatismo e alle sue esigenze, la piccola industria opera, lavora, si espande, indifferente

alle critiche e agli elogi, superando con un notevole dinamismo e iniziativa le difficoltà congiunturali che pesano inve-ce sulla grande industria. « Small is beautiful » dice Nicolò Luxardo de Franchi, in rappresentanza della piccola industria: è di moda parlarne o elogiar-la ma nessuno se ne occupa se non a parole, anche se è proprio lei la strut-tura portante di tutto il sistema econo-mico nazionale. Proprio questo settore rischia di essere escluso dalle possibi-lità di applicazione pratica della legge 675, pur avendo estremo bisogno di fi-nanziamenti a medio e lungo termine, particolarmente per l'esportazione, otte-nuti invece con facilità dai concorrenti stranieri.

Enrico Salza sottolinea infine la funzio-ne che in questo contesto possono svol-gere le Camere di commercio e le asso-ciazioni industriali, che possono offrire una serie di servizi sia nel campo della • documentazione di base locale e

infor-mazioni sui credito, i mercati, le proce-dure, sia nella promozione e realizza-zione di iniziative di appoggio e consu-lenza alle aziende. Il ruolo di tali orga-nismi non va inteso però come « un Vir-gilio che prende per mano Dante fra i meandri della selva oscura », ma di de-finizione e chiarificazione del contesto in cui l'azienda vive e nel fornirle tutta

una serie di dati e strumenti disponi-bili perché possa bene operare.

I C O N D I Z I O N A M E N T I INTERNI

L'altra faccia del problema della ristrut-turazione riguarda i fattori interni al sistema delle aziende, che, indipenden-temente dall'esistenza di leggi, produ-cono cambiamenti organizzativi più o meno rilevanti fino ad arrivare a intere conversioni dell'attività produttiva. Il discorso investe da vicino le conoscenze tecniche e manageriali che devono esse-re possedute dallo staff diesse-rezionale per pilotare il processo di cambiamento, do-po averne preliminarmente verificata l'opportunità. Nel volume della SOGES

viene analizzato questo problema, sen-za proporre soluzioni miracolistiche, ma piuttosto una guida per un check-up aziendale che, a fronte di verifiche su produzioni, vendite e diversi aspetti del-la situazione aziendale, indichi le possi-bili alternative di sviluppo ed evoluzio-ne organizzativa.

L'argomento, riconosciuto come fonda-mentale per la dinamica industriale da lutti i relatori, è stato particolarmente sviluppato da Giancarlo Girardo, esper-to SOGES di ristrutturazioni industriali, che ne ha tracciato una panoramica ge-nerale.

Anzitutto una precisazione terminolo-gica. Nell'ambito del processo occorre distinguere diversi livelli di cambiamen-to che coinvolgono progressivamente un numero maggiore di fattori: la

riorga-nizzazione in cui le innovazioni sono

interne e legate in massima parte a tecni-che gestionali e di controllo; la

ristrut-turazione in cui vengono coinvolti anche

i cicli e mezzi produttivi; la

diversifica-zione che coinvolge mutamenti anche

nei prodotti e nei mercati e può costi-tuire un primo passo verso la tappa successiva; la conversione che presup-pone un cambiamento globale di pro-dotti e tecnologie.

Prima però di attuare il cambiamento è necessario soffermarsi sulle fasi a mon-te, spesso non sufficientemente appro-fondite, e precisamente: verifica della

necessità di cambiamento (perché cam-biare), individuazione e scelta del me-desimo (come cambiare).

Anzitutto la verifica della necessità di

cambiamento deve essere un processo

sistematico di controllo delle variabili che influiscono sull'andamento azienda-le; variabili interne quali la tecnologia, il prodotto, la struttura, ed esterne quali il mercato, i clienti e la concorrenza. « Il processo di cambiamento non deve essere una terapia per gravi fatti pato-logici in corso », ma soprattutto un mez-zo per prevenirli. In questo continuo adeguamento è riposto il successo di molte aziende sempre vitali sul mercato. Quanto alla scelta del tipo di

cambia-mento da intraprendere occorre basarsi

non solo sull'intuizione", data la com-plessità dei fattori in gioco nella mo-derna azienda industriale, ma anche su

un'analisi sistematica delle diverse aree

di attività aziendale che possono essere causa di scompensi.

L'esperienza pratica, vissuta in diverse aziende, ha dimostrato la necessità di una metodologia, che funga da suppor-to alla verifica delle situazioni e alle conseguenti scelte alternative; questo se non si vuole ignorare qualche aspetto, anche determinante, del problema. Gli interventi tardivi o i cambiamenti errati, che spesso si incontrano nella realtà industriale, possono portare a pro-blemi di dimensioni tali da essere irre-solubili per il singolo imprenditore. La conseguenza è poi quella che que-st'ultimo deve abdicare in tutto o in par-te alla sua funzione o cederla ad altri.

* * *

Volendo trarre delle indicazioni dal di-battito si può rilevare come il confronto e la discussione siano stati polarizzati soprattutto dal primo dei termini del problema e cioè quello dei condiziona-menti esterni. In una certa misura era inevitabile avvenisse dato che proprio in quell'ambito si costituisce il rapporto o la connessione fra mondo industriale e mondo politico. L'aspetto dei condi-zionamenti interni attiene più alla sfera dell'imprenditorialità ed è pertanto più difficile discuterne salvo averne una esperienza o una conoscenza specifiche. Possiamo osservare come sarebbe inve-ce auspicabile ci fosse in questa e altre sedi, una maggior documentazione e in-formazione su questo secondo tema, che è generalmente troppo poco approfondi-to, per poggiare su basi conoscitive più adeguate discussioni o provvedimenti legislativi che interferiscono sulla dina-mica industriale. Una maggior conoscen-za della « fisiologia dell'azienda » da parte di chi istituzionalmente ne può condizionare dall'esterno il funziona-mento, potrebbe consentire un più equi-librato e positivo sviluppo delle mede-sime nell'ambito della società.

N O T E

1 Ristrutturazione e riconversione?, Edizioni del

IL MERCATO DEL LAVORO

Nel documento Cronache Economiche. N.011-012, Anno 1977 (pagine 35-45)