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III. ASPETTI QUANTITATIVI E STRUTTURALI delle ATTIVITÀ

4.1 La narcolessia con cataplessia

4.1.1 A SPETTI CLINICI

Epidemiologia e decorso clinico

Gli studi sulla prevalenza della narcolessia nella popolazione generale indicano che il disturbo colpisce una percentuale di individui compresa tra 0,026 e 0,067 nell’Europa Occidentale e negli Stati Uniti. Mentre in Israele sembra essere molto rara (0,002%), tra la popolazione giapponese è emersa una prevalenza addirittura tra 0,16 e 0,18% (Mignot e Nishino, 1999). Tali discrepanze sono probabilmente riconducibili a differenze metodologiche nella conduzione degli studi (ad esempio, non sempre è stata utilizzata l’indagine polisonnografica per la conferma della diagnosi, con una conseguente sovrastima della percentuale di prevalenza dovuta a falsi positivi), o all’adozione di criteri più o meno restrittivi nella definizione di narcolessia (ad esempio l’inclusione di casi di ipersonnia senza cataplessia potrebbe portare ad un aumento delle percentuali di prevalenza nella popolazione generale rispetto alle stime attuali, un dato che suggerirebbe l’esistenza di molti

pazienti rimasti senza diagnosi e trattamento). Due esaustive rassegne degli studi epidemiologici sulla narcolessia sono state pubblicate da Ohayon e coll. (2002) e Longstreth e coll. (2007).

L’incidenza è circa la stessa nei due sessi, anche se vi sono studi che indicherebbero una prevalenza nella popolazione maschile, da 1:1.6 a 1:1.8 (Dauvilliers et al., 2007a; Longstreth et al., 2007), forse dovuta anche alla maggior frequenza e severità degli attacchi cataplettici riscontrata nei maschi rispetto alle femmine (Mattarozzi et al., 2008). Se quest’ultimo dato venisse confermato in campioni più ampi di pazienti, si potrebbe ipotizzare una sottostima dell’incidenza del disturbo nella popolazione femminile a causa di difficoltà o errori nell’iter diagnostico.

I sintomi che compongono il quadro clinico possono comparire in modo graduale e con tempi diversi. Mediamente, l’età di insorgenza del disturbo si situa tra i 18 e i 25 anni, con estremi che possono variare dall’età infantile (circa il 10% dei casi), ad oltre i 50 anni (circa il 4% dei casi). Lo sviluppo della patologia vede la presenza di fattori ambientali che agiscono su uno specifico quadro genetico; inoltre, alcune particolari circostanze, come un cambiamento repentino nel ciclo veglia/sonno o un forte stress psicologico, precedono la comparsa del primo sintomo circa nella metà dei casi (Guilleminault e Anagnos, 2000). La diagnosi avviene generalmente abbastanza tardi rispetto all’insorgenza dei sintomi, ovvero quando i pazienti sono già adulti, un fatto che ha portato a ritenere che la narcolessia infantile, piuttosto che una circostanza atipica, sia in realtà sottostimata di nuovo a causa errori diagnostici (Stores et al., 2006). Cataplessia, allucinazioni ipnagogiche e paralisi del sonno si riducono col tempo in frequenza ed intensità, mentre l’EDS sembra essere una condizione che dura tutta la vita (ICSD-2, American Academy of Sleep Medicine, 2005).

Criteri per la diagnosi di narcolessia

I criteri diagnostici dell’International Classification of Sleep Disorders-2 (ICSD-2, American Academy of Sleep Medicine, 2005) includono la presenza di EDS e di chiari risultati al MSLTb, differenziando tra narcolessia con o senza cataplessia. Nella versione precedente del manuale (ICSD-R, American Academy of Sleep Medicine, 2001) veniva inclusa la classica tetrade dei sintomi della narcolessia (EDS, cataplessia, paralisi del sonno e allucinazioni ipnagogiche) con l’aggiunta delle frequenti interruzioni del sonno notturno, correlati clinici che tuttavia nella nuova versione non vengono più ritenuti determinanti per la diagnosi (vedi Tabella 4.1).

b

Multiple Sleep Latency Test (MSLT): è uno strumento diagnostico utilizzato per misurare la latenza media di

addormentamento, considerata indicativa della severità della sonnolenza diurna lamentata da un paziente con disturbi di sonno. Consiste in 4 o 5 opportunità di nap a distanza di due ore a partire generalmente dalle 9 del mattino, durante le quali vengono monitorati i segnali EEG, EMG e EOG.

Tabella 4.1

Criteri della ICSD-2 per la diagnosi di narcolessia

 Narcolessia con cataplessia:

• EDS quotidiana per più di 3 mesi.

• Chiara storia di cataplessia – episodi improvvisi e transitori di perdita del tono muscolare scatenati da emozioni.

• La diagnosi di narcolessia dovrebbe essere confermata, ove è possibile, dall’esame polisonnografico (PSG) seguito dal MSLT; quest’ultimo deve dimostrare una Sleep Latency ≤8 minuti e ≥2 SOREM.

In alternativa, i livelli di ipocretina nel liquido cerebrospinale devono essere ≤110 picogrammi/mL.

• L’ipersonnia non è spiegata in modo migliore da un altro disturbo del sonno, neurologico, mentale o medico, o dall’uso di farmaci o sostanze.

 Narcolessia senza cataplessia: • EDS quotidiana per più di 3 mesi.

• Non sono presenti i sintomi tipici della cataplessia.

• La diagnosi di narcolessia DEVE essere confermata da PSG seguito da MSLT, quest’ultimo deve dimostrare una Sleep Latency ≤8 minuti e ≥2 SOREM. • L’ipersonnia non può essere dovuta ad un altro disturbo del sonno, neurologico,

mentale o medico, o dall’uso di farmaci o sostanze.

La tetrade narcolettica

La sonnolenza eccessiva durante le ore diurne di veglia (EDS) è un prerequisito diagnostico. I pazienti hanno attacchi di sonno ricorrenti e spesso irresistibili, non solo in circostanze favorevoli, come durante attività monotone e sedentarie o dopo un pasto abbondante, ma anche in situazioni in cui sono attivamente impegnati in un compito. Per questa ragione, sentono il bisogno di fare frequenti nap durante il giorno, la cui durata varia da pochi minuti, se il soggetto si addormenta in posizioni poco confortevoli, a più di un’ora. Al risveglio, i pazienti NC si sentono alquanto riposati, anche se questa sensazione svanisce rapidamente; di norma, si assiste comunque ad un periodo refrattario di una o più ore prima del successivo attacco di sonno. A parte i ripetuti nap diurni, i pazienti possono sentirsi costantemente più sonnolenti degli altri o avere dei microsonni (“blanking

out”) con conseguenze negative sulle performance lavorative o scolastiche, difficoltà di memoria e automatismi nei gesti e nelle parole (gli esempi più frequenti di comportamenti automatici sono rappresentati dallo scrivere o dal parlare in maniera incomprensibile).

La cataplessia è il maggior sintomo motorio della narcolessia e si manifesta clinicamente con una diminuzione o una perdita di tono muscolare a seguito di intense emozioni. Durante gli attacchi, è inibito anche il riflesso H monosinaptico e i riflessi tendinei profondi, un fenomeno che nei soggetti sani si verifica solo durante il sonno REM. Se associata all’EDS, la cataplessia è considerata patognomonica della narcolessia con cataplessia (ICSD-2, American Academy of Sleep Medicine, 2005). A livello clinico, la severità e il grado delle manifestazioni può variare da un’impotenza generalizzata che sembra coinvolgere tutta la muscolatura volontaria, con caduta a terra del paziente, alla compromissione limitata di un certo numero di gruppi muscolari (gambe e ginocchia, braccia e mani, testa, mandibola, viso e spalle), fino ad una sensazione passeggera di debolezza estesa più o meno a tutto il corpo. Spesso il cedimento della mandibola o dei muscoli facciali si manifesta con interruzioni del discorso o con difficoltà ad articolare le parole (Guilleminault e Anagnos, 2000; Guilleminault e Gelb, 1995). La coscienza è sempre preservata, anche se negli attacchi più lunghi e gravi i pazienti possono occasionalmente avere allucinazioni simil-oniriche. Gli attacchi cataplettici possono durare da pochi secondi fino a 10 minuti (generalmente comunque meno di un minuto) e insorgono con una frequenza molto variabile, possono infatti presentarsi sporadicamente negli anni o più volte nel corso di una giornata. Di norma, sono scatenati da eventi emotivamente intensi, la cui valenza (o tonalità) risulta più spesso “positiva” (ad es. scherzare, ridere, sentirsi euforici, sentirsi eccitati, fare una battuta di spirito, avere un rapporto sessuale, o anche solo ricordare un momento felice) che “negativa” (es. arrabbiarsi, spaventarsi, essere imbarazzato o teso) o “indefinita” (senza una chiara valenza, come ad es. essere sorpresi o allarmati, fare attività sportiva, essere commossi) (Anic-Labat et al., 1999; Mattarozzi et al., 2008).

Le paralisi del sonno e le allucinazioni ipnagogiche/ipnopompiche sono fenomeni che si presentano nelle fasi di transizione tra il sonno e la veglia, all’addormentamento o al risveglio. Durante gli episodi di paralisi, gli individui si trovano incapaci di muoversi e di parlare per alcuni minuti, pur avvertendo di essere completamente coscienti e per quanto si sforzino di alzarsi. Spesso la paralisi è accompagnata da allucinazioni, che in alcuni casi possono risultare alquanto spaventose e produrre nel soggetto uno stato di ansia e paura, soprattutto alle prime esperienze di questo tipo. Le allucinazioni ipnagogiche sono esperienze simil-oniriche che si presentano all’addormentamento, mentre quelle ipnopompiche sono tipiche del risveglio. Nei pazienti NC, le allucinazioni che accompagnano le paralisi del sonno sono frequentemente di tipo visivo e possono consistere in semplici forme (cerchi colorati, parti di oggetti, ecc.) di dimensione costante o variabile, fino a vere e proprie persone o animali che compaiono all’improvviso nella stanza. Sono frequenti anche le allucinazioni uditive, che possono variare da semplici suoni, parole o elaborate melodie, fino a frasi minacciose o dure invettive. Un’altra interessante tipologia di allucinazioni

riguarda le sensazioni cenestesiche, ad es. sentirsi pizzicati, accarezzati, o toccati, fino ad esperienze più elaborate, come cambiamenti nella posizione di parti del corpo o la sensazione di fluttuare o essere al di fuori dal proprio corpo (Guilleminault e Anagnos, 2000).

Entrambi i sintomi sono frequentemente associati alla narcolessia: circa il 25% dei pazienti (17-66%) riferiscono di aver avuto episodi di paralisi e dal 20 al 65% allucinazioni, più spesso nella fase di addormentamento (Plazzi, Serra e Ferri, 2008). Tuttavia, hanno scarso valore diagnostico, dal momento che possono comparire anche al di fuori della narcolessia. Episodi isolati di paralisi del sonno sono riportati dal 4 al 60% della popolazione generale, in frequente associazione con la deprivazione di sonno (Dahlitz e Parkes, 1993). Anche le allucinazioni ipnagogiche/ipnopompiche sembrano essere frequenti nei soggetti non narcolettici: in un’indagine condotta tra il 1994 e il 1999 su un vasto campione di cittadini europei (n = 18.980), rappresentativo della popolazione generale, il 24,1% (min: 17,5%; max: 37%, a seconda del paese) degli intervistati ha affermato di aver avuto esperienze di questo tipo, più frequentemente in associazione con sintomi di insonnia, EDS e disturbi mentali (Ohayon et al., 2002).

Disturbi del sonno notturno e indici polisonnografici

I pazienti NC presentano un pattern di sonno notturno profondamente alterato rispetto alla norma, con cicli NREM/REM più lunghi, intervalli di maggior durata tra le fasi REM e una progressione attenuata di sonno REM (ovvero, episodi di REM più lunghi all’inizio della notte, che non aumentano di durata nei cicli successivi) (Nobili et al., 2001). Senza dubbio, la più importante anomalia del sonno è rappresentata da un periodo di sonno REM all’addormentamento (SOREM) (vedi ipnogrammi in Figura 4.1 e PSG in Figura 4.2).

Dal punto di vista clinico, il sonno dei pazienti NC è notevolmente disturbato da una varietà di fenomeni: AMS molto vivide e spesso spaventose (61%), peggioramento oggettivo del sonno notturno a causa dei nap pomeridiani (40%), frequenti risvegli che frammentano il sonno (71%), alimentazione notturna (31%), risveglio precoce (83%), sensazione di non sentirsi affatto riposati al mattino (50%), accanto alla frequente comorbidità con disturbi motori del sonno, OSAS (obstructive sleep apnea syndrome), RBD (REM sleep behaviour disorder) e parasonnie tipiche del sonno NREM (per una rassegna vedi Plazzi, Serra e Ferri, 2008).

Figura 4.1. Ipnogrammi di una notte di sonno e di una giornata con MSLT di un paziente NC (A) e di un soggetto normodormitore (B). Rispetto al soggetto sano, nell’ipnogramma notturno del paziente NC si nota il

SOREM e una destrutturazione sia del normale andamento dei cicli di sonno che della distribuzione delle fasi REM e SWS nell’arco della notte. Nei nap programmati al MSLT sono evidenti gli episodi di sonno REM presenti nell’ipnogramma diurno del paziente NC, ma assenti in quello del soggetto sano.

(A) Ipnogramma tipico di un paziente narcolettico

Figura 4.2. PSG di un SOREM di un paziente NC. Sono raffigurate 6 epoche di registrazione

poligrafica continua (ognuna della durata di 30 sec.) corrispondente all’addormentamento di un soggetto maschio di 27 anni affetto da narcolessia. Si può notare la comparsa di sonno REM entro 1 minuto dallo spente luci e avvio della registrazione.

All’esame polisonnografico (per una rassegna si veda ancora Plazzi, Serra e Ferri, 2008), i pazienti NC presentano un TST (Total Sleep Time) simile ai normodormitori, ma con una ridotta efficienza del sonno, una latenza di sonno più breve e una latenza inferiore della prima fase REM. Il sonno è interrotto da numerosi risvegli, che determinano in questi pazienti un tempo maggiore trascorso in veglia dopo l’addormentamento. A sua volta, questo conduce ad un sonno più leggero, con un aumento di sonno in stadio 1 NREM, a spese dello stadio 2, che risulta ridotto. Il tempo trascorso in SWS può essere preservato o ridotto e quello di sonno REM risulta generalmente paragonabile a quello della popolazione generale. Se si prevengono i nap diurni, i pazienti NC mostrano un TST ridotto rispetto ai controlli, ciò significa che è la regolazione del sonno ad essere alterata, anche quando il periodo di sonno è confinato ad un’unica parte della giornata. Il sonno diurno rappresenta circa il 10% del TST in questi pazienti e anche in questo caso presenta caratteristiche differenti rispetto a quelle che si osservano nei nap dei soggetti normali: una maggior durata e un tempo maggiore trascorso in stadio 1, SWS e REM, accanto ad un tempo inferiore di veglia attiva durante il giorno.

In aggiunta ai frequenti episodi di SOREM all’inizio del sonno notturno o dei nap diurni e alla mancanza di un aumento nella durata degli episodi REM nel corso della notte, la stessa struttura del sonno REM sembra parzialmente alterata in questi pazienti, presentando valori più elevati negli indici di attività fasica – come la densità dei movimenti oculari rapidi (REM density) e il numero di movimenti mioclonici (muscle twitches) (Vankova et al., 2001) – e di attività muscolare – come la proporzione di sonno REM senza atonia (Dauvilliers et al., 2007b).

Questo quadro sintomatologico risulta più severo nei pazienti narcolettici con cataplessia e nei pazienti HLA DQB1*0602 positivi.

Terapia

Attualmente, la terapia è comportamentale e farmacologica ed è mirata sostanzialmente a controllare e ridurre i sintomi. Dopo la conferma della diagnosi (vedi Tabella 4.1), i pazienti vengono sollecitati ad adottare una corretta igiene del sonno, mantenendo costanti gli orari di addormentamento e di risveglio e facendo, ove è possibile, nap di 15-20 minuti programmati in orari strategici della giornata, per diminuire la sensazione di continua sonnolenza ed evitare attacchi di sonno in momenti inopportuni (Rogers et al., 2001; Takahashi, 2003). Vengono anche sconsigliati lavori a turni o a chiamata e tutte quelle mansioni che richiedono un’attenzione sostenuta per diverse ore in condizioni monotone, ad esempio alla guida di un mezzo di trasporto. Infine, i pazienti dovrebbero evitare pasti troppo abbondanti e l’assunzione di alcolici, prestando attenzione anche alle proprie abitudini alimentari, dal momento che in molti casi è stata osservata una tendenza all’obesità, che si presume associata alla disfunzione del sistema ipocretinico ipotalamico (Overeem et al., 2002; Schuld et al., 2000).

Il trattamento farmacologico consiste essenzialmente nell’assunzione di stimolanti (amfetamine, modafinil o metilfenidato) per l’EDS, che hanno come effetto anche un miglioramento del sonno notturno, e di inibitori selettivi del re-uptake della serotonina, ovvero antidepressivi, per la cataplessia. I dosaggi e i composti prescritti variano naturalmente a seconda della gravità e degli effetti collaterali che emergono caso per caso (per una rassegna vedi Mignot, 2000; Nishino e Mignot, 1997).