6. Il quadro di tutela (prevalentemente penale)
6.2. L’abbandono di rifiuti
L’abbandono di rifiuti è penalmente sanzionato dall’art. 256,
comma 2, TUA esclusivamente ove commesso da titolari di imprese o
responsabili di enti, non già ove commesso da privati cittadini: si tratta,
quindi, di un reato proprio
55.
Il discrimine tra illecito penale e illecito amministrativo
(sanzionato ex art. 255, comma 1, TUA) è stato individuato dal
legislatore, a parità di condotta, nello status dell’autore del fatto di
abbandono o di deposito incontrollato di rifiuti, ovvero di immissione
52
Cass., sez III, 21 gennaio 2003, D’Antoni, in CED, 2007/224171.
53
C. BERNASCONI, in F. GIUNTA (a cura di), Codice Commentato, 2007, cit. 244,
54
Cass., sez. III, 21 gennaio 2003, D’Antoni, cit.
55
Cass., sez. III, 17 gennaio 2012, n. 5042, Golfrè, cit.; tuttavia il privato può rispondere di concorso nel reato commesso dall’imprenditore: Cass., sez. III, 16 maggio 2012, n. 30123 e Cass., sez. III, 17
degli stessi nelle acque superficiali o sotterranee in violazione dei divieti
di cui all’art, 192, comma 1 e 2, TUA.
Si deve sottolineare come il diverso trattamento ponga problemi
rispetto al principio di uguaglianza: è ragionevole, infatti, che identiche
ipotesi di abbandono di rifiuti portino a sanzioni diverse solo in ragione
dello status dell’autore della condotta?
Sotto il profilo del pericolo o del danno all’ambiente la qualifica
soggettiva dell’autore è irrilevante, non incidendo sul maggiore o minore
grado dell’offesa.
Piuttosto, agli occhi del legislatore, la differenza potrebbe risiedere
in un dato criminologico, e cioè nella presunzione di maggiore
pericolosità o quanto meno di più frequente realizzazione di abbandoni
di rifiuti nell’ambito di attività di imprese o enti rispetto all’opera dei
privati
56.
Si tratta di una presunzione in linea di massima non irragionevole,
ma che appare, comunque, discutibile in quei casi limite in cui
l’imprenditore o il responsabile di enti abbandoni o depositi in modo
incontrollato modeste quantità di rifiuti non pericolosi, o al contrario nei
casi nei quali il privato abbandoni notevoli quantità di rifiuti pericolosi.
Nel primo caso la sanzione penale appare troppo severa; nel
secondo caso la sanzione amministrativa appare troppo generosa.
Forse si sarebbe potuto fondare il discrimine tra illecito penale e
illecito amministrativo sulla natura dei rifiuti abbandonati (pericolosi o
non pericolosi) e/o sulla loro quantità (significativa/esigua).
Naturalmente la disciplina amministrativa che sanziona
l’abbandono di rifiuti da parte di privati non potrà esser censurata dalla
Corte Costituzionale nella parte in cui non preveda sanzione penale,
56
risultando inammissibile, posto che le scelte incriminatrici spettano
esclusivamente al Parlamento.
Il reato di deposito incontrollato sussiste anche se la condotta si
svolge nel luogo di produzione dei rifiuti
57.
Si noti, poi, che l’abbandono sussiste in presenza di condotte
incompatibili con una qualsiasi delle forme di legittima gestione
(stoccaggio, messa in riserva, realizzazione di discarica autorizzata) dei
rifiuti.
Il reato di abbandono di rifiuti, inoltre, delinea una fattispecie
commissiva
58.
In giurisprudenza è controversa la natura permanente
59o
eventualmente permanente del reato di abbandono di rifiuti
60.
Secondo parte della dottrina
61, comunque, appare più plausibile la
tesi della natura istantanea del reato, con effetti permanenti, al pari di
quanto del resto sostenuto in giurisprudenza per il reato di discarica
abusiva
62: il nesso tra condotta (come detto commissiva) ed offesa si
esaurisce con l’ultimo grado di abbandono.
Si deve, infine, sottolineare come sia necessario che si tratti di
condotte episodiche ed occasionali, relative a quantitativi modesti di
rifiuto: infatti, qualora l’abbandono presenti caratteri di frequenza e/o di
57
Cass., sez. III, 24 gennaio 2012, n. 7016, Agrosì, in www.lexambiente.it
58
Cass., sez. III, 21 ottobre 2010, n. 40850, Gramegna e altri, in www.lexambiente.it; contra, Cass., sez. III, 18 maggio 2007, in CED, 2007/236882, in relazione peraltro ad un caso in cui si contestava ad un imprenditore l’omessa vigilanza sulla condotta commissiva di abbandono da parte di uno dei suoi dipendenti.
59
Cass., sez. III, 26 maggio 2011, n. 25216, Caggiano, in www.lexambiente.it, secondo cui la permanenza cessa con il recupero o lo smaltimento dei rifiuti.
60
Cass., sez. III. , 21 ottobre 2010, n. 40850, Gramegna e altri, cit: la permanenza cessa con il sequestro del bene o con l’ultimo conferimento di rifiuti o con la sentenza di primo grado.
61
In tal senso C. RUGA RIVA, Trattato teorico pratico di diritto penale, diretto da F. PALAZZO E C. E.
PALIERO, Vol. XI, Reati contro l’ambiente ed il territorio, a cura di M. PELISSERO, Torino 2013, cit., p.
95.
62
significativa quantità sarà punito in base alla più severa fattispecie di
discarica abusiva.
6.2.1. Il deposito incontrollato di rifiuti
Il deposito incontrollato di rifiuti viene ricondotto dalla
giurisprudenza all’art. 256, comma 2, TUA.
Tale formula, a rigore, non si rinviene nell’art. 256. Comma 2,
TUA, e neppure nell’elenco delle definizioni contenute nell’art.183
TUA.
In giurisprudenza
63si ritiene “incontrollato” sia il deposito
temporaneo realizzato dal produttore, nel luogo in cui i rifiuti siano
prodotti (e non presso terzi), che ecceda i limiti quantitativi o temporali
previsti ex art. 183 lett. bb): a scelta del produttore, alternativamente con
cadenza almeno trimestrale indipendentemente dal quantitativo di rifiuti,
oppure al raggiungimento di 30 metri cubi, di cui al massimo 10 di rifiuti
pericolosi, con il limite massimo di un anno; sia il deposito alla rinfusa,
per categorie disomogenee (per es. pietrame, impianti elettrici ed
igienico-sanitari, ferro e legno
64) senza rispettare le norme tecniche
previste.
Sono, infatti, previsti requisiti modali: in particolare, il
raggruppamento per categorie omogenee, il rispetto delle norme tecniche
e delle norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle
sostanze pericolose.
63
Cass., sez. III, 10 novembre 2009, n. 49911, Manni, in www.lexambiente.it.
64
Il deposito incontrollato assume così i contorni di un concetto
normativo, nel senso che la determinazione del suo contenuto rinvia
implicitamente ad un’altra norma, e cioè il sopracitato art. 183 lett. bb).
Ad escludere la qualificazione di deposito incontrollato non
varrebbe dunque il fatto che il deposito dei rifiuti sia sotto la
sorveglianza del detentore e magari che siano rispettate tutte le
condizioni che garantiscono la salvaguardia dell’ambiente:
nell’interpretazione giurisprudenziale non rileva il controllo fattuale-
materiale del deposito, bensì la sua legittimità giuridica, sussistente nei
limiti temporali, quantitativi e modali di cui all’art. 183 lett. bb).
Il reato di deposito incontrollato di rifiuti concorre con quello di
scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione
65.
Sul piano sistematico va peraltro sottolineato un argomento contro
la rilevanza penale del deposito temporaneo irregolare quale deposito
incontrollato: il legislatore, al comma 6 del medesimo art. 256 TUA, ha
espressamente incriminato il deposito temporaneo presso il luogo di
produzione di rifiuti sanitari pericolosi in violazione di determinate
disposizioni, con ciò mostrando di saper distinguere concettualmente il
deposito incontrollato, punito al comma 2, dal deposito temporaneo,
menzionato al comma 6.
In giurisprudenza si è affermato che, una volta violate le
condizioni richieste ex art. 183 lett. bb), il relativo deposito vada
qualificato come deposito preliminare o messa in riserva ove finalizzato
a operazioni, rispettivamente, di smaltimento o di recupero, oppure come
65