6. Il quadro di tutela (prevalentemente penale)
6.5. Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti
Il legislatore, nel 2001, ha introdotto nella normativa sui rifiuti
allora vigente il nuovo delitto di attività organizzate per il traffico illecito
di rifiuti, successivamente confluito nell’art. 260 TUA.
La disposizione incrimina le forme più gravi di gestione abusiva
dei rifiuti, realizzate in forma continuativa e organizzata ed aventi ad
oggetto ingenti quantitativi di rifiuti.
82
D. MICHELETTI, in F. GIUNTA (a cura di), Codice commentato, Padova, cit., p. 355 ss.; si tratta,
secondo Cass., sez. III, n. 26478/2007, di condizione obiettiva intrinseca, nel senso che l’omessa
Il disvalore del fatto è così marcato da giustificare
l’incriminazione come delitto, sanzionato con pena delle reclusione da
uno a sei anni.
La natura delittuosa del reato e la cornice edittale consentono
mezzi di ricerca della prova (intercettazioni) e rendono possibili misure
cautelari personali non adottabili per i restanti reati ambientali, costituiti
da contravvenzioni.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo del reato, invece, esso è
rappresentato dal dolo, e in particolare dal dolo specifico di ingiusto
profitto.
La disposizione, nelle intenzioni del legislatore, è finalizzata a
contrastare l’attività criminale delle cosiddette ecomafie
83di cui ci
occuperemo nelle pagine seguenti.
Il delitto non è peraltro strutturato in forma associativa: infatti,
diversamente da quanto previsto per il reato di associazione per
delinquere
84e per quello di associazione di stampo mafioso
85, non è
necessario l’associarsi di più persone
86, e ciò in quanto, almeno
teoricamente, il reato potrebbe esser commesso anche da una sola
persona che si dimostrasse in grado di gestire abusivamente ingenti
quantità di rifiuti.
Di fatto, però, il requisito dell’ “allestimento di mezzi e attività
continuative organizzate” presuppone, in un certo senso, la creazione di
una struttura di tipo imprenditoriale, quand’anche rudimentale, non
83
Secondo quanto riportato nel rapporto di Legambiente Ecomafia 2011, solo dal 2002 al 2011 il delitto in esame è stato oggetto di 183 inchieste, con 1091 persone arrestate, 3332 denunciate e 679 aziende coinvolte, in tutte le Regioni italiane, ad eccezione della Valle d’Aosta.
84
Art. 416 c.p.
85
Art. 416bis c.p.
86
Secondo Cass., sez. III, 12 gennaio 2011, n. 15630, Costa ed altri, in De Jure, il reato non ha natura plurisoggettiva.
importa se clandestina o ufficiale, al cui interno operino normalmente
più persone, dando vita in tal modo ad un reato plurisoggettivo.
Si noti come, nella realtà, non sia sempre agevole riuscire a
distinguere tra concorso nel o nei reati o illeciti amministrativi in materia
di rifiuti ed il reato complesso di cui all’art. 260 TUA
87. In merito si
ritiene decisiva la consapevolezza di apportare un contributo che
arricchisca la stabilità e la continuità dell’attività organizzata, con
relativo ingiusto profitto, ovvero la più circoscritta consapevolezza di
svolgere singole operazioni illecite atomisticamente considerate, al di
fuori di una stabile organizzazione
88.
Il delitto, in realtà, può comunque esser commesso anche
nell’ambito di attività autorizzate, e ciò si verifica nel caso in cui le
modalità o le tipologie di rifiuti trattati violino in tutto o in parte le
prescrizioni contenute nelle autorizzazioni o altri limiti di legge
89.
Per quanto riguarda il quantitativo “ingente” di rifiuti, esso va
rapportato non tanto alle singole operazioni di gestione, aventi magari di
per sé ad oggetto quantità scarse di rifiuti, quanto piuttosto al totale,
rappresentato dalla somma delle varie singole operazioni
90.
Per quanto, poi, concerne l’abusività, essa costituisce una nota di
illiceità in virtù della quale si rinvia alla sottesa disciplina amministrativa
e penale dettata nella parte quarta del d.lgs. 152/2006.
87
Sul punto si segnala come la dottrina non sia unanime nel ritenere il reato di cui all’art. 260 TUA complesso; contra, A. ALBERICO.
88
In tal senso, GIP Catanzaro, 13 giugno 2001, in De Jure, afferma l’inesistenza del dolo specifico di ingiusto profitto in capo all’autista trasportatore, limitandosi questi ad eseguire disposizioni impartitegli dal datore di lavoro nell’ambito di gestioni abusive di rifiuti di cui, egli, non aveva contezza alcuna.
89
Cass., sez. III, 19 ottobre 2011, n. 47870, Giommi ed altri, in De Jure: il reato in esame non richiede l’esistenza di una struttura operante in modo esclusivamente illecito, ben potendo l’attività criminosa essere inserita in un contesto comprendente anche operazioni lecite.
90
L’elemento soggettivo è costituito dal dolo specifico che consiste
nell’ingiusto profitto; secondo la giurisprudenza è sufficiente ad
integrarlo il fine di risparmiare sui costi altrimenti derivanti dalla
gestione dei rifiuti conforme alla legge ed alla autorizzazione; trattandosi
di dolo specifico, inoltre, è sufficiente che l’agente persegua il fine di
ingiusto profitto, rimanendo irrilevante il raggiungimento
dell’obiettivo
91.
Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la circostanza
aggravante, con l’aumento della pena della reclusione da tre ad otto anni.
Alla condanna conseguono, poi, le pene accessorie
dell’interdizione dei pubblici uffici, da una professione o arte,
dell’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle
imprese, dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione,
ferme restando, in ogni caso, le limitazioni di cui all’art. 33 c.p..
Il giudice, inoltre, con la sentenza di condanna o di
patteggiamento, ordina il ripristino dello stato dell’ambiente e può
finanche subordinare la concessione della sospensione condizionale della
pena all’eliminazione del danno e del pericolo per l’ambiente. In merito,
si noti come mentre l’ordine di ripristino costituisca una sanzione
accessoria obbligatoria, la concessione della sospensione condizionale
subordinata all’eliminazione del danno o del pericolo sia, invece, rimessa
ad una valutazione meramente discrezionale del giudice.
91