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Il fatto tipico del reato di cui al comma 2

Il secondo comma dell’art. 256bis sancisce che «Le stesse pene si

applicano a colui che tiene le condotte di cui all’art. 255, comma 1, (e le

condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259) in funzione della

successiva combustione illecita di rifiuti»: dunque, si punisce con le

stesse sanzioni previste per il delitto consumato chi commette l’illecito

amministrativo di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, o i reati

di discarica abusiva, di spedizione, raccolta, trasporto, recupero,

smaltimento, commercio o intermediazione abusivi “in funzione” della

successiva combustione illecita degli stessi.

La disposizione, pertanto, tipizza una condotta di tentativo

314

“del

reato di combustione di rifiuti, rilevante per l’ordinamento giuridico in

314

Si ricorda che il delitto tentato è disciplinato ex art. 56 c.p., in virtù del quale «Chi compie atti

idonei, diretti in modo none equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica. Il colpevole di delitto tentato è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi. Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano un reato diverso. Se

quanto contraddistinta dall’insita capacità di cagionare il risultato

315

, vale

a dire la combustione, sulla base di un giudizio di prognosi postuma a

base parziale

316

.

L’anticipazione della tutela che ne deriva appare, però, eccessiva,

soprattutto alla luce della formulazione letterale della disposizione che,

come suggerito

317

, non consente di stabilire, almeno non con precisione,

se il legislatore abbia inteso riferirsi ad una direzione meramente

soggettiva della condotta (e cioè come espressione di un dolo specifico)

o, piuttosto, alla necessità di un oggettivo nesso direzionale dei

comportamenti indicati verso la successiva combustione.

In realtà, l’interpretazione che appare preferibile è quella che ruota

intorno al dolo specifico

318

, sebbene non priva di implicazioni

problematiche in punto di armonia con i principi fondamentali del diritto

penale. Infatti, nella fattispecie in commento il dolo specifico avrebbe il

ruolo di qualificare come reato anche una condotta altrimenti non

penalmente rilevante (ci si riferisce, in particolare, alla condotta di cui

volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà». In dottrina, v. G. A. DE FRANCESCO, Forme del dolo e principio di colpevolezza nel

delitto tentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1988, 963; ID., Fatto e colpevolezza nel tentativo, in Riv. it.

dir. proc. pen., 1992, 703; M. GALLO, Le forme del reato, Torino, 1975; ID., Ancora sulla concezione

normativa del delitto tentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1971, 744; B. PETROCELLI, Il delitto tentato.

Studi, Padova, 1955.

315

F. Bricola, voce Teoria generale del reato, in Noviss. dig. it., XIX, Torino, 1973, p. 85, il quale rimarca come l’idoneità vada riconosciuta ex ante, quale «postulato necessario dell’attribuzione

all’attentato di un contenuto di pericolosità concreta».

316

Si può in merito ritenere, come sostenuto anche da A. ALBERICO (op. ult. cit., p. 19, nt. 66), che una condotta simile costituisca piuttosto attività preparatoria. In questo senso, potrebbe inquadrarsi la fattispecie nei cd reati ostativi (o di scopo), su cui v. F. MANTOVANI, Diritto penale, parte generale, Padova, 2011, p. 222, secondo il quale questi «coprono una sfera di atti anteriori al tentativo» poiché equivoci nella direzione. Aderendo ad una simile ricostruzione, però, si ammetterebbe la configurabilità del tentativo, F. MANTOVANI, op. ult. cit., cit., p. 453.

317

C. BERNASCONI, Luci (poche) e ombre (molte) della nuova fattispecie di combustione illecita di

rifiuti, in Studium iuris, 03/2015, p. 305 ss.

318

In tal senso C. RUGA RIVA, Il decreto “Terra dei fuochi”: un commento a caldo, cit.,; in senso analogo A. CORBO, Decreto “Terra dei fuochi”, cit., il quale, però, propone una lettura in chiave oggettiva della fattispecie, richiedendo il compimento di atti diretti alla successiva combustione.

all’art. 255, comma 1, punita con la sola sanzione amministrativa)

319

,

assurgendo la finalità tipizzata a «momento fondante l’antigiuridicità

penale»

320

: il dolo specifico, cioè, esprimerebbe la meritevolezza di

pena di una condotta diversamente inoffensiva secondo parametri

penalistici.

In ogni caso, ciò che desta maggiori perplessità è l’equiparazione

sanzionatoria tra l’ipotesi in commento e quella di cui al primo

comma

321

. Una simile scelta, del resto, sembrerebbe dar adito alla voce

dei seguaci dell’ultima versione della dottrina finalistica dell’azione (del

personales Unrecht), i quali, concentrando l’attenzione sul disvalore

dell’azione, finirono per affermare l’identità tra delitto tentato e delitto

consumato

322

.

Tale impostazione, riconducibile al paradigma del diritto penale

dell’atteggiamento interiore, intrisa di soggettivismo e di repressione del

tipo di autore, appare in forte sospetto di incostituzionalità, paventandosi

un contrato con gli artt. 3 e 27 commi 1 e 3 Cost.

323

.

In merito, tra l’altro, è giusto il caso di accennare alla posizione

assunta dalla Corte Costituzionale nel 1979

324

, la quale evidenziò in

modo esplicito che «le norme che assoggettavano il tentativo e la

consumazione allo stesso regime penale costituiscono pur sempre

alcunché di eccezionale rispetto ai principi ispiratori del diritto

319

Su questa tipologia di reati, v. N. MAZZACUVA, Il disvalore di evento nell’illecito penale, Milano, 1983, p. 220 e p. 223 ss.

320

N. MAZZACUVA, op. ult. cit., p. 227.

321

La dottrina intervenuta sul punto sembra concorde: tra gli altri, C. RUGA RIVA, Il decreto “Terra

dei fuochi”: un commento a caldo: «la condotta di chi deposita illecitamente rifiuti è, infatti, meno grave di chi li brucia, non fosse altro perché oltre ad inquinare il suolo (e magari la falda acquifera) quest’ultimo inquina altresì l’aria»; A. ALBERICO, Il nuovo reato di “combustione illecita di rifiuti”;

A. DI TULLIO D’ELISIIS, Il delitto di combustione illecita di rifiuti.

322

D. ZIELINSKI, Handlungs-und Erfolgsunwert im Unrechtsbegriff, Berlino, 1973.

323

In tal senso, A. ALBERICO, op. ult. cit., p. 21.

324

italiano», sottolineando, quindi, l’esigenza di uno scrutinio

particolarmente rigoroso delle ragioni giustificatrici di un’eventuale

deroga a siffatti principi.

2.1. Il tentativo negli illeciti amministrativi ambientali

Come abbiamo avuto modo di accennare, in diritto penale ricorre

il tentativo quando un soggetto si attiva per commettere un reato, ma il

reato non giunge a consumazione per cause impeditive estranee alla sua

condotta.

L’art. 56 c.p., che disciplina, appunto, il delitto tentato, richiede in

particolare la presenza di due requisiti: che si tratti di “atti idonei” e che

tali atti risultino, ai fini della punibilità del tentativo, “univoci”.

Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, invece, non è

ammissibile la punibilità del tentativo a titolo di colpa, e ciò a causa di

un’incompatibilità ontologica tra i requisiti strutturali del tentativo e

quelli della colpa

325

: l’assenza di volontà propria della colpa, infatti, non

appare strutturalmente conciliabile con il requisito dell’univocità degli

atti richiesta ex art. 56 c.p.

Fatta tale premessa, si può affermare che nell’ambito delle

violazioni amministrative ambientali non è prevista la figura del

tentativo, e ciò essenzialmente in quanto, come del resto abbiamo avuto

modo di rilevare, la maggior parte degli illeciti amministrativi

ambientali, proprio in quanto tali, sono, ad eccezione di rare ipotesi – tra

325

Si ricorda, infatti, che il delitto è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imperizia o imprudenza

cui rientra senza dubbio la fattispecie delittuosa in commento -

sanzionate da mere contravvenzioni.

Infatti, come appare dalla stessa rubrica dell’art. 56 c.p., la

disposizione fa espresso riferimento esclusivamente ai delitti, escludendo

la sua applicabilità proprio alle contravvenzioni. Si tratta di una precisa

scelta di politica legislativa, non presentando l’esclusione del tentativo

per le contravvenzioni alcun fondamento strutturale.