Come è noto, tra i principi generali del diritto penale moderno un
ruolo molto rilevante è svolto dal cd principio di offensività,
sintetizzabile nel brocardo “nullum crimen sine inuria”: non può, cioè,
esservi reato in assenza di una lesione del bene giuridico che la norma
182
G. MARINUCCI – E. DOLCINI, Corso di diritto penale, III ed., Milano, 2001, p. 551 ss., con riferimento agli organi di governo dell’economia nonché ai reati ambientali.
183
Le suddette posizioni della dottrina sono riportate da C. RUGA RIVA, in Diritto penale
dell’ambiente, Torino, 2011, cit., p. 12.
184
In merito si segnala la posizione di D. PULITANÒ che, in Diritto Penale, Torino, III ed., 2009, p. 141 ss., sostiene che la questione della cd tutela di funzioni va letta alla luce degli interessi sostanziali cui le funzioni amministrative sono serventi, sicché la tutela penale di queste ultime è legittima se e in
tende a tutelare, con la conseguenza che il fatto materiale deve ledere o
porre quanto meno in pericolo il bene protetto.
Per quanto riguarda i cd reati ambientali
185, occorre innanzitutto
rilevare come le disposizioni in materia dovrebbero avere come finalità
la tutela dell’ambiente o di uno degli elementi che lo compongono
poiché, diversamente, l’individuazione dell’offesa risulterebbe
estremamente difficoltosa
186.
Va, poi, ricordato che, secondo parte della dottrina
187, la
normativa penale ambientale è stata intesa come mero strumento per il
conseguimento di una tutela dell’ambiente propria del diritto
amministrativo.
Il fine specifico del legislatore sarebbe, cioè, quello di operare una
protezione dell’ambiente in sede amministrativa, dove il “bene
ambiente” non assurge ad oggetto di tutela e viene posto in secondo
piano, giustificando così la presenza di numerosi reati formali che
sanzionano la mera disobbedienza ad obblighi specifici come, ad
esempio, quello di ottenere la preventiva autorizzazione per l’esercizio di
determinate attività.
Con riferimento al principio di offensività va detto, inoltre, che la
difficoltà nel definire esattamente l’oggetto di tutela, tenuto conto della
sua mutevolezza, chiarisce perché il ricorso ai reati di pericolo sia del
tutto condivisibile.
La tutela anticipata, infatti, risulta particolarmente efficace
laddove si consideri che il danno arrecato da determinate condotte
185
Si segnala in merito lo studio di NOVARESE “ I reati ambientali ed il principio di offensività”:
trattasi di una relazione presentata all’incontro di studio del CSM “Tutela penale del territorio”, Roma, 10-13 aprile 2002.
186
In tal senso L. RAMACCI, I reati ambientali ed il principio di offensività, in www.lexambiente.it,
187
V. PATRONÒ, Inquinamento industriale e tutela penale dell’ambiente, Padova, 1980, p. 45 e ss.; S.
all’ecosistema è difficilmente riparabile e la sola previsione di reati di
danno risulterebbe di scarsa utilità.
Come avremo modo di approfondire nelle pagine seguenti, gli
illeciti ambientali, pur se variamente strutturati, risultano tutti, o quasi,
riconducibili alla categoria dei reati di pericolo astratto o presunto, la cui
particolarità risiede proprio nel fatto che non si richiede al giudice penale
di accertare la concreta lesione del bene tutelato, operando una mera
presunzione ex lege.
Questa caratteristica dei reati di pericolo presunto, però, comporta
il rischio che si puniscano condotte che seppur astrattamente
riconducibili alla fattispecie tipica, nella realtà non offendono in alcun
modo il bene giuridico protetto: è inevitabile, pertanto, accertare caso per
caso se una fattispecie così delineata dal legislatore ledi in qualche modo
il principio di offensività
188.
Per quanto riguarda la fattispecie di combustione illecita dei rifiuti,
il reato si presenta come di pericolo presunto, dal momento che la
sanzione è comminata in ragione della valutazione della pericolosità
189del singolo episodio di combustione dei rifiuti
190.
188
Per una dettagliata esposizione del problema, v. C. BERNASCONI, Il difficile equilibrio tra legalità e
offensività, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2003; G. FIANDACA, Note sui reati di pericolo, in Il Tommaso
Natale, Palermo, 1977, p. 175 ss.: l’A., in particolare, evidenzia l’opportunità di introdurre nel sistema
penale fattispecie di pericolo astratto, soprattutto nei campi della vita umana in cui si svolgono attività tecnologicamente evolute, che introducono nella società un appurato rischio per beni di alto rango. Nello stesso senso, e con particolare riferimento ai reati ambientali, G. MARINUCCI – E. DOLCINI,
Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 2006, p. 173: i due illustri A. sostengono che in
relazione a beni collettivi, quali l’ambiente, in cui l’offesa proviene dal cumularsi di una pluralità di condotte ognuna di per sé innocua, la sanzione della singola condotta che violi degli standards predeterminati sia necessaria per prevenire il danno finale. In senso sostanzialmente conforme, pur se con argomentazioni diverse: F. GIUNTA, Il diritto penale dell’ambiente in Italia, cit., p. 118 ss.
189
Sui limiti della creazione legislativa di situazioni di pericolo (seppur con specifico riferimento ai limiti – soglia), F. STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle
vittime, 2003, p. 558.
190
In tal senso A. ALBERICO, Il nuovo reato di “combustione illecita di rifiuti”, in
Occorre, dunque, a questo punto, verificare il fondamento di
ragionevolezza della presunzione medesima al fine di dedurne la
compatibilità con il principio di offensività.
Quel che sembra si possa rilevare è che non si rileva una prassi
sufficientemente consolidata sul tutto il territorio nazionale in virtù della
quale il mero appiccamento del fuoco su un rifiuto generi un serio
pericolo per l’integrità dell’ambiente. Al contrario – sulla scorta
dell’ormai consolidato insegnamento della Corte Costituzionale - sembra
«“agevole” formulare ipotesi di accadimenti contrari alla
generalizzazione posta alla base della presunzione
191»: basti pensare
all’ipotesi del fuoco appiccato su materiali lignei, quali, ad esempio, le
cassette abitualmente impiegate in frutticultura, o su residui di origine
animale
192. Condotte del genere, cioè, manifestano un bassissimo rischio
di produzione dell’evento lesivo che la norma vuole scongiurare,
inficiando la coerenza del modello di anticipazione di tutela che si
propone di realizzare
193.
191
Cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 57/2013, punto 4.2 in diritto.
192
I quali beni possono rientrare nella categoria dei rifiuti: «Gli scarti di origine animale sono sottratti
all’applicazione della normativa in materia di rifiuti ed esclusivamente soggetti al Regolamento CE n. 1774/2002 solo se sono effettivamente qualificabili come sottoprodotti ai sensi dell’art. 183, comma primo, lett. n), D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; diversamente, in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento, restano soggetti alla disciplina sui rifiuti dettata da tale ultimo decreto» (Cass., sez. III, 15 dicembre 2011, n. 2710, Cc. (dep. 23/01/2012) Rv. 251900) .
193
In tal senso A. ALBERICO, Il nuovo reato di “combustione illecita di rifiuti”, in