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Abito – scultura

È un tipo di abito femminile che si modella sul corpo con drappeggi e ornamenti, creando un effetto artistico eccezionale. Già attestato in «La Repubblica» del 3 ottobre 1987, pag. 22, Cronaca di Natalia Aspesi.

Abito di crosta

Con questa definizione si richiama alla memoria una tendenza in voga negli anni Settanta che riguardava il modo in cui veniva conciata e indossata la pelle.

Baguette

È il nome di una delle it-bag57 più famose di sempre. Creata da Silvia Venturini Fendi per

il brand di famiglia Fendi nel 1997, prende il nome dal modo in cui si porta, ovvero sotto il braccio come il pane francese.

Bermuda

Il termine indica i pantaloni corti sopra il ginocchio, generalmente in cotone, e deriva dall’arcipelago delle Bermuda nell’Atlantico, che tra gli anni Trenta e i Quaranta divenne meta alla moda per gli americani. “Nascono come soluzione al divieto della legge locale che proibiva alle donne di mostrare le gambe interamente nude. Entrano immediatamente nel guardaroba maschile: una versione con risvolto. Oggi vengono portati dagli abitanti locali anche con camicia e cravatta. Hanno la foggia dei bermuda i pantaloni al ginocchio delle truppe coloniali inglesi. Contemporaneamente ai bermuda, nel 1933 appaiono gli shorts inizialmente associati ai primi per la lunghezza e in seguito completamente autonomi e più di tendenza nella loro evoluzione.”58

Biker Jacket

Ribelli e anticonformisti, i Bikers sono i motociclisti che tra gli anni Quaranta e i Cinquanta negli Stati Uniti crearono un vero e proprio movimento giovanile separato e distaccato dal conformismo tipico della società americana dell’epoca. Assunsero modi, abitudini e costumi propri, come quella divisa fatta di jeans, t-shirt e giubbotto di pelle. Basti pensare a Marlon Brando ne Il Selvaggio o James Dean in Gioventù Bruciata, al loro stile e all’influenza che riuscirono ad avere su centinaia di giovani di lì in avanti. Oggi col

57 Con la definizione it-bag si fa riferimento a quelle borse che sono diventate delle vere e proprie icone nel mondo della moda, perché ad esempio indossate da o realizzate per personaggi di fama internazionale; molti tra i brand più importanti hanno almeno una propria it-bag, conosciuta e desiderata dagli appassionati di moda.

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termine biker jacket d’altronde si intende proprio quel giubbotto in pelle tanto usato dai motociclisti e seguaci della metà del secolo scorso.

Bikini

Costume da bagno per donna in due pezzi. L’origine del nome è particolarmente originale e provocatoria dal momento che deriva dagli esperimenti atomici eseguiti nel luglio del 1946 sull’atollo omonimo dell’Oceano Pacifico.

Blazer

Da Blaze + -er: dall’antico inglese blæse, ovvero torcia, fuoco. Indica originariamente “qualcosa che splende” (XVII secolo) e che darà il significato poi alla giacca sportiva e colorata, dal taglio maschile e generalmente con tasche a toppa e taschino. “Il blazer è la giacca più importante del guardaroba. Tanto di quello invernale che di quello estivo. Vero jolly, se è ben tagliato, lo si può usare con sicurezza in quasi tutte le occasioni: da quelle informali a quelle più impegnative. È da notare che per le serate eleganti ma non troppo, oggi soprattutto a Parigi, c’è una certa tendenza a usare il blazer (con scarpe nere) in luogo dello smoking. D’estate con una bella camicia e un fazzoletto divertente nel taschino, regge perfino l’assenza della cravatta ed è l’unica giacca che se lo può permettere. D’estate il blazer gira su pantaloni bianchi di lino, su pantaloni grigio-scuri di lana leggerissima, su pantaloni beige-verdino di gabardine”59. Entra nel guardaroba

femminile fin dagli anni Venti, quando si indossava con pantaloni e forse cravatta e i capelli si portavano corti; negli anni Trenta furono Marlene Dietrich e Katherine Hepburn a sceglierlo come capo preferito per la sera e per il giorno. Negli Anni Sessanta, poi, per richiamare alla memoria lo smoking femminile di Yves Saint Laurent60, si sceglie ancora

il blazer nel color rosso sangue o in nero: il bianco apparirà negli anni Settanta. Sarà Giorgio Armani poi a celebrarlo negli anni Ottanta coi suoi completi scuri, preferibilmente in nero, ma si dovranno aspettare i Novanta e la moda unisex di Jean- Paul Gaultier per vedere i primi blazer sciancrati o corti e in doppiopetto. La scollatura si fa più ampia e il blazer si accorcia negli anni Duemila e si indossa sui jeans come sugli abiti, sugli shorts come sui pantaloni ampi e svasati.

Blouson

Vuol dire blusa, giacchetto corto, casacca e deriva dal più comune termine francese

blouse, usato in italiano a lungo fino alla sua sostituzione con la parola blusa. Blouse

deriva da blaude, bliaud (dal provenzale blezo, bleso, blizant), in relazione all’antico

bliant (= stoffa), che si ritrova nell’antico tedesco blîat, bliât (da cui deriva lo scozzese

59 Dizionario della moda, s.v. Blazer

60 È il 1966 quando Yves Saint Laurent porta in passerella lo smoking femminile, ma anche il trench e il blazer per lei. Un’idea rivoluzionaria che trasforma e ribalta completamente la moda e il costume da un punto di vista culturale e, nonostante non fu il primo a mescolare l’armadio di uomini e donne, l’assoluta novità è rappresentata dalla capacità di stravolgere l’identità e la concezione comune dei singoli capi non appena accolti nell’armadio dell’altro.

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plad, plaid), a cui però si nega una radice germanica. Propriamente indica un mantello

grossolano, poi qualunque veste tagliata come una blusa, camicia61.

Blusa

Come sopra, il termine deriva dal blaude, bliaud (dal provenzale blezo, bleso, blizant), in relazione all’antico bliant (= stoffa), che si ritrova nell’antico tedesco blîat, bliât. La blusa era originariamente una camicia da lavoro e diventò di tendenza dagli anni Cinquanta in poi sia come capo per la sera che da giorno. Spesso è legata in vita da un cinturino o da una fascia o è lasciata morbida sui fianchi.

Body

Per accorciamento della locuzione body clothes, ovvero indumenti. In italiano indica un particolare capo di biancheria intima, entrato nell’uso comune anche in inglese ma passando straordinariamente per la lingua italiana, dal momento che body tra gli anglosassoni indica semplicemente “corpo”. Si tratta di un capo che fascia la parte superiore fino ai fianchi, dove spesso è chiuso da gancetti, stecche o bottoni. Se realizzato in determinati tessuti può essere utilizzato come capo esterno ed è l’indumento perfetto per chi svolge particolari esercizi ginnici, come quelli tipici della danza. Di grande tendenza in America negli anni Cinquanta, diventò il capo preferito per la discoteca negli anni Settanta.

Bolero

Il termine, ripreso dalla lingua spagnola, può indicare un ballo di origine araba, un particolare tipo di cappello in feltro nero e usato dai toreri o – più comunemente e come qui – un giacchino corto fino al punto vita e senza bottoni. Inizia a diffondersi verso gli anni Sessanta del XVIII secolo. Poi “nell’ultimo decennio dell’800, in misure ridotte, per coprire solo la parte superiore del busto, ricompare ricco di ornamenti, ricami, in mussola trasparente nell’identica tinta dell’abito, in pelliccia per l’inverno. In ridottissima misura è rispuntato nei tardi anni ’50 del ‘900, a ricoprire, negli abiti estivi senza maniche, le braccia e la scollatura. Quasi un giacchino anche con le maniche corte per abiti da sera d’estate, realizzato in pelliccia, quasi sempre in visone, il bolero prese negli anni ’60 il posto della stola”62.

Bomber

È l’abbreviazione di bomber jacket, ovvero il giubbotto da bombardiere: in pelle spesso con collo di pelliccia utilizzato dai piloti dei bombardieri americani durante la seconda

61 Cfr. Etimo.it, s.v. blusa

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guerra mondiale ma anche in tessuto sintetico con o senza collo simile a quello degli equipaggi di aviogetti militari.

Bombetta

Diminutivo di bomba, voce onomatopeica con cui spesso si indica questo accessorio, la bombetta è il tipico cappello inglese di gran moda tra gli uomini d’affari londinesi a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Sostituì il cilindro e prese il nome di Bowler, perché inventato da Lord Locke e realizzato dalla ditta Bowler and Son nel 1850. In America lo chiamavano Derby perché portato spesso dal conte Edward George Derby. Diventò ben presto celebre grazie al grande schermo e a personaggi come Charlie Chaplin, Stanlio e Ollio e persino Liza Minnelli che in Cabaret lo faceva roteare con la punta del piede. Generalmente realizzato in feltro, rigido, con cupola rotonda e tesa piccola e rialzata, la bombetta è ancora oggi il cappello prediletto di molti business men londinesi63.

Braghe

Variante settentrionale di braca. Il termine deriva dal latino braca, di origine gallica e usato perlopiù al plurale. Originariamente si riferiva a un indumento maschile simile ai calzoni ma meno ampio e più corto da cui nel XVI secolo ebbero origine le mutande. Oggi resiste in ambito settentrionale (e non solo, se lo troviamo anche nell’articolo di un quotidiano nazionale quale è il «Corriere della Sera») col significato di “pantaloni”. Brassière

Dal latino brāchĭum (=braccio), il termine francese indicava nell’Ottocento una camicia in lana o cotone fatta indossare ai neonati. “Oggi è un corpetto aderente più o meno scollato, con o senza maniche, che si ferma all’altezza della vita. Usato d’estate come top su gonne o pantaloni, o come indumento sexy sotto la giacca del tailleur”64. Pare che

questo termine in relazione al guardaroba femminile comparve per la prima volta su «Vogue America» nel 1907: indicava il reggiseno indossato (e scandalosamente mostrato) da una modella fotografata per la testata.

Bustier

È un termine francese che indica un particolare tipo di abito costituito nella parte superiore da un bustino e da un reggiseno a balconcino. “Compare alla fine dell’Ottocento come indumento intimo: famoso quello di Rossella O’Hara all’inizio di Via

col vento. Abolito negli anni ’20 da Poiret. Torna di moda dopo la guerra con il New Look

di Dior. Oggi è usato come indumento esterno: a spalle nude, senza spalline, spesso sostenuto lateralmente da stecche di balena è un must estivo. Negli anni ’80 in tessuti

63 Cfr. Dizionario della moda, s.v. Bombetta 64 Dizionario della moda, s.v. Brassière

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estrosi e luccicanti, anche stretch, diventa un importante capo da sera.”65 Già attestato

nel «Corriere della Sera» del 28 Gennaio 1992 nell’articolo di Laura Dubini proprio a proposito della sfilata di Dior a Parigi e di quell’ “abito bustier di taffetas, gonfiato da crinoline, in un turbinio di volant plissé”66.

Caban

“È il cosiddetto giaccone da marinaio, diffuso ampiamente fra la gente di mare – pescatori e marinai – fin dal Settecento, dal Nord Europa al Nord America. In panno blu assai pesante (circa 800 grammi) presenta questi dettagli classici: doppiopetto con sei grossi bottoni, ampi revers che si possono chiudere e allacciare con un sottogola, maniche a giro, due tasche scaldamani verticali, linea dritta, confortevole, lunghezza a metà coscia.”67 Il termine deriva probabilmente dal sardo/siciliano cabbanu, ovvero

giacca. Caftano

Dal persiano khaftan, attraverso l’arabo qafṭān e il turco kaftan. È un vestito maschile lungo fino ai piedi, di stoffa colorata spesso a righe e aperto sul davanti come un mantello. Usato nei Paesi musulmani, per qualche tempo a partire dal XIII secolo fu indossato anche da russi, polacchi ed ebrei della Polonia e di altri Paesi. Per estensione indica qualunque abito lungo ne imiti le forme e nel mondo occidentale oggi si riferisce anche a “particolari spolverini femminili, lunghi, vaporosi”68 e a “capi esterni in lino o

seta”69.

Camiciola

È la camicia estiva con collo aperto, ma anche la camicia in genere. In toscano, col termine camiciola ci si riferisce a un indumento di tessuto o di maglia, da indossare direttamente sulla pelle e sotto la camicia.

Chemisier

Dal francese chemise, che a sua volta deriva dal basso latino camisia (lo si trova, ad esempio, in San Girolamo, che lo riferisce al capo utilizzato dai militari). Probabilmente voce popolare, proviene dalla Gallia, che lo avrebbe attinto dalla Germania: dall’antico alto tedesco chamisia, dal gotico hameithja, hamithio, da una radice ham (=vestire), da cui deriva anche l’antico termine dell’alto tedesco hamidi, hemidi, che dà origine all’alto tedesco moderno hemd (=camicia). Altri propongono una derivazione dall’arabo Qamiç, ovvero tunica, che si trova nel Corano. Isidoro fa derivare il termine dal basso latino

65 Dizionario della moda, s.v. Bustier

66 Laura Dubini, Una donna da poesia, in «Corriere della Sera», 28 Gennaio 1992

67 Peacot, in «style.corriere.it», http://style.corriere.it/eleganza/guide/caban-o-peacoat/ 68 Dizionario della moda, op. cit., s.v. Caftano

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cama (=letto), da cui ha origine appunto la veste con cui si dorme. Dalla camicia nasce

lo chemisier, come spiega il Dizionario della moda: “Il termine compare negli anni Cinquanta a indicare un abito chiuso davanti da bottoni, con o senza colletto di linea essenziale, proprio come quella di una camicia maschile. Già all’inizio del ‘900, la linea a camicia era stata adottata da Worth e Poiret70, successivamente seguiti da molti stilisti

fra cui Chanel, Paquin, Lanvin”71. Il termine, come lo intendiamo oggi, è infatti riferito a

un particolare tipo di abito femminile con abbottonatura a mo’ di camicia, linee essenziali e rifiniture sobrie: un capo dallo stile rétro tornato di moda per la Primavera/Estate 2015.

Cloche

Termine francese derivante dal basso latino clocca e traducibile con l’italiano “campana” da cui riprende la forma, è un cappello femminile di grande tendenza negli Anni Venti quando i capelli si portavano à la garçonne.

Colbacco

Il termine deriva dal francese colback con cui si indicava il copricapo utilizzato dai cacciatori a cavallo all’epoca di Napoleone primo console. Questi lo avevano appreso in Egitto dai mammalucchi e infatti il termine francese ha origine dal turco kalpak, ovvero berretto di pelliccia. Oggi con il termine colbacco si intende il cappello in pelliccia per uomo e per donna alto e appiattito, a forma cilindrica, e utilizzato specialmente laddove i termostati raggiungono temperature glaciali. Come sempre la moda ha fatto di necessità virtù, così il colbacco ha attraversato i decenni del Novecento – periodo in cui ha raggiunto l’apice della fama – in vesti sempre nuove: dai modelli ampi e bon ton degli anni Cinquanta ai giochi di lunghezza dei colbacchi degli anni Sessanta; tra gli Ottanta e i Novanta passano dall’eccesso ai look minimal. Oggi che sono tornati di moda hanno assunto le sembianze di una fascia per capelli più che di un accessorio estroso come è sempre stato.

Crop top

Propriamente è top tagliato e infatti indica una maglia più corta del normale che lascia scoperti vita e ombelico. Il termine crop (=tagliare) è in relazione col tedesco kropf. Ha origine nell’Inglese antico del tardo XVIII secolo. Il sostantivo inglese top, invece, indica la cima, la vetta, la parte superiore e ha origine dalla parola topp del tardo inglese antico, che a sua volta è legata al tedesco top (=vetta).

70 Paul Poiret è il primo creatore di moda nel senso moderno. La sua è una vera e propria rivoluzione di pensiero e culturale, oltre che di costume. Infatti, si batte immediatamente per semplificare la silhouette femminile, liberando le donne dal busto e dalle costrizioni degli abiti dell’epoca. Worth, come si vedrà meglio successivamente, è l’ideatore dell’haute couture e sarto ufficiale della principessa Eugenia di Francia.

166 Cuffia

Dal latino tardo cŏfea, la cuffia è il copricapo che sembra esistere fin da quando esiste l’uomo. Semplicissimo, in lino per l’estate o in lana per l’inverno, con piccoli o grandi decori, a indicare la ricchezza di chi la indossa, la cuffia è l’accessorio che chiunque e in qualunque epoca ha indossato nei primi anni di età. Fino al Settecento i bambini sono sempre visti col capo coperto, nell’Ottocento la cuffia inizia ad assumere le sembianze del berretto di lana per l’inverno e in paglia per l’estate. Fino agli inizi del Novecento, è abitudine per chiunque indossare una cuffia durante la notte o la mattina quando i capelli non sono ancora stati sistemati e acconciati, fino a quando insomma la toletta non è terminata. La moda l’ha rivisitata, riproposta e trasformata in un accessorio da indossare non più solo in casa e prima di mostrarsi in pubblico, ma anche fuori, in occasioni importanti e per esprimere il proprio estro e il proprio buon gusto.

Foulard

È un termine francese, il cui etimo è incerto. Originariamente indicava un tipo di stoffa indiana di seta, caratterizzata da fantasie, disegni e colori. Nell’uso comune si riferisce a un fazzoletto di seta, una piccola sciarpa da annodare al collo, in testa o al manico della borsa.

Fuseaux

Sono i cosiddetti “pantaloni a fuso”, proprio perché hanno una linea affusolata e spesso sono dotati di staffa da infilare sotto il piede per garantire l’aderenza dei pantaloni sulla gamba. Indossati un tempo come ulteriore protezione contro il freddo sotto la tuta da sci, passarono velocemente a capo di abbigliamento sportivo per la palestra e per la danza. Audrey Hepburn li indossava nei suoi outfit casual chic e oggi sono considerati tra i pezzi del guardaroba più versatili perché permettono di creare look differenti a partire da un solo capo d’abbigliamento.

Giacca da ammiraglio

È un particolare modello di giacca che il brand Gucci chiama proprio con questa definizione e che ritroviamo nell’articolo di Flaccavento per «Il Sole 24 Ore». Si caratterizza per una chiusura asimmetrica, con bottoni e dettagli sul colletto e sui polsini. L’ispirazione è chiaramente marinara.

Gilet

Di origine francese e derivante o dallo spagnolo jileco, jaleco e questo dal turco yelek o da Gilles, personaggio del teatro popolare francese del XVII secolo, che indossava un capo simile al nostro panciotto.

167 Hot panta

Definizione tipica degli anni Novanta. Attualmente (e correttamente) si utilizza l’espressione hot pants. Il termine panta non è altro che l’abbreviazione di pantaloons, dal francese pantalon, che a sua volta deriva dalla parola italiana pantalone.

Jeans bagonghi

Bagongo era originariamente un clown e cavallerizzo nano di Bologna. Dopo la sua morte, altri nani e personaggi da circo assunsero il suo nome. Nell’articolo de «La Stampa» si fa riferimento al tipico abbigliamento da bagongo, largo e stravagante. Kimono

È l’abito tradizionale giapponese, ancora utilizzato per cerimonie importanti. “Morbido e sciolto, con caratteristiche maniche molto ampie, è fermato alla vita da una fusciacca (obì), alta 30 centimetri e lunga 4 metri, spesso in seta riccamente lavorata: i molti modi di annodarla e girarla alta intorno alla vita delle donne assumono significati diversi, un segreto che è tramandato di madre in figlia. Splendidi esemplari, per tessuto e ricami, punteggiano con la loro regale bellezza la storia e i musei del costume giapponesi. Il kimono compare per la prima volta nel XII secolo, indossato dai membri dell’aristocrazia, che ne mettevano parecchi di colori diversi, uno sopra l’altro. Nei secoli seguenti, si arricchì sempre più con straordinari ricami ed elementi decorativi a più colori. Una legge dei samurai vietò colori e decori, e il kimono divenne a quei tempi un capo severo, quasi monacale, solo bianco e nero, non più in seta ma in semplice cotone. A fine ‘800 e a cavallo del ‘900, sulla scia dell’influenza impressa all’arte e alla moda dalle stampe giapponesi, fu amato e ritratto da grandi pittori come Toulouse-Lautrec, che lo indossava come vestaglia, da Mucha e da Gustav Klimt […]. Contemporaneamente il kimono divenne, per la donna occidentale, un elegante abito da pomeriggio o da ricevimento in casa, per poi riapparire, con altri tessuti e maggiore semplicità, come vestaglia da camera. Si indica “a kimono”, il taglio manica che ne riprende l’ampiezza allo scalfo ed è ormai intramontabile, come del resto lo sono altri particolari, quali l’obì e il suo gonfio e schiacciato fiocco, che a lungo ha animato la moda. Fortuny dedicò al kimono l’attenzione rivolta agli abiti etnici; Ferrè lo ricordò in alcuni modelli quando più viva in lui fu l’influenza di colorata fluidità, assimilata nei suoi viaggi in Estremo Oriente. Nel ‘900, il più noto creatore di kimono, esposti nei musei di tutto il mondo, è stato Itchiku Kuboto (1917), specialista nell’arte tsujigahana, un procedimento di tintura usato alla fine del 1500.”72

Loafers

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