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R.: Premesso che sua figlia mi sta già simpatica, che altro dovrebbe indossare alla sua età? Provi a fare un gioco con lei: tu scegli un pezzo, io ti aiuto a

1. Giornalismo online

In principio era il web, rete intricata, complessa, a volte spaventosa ma senza dubbio affascinante. Poi arrivarono le testate online, l’informazione in rete e gli immancabili blog provocando così una vera e propria rivoluzione nel modo in cui si fa e si percepisce la notizia. Tutto si basa sulla velocità: velocità di pubblicazione, di fruizione, di aggiornamento. Velocità nella lettura e nell’assimilazione della notizia. Velocità di diffusione e di archiviazione della notizia stessa: “Internet ha liberato l’informazione dalla tirannia del tempo e dello spazio”24. Il web è cambiamento continuo nel modo in

cui si vivono, si percepiscono e si raccontano i rapporti tra le persone, gli ambienti lavorativi e di svago: in una parola, la realtà. Con l’avvento del web e delle notizie online, anche il giornalismo ha dovuto adattarsi e cercare una sua collocazione in rete. Così dopo un primo tentativo di riportare sul web le notizie cartacee con un semplice copia- incolla, ci si è accorti della necessità di realizzare un prodotto ad hoc che assecondasse abitudini, esigenze e modalità di fruizione dei numerosissimi e così diversi lettori della rete. La lettura online è infatti molto diversa rispetto a quella sulla carta: cambia il mezzo di comunicazione che affatica l’occhio e la pratica della lettura (spesso a scansione e non più lineare), cambia l’intento e la volontà e soprattutto si riducono l’attenzione e il tempo a disposizione. Per questo motivo fu necessario capire ben presto la forma e la struttura migliore per gli articoli online per ottenere una certa indipendenza della comunicazione sul web. Al raggiungimento di ciò ha contribuito la Human Computer

Interaction che si occupa di studiare il rapporto uomo-macchina e la web usability:

entrambe le discipline hanno infatti messo in evidenza “l’importanza dei diversi elementi extralinguistici (tecnici, semiotici, testuali, contestuali, ecc.) e paralinguistici (scelte grafiche, formattazione, ecc.) che devono intervenire nella progettazione ed elaborazione di un testo destinato ad Internet”25. Così dall’interfaccia grafica alla

struttura dell’articolo, dai lanci delle notizie ai collegamenti ipertestuali si sono affermate col tempo delle cosiddette “regole d’ordine, che hanno contribuito a portare

24 I. Bonomi, E. Catalfamo, L. Nacci, F. Travisi, La lingua dei quotidiani online, in L’italiano giornalistico, a cura di I. Bonomi, Franco Cesati editore, Firenze 2002, p. 273

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un po’ di omogeneità tra le interfacce dei siti che oggi si possono navigare. Si tratta di regole ‘emerse’, non imposte sistematicamente, che sono lentamente entrate a far parte del patrimonio di conoscenze condivise della comunità degli utenti di Internet”26.

Tra queste norme citiamo ad esempio l’importanza di una costruzione paratestuale che agevoli la lettura e dunque la suddivisione del testo in blocchi spesso introdotti da un titoletto, la distinzione gerarchica tra le parti del testo messa in evidenza da scelte grafiche differenti, l’utilizzo di elenchi puntati che risultano diretti e immediati, la formattazione in grassetto per certe parole chiave essenziali alla comprensione generale del testo, la scelta di un font standard come Times New Roman, Verdana, Arial.

Un altro aspetto fondamentale e che – specialmente nei siti informativi, nelle testate e nei blog – si presenta spesso sottoforma di testo più che di icone grafiche, è il ricorso ai collegamenti ipertestuali, meglio conosciuti come link. Essi permettono di soggettivare la propria lettura, dando la possibilità di personalizzare tempi e modalità. Come si legge in La lingua dei quotidiani online:

la struttura ipertestuale, anche grazie all’ausilio della grafica, indica i percorsi semantici possibili, evidenziando le eventuali relazioni tra le diverse unità di contenuto. A sua volta l’ipertestualità determina, sotto il profilo linguistico, una serie di implicazioni che intervengono, per esempio, a livello testuale nella scelta dei deittici, dei connettivi, dei segnali discorsivi, nella direzione della coesione del testo all’interno della singola pagina. La stessa unità lessicale (la parola) può diventare un elemento ‘attivo’ di interazione, cioè fungere da collegamento ipertestuale (riconoscibile dalla sottolineatura e dal diverso colore rispetto al testo non attivo)27.

Concentrandoci ora sugli aspetti legati al testo in sé e per sé, si evince presto quanto sia molto comune la frammentazione e la semplificazione. O come sarebbe meglio dire “un diverso genere di complessità sintattica, che privilegia i valori semantici rispetto alle strutture logiche, ricorrendo all’impiego di costrutti e usi sintattici che sviluppano il periodo in orizzontale, accumulando piuttosto che strutturando”28. Due sono comunque

i casi più comuni: “il ricorso al periodo monoproposizionale, sia isolato, sia con accumulo di più frasi monoproposizionali giustapposte una dopo l’altra, con effetto di

26 Ivi p. 270 27 Ibidem 28 Ivi, p.292

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frammentazione e di allentamento del rapporto logico tra azioni, in una sequenza di eventi congelati nell’unità proposizionale e slegati tra loro”29. Oppure “strutture

periodali più estese, oltre le sette proposizioni, che si articolano con modalità sintattiche differenti.”30 Dunque frasi spezzate, separate spesso da punti fermi con valore stilistico,

sono molto comuni sul web tanto quanto le nominali costituite spesso da una sola parola, da accumuli di sintagmi o da subordinate la cui principale è da rintracciare nel periodo precedente. Se allora le frasi spezzate creano un effetto di incisività e assecondano velocità e sintesi – caratteristiche tipiche della scrittura online –, le frasi nominali, che troviamo spesso nell’incipit dell’articolo o di un paragrafo, svolgono sì una funzione di coesione con il titolo o col paragrafo precedente, ma soprattutto generano una certa enfasi.

Inoltre, per quanto sia più frequente la coordinazione, è importante anche soffermarsi sulle subordinate più comuni ovvero le relative (spesso spezzate tramite un punto fermo dalla principale a cui si riferiscono), le oggettive implicite, le finali (generalmente implicite e costruite con per + infinito), le temporali esplicite e le causali. Frequente è anche il ricorso al gerundio e al participio passato. Un fenomeno particolare è anche la presenza notevole di incisi, realizzati non solo tra virgole ma anche trattini e parantesi tonde, spesso anche solo nominali. Per quanto riguarda poi la punteggiatura, aldilà del punto fermo molto comune anche per questioni stilistiche, la virgola è come sempre tra i segni interpuntori più usati (anche spesso laddove non se ne sentirebbe il bisogno) mentre i due punti spesso non aprono elenchi o spiegazioni bensì anche in questo caso svolgono una funzione stilistica ed enfatica.

Da un punto di vista lessicale c’è da dire che, per quanto il linguaggio utilizzato negli articoli online può facilmente rispecchiarsi nel cosiddetto italiano neostandard, il web resta comunque patria multicultare, crocevia di realtà e soprattutto fenomeno soggetto e fautore del cambiamento. Per questo è più facile (e anche più ovvio) trovare neologismi, prestiti stranieri, calchi e tecnicismi in un pezzo online. Così come non

29 Ibidem 30 Ivi, p. 293

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risulterà fuori luogo la scelta di termini colloquiali che strizzano l’occhio ai più giovani. Bisogna però fare molta attenzione a confondere il lessico del giornalismo con quello dell’italiano parlato, così come le strutture sintattiche non hanno molto da condividere con esso. Per capire meglio questo aspetto, ci affidiamo alle parole di La lingua nei

quotidiani online laddove, dopo un’analisi svolta su un campionario di articoli di

quotidiani della rete, si spiega che

Chiarezza, linearità, semplicità, brevità, denotatività vengono confermati quali caratteri intrinseci della scrittura dei quotidiani online, senza alcun dubbio. […] La misura breve del periodare e altre caratteristiche che concorrono alla chiarezza e alla linearità muovono in direzioni differenti, se non addirittura opposte. Per esempio, la rapidità di composizione dei pezzi e il loro aggiornamento continuo, nella prospettiva di un’informazione in tempo reale, determinano la presenza non solo di numerosissimi refusi (il che rientra in una tipologia nota e a cui siamo ormai abituati), ma anche di ‘scompensi’ e incoerenze linguistico-testuali 31.

E per quanto riguarda l’espressività frequente nei pezzi online analizzati, questa viene messa in relazione all’italiano parlato non tanto “come cifra stilistica e consapevolmente utilizzata a fini impressivi, quanto piuttosto come conseguenza dell’immediatezza compositiva di questi giornali, che li avvicina al linguaggio parlato per naturale osmosi”32. Ovvero, nella velocità della stesura o dell’aggiornamento dell’articolo stesso,

il redattore si rifà al lessico, alle costruzioni sintattiche e alla scelta di tempi verbali più vicini a quelli che utilizza quotidianamente. La lingua nei quotidiani online però parla di una tendenza denotativa del linguaggio degli articoli analizzati, ma il mondo della moda – talmente variegato e variabile – non può di certo fermarsi a una comunicazione piatta e basilare. Come si vedrà nell’analisi che segue, la moda oggi ha visto nel mondo del web una nuova rinascita, una nuova apertura e una maggiore accessibilità (non sempre e non da tutti apprezzata), ma in quanto espressione di volubilità e voluttuosità il mondo fashion non ha potuto resistere al cambiamento. E non stupisce che anche in rete il modo di parlare e comunicare la moda è così differente e vasto da riuscire a colmare ogni esigenza e necessità.

31 Ivi, p.349 32 Ibidem

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Non ci resta a questo punto che analizzare nello specifico alcuni esempi di articoli online per comprendere le differenze tra la carta stampata e il web.

1.1. («d.repubblica.it» - 18 Settembre 2014)

Gucci: i souvenir dello stile

Kate Moss e Charlotte Casiraghi in prima fila salutano la nuova sfilata di Gucci. Un tributo ai souvenir di viaggio e un elogio della tecnica patchwork. Ovviamente in versione extra-lusso.

I souvenir. Il kimono e la cintura Obi dai viaggi in Giappone. I pantaloni da marinaio delle crociere sui mari del Nord. L'abito patchwork e ricamato di un mercatino indonesiano. Tutto l'armamentario che una donna curiosa può trovare e acquistare nelle sue vacanze in giro per il mondo, è il fil rouge migliore per leggere e capire la nuova sfilata di Gucci, salutata in prima fila da due star eccezionali: Kate Moss e Charlotte Casiraghi.

"Per realizzarla, ho pensato alle clienti di questo marchio, persone che girano per diletto o lavoro e comprano qua e là quei pezzi speciali che poi vanno ad arricchire il loro guardaroba più classico". L'altra angolazione per apprezzare questa nuova collezione è il patchwork, "lavorazione che non ha nulla a che vedere con la cultura hyppie", continua la stilista, "si tratta invece di un ricorso a tarsie e ricami dei tessuti, come succede per esempio su certi abiti orientali, che conferiscono all'insieme originalità e insieme lusso".

Ed ecco spiegato questo abbigliamento da giorno, leggero e disincantato, più ricco di sfumature di quanto possa sembrare. A prima vista, infatti, la nuova sfilata di Gucci è un'infilata di capi noti: il trench di camoscio, i pantaloni con bottoni dorati, la camicia di seta stampata, la pelliccia originale e lo chemisier classico. Entrando nel dettaglio, però, si scoprono altri mondi e altre trovate, tutti tesi a rendere contemporanea e di nuovo allettante la tradizione del marchio.

Basterà a ridare forza e slancio a un marchio che ha più bisogno che mai di energia e creatività? Molti addetti ai lavori sostengono di no, che non basta essere fedeli ai canoni di ieri per conquistare i consumatori di oggi. Eppure,

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questa infilata di pezzi-icona, rivisti e corretti con nuovi dettagli e nuovi volumi, possiedono comunque uno charme e una capacità di coinvolgimento buoni. Sono, in breve, la summa di 10 anni di lavoro di Frida Giannini da Gucci: un viaggio nella tradizione del brand alla ricerca del tempo perduto con la voglia di riproporlo alla generazione di internet e della globalizzazione.

Simone Marchetti

1.1.1. Analisi giornalistica

Il primo articolo online che analizzeremo in questa sede è quello scritto da Simone Marchetti per «d.repubblica.it», la testata online dell’inserto «D Repubblica» e unica sezione dedicata alla moda di «repubblica.it»33. Breve e incisiva descrizione della sfilata,

il giornalista assume il punto di vista della stilista quando ne racconta l’ispirazione e il messaggio, ma anche quello dello spettatore e dell’appassionato di moda, quando si domanda se questa nuova collezione, le testimonial e questa reinterpretazione del marchio basteranno a risvegliare e ridare slancio alla casa di moda fiorentina Gucci. Una riflessione acuta, dunque, che sembra anticipare quello che succederà di lì a poco: il licenziamento della stilista Frida Giannini e dell’amministratore delegato nonché compagno della designer Patrizio Di Marco. Ad ogni modo, è nell’articolo di Simone Marchetti che si smentisce quell’atmosfera hippie di cui invece tanti giornalisti hanno parlato relativamente all’ultima collezione della Giannini per Gucci. E il giornalista lo fa semplicemente riportando una citazione della designer: “è una "lavorazione che non ha nulla a che vedere con la cultura hyppie", continua la stilista, "si tratta invece di un ricorso a tarsie e ricami dei tessuti, come succede per esempio su certi abiti orientali, che conferiscono all'insieme originalità e insieme lusso"”. Dal punto di vista strettamente giornalistico, si noti il titolo stringato ed evocativo, che racchiude in sé il significato della collezione e che viene poi esplicitato nel sottotitolo; un attacco sottoforma di elenco e focus di momenti ed elementi importanti della collezione; un andamento dinamico fatto di alti e bassi: riflessioni e giudizi, citazioni e stralci di discorso. E infine uno snodo perfetto, degno di un articolo della carta stampata, quando

33 Su «repubblica.it», infatti, non c’è una rubrica o una sezione dedicata alla moda. Quando si clicca su un articolo di moda che compare in homepage si viene subito reindirizzati a «d.repubblica.it». E questo dovrebbe far riflettere.

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Marchetti scrive “Ed ecco spiegato…” e una conclusione forte, un interessante mix di giudizi, rumor e opinioni che suscitano curiosità e interesse sul futuro della maison e della fashion week.

Insomma, l’articolo di Simone Marchetti rispetta perfettamente quelli che sono gli obiettivi di un giornalista di moda ben spiegati in Comunicare la moda – Il manuale per

futuri giornalisti e addetti stampa del settore

Il giornalista, in teoria, dovrebbe prendere fedele nota di ciò che vede,

confrontarlo col lavoro che lo stesso stilista ha svolto nella stagione precedente, controllare se il tutto è originale, copiato, denso di autocitazioni, vendibile, interessante, congruo con le linee di espressioni fino a quel momento maturate dal marchio 34.

1.1.2. Analisi testuale

Costruzione interessante quella dell’articolo di Simone Marchetti, il cui attacco non è realizzato grazie a delle proposizioni o lunghi periodi, ma a un elenco spezzato di oggetti ed elementi: “I souvenir. Il kimono e la cintura Obi dai viaggi in Giappone. I pantaloni da marinaio delle crociere sui mari del Nord. L'abito patchwork e ricamato di un mercatino indonesiano”. Frasi nominali incastonate tra due punti fermi come spesso accade negli incipit degli articoli online, come se si volesse dare la possibilità al lettore di focalizzare e immaginare ogni elemento e imprimerli nella memoria. Tante sono le anafore che si presentano sotto forma di sostituzione pronominale come in “realizzarla”, “nelle sue vacanze”, “di questo marchio”, “il loro guardaroba”, “riproporlo” e sostituzione lessicale tra cui citiamo due casi di apposizioni “le clienti di questo marchio, persone […]” e “L'altra angolazione per apprezzare questa nuova collezione è il patchwork, lavorazione […]” e la classica anafora lessicale che si verifica ogni qualvolta il giornalista scrive “marchio” o “brand” anziché nominare la casa di moda Gucci. Interessanti sono le due catafore: “due star eccezionali”, in riferimento a Charlotte Casiraghi e Kate Moss di cui il giornalista prima ci dà l’informazione sul successo e l’importanza e poi fornisce i nomi, e “la stilista”, ovvero Frida Giannini nominata però solo più avanti quando prova a dare una chiave di lettura della collezione come “summa di 10 anni di lavoro di Frida Giannini da Gucci”. È chiaro allora qui che il pezzo scritto da Simone Marchetti è sì un articolo

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online e per di più di un quotidiano, dunque rivolto a un target ad ampio spettro, ma è comunque in realtà indirizzato a chi ha competenze e conoscenze nell’ambito della moda tanto da poter aspettare la fine dell’articolo per leggere il nome di Frida Giannini, perché l’informazione è nota a entrambe le parti: chi legge e chi scrive.

Numerosi poi sono i connettivi “invece”, “per esempio”, “ed ecco”, “infatti”. Il testo inoltre è reso armonico da accorgimenti stilistici come le ripetizioni: “altri mondi e altre trovate” ne è un esempio.

1.1.3. Lessico

Basta anche una lettura veloce dell’articolo per accorgersi che forestierismi e tecnicismi in realtà sono in numero ridotto (specialmente se confrontati ad altri articoli già analizzati). Eppure il giornalista avrebbe potuto sbizzarrirsi e infarcire il suo pezzo di parole esotiche e intraducibili, prestiti e calchi, dato che, come si è detto, si tratta sì di un articolo online ma è pur sempre destinato a un target di nicchia. Nonostante ciò però quello che interessa davvero a Marchetti è raccontare la sfilata, offrire il suo punto di vista, garantire ai lettori un’analisi puntuale: trapela qui la consapevolezza e la spontaneità che invece manca altrove. Certo, bisogna sempre tener conto che i tempi stringenti dei quotidiani toccano solo relativamente i redattori online: non bisogna considerare i tempi di stampa, ad esempio, dal momento che chi scrive per la rete può fare tutto sul momento guadagnando una manciata di ore che in certi casi possono bastare per una rilettura e un’ultima ripulita e – fatto estremamente importante – gli articoli online possono essere aggiornati e modificati anche dopo la pubblicazione, fenomeno impossibile per la carta stampata. Ad ogni modo, i termini che incontriamo nel testo sono abbastanza comuni tanto da averli già trovati in altri articoli: obi,

patchwork, hyppie (qui trascritto però in maniera errata)35, trench e chemisier. Tra i

tecnicismi ancora non analizzati vi è “pantaloni da marinaio” a vita alta e con i bottoni dorati sul davanti, ma anche il kimono che insieme alla cintura obi costituiscono due elementi di definizione dello stile tradizionale giapponese. Si rimanda come sempre al glossario per l’analisi dei singoli lemmi.

35 Trascritto sicuramente in maniera errata anche perché oggi il termine hyppie nel gergo americano indica l’hippie divenuto uomo, che ha dimenticato gli ideali per cui lottava negli anni Sessanta diventando così un capitalista ed esponente del partito politico conservatore del Tea Party.

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1.1.4. Leggibilità

Il tool Read-it ci fornisce dei dati interessanti relativamente all’articolo scritto da Simone Marchetti per «d.repubblica.it«. Innanzitutto il Dylan BASE presenta un livello di difficoltà del 64,4%, il Dylan LESSICALE del 54,4% e quello più complesso è il Dylan SINTATTICO che invece tocca il 96,9%. Dunque il Dylan GLOBALE presenta una percentuale di complessità pari all’ 89%. Il livello di semplicità suggerito dal Gulpease è pari al 53,1. Scendendo nello specifico, il testo è diviso in 17 periodi, la cui lunghezza media è 25,2, e in 428 parole, la cui lunghezza media è 4,9 caratteri. Da un punto di vista lessicale invece il 69,9% delle parole presenti nel testo appartengono al Vocabolario di Base, di cui il 77,8% risalgono al Nucleo Fondamentale, il 18,1% alle parole ad alto uso e il 4,2% a quelle ad alta disponibilità. Il rapporto tipo/unità (calcolato in base alle prime cento parole del testo) è di 0,610 e la densità lessicale è 0,574. Per quanto riguarda la categorie morfosintattiche, si noti che il 22,9% delle parole è composto da sostantivi, il 4,9% da nomi propri, il 6,1% da aggettivi, il 10,7% da verbi e il 5,6% da congiunzioni, di cui il 95,8% sono coordinanti e il 4,2% subordinanti. Dal punto di vista dell’articolazione interna del periodo fa emergere che il numero medio di proposizioni per periodo è 2,529 e il 52,6% delle proposizioni presenti nel testo sono principali mentre il restante 47,4% sono subordinate. Per quanto riguarda invece l’articolazione interna delle proposizioni, si noti che il numero medio di parole per proposizione è pari a 9,953 e il numero medio di dipendenti per testa verbale è uguale a 1,674. Dal punto di vista della “misura” della profondità dell’albero sintattico, la media delle altezze massime è 6,353, la profondità media di strutture nominali complesse è 1,340 e e la profondità media di “catene” di subordinazione è 1,667. Per quanto riguarda invece la “misura” della lunghezza delle relazioni di dipendenza (calcolata come distanza in parole tra testa e dipendente), notiamo che la lunghezza media è 2,302 e la media delle lunghezze massime è 8,882.

Infine, dal punto di vista della proiezione della leggibilità sul testo, si noterà che non vi sono molti periodi complessi. Tocca il 91,4% di difficoltà globale il periodo “L'abito patchwork e ricamato di un mercatino indonesiano” e il 96,3% la citazione di Frida Giannini "Per realizzarla, ho pensato alle clienti di questo marchio, persone che girano

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