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L'abbigliamento come abbiamo precedentemente analizzato è considerato uno shopping

good, così come enuncia il termine anglosassone acquistare capi d'abbigliamento è

sinonimo di shopping. Lo shopping nella società post-moderna ha assunto una

dimensione giocosa e ludica, in particolare ha acquisito la dimensione esperienziale. La spedizione d'acquisto è diventata un'esperienza da valorizzare, lo shopping deve

coinvolgere il consumatore per stimolare l'acquisto e la fidelizzazione. Secondo una ricerca dell'università Ca' Foscari di Venezia112 nell'abbigliamento le caratteristiche fisico-esperienziali giocano un ruolo primario per i consumatori. Esse non sono rilevanti solo per i consumatori che danno molta importanza alla marca e allo shopping, ma addirittura per chi presenta un forte coinvolgimento nel prodotto. Risulta centrale per i punti vendita d'abbigliamento di marca industriale la cura dell'atmosfera in tutti i suoi aspetti, focalizzandosi in particolare sui fattori emozionali e sociali. D'altra parte anche i punti di vendita non di marca devono prestare attenzione alla cura dell'ambiente,

tuttavia devono privilegiare, oltre agli attributi esperienziali apparsi rilevanti per quasi

111Zaghi, Visual…,2014, Milano, Franco Angeli, op.cit.

66 tutti i consumatori, soprattutto le caratteristiche di funzionalità del layout e della

struttura di vendita. Esistono due tipi di punti vendita d’abbigliamento al dettaglio, i negozi monomarca e i negozi plurimarca, è importante ricordare la separazione tra le due categorie. I primi hanno l'obiettivo di enfatizzare i valori della marca del prodotto, trasmettendo al cliente quella che viene definita la brand experience113, mentre i secondi creano l'esperienza attraverso l'atmosfera, attraverso l'organizzazione di eventi come sfilate, appuntamenti con personal shopper eventi di talent-fotografia114, in modo da creare la trasformazione del consumatore da spettatore a protagonista e farlo immergere nell'esperienza del negozio. Nel secondo caso è l'insegna commerciale che vuole

valorizzare il negozio ai fini del successo commerciale e dei risultati di vendita.

Ci sono molte tecniche oramai consolidate che stimolano la creazione di valore durante lo shopping coinvolgendo le 5 dimensioni del marketing esperienziale: “sense, feel,

think, act and relate”115. Di seguito si riporta alcuni esempi emblematici di retail esperienziali nel settore-moda.

L'azienda-moda che per eccellenza ha sfruttato l'esperienza sensoriale in-store per ottenere successo a livello globale è la catena di negozi Abercrombie&Fitch (A&F). L'azienda nasce in California nel 1892 e diventa famosa commercializzando capi d'abbigliamento casual per giovani sportivi benestanti. Per attrarre questo target l'azienda ha utilizzato un format di vendita B2C unico al mondo, prende il nome di

sensory branding116. Questo format implica l’utilizzo negli store di tecniche che

113“La brand experience si configura come processo che nasce dalla marca e dal mix esclusivo di valori di

cui essa è espressione e mira alla creazione di un ambiente nel quale i clienti possano immergersi a 360 gradi, circondati da colori, forme, suoni e sensazioni che consentono loro di sperimentare quello che marca realmente è” (Napolitano e De Nisco, La rappresentazione dell'identità di marca attraverso i luoghi d'acquisto,2003, Industria e distribuzione ,pg15)

114http://www.vtrend.it/ph-contest-talent-televisivo-sulla-fotografia-a-pontedera/ 115B.Schmitt, Experiential…,1999, The free press, New York, op.cit.

67 catturano i cinque sensi al fine di creare un'esperienza unica117. Anzitutto vengono utilizzati giochi di luce, che oscurano l'ambiente ma illuminano la merce negli scaffali, creando un effetto di chiaro-scuro molto forte ed insolito per i negozi di abbigliamento. Altra caratteristica esclusiva riguarda il personale di vendita, il quale viene reclutato in base a canoni di bellezza molto elevati, dunque i venditori devono essere belli come dei modelli. Il secondo stato sensoriale che viene richiamato fortemente è l'olfatto;

all'entrata, tra i capi esposti, dietro gli scaffali e fuori dal negozio viene diffusa la fragranza “Fierce No.8”, ossia il profumo a marchio A&F, diventato richiestissimo in tutte le profumerie. Anche la musica gioca un ruolo importante, è di tipo elettronico e viene diffusa ad alto volume, dando l'impressione al cliente di essere in un club. Infine il tatto viene richiamato tramite la morbidezza o la setosità dei capi esposti e ben stirati. L'effetto finale all'uscita di una shopping expedition da A&F è uno stordimento; all'interno del negozio il cliente perde la concezione del tempo e dello spazio reale, l'atmosfera artificiale prende il posto della realtà, al fine di creare un luogo unico al mondo. Una strategia ben riuscita, perché il colosso statunitense è presente in tutto il mondo ed è stato in continua crescita fino al 2013, negli ultimi anni sta subendo le pressioni dei concorrenti dovute al mancato aggiornamento del brand ai nuovi consumatori118.

Tra i casi di successo nel mondo del retail- abbigliamento non può mancare un'azienda che da pochi anni è presente sul mercato ed ha ottenuto un enorme successo con un accessorio inconsueto. Si parla dell'azienda Full-spot, nata dalla creatività del designer Emanuele Magenta e di altri due giovani soci che hanno avviato a Padova la produzione degli orologi O CLOCK e delle borse O BAG, poi O CHIVE, O POUF e O

117 D.Tirelli, Retail…, 2013, Milano, Franco Angeli, op.cit.

68 SUNGLASSES, in silicone e gomma. La caratteristica distintiva di questi prodotti è la personalizzazione, in-store oppure on-line. Il cliente si crea il proprio accessorio tra migliaia di combinazioni in modo semplice e veloce, “una O BAG si trasforma in tre minuti da shopping bag estiva a city bag per l'inverno”119 come afferma il designer fondatore dell'idea. L' obiettivo è quello di mantenere l'originalità e puntare all'estero focalizzandosi sul concept dei loro Fullspot Market adattandoli ai tempi ed ai luoghi diversi. L'azienda ritiene che la strada del retail sia la chiave del successo per

l'affermazione di una piccola azienda nel mercato globale.

Nella sfera della personalizzazione e del coinvolgimento del cliente nell'esperienza d'acquisto (dimensione Act nel modello di Schmitt) si deve creare spazio per parlare di un retail nato in Danimarca nel 2011, che è diventato caso del mese gennaio 2015 di KIkilab120. Il negozio di cui si parla è presente solamente on-line, si tratta dell'e-tailer Muuse; funge da community dei giovani talenti, selezionando i migliori stilisti e fashion designer dagli istituti di tutto il mondo e orientando la produzione in base ai pre-ordini dei clienti. In pratica l'innovazione centrale del concept, è la possibilità per i clienti di ordinare ciò che intendono acquistare prima ancora che venga prodotto. I pre-ordini servono come dati di orientamento previsionale, anche se non sono vincolati e non obbligano all'acquisto finale i clienti, che comunque diventano un target prioritario quando il capo viene realizzato. Il modello è win-win: i giovani stilisti possono contare su una piattaforma di crescente successo interessata a lanciarli e l'azienda può

pianificare la produzione in modo accurato, limitando la percentuale di invenduto. Nel 2013 il progetto ha partecipato al Vogue Talents Young Vision Awards.

119http://paperproject.it/lifestyle/another-sunny-day/intervista-ad-emanuele-magenta-designer-di-fullspot/ 120http://www.kikilab.it/caso-del-mese/

69 Per quanto riguarda l'area Relate del modello di Schmitt, ossia della creazione di

relazioni con la clientela o tra la clientela di un punto vendita, si deve menzionare tra i migliori concept il nuovo Asics-store di Barcellona121, si focalizza sulla popolarità che ha ottenuto il comparto running negli ultimi anni. I clienti hanno a disposizione un

running lab tecnologicamente avanzato, dove per la prima volta sono stati utilizzati

sistemi di analisi biomeccanica per personalizzare le scarpe in base al proprio tipo di corsa. Inoltre è stato progettato l'Asics running club, dedicato a creare una community di clienti a cui offrire servizi specifici, come uscite di gruppo che partano dal negozio in orari serali o la possibilità di usufruire in negozio di docce e armadietti. I clienti sono richiamati in negozio anche tramite i social-network, per creare traffico aggiuntivo e creare un gruppo affiatato. Infine il personale di vendita deve avere un requisito fondamentale, devono essere runners attivi e appassionati. Per il momento il lancio di questo concept è in fase di test in Spagna e conta di replicare le aperture in tutti gli altri Paesi.

Ad oggi si deve considerare che l'esperienza in negozio non è solo fisica, ma può essere anche virtuale grazie alla tecnologia, non si può concepire il commercio senza la

consapevolezza che l'info-commerce e l'e-commerce stanno crescendo a velocità esponenziale.

L'utilizzo della tecnologia nei processi di vendita B2C nei punti vendita prende il nome di augmented shopping experience122, ossia shopping effettuato tramite l'ausilio della realtà aumentata. La realtà aumentata è un insieme di tecniche e strumenti che

permettono di aggiungere delle informazioni alla realtà che si sta vivendo in un preciso momento, permette la sovrapposizione di elementi virtuali ad un contesto reale.

121 http://www.kikilab.it/2192/asics-spagna

70 Secondo lo studio “Retail Reloaded” condotto nel 2013 da Sda Bocconi su commissione di Retail Immersion, il commercio al dettaglio di moda è il settore più all'avanguardia nell'uso delle nuove tecnologie123.

Queste possono essere suddivise in due categorie visibili e invisibili, quelle invisibili servono per studiare il comportamento delle persone che girano nei negozi, quelle visibili servono per catturare l'attenzione del cliente e fidelizzarlo.

I ricercatori Sda Bocconi hanno individuato le best-practices di tipo tecnologico- esperienziale nel campo della moda: Anzitutto si è passati dalla vetrina statica alla vetrina dinamica, il fashion è quello che più ha puntato alla spettacolarizzazione del

front end. Questi strumenti prendono il nome di animated shop windows e sono le

vetrine che diventano teatro dell'offerta o della suggestione, mirando a stupire e attirare l'attenzione. Sono animate da persone, oggetti o dispositivi tecnologici, catturando l'interesse del pubblico attraverso un gioco coreografico. L'ultima frontiera è lo smart

tagging: richiede l'uso di uno smartphone o di un tablet per leggere uno smart tag e

ingaggia i passanti per dargli informazioni ed emozioni aggiuntive.

Tra le soluzioni ormai standard troviamo il digital signage, ossia gli schermi elettronici o videoproiettori che mostrano le collezioni e le sfilate oppure fungono da arredo e completano l'atmosfera con video-clip o filmati digitali diversi.

L'interazione touch screen, inoltre porta le superfici digitali a diventare strumenti preziosi per un accesso dedicato alle informazioni. La vetrina in questo modo diventa un virtual shop assistant, guidando il consumatore nel suo percorso di acquisto prendendo il posto di un reale assistente.

123Sda Bocconi e Retail Immersion: Retail Reloaded: tecnologia, customer experience e store

71 Evoluzione del digital signage sono i magic mirror o i digital mirror, soluzioni molto interessanti che consentono ai clienti di provare virtualmente i capi attraverso l'uso di sensori di movimento e un'intelligenza di sistema evoluta. I tecno-specchi aiutano il cliente indeciso ad avere un'idea di come sta addosso il capo e aiutano il brand a non avere merce in disordine e sparsa, quando la decisione di acquisto non è finalizzata. La rielaborazione dei dati forniti dall'acquirente può consigliare modelli, o colori che meglio si adattano ai gusti del cliente.

Inventate qualche anno fa da Intel e Adidas, oggi le virtual shelves sono uscite dai laboratori di ricerca e sviluppo per arredare molti punti vendita. L'esposizione virtuale della merce consente da un lato di consultare i prodotti in autogestione e, dall'altro, di poter proporre ai clienti anche prodotti che fisicamente non sono presenti in negozio per motivi di out of stock o di scarsa disponibilità di spazio. Il plus è che il prodotto può essere configurato grazie alla digitalizzazione dei contenuti, infatti, è possibile provare le varie combinazioni degli accessori o degli elementi che compongono l'articolo e poi riceverli direttamente a casa.

Un'altra tecnologia visibile ad alto tasso di interazione sono le app, consentono di ottenere informazioni sui prodotti in negozio e di fare acquisti online. In prospettiva, lo sviluppo del tele-borsellino e del mobile payment farà degli smartphone un ulteriore canale di acquisto che i retailer dovranno presidiare attraverso la realizzazione di nuovi servizi dedicati. La possibilità di usare i dispositivi mobile in negozio, potrebbe

risolvere il problema delle casse e delle code.

Andando ad analizzare le case-histories per eccellenza in questo campo, si trova tra i più innovativi il negozio Hointer a Seattle. Il quale ha reinventato la vendita coniugando la robotica in-store con l'interazione diretta dei clienti attraverso gli smartphone, in una logica espositiva da showroom. Hointer nasce da un'idea di un ex manager di Amazon

72 per la gestione robotizzata dei prodotti disponibili in negozio. Si fonda su tre elementi: uso della tecnologia digitale di smartphone e tablet; automazione dello spostamento dei prodotti in-store dal magazzino ai camerini di prova e viceversa; disposizione nell'area di vendita solo di una campionatura delle referenze presenti in negozio, ma con la visibilità dell'intero stock on-line. L'esperienza d'acquisto si può svolgere sia in modo assistito, sia in modo completamente autonomo grazie ai dispositivi digitali che si sostituiscono agli addetti vendita124.

In Italia il primo caso ibrido, che mischia tecnologia e negozio fisico è stato

implementato da Pinko a Milano nel 2013. Il primo hybrid shop, uno spazio di 70mq che ospita tra i 60 e 70 articoli rispetto ad una media di 300 in un negozio tradizionale. Ma tramite gli schermi virtuali si dà la possibilità ai clienti di visionare tutta la

collezione e tutti gli abbinamenti. Si può ordinare in negozio tutta la collezione e ricevere al proprio domicilio i capi scelti entro 48 ore dall'ordine. Questo modello secondo Pietro Negra, fondatore e proprietario di Pinko, dovrebbe consentire di vendere il 10-20% in più senza lasciare rimanenze ai commercianti. Il lancio del modello

comprenderà 7 negozi mono-marca e poi sarà implementato anche nei corner dei multi- marca.

Questi esempi mostrano come l'esperienza di shopping sia in continua evoluzione, come la tecnologia riesca ad aiutare i commercianti a creare un punto vendita più vicino ai desideri del cliente. Allora non rimane che porsi una domanda, perché così tanto clamore teorico ma così poche applicazioni pratiche?

Le risposte comprendono due sfere diverse; in primis la questione degli elevati costi di impianto a carico delle aziende per l'implementazione delle tecnologie; in secondo

73 luogo le reticenze di quei target di popolazione poco abituati all'interazione intelligente tra mondo reale e realtà virtuale.

VII.

RETAIL TEMATICI

I retail esperienziali d’abbigliamento possono assumere diverse forme, possono

inglobare formule di acquisto più ludiche o più virtuali, possono trasmettere emozioni e sentimenti, possono stimolare il pensiero creativo del consumatore e possono interagire con il consumatore in modo virtuale, ma la forma più elevata di esperienza d’acquisto si incontra nei retail esperienziali che adottano progetti tematici, in inglese prendono il nome di “themed retail”. I retail a tema mettono in scena una particolare tipologia di atmosfera, la quale deve essere un’interpretazione concreta del messaggio evocato dal brand. L’atmosfera è composta dai singoli elementi dell’ambiente di vendita e

dall’assortimento dei prodotti in vendita, questi devono essere uniti per creare un tema unico che evochi uno specifico costrutto fisico125. Il tema creato all’interno del negozio va oltre la congruenza dell’organizzazione dei singoli elementi, ossia tutti gli elementi inseriti nell’ambiente di vendita devono evocare un certo schema nella mente del consumatore.

Infatti l’ambiente del negozio può essere studiato a diversi livelli. Il livello elementare che analizza i singoli componenti, come la musica, i suoni, i colori e i mobili. Il livello più aggregato che studia gli elementi singoli raggruppandoli in fattori, come il fattore ambiente, il fattore design e il fattore sociale come esposto da Shun Yin Lam126:

125 J.Foster, M.A.McLelland, Retail atmospherics: the impact of a brand dictated theme, 2015 (22),

Journal of retailing and consumer services,pg197.

126 S.Y.Lam, The effect of store environment on shopping behaviors: a critical review, 2001, University of

74 Il fattore ambientale si riferisce alle caratteristiche di sottofondo, come la temperatura, le luci, i rumori, la musica e il profumo dell’ambiente; il fattore design comprende gli stimoli visivi all’avanguardia, come l’architettura, i colori e i materiali; il fattore sociale si riferisce alle condizioni sociali rappresentate dal numero, dalla tipologia e dagli atteggiamenti degli impiegati.

La ricercatrice afferma che quando gli studiosi lavorano a livello dei fattori sopra esposti, vanno a manipolare contemporaneamente diversi elementi appartenenti ai singoli livelli al fine di creare una particolare immagine per i negozi, poiché i singoli elementi devono essere coordinati tra loro per creare un’atmosfera ed un ambiente coerente ad un tema .

Creare una immagine particolare significa creare un negozio che abbia un impatto visivo diverso dagli altri, il quale permette di entrare nella sfera dei benefici edonistici dello shopping. Lo shopping nell’era postmoderna, come si è già affermato in

precedenza127, presenta una dimensione funzionale e una dimensione edonistica, la seconda risponde alle esigenze estetiche ed emozionali. Queste esigenze creano nei consumatori di oggi motivazioni di shopping di tipo edonistico, per le quali i clienti cercano occasioni di acquisto più coinvolgenti dove si enfatizza l’esperienza, dove si incoraggia l’interazione con lo spazio di vendita e la creazione di relazioni più forti con il negozio dove si commercializza uno o più brand.

In conclusione come affermato da alcuni autori (ad esempio Foster nell’elaborato Retail

atmospherics), quando viene utilizzato un approccio tematico, ci si aspetta un risultato

maggiore nel livello di differenziazione, di interazione, di immersione, di divertimento nello shopping, di atteggiamento positivo verso il brand e di fidelizzazione al brand.

75 La differenziazione è importante per i negozianti, poiché come ampiamente

argomentato in letteratura, prima di tutti da Porter128, che essa aumenta il richiamo e la riconoscibilità di un brand ma anche di un negozio e permette alle aziende di poter imporre sui propri prodotti un premium price rispetto ai concorrenti e di stimolare la fidelizzazione dei clienti, al fine di consolidare e aumentare le vendite.

Questo suggerisce che se i marchi che si presentano con negozi esteticamente simili, tale generalizzazione può avere impatto negativo sulla riconoscibilità del brand, ed infine anche sul valore e sulla fidelizzazione dei consumatori.

Dunque tornando studio di Foster la differenziazione è definita come la capacità del

brand di realizzare ambienti di vendita più unici e distintivi rispetto ai competitors.

Un secondo elemento da analizzare nell’ambiente di vendita esperienziale e tematico è l’interazione con il marchio. Questo elemento è importante per i negozianti poiché è un necessario precursore per creare una relazione con i consumatori. Si afferma nello studio, come citato in precedenza129, che la letteratura sociologica non ammette l’esistenza di relazioni senza l’esistenza dell’interazione tra i soggetti, quindi la relazione che i clienti costruiscono con il brand è costituita da una serie di interazioni tra il cliente e la marca che spesso assume connotati umani e una personalità tramite la quale comunica ai consumatori l’identità del brand. Se si creano ambienti dove il marchio è fortemente presente, allora la personalità del marchio diviene più chiara ai clienti e di conseguenza si facilita l’interazione con esso. Questa interazione è aiutata dall’esperienza fisica del cliente all’interno dello spazio di vendita. Di conseguenza si può definire l’interazione con il brand come il senso di connessione del consumatore

128 M. Porter, Competitive advantage: creating and sustaining superior performance, New York: Free

Press, 1985

76 con il marchio, senso che si manifesta tramite le interazioni con l’ambiente di vendita. Queste possono includere parlare con il personale di vendita, cantare la musica diffusa nel negozio, sedersi all’interno del negozio, toccare la merce esposta e così via.