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3 L’ARTE IN RUSSIA NEL XIX SECOLO

3.1 L’ACCADEMIA IMPERIALE DEGLI ARTIST

“Da nessuna parte in Europa l’arte trova una stretta dipendenza dall’Accademia, né, di conseguenza, l’accademia ha la possibilità di guidarla alle sue tradizionali attitudini; di nuovo l’arte obbedisce dappertutto alle necessità derivanti dalla società, che hanno fatto il proprio tempo all’accademia, e che, in sostanza, tolgono lo spazio allo sviluppo della scuola nazionale dei pittori. […]

In Russia non c’è questa stretta dipendenza, non ci sarebbe potuta essere e appartiene davvero ai vari fenomeni anormali,che ogni tanto escono dalle pareti dell’Accademia per venire alla luce […]

E’noto che la procedura burocratica, per il proprio traffico, richieda la precisa

conoscenza,da parte degli organi inferiori del potere e degli stessi ultimi subordinati, dei limiti nei quali essi possono e devono muoversi, più chiaramente, e come dire,

vivacemente, saranno programmati a tali limiti, più facilmente dei robots. Nello stesso modo in cui l’arte vive per la libertà dello sviluppo individuale,tanto la libertà otterrà lo stesso insignificante servitore per capacità e intuitività, quanto l’ordine diventerà più proficuo […]

Cento e passa anni fa non avevamo artisti propri, ma solo stranieri, e nel frattempo la Russia entrava nella prima fase dell’ordinamento statale. Il governo, che stava al più alto grado della società, sentiva il bisogno di trasmettere tempestivamente l’amore per l’arte nella civiltà russa. Secondo le circostanze, era assolutamente opportuno dare alcuni privilegi agli uomini che avrebbero accettato di dedicarsi alla libera arte figurativa.

Perfino la straordinaria e suprema tutela era chiara, giusta e necessaria. La cura

particolare e, come dire,di serra, della tenera pianta straniera non era possibile più del terreno disponibile. Molto presto il governo si convinse che l’uomo russo aveva le capacità e perfino un talento straordinario per la pittura (Losenko, Levitskij e

Borovikovskij). Ed ecco che fu fondata l’Accademia, e composta di statuti, con i propri modelli esemplari. E non fu complicato; in tutti i casi umani si è constatato quest’ultimo interessante fenomeno. Quando si crea qualcosa senza adattarsi agli uomini già esistenti, legata strettamente ai loro interessi, allora il risultato si abbraccerà, si rappresenterà e si esaminerà in sostanza, la natura dell’oggetto si scruterà attentamente di per sé; tutta l’attenzione sarà indirizzata soprattutto all’idea, e poiché non vi è alcun interesse a indirizzare qualcuno verso un orientamento, allora perfino gli uomini mediocri saranno capaci di organizzare un sistema logico.

Tutto quello che è stato detto venne ripetuto lettera per lettera nella storia della nostra Accademia: dalle importanti posizioni dello statuto di Caterina a quelle per

l’arte realistica, in sostanza, erano un’ordinanza che,considerando una qualsiasi opera pittorica del Consiglio dell’Accademia e i riconoscimenti alle loro meritevoli

competenze artistiche, la conferma di un qualsiasi candidato a questo rango

sarebbe stata concessa all’assemblea generale di tutti i membri dell’Accademia, e cioè alle personalità emergenti. Ma una decina d’anni dalla fondazione dell’Accademia tutti i pittori famosi divennero conosciuti; di conseguenza, l’assemblea generale non si distinse mai dallo Statuto nella sua composizione. Col passare del tempo questo

paragrafo dello statuto divenne una lingua morta. Il titolo si dava allo Statuto, ma lo approvava lo Statuto stesso, ogni anno. Cosa significa questo sonno? E’semplice, banale: il senso del titolo consisteva nel controllo da parte dello Statuto di tutti gli artisti!

Finché il paragrafo rimarrà una lingua morta, la sua rimozione sarà persino un atto liberatorio. Ovviamente, questo è un malinteso. Lo Statuto di Caterina,

come ho detto prima, è nel suo genere uno statuto ideale, destinato alle esigenze dell’arte in sostanza: esso, come dire, è ben cucito al costume dell’uomo adulto, che ostenta un’aria da ragazzino. Va da sé che al bambino l’uniforme va larga, ed ecco che vengono tagliati via gli eccessi; ma al momento dell’operazione, il ragazzino sarà cresciuto

talmente tanto, che gli vestirà stretta: sarà talmente scomoda da asfissiarlo. Può darsi che, continuando questo confronto non del tutto riuscito, riusciamo a dire che: la divisa è completamente guasta,non va più, così come va da sé che

non poteva essere adatta. Il padre prudente non confeziona al proprio figlio un abito prima del tempo, a ciascuno il proprio abito su misura. E perché poi per forza una divisa? Può darsi che egli non risulti impiegato da nessuna parte e perciò non gli sarà concesso un costume particolare! Per questo voglio parlare, voglio condurre il discorso da vari punti di vista: è assolutamente chiaro, per me, che l’uniforme è superflua. – “E allora, quando voi mi chiederete, conta eliminare l’Accademia? La considerate una cosa inutile, e il sostegno dell’arte per lo stato non più necessario?” Io risponderò: “Certo, l’Accademia è superflua, e il sostegno dell’arte, è già stato formato, non è più necessario; Però serve qualcos’altro”.

Proseguiamo con i paragoni e le allegorie, del resto affatto ambigue. Quando un albero attecchisce – non solo si è già acclimatato, cioè affronta tutte le stagioni dell’anno senza fatica e non muore – ma cosa fa il giardiniere? Egli lascia l’albero in pace, e se esso si rivela utile e bello, egli non solo non immette nuova vegetazione, che andrebbe a disturbare la crescita della pianta già acclimatata, ma gli presta le sue cure in modo particolare.

Così la vita del popolo si conforma ai propri bisogni essenziali, e il governo, devoto a sé e al suo popolo, non troverà niente di terribile in ciò, affinché i suoi mezzi, impiegati nell’arte, siano spesi per questi bisogni, conseguentemente al bisogno di crescita e alla necessità interiore dell’oggetto. E per questo non ci sarà niente di contraddittorio

nell’utilità sociale, se l’Accademia dal laboratorio, nel quale si preparano gli artisti dello stato, diventerà scuola il disegno e di pittura, vale a dire di una tecnica artistica, senza manie di grandezza.

Tuttavia in realtà bisogna insegnare, ma non come si è fatto negli ultimi tre decenni: per prima cosa, è opportuno ridurre il bilancio e, secondo, permettere la fondazione di altre scuole;e per quello che è effettivamente necessario,ecco i disegni delle scuole. Al giorno d’oggi, vale a dire negli ultimi dieci anni, si sono formate considerevoli personalità, in modo particolare, di qualche scuola: a Karkov, Kiev, Odessa, Vilno, ma tutto ciò senza un sostegno attivo dell’istituzione centrale dell’Accademia; o, qualora fosse istituito un sostegno, solo dopo una grande richiesta, in vista del rifornimento di inutili disegni dell’Accademia. Lo sviluppo dell’amore per l’arte nel popolo, uno dei più grandi scopi dell’Accademia , per lo statuto di Caterina, finora non si è realizzato. Parlo della

necessità di dirigere l’attività dell’Accademia da questa parte, non perché le scuole in sé saranno la panacea universale, ma perché bisogna ridurre l’istruzione del giovane artista alle dimensioni naturali, e non come si esercita adesso, quando il corso poco a poco termina verso i 30 anni, e inoltre si complica nell’Accademia la necessità di reinventarsi di nuovo. Questi non sono cavilli o elucubrazioni mentali, ma la constatazione di un fatto spiacevole. Capita che l’uomo pubblico non comprenda questo in sostanza, e per lui ciò non è altro che una calunnia; ma io scrivo, e non per ottenere la considerazione

che bisogna infondere l’arte al fine d’instaurare rapporti schietti con i giovani, io, dal profondo del cuore, sono sinceramente pronto a lavorare a questo scopo, ma non posso lavorare secondo l’ordinamento esistenziale.

Prima di tutto bisogna eliminare i gradi e i privilegi degli artisti: il poeta, il romanziere e il letterato in generale,non sono né più né meno di un uomo semplice. Per questo, bisogna eliminare i riconoscimenti assegnati alle medaglie ausiliari e combinati fra loro con i gradi artistici.

Fra gli artisti devono esserci solo uomini veramente ispirati, che non mirano né alla facilitazione sull’obbligo militare né all’ingresso in qualche impiego di alto rango: allora ci saranno tanti artisti quanti occorronoalla società, così la posizione centrale

dell’Accademia sarà annientata! Bisogna fare come il giovane che, nel luogo natìo, trova la possibilità di svilupparsi correttamente nella tecnica, prima di entrare in competizione con l’artista del tempo attuale.

L’uomo assimilerà, a seconda dell’età, la tecnica artistica, semplice o complicata che sia. E l’apprendimento, sebbene si basi su nozioni elementari, è insito nella memoria delle grandi opere: il giovane venticinquenne difficilmente assimilerà la grammatica e l’aritmetica degli assiomi, mentre ad un dodicenne la cosa risulterà semplice.

E’esattamente così nell’arte: io non parlo della tecnica somma, della tecnica artistica, essa

verrà ricordata assieme allo sviluppo del talento; io mi riferisco alla tecnica elementare, che sola educa l’occhio e la mano. Al fine di attuare questa tecnica elementare

cominceranno ad insegnare dai 20enni in poi, il che è estremamente irrazionale; poiché Ogni giovane talento potrà assimilare la tecnica talmente tanto da disegnare

proprio per questo si presume che accanto al ginnasio e all’università ci siano

organizzate scuole di disegno con classi modello, nelle quali le occupazioni potranno essere distribuite in diverse parti.

Il giovane delle ultime classi del ginnasio disegnerà talmente tanto, da completare la conoscenza delle tecniche elementari e sarà in grado di passare direttamente all’atelier, sarà chiamato “professore”, per la definitiva formazione del suo essere artista.

Io credo all’unica ed effettiva via da fare per diventare artista, che era impiegata una volta fino all’origine dell’Accademia: il giovane che ha l’inclinazione per l’arte,di solito va a cercarsi l’insegnante; avendolo trovato, comincerà dall’ABC, percorrerà tutto il

cammino della tecnica e farà progressi nei limiti delle possibilità. Se non gradirà il primo maestro, ne cercherà un altro e così via…

Il progresso del nostro tempo sta nel fatto che noi possiamo, con grande comodità, separare lo sviluppo dell’artista in 2 grandi periodi: il primo, della scuola di

disegno, e il secondo dell’arte magistrale. Tutte le forze artistiche secondarie, che ora languiscono e periscono a S.Pietroburgo e a Mosca, rappresentando un peso per lo stato e la società, avranno fine; sarà già pronto il contingente dei maestri e direttori delle scuole di disegno che con successo guideranno l’insegnamento con i modelli, fissi e vivi. Essi conoscono la prospettiva, l’anatomia. Alla fine delle loro lezioni scientifiche lo studente universitario avrà talmente tante nozioni sul disegno e sulla pittura che, per capire, dovranno seguire un magistrale professore scelto. Parlando di ciò ,di come organizzare il tutto, io mi riferisco precisamente al superfluo: sarà tutto così semplice e chiaro da non richiedere regolamenti. L’arte nella sua sostanza è una questione

straordinariamente intima, e il contemporaneo intervento di un qualche professore nella formazione del giovane è assolutamente dannoso. Come tutte le strade portano a Roma,

così tutti i metodi nell’arte sono buoni, se il maestro saprà il fatto suo. Il più grande sbaglio dell’ordine attuale si racchiude in questo, nel fatto che l’allievo non ha il suo professore, ovvero l’uomo che conosce le sue potenzialità e sa come mantenerle. Chi perde qualcosa per questo sistema? Il governo ne esce decisamente vittorioso, liquidando il dipartimento eccedente, e il giovane uomo acquisirà le elementari

cognizioni dell’arte, non uscendo, come dire, dalla sua famiglia, e capirà chiaramente che sceglierà la carriera dell’artista proprio nel momento in cui per le condizioni esistenti la cosa sarà inevitabile.

Chi ci perde? E’ che i miraggi accademici sono realmente dannosi, ed è testimone la coscienza di tutti i sinceri artisti veri.”

Dall’articolo “I sentimenti dell’artista russo”1880

3.2

LO SVILUPPO DELL’ARTE DEMOCRATICA

“…L’arte non ha niente, e non deve avere niente a che fare con modelli cristallizzati. Essa è viva, cambia e richiede eternamente tale libertà, che non possiamo permetterci. Sarebbe meglio, se vicino all’arte ufficiale e conosciuta ci fosse, come dire, quella illegittima, particolare, e non democratica.”

Dalla lettera a I.E.Repin. 25 Dicembre 1873 “Come sarebbe stupendo che uno rimanga un po’ a contemplare il Volga, l’altro il Ladoga, un terzo da qualche altra parte, a uno poi gli piace il contadino, con un grosso fucile ed occhi penetranti, all’altro tutti gli alberi in coppia, sotto il sole, un terzo….mio

Dio!

E tutti loro valutano come dio ci metta l’anima, e pensano solo a quello, come se ciò costituisse una svolta. Ma, capita, che uno sporchi il viso d‘argilla, come il cielo che a volte non è chiaro; un altro voglia dipingere all’aria aperta, e uscire dalle sbarre - egli stesso poi vedrà che sono sbarre; il terzo pensi a tutti, a tutti quelli che rideranno degli uomini buoni, e realizzerà le sue sensazioni…

Poi tutti loro usciranno, si guarderanno l’uno con l’altro, parleranno, discuteranno, loderanno uno, biasimeranno l’altro, e andranno a osservare come lavoravano gli antichi 300 anni fa, ciò che faranno i vicini, e ciò che di buono scaturirà da esso. Presta

attenzione a come andranno i fatti fra 10 anni.”

Dalla lettera a V.V.Stanov.21 Luglio 1876

“Quando emerge un talento spontaneo, quando l’artista risponde alle esigenze del pubblico, allora pronuncia categoricamente la propria condanna. Può capitare che tutti che ogni settore possa avere il proprio sviluppo dalle diverse sfaccettature; ma l’arte arriva ad un nuovo sconosciuto e presto occupa il suo posto, nessuno è disturbato, né trascurato, e, se ha qualcosa da dire, trova subito un interlocutore.”

Dalla lettera a I.E.Repin. 6 Gennaio 1874

“…Sono profondamente convinto che sia arrivato il momento di lasciare gli artisti al proprio ultimo destino, che li priverà del sostegno dello Stato e li lascerà conoscere la società. Sono perfino pronto a dire anticipatamente che, se ciò non si avvererà oggi, lo farà domani; e domani più di oggi, senza vantaggio, ma con danno per la stessa arte.”

“Solo il sentimento sociale dà forza all’artista e la aumenta di dieci volte; solo

l’atmosfera intellettuale gli è cara e salutare, può infondergli fiducia fino ad un sublime stato d’animo; e solo la fiducia, che è opera dell’artista e bisogno della società, lo aiuterà a far crescere una pianta esotica chiamata quadro. E solo con i quadri si svilupperà l’orgoglio generazionale, sia dei contemporanei, che dei successori.”

Dalla lettera a V.V.Stasov 30 Aprile 1884

“La scienza è infusa di fede, di obiettivi propri, fedeli alle parole e agli sforzi collettivi, capaci di creare correnti di autorevoli entità - così come nell‘arte tutto è individualmente pieno, tutto è obbligatorio e senza ideali .

Solo chi va in Italia, vede i resti e le rovine dell’antica arte greca, vede l’arte del Rinascimento nei grandi maestri, e nelle loro mani sublimi, come se gli uomini, di comune accordo, andassero al passo in un’unica direzione, e poi perchè tra la massa di talenti ci sono i fortunati, che riescono a formare un’unità tra gli svagati meschini momenti storici della vita sociale.”

Dalla lettera a F.F. Petruševskij 17 Giugno 1876

“…Magari se ci fosse, sapete, tale centro, ovvero non un centro dove incontrarsi, ma un centro intellettuale, dove dei principi molto ampi vengano applicati dalla pratica

dell’opera ai bisogni interiori di ognuno di noi, qualcosa dove il principio

filosofico dell’arte e la religione sia dentro lo scrittore istruito, dove ciascuno di noi non possa incontrarlo o circondarlo con il proprio volto, ma dove, in un altro posto, lavori per un determinato orientamento. Ciò aumenta le forze dell’uomo e sostiene costantemente la grandezza degli obiettivi, che corrisponde alla specialità.”

“…Cosa ne pensate del senso della mia attività? Non mi occuperei, immaginando, solo dei fatti?

In fin dei conti, parlando dei moti noi intendiamo gli atomi, le entità, gli individui, l‘uno e i molti, l‘insieme e il singolo, ma tra questi, bisognerà notare immancabilmente

qualcuno; almeno mi sembra che vada così. Non penserete che io voglia ripiegare sulla personalità, è quello che non mi auguro, e neanche voi, ne sono convinto, ma nella personalità c’è generali caratteristiche aspettuali , generalmente identiche a quelle di altre diverse personalità. Ecco che da queste caratteristiche aspettuali noi possiamo ragionare, capovolgerle in tutte le direzioni, non agitando per niente ciò che presenta la personalità nella realtà sociale, lasciandolo perfino da parte, per fare un discorso generale. Le nostre idee sui partiti leali sono in parte formali; partiti di cui voi ne enunciate la spietata condanna tanto quanto pregate il signore Iddio “di salvarvi dalla lotta tra simili”. Io, per quello che penso, spesso mi sforzo di trovare, tra le poche occupazioni generali,quelle che siano più leggere e stabili di quelle già fatte. Spesso rimango da solo, e non dico di essere felice, ma dentro prosegue a darsi da fare la speranza in un futuro migliore. Può darsi che voi riusciate a percepire meglio la realtà, e io questo lo approvo solo se, confidando nella vostra logica, il mio “ego” individuale non volesse riappacificarsi con essa, e io non capisco come sia possibile desiderare tutta questo isolamento. Spesso si percorre tutta la vita senza abbracciare e sostenere nessun ideale, ma solo perché non hai incontrato un compagno che cammini nella tua stessa direzione per raggiungere degli obiettivi. Ma quando gli obiettivi sono evidenti, allora l’istinto si potenzia fino alla consapevolezza, e capisce che non è possibile desiderare di rimanere da soli. Ciò, come la religione, esige degli adepti, dei collaboratori. Questa è, per me, la regola. Voi direte, quale eloquenza e lirismo sta dietro l’idea?… La mostra degli ambulanti! Se, io stesso,

non confondendomi, andassi avanti e dicessi: c’è un partito in ogni uomo, questo è già qualcosa, è già un movimento, è già il risveglio alla vita. Da questo, alla fine, escono i risultati e ogni iniziativa, e da cosa inizia? Voi dite, che noi non abbiamo niente, e sono d’accordo. Ma, mio Dio, cosa c’è dietro l’enigma, questa chiara iniziativa, e dove verrà concepita, se non ci sarà all’inizio un’analisi, una pulizia, e poi dei raggruppamenti, e ancora Voi dell’odiato partito?

L’uomo, come vivente, tende a banalizzare, e dunque la lotta del partito è capace di ridursi al livello di un semplice inganno e truffa. Ma forse dalla stessa legge avverrà una condanna e gli uomini, accortisi presto di aver commesso uno sbaglio per ogni questione sociale, non saranno come un talento che spreca il proprio tempo in inezie? Voi, perciò, mi definireste un settario, un fanatico? Qualcosa è intollerabile, da cosa dobbiamo presto sbarazzarci? Mi farebbe molto male, se voi aveste ragione, e io no. Ciò vuol dire

arrivare alla vecchiaia commettendo errori, ciò significa che tutta la mia vita è stata uno sbaglio! Ma sono incorreggibile, non mi metterò in mostra, e se tutto il futuro, giovane, forte e talentuoso volesse condannarmi, io rimarrò mutilato, davvero, ma mantenendo ostinatamente le mie posizioni. Voi direte: “Certo ma verrà il tempo in cui il lavoro si fonderà con i fatti dell’arte, con la sua tecnica, e l’espressione…” Potreste davvero proporvi in questo modo? Io proprio non capisco! Come se Voi mi diceste qualcosa in una lingua sconosciuta. Probabilmente dice il vero, dato che ha un’elevata posizione. Ma poiché per questa volta sarà fermo nelle sue convinzioni, non ci sarà bisogno di cominciare dall’inizio: si cristallizzerà tutto il tempo in realizzazione con la sua realtà. Dove però bisognerà impiegare il tempo? Nella lotta fra partiti? Certo è il mio campo, il mio attuale impiego, ma se ci fosse una lotta fra partiti io sarei contrario. Contro cosa dovrei lottare? Più io cerco di migliorarmi e di perfezionarmi, più vedo la nostra

sconfitta - ecco cos’è la lotta fra partiti.”

Dalla lettera a I.E. Repin, 25 Dicembre 1873

“Io, in sostanza, cosa devo tener presente? Voglio dire, per esempio: il quadro “I muli”….