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3 L’ARTE IN RUSSIA NEL XIX SECOLO

4 L’ARTE EUROPEA DEL XIX SECOLO

4.2. L'ARTE NELLE CONDIZIONI DELLA REALTA' BORGHESE

“La comparsa di Fortuny è perfettamente normale , comprensibile, anche se sfortunata, perciò è di degna imitazione. Dopotutto egli ha, giustamente, l’ultima parola, sui gusti e le inclinazioni della borghesia facoltosa. Come sono gli ideali

borghesi? Cosa ama? A cosa aspira? Di cosa si occupa? Avendo depredato lo stato del denaro, essa vuole godere, questo è ovvio. Ma, servendo tale musica, tale arte , tale politica e tale religione (senza della quale non si può stare) ecco da dove vengono questi favolosi soldi per i quadri. Sono forse comprensibili questi diversi istinti? Davvero Voi non vedete che la faccenda è di gran lunga più grave, pagano a basso

costo. E non si può fare altrimenti. Veramente Patti ha un cuore? Certo, perché l’arte della borghesia consiste proprio nella negazione di questa vendita di merce: ostacola l’accumulo di denaro; per questa è vergognoso togliere la camicia al povero, tramite le truffe di Borsa. Via, per la miseria!

Datemi un virtuoso, che si lasci dominare dalla sua mano, come un aquilone, e sempre pronta a essere guidata, in base allo stato d’animo del creatore. Ma cos’è? Davvero ciò impedisce l’essere uomo, i cui gusti saranno diversi dagli uomini facoltosi? No, non lo impedisce, solo che la borghesia non è stupida, e non riconosce lo straniero dal tocco impuro, e questo le dà il diritto di passare avanti senza rivolgere attenzione. Essendo accaduto tale errore, denuncio ancora tale scandalo con i vostri pittori consanguinei, se mi ascoltaste, quale artista offrirebbe la stampa, trovandosi nel diritto di esigere imposte dalla borghesia. L’unica cordicella, accessibile alla borghesia, appartiene al numero dei nobili ( e dei corrotti), questa è la brama di sottomettersi alla vittoria dei tedeschi. Da qui il merito di Nevil e dei suoi simili.”

Dalla lettera a I.E.Repin. 20 Agosto 1875

“Chi è tale Fortuny, che abbiamo così difficilmente deliberato di comune accordo, tanto più che Voi avete dalla vostra parte i pittori di tutta la terra, le autorità, di fronte ai quali io mi devo rassegnare, ma Voi commettete un errore, assegnandovi alla borghesia, essi sono la sostanza, a eccezione, della carne della loro carne e delle ossa delle loro ossa. Il mio parere è che Fortuny sia un grande punto di riferimento, un ideale di

rappresentazione del pittore borghese, Voi fate coincidere l’uomo, specialmente ora che si è trasferito a Parigi e girovaga qua e là; quindi è impossibile che la massa borghese non lo senti nominare almeno una volta, ed egli sarà il loro portavoce. Penso di correre il

rischio di dire qualcosa contro questo periodo, quando tutti i cori parlano di cose diverse, e anche se non fosse contraddittoria,ma manifestasse solo il dubbio, sul fatto che egli sia il genio del XIX secolo? E’sufficiente che si scaglino in un audace fracasso. Inoltre, complicherei ancora di più la faccenda, nella circostanza in cui spostassi un pittore della mia terra verso la borghesia? Ma già mi vergogno di avervi dimostrato tutte queste cose. Dico ciò con accurata attenzione nei vostri confronti, ma questo non posso

dimostrarvelo. Ugualmente importante è il fatto che io non considero Fortuny, lo limito! Per prima cosa,fra tutte le sue cose, considero un originale, 2due acquarelli e la maggior parte degli acqueforti, inoltre, le eccellenti fotografie.

Vi darei volentieri la tecnica, ma fino a che punto è importante, permettersi di pensare, che egli sia il più grande dei grandi pittori borghesi. Ciò è poco per voi? Davvero non vorreste, che io lo riconosca come grande del pensiero contemporaneo? Anche se non lo penserò mai, anche se resterò asiatico in questo, che dire, non posso guardare in altro modo.”

Dalla lettera a I.E.Repin. 10 Settembre 1875

Kramskoj e I. E. Repin hanno iniziato la loro corrispondenza in seguito alla partenza di quest’ultimo per l’Europa, nel 1872. I due artisti, oltre a condividere

l’appartenenza al gruppo dei pittori Ambulanti, erano legati da una profonda amicizia, e decisero pertanto di rimanere in contatto; così facendo, Kramskoj poteva riferire all’amico eventuali novità dalla loro patria, mentre Repin lo avrebbe informato dei nuovi posti visitati e dei contesti artistici in cui si sarebbe venuto a trovare.

Le lettere dei due artisti si caratterizzano per una grande varietà di temi affrontati, dato che, oltre a comunicarsi notizie personali, i due amici misero a confronto le proprie concezioni artistiche, le proprie posizioni nei confronti dell’Accademia e

dell’arte europea, prendendo anche in esame le situazioni sociali in cui si trovavano a vivere.

In particolare colpisce l’entusiasmo di Repin, che cominciò ad aprirsi al nuovo clima culturale parigino, e la fermezza di Kramskoj, che non vide di buon occhio questa infatuazione dell’amico per una realtà così distante dalla loro.

Repin infatti rimase estasiato dai francesi, considerandolo un popolo molto sviluppato in qualsiasi campo; Kramskoj però non condivideva questo entusiasmo.

La permanenza in Francia permise inoltre a Repin di comprendere a fondo la diversità delle situazioni artistiche dei due paesi e, dopo aver preso coscienza della superiorità dei francesi nell’arte, espresse all’amico il suo punto di vista riguardo al lavoro che avrebbero dovuto fare gli artisti russi per raggiungere il livello degli europei.

A questo proposito scrive: “Noi dobbiamo esercitarci sul contenuto. Il viso, l’anima dell’uomo, il dramma della vita, l’impressione della natura, lo spirito della storia, ecco i nostri temi, per quello che mi riguarda. Noi dobbiamo disegnare bene, dobbiamo lavorare a lungo per produrre la nostra idea fino alla perfezione possibile,

noi soprattutto che lavoriamo così male e che non conosciamo le cose più semplici, e che non siamo capaci di usare il colore e gli altri materiali”.

Ed ecco che Kramskoj, in questa lettera, cerca di convincere l’amico dell’importanza dell’arte del passato rispetto a quella europea, e in particolare francese, a loro

contemporanea.

“Sono a Parigi, mi sono già ambientato un po’ e posso riferirvi qualcosa ricavata dalla mia osservazione.

attuale, perché non lo nota; è come se non lo capisse, tutti parlano in un’unica lingua, perché è troppo grande il numero degli esposti. Ciò è giusto solo in parte,poiché l’attuale motivo si trova altrove. Nel Salon si rivolge l’attenzione solo a qualche audace

indecenza, con un punto di vista qualunque: dal punto di vista del soggetto, o della pittura, o dell’assurdo (ciò si nota perfino come tale), o della verità effettiva, o perfino del proprio tentativo. E com’è infima la percentuale dei rimanenti, e come è

sorprendente!

Ammetto, che non me l’aspettavo. Mi sembra che tutti accettino la frazione, ad esempio 1570/3000, più grande della metà, perché così sono le cifre più grandi; e non arrivano a raggiungerne una significativa, che non si rivela poi così grande. In tutto il Salon si accumulano quasi 2000 numeri tra tutti quelli effettivamente validi e, permettete, gli originali sono 15, al massimo 20; tra gli altri più bravi, 200 numeri sono tutti banali, famosi e da un pezzo ricevono il diritto di nazionalità. I rimanenti sono scarsi,

sfrontati, stupidi o bizzarri, appartenenti alla massa (teatrali) ma ciò non si nota a prima vista […]

Dicono che Bonn abbia ritratto la figlia di Poljakov - straordinario! Per non dirlo, per 200.000 franchi! Lo ammiro e lo invidio al tempo stesso! Ecco che significa

l’Europa, ovvero Parigi. Dicono tutti con un’unica voce, che il ritratto è eccellente, cioè che la sagoma, gli abiti, il rilievo, la cromia e la somiglianza, certo, naturalmente,conta la somiglianza! Lo invidio, anche se non lo do a vedere; dicono perfino che il suo

“Giacobbe che lotta con Dio” si trovi al Salon,e sia così eccezionale..lo vedo, ma non lo capisco! E quindi non mi stupisco.

Sapete com’è raro vedere un viso raggiante ed esclamazioni entusiaste per questa cosa, ma solo quando vede “Il ritratto del papa” di Velazquez a Roma o“La Sepoltura” di

Riber a Napoli, nel monastero di San Martino. Strane persone, strano periodo! E parlano di ciò perfino con la scusa dei ritratti di Carolus Duran, che ora come ora si trova a S.Pietroburgo dove ha dipinto a Palazzo, dicono, a causa dell’eliminazione dei ritratti con i volti degli altolocati. Ma il maestro di talento, parlando secondo coscienza. Voi, probabilmente, siete a conoscenza della sua opera. Tuttavia è di nuovo rischioso considerare l’alfa e l’omega adesso quando 300 anni prima c’era già qualcosa.

Ora vedo più che mai la fissazione che a Parigi ci sia l’autentica nobiltà..

E’molto buono apprenderlo (sebbene con riserve), l’amor proprio e la brama di ricchezza fanno diventare tutti febbrilmente laboriosi, ma fatto sta che il diritto non si occupa di arte per dimostrare che è possibile, con un pennello, dirigere milioni: è un giocattolo troppo caro! Nessuno ha l’opera per intero ed è compito dell’arte. E dove sono esse, tutte le opere e i compiti? Non credetevi più. E’meglio! Gli sguardi sovrastanti e la tendenza, o meglio la loro assenza, si sono eretti ad autorità per principio..Tutto

l’universo lo ripete, e come non impazzire, quando tutti con un’unica voce strillano una cosa identica. La voce non si confonde con il tutto; bisogna essere, non lo so, come quella voce che non gira.”

Dalla lettera a I.M.Tetrjakov. 6 Giugno 1876

“Come! E’semplicemente al rogo questo uomo! Al rogo, ma così al rogo, e solo io dico, che le mostre, particolarmente grandi, portano di gran lunga più arte dannosa, che di reale utilità. So che ho molto da dire per contro, ma preferisco stare sulle mie posizioni e rafforzarle, ed ecco perché.

Prendiamo il Salon: immaginate 2000 quadri uno accanto all’altro, in modo da offuscare il cervello. Entra un gruppo di dieci, ventimila spettatori, e poiché essi dedicheranno non più di 10, 15 minuti del loro tempo ai quadri, tutti quelli che sono lì di passaggio,

perché, perché non si distraggono? Almeno molti di loro , la maggior parte sono così, ma i francesi sono, devo dire, formati per quello che desiderano, affinché un domani si parli di loro a Parigi, e per forza deve essere domani! Essi non possono aspettare, essi tradiscono la madre, la moglie, i figli, solo perché un domani si parli di loro! Ma al giorno d’oggi essi capiscono che attraverso quella sala e quella folla poco abituata alla voce lieve dell’uomo semplice, bisogna almeno avere piatti di rame e trombe, per farsi sentire da tutti. Egli li usa. Egli vi potrebbe stordire con questo sole ardente, che non sembra neanche un sole dipinto! Solo non soffermatevi a lungo, poiché non c’è tempo: guardatelo per non più di 5 minuti!

Poi uscite e tenetevi a mente il nome del pittore: si, è così, è questa la forza. Ora, se vogliamo, questa forza ve la posso portare in una stanza, e obbligarvi a vivere con essa ogni giorno della vostra vita, ma sarà sempre con voi ogni mese? Se voi non la fate crescere accanto alla finestra o se sarà impossibile per voi coltivarla, allora voi v’impiccherete. Almeno io, in molte posizioni, sto collaudando ancora l’anno ‘69 a Lussemburgo. Se ciò sia bene o male, giusto o sbagliato, questo non lo so, io ne parlo solamente, per dimostrare che la realtà non è data dalle mostre, e che l’essenza dell’arte si trova, deve trovarsi, da un‘altra parte. Unite a ciò ancora un’altra cosa: è piacevole, porca miseria, quando Parigi parla in questo modo di te, perfino quando i quattrini si sovrappongono, e tutta la cerchia comincia ad urlare! Allora quale voce bisogna avere, per non impazzire? E se resiste, è quasi un guaio: in questo caso è molto vicina alla posizione di “genio incompreso”, posizione ingiuriosa e terribile. In una parola: a destra inizi ad affondare e a sinistra, lo stesso muore qualcosa in un altro modo. Voi dite: ma, ciò vuol dire che è disonesto, si annulla. Altrochè se è sottintesa la verità, ma non tutte le grandi prove vengono in superficie.”

Dalla lettera a V.V.Stanov. 19 Luglio 1876