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Tra la fine del Cinquecento e il primo ventennio del Seicento fu cospicua a Firenze la presenza di accademie, ambienti artistici intellettuali e aristocratici frequentati da poeti, letterati, musicisti, pittori e artisti di ogni sorta, in cui, accanto a momenti speculativi, dibattiti e riflessioni teoriche alla ricerca di affinità tra le diverse arti, trovavano posto esecuzioni di musiche; tra queste ricordiamo accademie più note e pubbliche, come l’Accademia del Disegno e quella degli Umidi (poi Fiorentina), e altre dal carattere meno istituzionale, tra cui l’Accademia degli Alterati e la già ricordata Accademia degli Elevati: quest’ultima, fondata nel giugno 1607 da Marco da Gagliano, ebbe come scopo primario quello di diffondere il nuovo gusto musicale a una o più voci e basso continuo tramite la pratica musicale piuttosto che attraverso le discussioni tra intellettuali; in particolare, si opponeva al monopolio musicale di Giulio Caccini e della sua famiglia, nelle cui mani era concentrata gran parte della produzione musicale della corte medicea.95 Si trattava di adunanze organizzate attorno a uno statuto, cui aveva accesso solo un numero limitato e scelto di persone. Si legge ad esempio in un Capitolo dell’Accademia degli Elevati:

Qual si voglia settimana il Giovedi doppo desinare, siano tenuti tutti i nostri Accad.i di ritrovarsi alla fine del suono della Campana de’ Magistrati, nella solita residenza, per cantare, sonare, & fare deliberationi di quelle cose, che alla giornata occorreranno.96

Nello stesso periodo troviamo inoltre diverse notizie circa la presenza delle cosiddette camerate, termine che ricorre anche nelle carte del tempo, ovvero sodalizi di tipo più ludico-culturale promosse da privati, costituite da nobili che si incontravano per discutere in maniera più informale e

95 Sugli Alterati si veda WEINBERG 1954 e PALISCA 1968. Sull’Accademia degli Elevati lo studio più

completo è quello, già citato, di STRAINCHAMPS 1976; per i contrasti tra Caccini e gli Elevati (e in generale sui malcontenti tra poeti e musicisti nella corte medicea a inizio Seicento) si veda CARTER 1980.

96 STRAINCHAMPS 1976, p. 535; si tratta del Capitolo decimo secondo riguardante le «tornate

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sperimentatrice rispetto agli ambienti accademici.97 Dal punto di vista musicale, l’intento era soprattutto quello di dare più spazio alla dimensione esecutiva di quanto non avvenisse nelle adunanze di cui sopra, nella convinzione che non fosse possibile muovere le passioni e ricercare una relazione tra stato d’animo e armonia musicale rimanendo prevalentemente in una dimensione teorica. Inoltre, mentre per le accademie le sedi erano costituite spesso da luoghi fissi adibiti a questa specifica funzione, le camerate, come emerge dal nome stesso, costituivano una sorta di adunanze i cui membri si ritrovavano, per conversare, nelle dimore dei loro nobili patrocinatori.

Oltre alla nota Camerata de’ Bardi (i cui incontri avvennero appunto nella residenza di Giovanni de’ Bardi), erano attivi a Firenze altri gruppi simili, frequentati spesso dai medesimi letterati e musicofili,98 tra cui ricordiamo ad esempio il circolo musicale del poeta e letterato Jacopo Corsi,99 o ancora quello di Alessandro Covoni:100 atto a ospitare discussioni ed esecuzioni musicali, i «canori Cigni» che presero parte a quest’ultimo sodalizio vengono ricordati dal musicista fiorentino Pietro Benedetti nella dedicatoria del suo libro di musiche del 1617, intitolato proprio al Covoni:

L’Adunanza di tanti canori Cigni, che nella sua Camerata (quasi nuovo Meandro) di continuo empie, non solo le contrade vicine, ma tutta la Città di sopra naturale armonia,

97 Erano assenti infatti Capitoli e statuti.

98 Ma anche da molti che prendevano parte anche ai sodalizi accademici.

99 Su Jacopo Corsi, la sua attività di patrocinatore delle arti e i suoi interessi musicali cfr. CARTER 1991.

Sulla sua attività di collezionista e sulle caratteristiche della sua raccolta artistica, caratterizzata da un’ingente presenza di strumenti musicali, si veda PEGAZZANO 2010 (in particolare l’Appendice documentaria, pp. 57-64).

100 Altro eminente patrono fiorentino, appartenente alla nobile famiglia dei Covoni, fu cavaliere di

Santo Stefano e Priore di Cortona, ma anche compositore. Fu «paggio nero di S.A.S. e compose le musiche per un madrigale eseguito da tre gentiluomini fiorentini la sera del 1 maggio 1618 sotto la finestra del granduca Cosimo in Palazzo Pitti (Documenti, Diari di Cesare Tinghi, n. 32). Come altri paggi, perse la vita in guerra a Malta nel settembre del 1619; sulla sua tomba e sepoltura si veda SEBREGONDI FIORENTINI 1986 (in particolare pp. 76-77), da cui si evince che il Covoni fu legato a Francesco Buonarroti, fratello di Michelangelo il Giovane. La camerata da lui istituita fu con molta probabilità uno di quei saloni che, sotto la protezione di un nobile, nacquero dopo lo scioglimento dell’Accademia degli Elevati e che, in parte, la rimpiazzarono. Sulla famiglia Covoni, nota per la gestione di affari e per i commerci, nonché per i ruoli politici ricoperti a Firenze negli anni della Repubblica, si veda VANNUCCI 2006, pp. 130-133; i Palazzi della famiglia avevano sede in via della Vigna Vecchia e in via Ghibellina.

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ha dato animo a me (assicurato dal diletto, e protezzione, che ella dimostra di simil virtuoso esercizio) di dedicarli queste mie piccole fatiche.101

Tra gli altri patrocinatori di nuove piccole camerate (nonché dedicatari di molti libri di madrigali di Marco da Gagliano) ricordiamo Cosimo Cini, Giovanni Del Turco e Cosimo del Sera. Nella dedica a Cosimo Cini del suo terzo libro di madrigali (1605), Gagliano parla proprio dei raduni in casa del suo protettore e dell’esecuzione di alcune sue musiche:

Se così è, che sotto le più alte stelle, e nella congiuntione de’ più benigni aspetti del Cielo l’huomo, che nasce al mondo, si stimi sopra ogni altro felice: io che debbo questo mio parto di armonica poesia mandare a luce, con molta ragione lo riputerò avventuroso; poiché nasce non pure sotto l’aspetto benignissimo di Vosta Signoria molto Illustre, ma nella congiuntione de’ più nobili, e de’ più elevati Musici di questa Città: quando ragunati insieme (come in un Delfo a Pitici trattenimenti) in casa di Vostra Signoria non hanno (qualora le ho proposte loro) sdegnato cantare queste mie note musicali […] resto nel Teatro dell’infinita sua cortesia ammiratore di tanti Cigni canori, et ammaestrati in ogni guisa di virtù, che hanno illustre trattenimento appresso Vostra Signoria e rimiro l’Arno (a cui fa sponda la sua Casa) farsi al canto loro un novel Castro.

A Giovanni Del Turco (che fu anche musicista) viene dedicato invece il secondo libro di madrigali (1604) di Marco da Gagliano.102 Cosimo del Sera,

esponente di una delle famiglie ammesse al patriziato della città di Firenze, fu depositario generale del granduca Ferdinando II e ricoprì numerose cariche pubbliche e di carattere politico (tra cui membro del Consiglio dei Duecento, Senatore del granduca di Toscana, luogotenente del granduca presso il Consiglio di Stato, ecc.); costui è invece il dedicatario del Sesto libro di madrigali (1617) dello stesso Gagliano:103

Con l’occasione della Camerata di V.S: nella quale si compiacque farmi aver parte, nacquero l’anno passato i seguenti Madrigali, onde sì come il nascer loro depende veramente da lei, così pare che il dar loro vita, e mantenimento per certo debito di natura ad altri non sia dovuto.

101 Musiche di Pietro Benedetti a una, e dua voci con alcune spirituali nel fine, libro quarto, Zanobi Pignoni,

Firenze, 1617.

102 Il brano Scherzo con l’aure e tento, presente nel primo libro di madrigali di Gagliano, fu musicato da

Del Turco, mentre O dolc’anima mia di Marco da Gagliano è ospitato all’interno del Secondo libro de’

madrigali a cinque voci del 1614 di Del Turco.

103 Diverse notizie biografiche su Cosimo del Sera sono raccolte nella tesi di laurea TERRENI 2001, I,

pp. 12-15. Solerti riteneva che, secondo una testimonianza epistolare di Caterina Guidiccioni, madre di Laura Guidiccioni, lo stesso Emilio de’ Cavalieri avrebbe avuto una camerata (SOLERTI 1904-1905, p. 50), ma non ve ne sono altre notizie.

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Riguardo a questo tipo di circoli privati, scrive Strainchamps: «these gatherings, under the sponsorship of a patron, usually well-to-do, provided their participants with the kind of opportunity for musical performance, the trial of new compositions, and the direct impetus for creation that the academy ideally was to have provided, but without the attendant difficulties brought about by the academy’s political structure».104

Sebbene non siano copiose le notizie riguardanti le singole esecuzioni in questi ambienti, e tantomeno lo siano quelle concernenti i brani intonati e gli strumenti per utilizzati per questi ultimi, le teorie musico-estetiche elaborate in tali circoli confermano il rapporto stretto che esisteva tra la dimensione teorica e quella pratica; in particolare, per le camerate ciò si traduceva in un’attività esecutiva musicale presente e ricercata in modo costante e consapevole, con l’idea che la musica dovesse non solo dilettare le orecchie, ma anche muovere le passioni della mente e dell’animo. Compito, quest’ultimo, affidato proprio alle “Nuove musiche”.

1.5 “Nuove musiche” e confraternite

Nel variegato contesto sociale e culturale fiorentino di primo Seicento, accanto ai sodalizi accademici si trovava un ingente numero di confraternite: queste rappresentavano infatti, nel nuovo spirito di cristianizzazione postridentino, il miglior strumento con cui la Chiesa riuscisse a coinvolgere il laicato, in particolare i giovani e i fanciulli. Molto è stato scritto riguardo alle attività musicali e teatrali che, con funzioni pedagogiche ed etico-religiose, e con il coinvolgimento di vari strati della popolazione (non ultima quella degli stessi prìncipi di casa Medici), si svolgevano al loro interno, sia per il periodo quattrocentesco105 sia per i secoli successivi,106 con parallele ricerche orientate

104 STRAINCHAMPS 1976, p. 533.

105 NEWBIGIN 1996 e i numerosi studi di Paola Ventrone, tra cui VENTRONE 1988, 1993, 2003, 2008,

2011. In particolare, sul teatro pedagogico confraternale fiorentino quattro e cinquecentesco e sui suoi obiettivi allo stesso tempo religiosi, etici e civici si rimanda alla bibliografia citata in VENTRONE 2009, p. 310, nota n. 71.

106 I contributi più importanti sono quelli di Konrad Eisenbichler (EISENBICHLER 1988, 1994, 1998); si

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sul rapporto tra teatro confraternale e società;107 soltanto più recentemente è stato indagato il tema dei diversi luoghi dello spettacolo nei sodalizi fiorentini dei secoli XVII e XVIII.108 Se in questi ultimi contributi vengono inclusi gli studi sui luoghi delle rappresentazioni teatrali e degli oratorii,109 nessun approfondimento è stato ancora dedicato all’analisi dei luoghi delle musiche, polifoniche ma anche a una o poche voci (con accompagnamento strumentale) che venivano eseguite negli ambienti confraternali. Un motivo è senza dubbio da riscontrare ancora una volta nella scarsità delle notizie: nelle carte delle confraternite si dà infatti spesso notizia di singoli momenti in cui si cantava, ma queste non forniscono indicazioni specifiche riguardo a che cosa si intonasse e al luogo fisico in cui questo avvenisse. In ogni caso, diversamente dalle rappresentazioni sceniche, che richiedevano ambienti spaziosi, la presenza di un palcoscenico (fisso o allestito per l’occasione) e l’uso, talvolta, di apparati scenici, il canto solistico o a più voci veniva eseguito dai confratelli in situazioni più quotidiane, essendo destinato all’educazione morale e spirituale (un sorta di intento didascalico non propriamente orante), soprattutto dei fanciulli; si trattava infatti di musiche che, a fini devozionali, evocavano i cosiddetti affetti con stile semplice e comunicativo, unendo istanze morali a suggestioni emotive. Come avremo modo di vedere nella Parte Seconda della tesi, la presenza di brani dal testo di contenuto spirituale in diverse stampe di musiche a una o più voci e basso continuo, nonché le caratteristiche della scrittura vocale e delle modalità di intonazione di alcuni di questi testi, lasciano ipotizzare che la destinazione di una parte di tali componimenti fosse proprio quella degli ambienti delle confraternite cittadine. Le occasioni per eseguire queste musiche erano quelle legate alle festività più importanti del calendario liturgico; vi erano inoltre momenti di orazione

107 In particolare è questo l’obiettivo di VENTRONE 2009.

108 SEBREGONDI FIORENTINI 2000; alcuni riferimenti precedenti si trovano nel catalogo della mostra Il

luogo teatrale a Firenze 1975, p. 88 e in EISENBICHLER 1998, pp. 218-234.

109 Sull’oratorio fiorentino dei secoli XVI e XVII e sui diversi luoghi delle sue rappresentazioni, oltre i

noti studi di John Walter Hill (in particolare HILL 1979a, 1979b, 1986c), si rimanda alla recente tesi di dottorato di Elena Abbado (ABBADO 2015). Per uno studio di carattere più ampio sull’oratorio in Italia tra il 1625 e il 1665 cfr. SPECK 2003 (in particolare le pp. 183-241 relative ai rapporti tra il canto a una o più voci e basso continuo fiorentino, qui definito «Florentiner Monodie», e la produzione oratoriale di Loreto Vittori).

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quotidiani – in particolare quello dell’Ufficio vespertino – che prevedevano la recita di un sermone preceduto e/o seguito da momenti collettivi di musica.110

Quanto ai luoghi fisici, possiamo ipotizzare che l’esecuzione delle musiche spirituali avvenisse non tanto all’interno dello stesso oratorio, che era adibito piuttosto alle rappresentazioni sceniche propriamente sacre (oratoriali, appunto), quanto negli ambienti destinati ai sermoni e alle preghiere, dunque nella cappella o nelle stanze a questa attigue, ma anche nei cortili o nei giardini facenti parte della sede; o ancora, come nel caso delle musiche profane, nelle case private e nei palazzi di un membro della confraternita;111 un luogo ulteriore poteva essere costituito infine dalle ville suburbane, nei loro spazi interni ed esterni, in cui talvolta le confraternite organizzavano feste o momenti di ritiro e preghiera.112 La scelta dell’uno o dell’altro luogo dipendeva dalle singole necessità: la presenza o meno di una sede fissa (non tutte le compagnie infatti ne disponevano), l’importanza dell’avvenimento, la presenza o assenza di un uditorio, di ospiti speciali o addirittura di membri della casa regnante,113 la stagione dell’anno e, non ultimo, il fine devozionale.114