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Palazzo Pitti non fu però l’unica residenza dei granduchi. Le quattordici lunette decorative che Giusto Utens dipinse nel 1599, su richiesta di Ferdinando I, per la sala grande della villa di Artimino, ci forniscono l’immagine di tutte le ville e le fattorie di proprietà medicea alla fine del secolo XVI. Seguendo le diverse stagioni, e dunque l’andamento della cacciagione (silvestre o palustre), il granduca si spostava avendo come stazioni di riposo le numerose ville in suo possesso; altre dimore erano invece adibite a soste di durata maggiore. Con lui si muoveva tutto l’apparato di corte (un ingente numero di persone, di cavalli e di oggetti) e i contatti con la vita ufficiale del governo venivano mantenuti mediante una fitta e continua corrispondenza tra i segretari della corte, che seguivano il granduca, e quelli di governo, che rimanevano in città. Anche i diari di corte (si vedano in primo luogo i Diari di Cesare Tinghi) testimoniano di questi spostamenti stagionali. È proprio dai resoconti diaristici e dalle lettere che emerge come la musica vivesse spesso

51 Per gli intermedi fiorentini dell’ottobre 1608, ad esempio, in occasione delle nozze tra Cosimo de’

Medici e Maria Maddalena d’Austria, vennero pagati trentasei cantanti, venti strumentisti e quindici danzatori. Tra i cantanti erano inclusi due virtuosi romani, il soprano Ippolita Recupito e il basso Melchior Palantrotti il quale, a servizio del Cardinal Montalto, si era già esibito a Firenze nell’Euridice del 1600 (si veda CARTER 1983).

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anche nelle stanze delle ville extraurbane, di solito più spoglie e arredate solo in occasione dell’arrivo del granduca, ma ugualmente funzionali al suo diletto. Grazie alla corrispondenza conosciamo inoltre il fitto sistema reticolare dei trasferimenti (via terra o fluviale) da una residenza medicea all’altra: nel periodo estivo (da inizio estate fino all’autunno) la corte prediligeva le zone fresche di Pratolino, Cafaggiolo e Trebbio; terminata la caccia si muoveva a nord o a ovest, nella zona della riserva privata di caccia del granduca che comprendeva le ville di Poggio a Caiano, Artimino, La Magia, l’Ambrogiana, Cerreto Guidi e Montevettolini. I luoghi marittimi, poiché caratterizzati da un clima più mite, venivano generalmente scelti invece per la stagione invernale e per la Pasqua, anche per curare più agevolmente gli interessi relativi al commercio marittimo: si trattava delle residenze di Pisa (la città in cui i Medici si trasferivano per i periodi più lunghi), Colle Salvetti, Livorno e della Villa di Serravezza.52 Quindi il granduca faceva ritorno nuovamente a Firenze fermandosi alla villa Ambrogiana fino alla tarda primavera; talvolta in luglio la corte soggiornava anche ad Artimino, villa che in generale, per la sua posizione strategica, costituiva un punto di appoggio e di sosta utilizzato in svariate occasioni.53 Nei documenti non vengono citati gli spostamenti alle vicine ville di famiglia (Villa della Petraia e Villa di Castello), che potevano essere facilmente raggiunte e frequentate anche solo per una giornata. Non si fa cenno invece della Villa di Careggi (ormai in degrado e poco frequentata) né di quelle di Lappeggi e Marignolle, che rappresentavano un possedimento di don Antonio de’ Medici, figlio di Francesco I e Bianca Cappello, e che non erano residenze della famiglia granducale. A Firenze vi erano infine sedi di corti satelliti (non rappresentate da Utens), anch’esse luogo di spettacolo e di musica: il casino mediceo di San Marco54 e soprattutto, come vedremo in

52 Sui trasferimenti della corte a Pisa negli anni di governo da Ferdinando I a Cosimo III e sulle

motivazioni soprattutto economiche per cui questo avveniva si veda MAZZEI 1991.

53 Dalla sua posizione nelle lunette di Utens è inoltre evidente come la Villa di Artimino avesse anche

un valore simbolico, poiché si trovava nel cuore dei possediemnti medicei, assumendo perciò il ruolo di anello di congiunzione tra le ville e le due vallate.

54 Il Casino di San Marco (ovvero una ‘villa’ di città, circondata da un ampio giardino e caratterizzata

dal piano nobile al pian terreno invece che al primo piano) è un edificio che attualmente si sviluppa con un lungo fronte su via Cavour; si tratta di un palazzo che Francesco I affidò all’architetto Bernardo Buontalenti (1568 -1574), col fine di farlo diventare un luogo di studio, e che venne terminato di costruire nel 1574. Alla morte di Francesco, dopo aver ospitato per un breve periodo

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seguito, la Villa del Poggio Imperiale, appena fuori il colle di Porta Romana: residenza di Maria Maddalena d’Austria, moglie di Cosimo II,55 quest’ultima fu la sede di molte rappresentazioni spirituali, oltre che dell’esecuzione di musiche spirituali a voce sola e continuo, alcune delle quali appositamente composte in onore di Santa Maria Maddalena, cui la granduchessa era molto devota. Ricordiamo infine Villa Medici a Fiesole, una delle più antiche costruzioni appartenute alla famiglia granducale, edificata negli anni ’50 del Quattrocento.56

Quanto alle differenze tra ville extraurbane e palazzo di città a inizio Seicento, si trattava probabilmente di una distinzione che concerneva non tanto gli edifici e le piante di per sé (che spesso non presentavano enormi differenze), né gli arredi e le decorazioni interne; al contrario della villa extraurbana così come intesa nel Rinascimento, l’elemento discriminante non era rappresentato neanche dalla presenza del giardino, luogo dell’otium tipico del vivere in villa rinascimentale.57 I contesti ameni (agresti o marittimi), nonché la presenza di cortili interni e di sontuosi parchi, davano luogo più facilmente, nei mesi estivi, a esecuzioni musicali all’aria aperta: ciò, come è noto, avveniva anche a Firenze, negli spazi esterni di Palazzo Pitti, in particolare nel cortile di Pitti e nel Giardino di Boboli, sedi di rappresentazioni sceniche e di numerose altre attività spettacolari nel corso di tutto il Seicento,

l’Opificio delle Pietre Dure, il Casino divenne, dal 1597, la residenza del nipote Don Antonio (la proprietà gli venne ceduta in cambio della rinuncia ai diritti dinastici), nonché la sede delle sue numerose passioni, tra cui il teatro e la musica. Al suo interno Don Antonio fece infatti allestire un teatro che, come testimoniano i Diari del Tinghi, divenne un luogo in cui illustri ospiti assistettero a importanti rappresentazioni. Ebbe inoltre al suo servizio validi musicisti e cantanti, tra i quali Giovanni Gualberto Magli, e si cimentò in prima persona con gli studi musicali e con la chitarra. Su questi aspetti si veda la tesi di laurea CASINI 1995.

55 Sulle residenze medicee extraurbane si veda Le ville medicee in Toscana 2015; su quelle raffigurate da

Utens cfr. MIGNALI 1980. Sulla Villa del Poggio Imperiale (e relativa bibliografia) torneremo qui nel cap. 4. Per gli inventari seicenteschi del Casino di San Marco, di Villa di Castello, Villa di Lappeggi, Villa Medici, Villa di Artimino e Villa del Poggio Imperiale si vedano Collezionismo mediceo e storia

artistica, I (2002), II (2005) e III (2007); per quelli di Villa di Mezzomonte e di Villa di Poggio a Caiano

si rimanda invece ai file .pdf pubblicati online rispettivamente a gennaio 2010 e maggio 2010 e accessibili alla pagina <www.memofonte.it/ricerche/collezionismo-mediceo-inventari.html>. Il fatto che gli inventari (sia medicei sia di altre nobili famiglie fiorentine) siano la maggior parte delle volte pubblicati solo parzialmente, recando soltanto le informazioni circa le quadrerie e gli oggeti d’arte considerati più degni di nota (ed escludendo, quindi, qualsiasi oggetto musicale) non rende possibile a oggi avere notizie certe circa l’eventuale presenza di strumenti musicali presso le suddette ville.

56 La storia di questa villa e del suo aspetto primo rinascimentale è stata trattata in MAZZINI-MARTINI

2004.

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o ancora nell’area esterna della Villa di Pratolino, nella splendida cornice dell’immenso giardino e dei numerosi ingegni idarulici che lo caratterizzava.58 Tra gli eventi musicali che si tenevano all’aria aperta (nei cortili, ma anche per le strade della città) – in particolare nella seconda metà del secolo – si ricordano le serenate, cantate drammatiche rappresentate durante la sera con l’ausilio di illuminazioni; anche il Tinghi fa memoria di alcune di queste.59 Nonostante ciò, la diversità tra le residenze fuori porta e la corte era rappresentata piuttosto dal differente status di cui godevano questi luoghi: rispetto al Quattro e Cinquecento, le ville extraurbane non erano infatti più concepite esclusivamente come luoghi di villeggiatura in cui rifugiarsi per distaccarsi dalla quotidianità e per esercitare pratiche dilettevoli ed edificanti.60 Se è vero infatti che tali ville venivano utilizzate dal granduca come dimore per le mezze stagioni e come luoghi di svago (in particolare per la caccia), come emerge dalla corrispondenza queste non rappresentavano però luoghi in cui costui abbandonava le sue attività politiche e diplomatiche; oltre al divertimento, queste servivano soprattutto per occasioni autocelebrative e di rappresentanza, ovvero per ricevere i personaggi illustri di passaggio e per mostrare loro i vasti possedimenti terrieri. Servendoci nuovamente di quanto affermato da Arnaldo Morelli, «neppure le villeggiature dunque erano immuni da risvolti politici»; dall’inizio del secolo XVII la residenza extraurbana cessò di essere infatti un semplice luogo ameno e meditativo, per divenire sempre maggiormente «luogo di rappresentanza, di svaghi e di intrattenimenti delle famiglie».61 Come comprovano lettere e registri riguardanti i pagamenti affettuati per il trasporto di strumenti e per i musici fissi che seguivano la famiglia, la musica abitava anche questi luoghi, al pari di quelli di Pitti, tanto in occasione di visite di ospiti importanti quanto come momenti di svago del granduca.

58 Sulla storia di questo giardino si veda PUCCI 2016, pp. 379-419.

59 Cfr. Diari di Cesare Tinghi, I, c. 233v. Filippo Vitali racchiude ad esempio una serenata a sei voci (Bella

Dea che tra le selve) nel suo libro di musiche del 1617 (VITALI 1617). Sulla serenata in età sei- settecentesca si veda CATSALIS 2004 e i saggi raccolti in La serenata tra Seicento e Settecento 2007.

60 Sulle pratiche della musica in villa in epoca rinascimentale si rimanda a BESUTTI 2004. 61 MORELLI 2002, p. 42.

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Un esempio di presenza di musica (e di due note cantanti) in villa suburbana è rappresentato dall’attività di Francesca Caccini e dalla figlia Margherita (1622-1689): nei periodi in cui Cristina di Lorena dimorava presso la Villa di Castello, le due donne intrattenevano la granduchessa cantando per lei (specialmente quando era malata e trascorreva il suo tempo a letto), o prendendo parte col canto a esibizioni spettacolari domestiche e a commedie