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Abbiamo osservato come nel libro di Gagliano la maggior parte dei testi intonati sia costituita da canzonette, mentre solo in numero minore sono presenti altri generi come madrigale, sonetto e stanza di canzone. Se per le forme chiuse e per l’unica poesia in terzine di questa raccolta il musicista sceglie un’intonazione di tipo strofico, i restanti testi vengono musicati secondo lo stile durchkomponiert: approcci, come si verifica spesso entro questo tipo di repertorio, che convivono dunque senza difficoltà nello stesso libro. Mentre il primo prevede che lo stesso modulo melodico venga applicato a ogni stanza poetica di uguale struttura metrica e ritmica, la modalità durchkomponiert si caratterizza, anche in questa stampa, per un’attenzione più meticolosa nei confronti del testo poetico e, in particolare nei

44 Un nucleo di opere artistiche, molte delle quali a oggi poco conosciute, provenienti dal patrimonio della

Compagnia di San Benedetto Bianco in cui bene emerge la spiritualità penitente della Compagnia, è stato oggetto di una recente mostra a Firenze, presso la Cappella Palatina. Si veda a riguardo il catalogo della mostra Il rigore e la grazia 2015, in particolare i saggi di Ludovica Sebregondi, Michel Scipioni, Alessandro Grassi, Giovanni Serafini, Maria Cecilia Fabbri, pp. 27-106. Come è emerso dalla mostra, oltre che con i dipinti presenti, il tema della Passione veniva divulgato mediante piccoli quadri o immagini a stampa (a opera spesso di artisti membri di San Benedetto Bianco) destinati a confratelli amici, per uso privato e domestico, come continui richiami visivi a rivolgere il pensiero al sacrificio di Cristo e alla sua sofferenza compiuta per l’intera umanità.

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quattro madrigali presenti, per scelte musicali più ardite. Tuttavia, diversamente da quanto si riscontra in alcune delle restanti 28 stampe esaminate, Gagliano non si avvale con frequenza di artifici armonici prediligendo un linguaggio non sperimentale e una scrittura musicale scevra da bizzarrie cromatiche. A livello di notazione musicale, si osserva inoltre l’assenza di indicazioni relative agli abbellimenti vocali (trilli, ecc.): come è noto, si trattava tuttavia di una prassi esecutiva che non richiedeva necessariamente specifiche annotazioni in sede di stampa, e il cui utilizzo apparteneva al bagaglio di conoscenze e alle capacità dei singoli cantanti.

A prescindere dalla forma poetica intonata, nei brani a una voce e basso continuo il musicista fiorentino dimostra un interesse piuttosto minuzioso nei confronti della prosodia e dell’intelligibilità del testo, comprensibile dal preponderante sillabismo, tipico del recitar cantando. Grazie alla tendenza ad adottare nella melodia un movimento per gradi congiunti o una successione di note ribattute il ritmo è infatti spesso vicino a quello del linguaggio parlato. Nei madrigali e nei sonetti Gagliano rispetta in genere gli accenti del verso impiegando una scansione metrica regolare (ovvero il tempo ordinario , che consente più combinazioni), cercando di porre le sillabe toniche in posizione tetica e di far corrispondere a quelle atone valori arsici e più brevi.

Non mancano però le eccezioni: in Luci, stelle d’amor, chiare e ardenti (n. 1), ad esempio, l’ultima sillaba (atona) di alcuni endecasillabi viene posta sul tempo forte della misura (Es. 1, in particolare le batt. 4, 6, 9, 11).

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I termini che il compositore intende mettere in rilievo sono associati solitamente a una durata musicale più lunga, o a madrigalismi e ornamenti melismatici (note veloci, semicrome o biscrome, congiunte o a poca distanza l’una dall’altra) posti sia all’interno del verso sia, soprattutto, in chiusura di esso (sulla penultima sillaba) (Es. 2).

Es. 2, G.B. DA GAGLIANO (1623), Ninfe, prole del ciel, donne e regine, batt. 59-66

Nelle canzonette – tanto in quelle dal contenuto profano quanto in quelle di tipo spirituale – il ritmo si fa invece più mosso e l’intonazione mira a rendere l’andamento e la brevità dei versi piuttosto che soffermarsi sul loro contenuto; la misura adottata, inoltre, è in dieci casi di tipo ternario (³½ o þ¼), per tutta la durata del brano o solo in singole sezioni (nn. 2, 4, 7, 9, 11, 13, 14, 17, 21, 25), avvicinandosi a quella delle forme coreutiche. Anche nel caso delle canzonette lo stile è prevalentemente sillabico: per rispettare l’andamento ritmico e gli accenti forti del verso accade spesso che l’intonazione di quest’ultimo abbia inizio sui tempi deboli della misura (ovvero sul terzo tempo della scansione ternaria e sul secondo o quarto tempo di quella quaternaria) (Es. 3 e Es. 4).

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Es. 3, G.B. DA GAGLIANO (1623), Gioite, gioite, batt. 1-13

Es. 4, G.B. DA GAGLIANO (1623), Dormi, dormi, io già non voglio, batt. 1-5

Da un punto di vista melodico, si tratta di brani dalle linee vocali semplici e cantabili; in quattro casi (nn. 4, 13, 17, 23) le singole strofe vengono separate inoltre da brevi interludi strumentali.

L’unico uso di tempo ternario in una forma poetica diversa dalla canzonetta è quello delle battute 9-13 di Ninfe, prole del ciel, donne e regine (n. 5): in corrispondenza del verso n. 3 («che l’argentato piè sciogliendo a’ balli») e del riferimento al ballo ivi contenuto, Gagliano sceglie infatti di interrompere l’andamento in  e di utilizzare,

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richiamandosi al significato del vocabolo intonato (dunque per sole quattro misure), quello in ³½ (Es. 5, in particolare le batt. 9-12).

Es. 5, G.B. DA GAGLIANO (1623), Ninfe, prole del ciel, donne e regine, batt. 7-14

Anche per il componimento Che più da me chiedete, occhi crudeli (n. 8), il musicista opta per un’intonazione di tipo strofico, applicando il medesimo schema ritmico-melodico a ogni terzina; contrariamente a quanto avviene però con le canzonette, ove solo la prima strofa di una poesia si trova sotto la musica, mentre le restanti trovano posto in coda al brano solo in forma di testo, in questo caso tutti i versi vengono collocati in partitura.

Rimanendo ancora nell’àmbito dei brani a una voce e continuo, all’interno dell’eloquio musicale i versi non vengono in genere spezzati né inframezzati da pause, diversamente da quanto si riscontra invece nelle musiche di altri compositori fiorentini dell’epoca.45 Solo in pochi casi Gagliano interrompe il dettato metrico del testo con brevi pause, per dilatare il testo ed enfatizzarne il contenuto (Es. 6); ciò dà luogo talvolta anche all’eliminazione della sinalefe che si creerebbe tra due termini consecutivi all’interno di uno stesso verso (Es. 7).

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Es. 6, G.B. DA GAGLIANO (1623), Tu languisci e tu mori, o Giesù mio, batt. 29-43

Es. 7, G.B. DA GAGLIANO (1623), Dormi, dormi, io già non voglio, batt. 9-12

Dato il prevalere di uno stile sobrio assai affine quello del dettato poetico, Gagliano ripete raramente singole parole del testo o porzioni di verso nei brani a voce sola; ciò si verifica piuttosto nelle pagine a due voci. Diverso il caso dei ritornelli veri e propri, utilizzati tanto nelle canzonette quanto in alcuni madrigali (n. 18, batt. 9-27 e n. 19, batt. 14-28).

Di particolare interesse è la cadenza utilizzata in molti brani a conclusione del verso: come ha messo in evidenza Paolo Fabbri, secondo una prassi inaugurata da Peri e utilizzata poi anche da altri musicisti all’inizio del 1600, Gagliano pone spesso «in levare l’ultima sillaba del verso (atona), facendone al contempo una sfuggente

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appoggiatura che risolve nel battere successivo con una minima vocalizzazione»;46 pur rappresendo un’‘infrazione’ rispetto al regolare trattamento degli accenti, ciò permette, ritardando l’arrivo della cadenza, di conferire al discorso un diverso andamento in sede conclusiva (Es. 8, in particolare le batt. 55-56).

Es. 8, G.B. DA GAGLIANO (1623), Luci, stelle damor chiare e ardenti, batt. 52-56.

Quanto all’uso di cromatismi e dissonanze, ciò si riscontra in particolare nei quattro madrigali spirituali: Ecco che pur s’arriva (n. 18, per due Tenori e continuo); È morto il tuo Signore (n. 19, per Soprano e continuo); Care amorose piaghe (n. 20, per due Tenori e continuo); Tu languisci e tu mori, o Giesù mio (n. 22, per Soprano e continuo). Si tratta infatti di testi in cui si evocano temi quali il dolore e la morte, umana e di Cristo, e in cui trovano posto alcuni stilemi tipici del lamento in musica, come l’impiego di intervalli di sesta minore per esprimere il tormento e l’afflizione descritte dai versi47 (Es. 9).

Es. 9, G.B. DA GAGLIANO (1623), Tu languisci e tu mori, o Giesù mio, batt. 20-23

Anche il cromatismo viene utilizzato a scopo espressivo, come dimostrano i seguenti passi (Es. 10 e Es. 11).

46 FABBRI 2007, pp. 12-14.

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Es. 10, G.B. DA GAGLIANO (1623), È morto il tuo Signore, batt. 1-14

Es. 11, G.B. DA GAGLIANO (1623), Tu languisci e tu mori, o Giesù mio, batt. 1-7

I cinque brani a due voci (nn. 5, 9, 18, 20, 25) presentano, sotto il profilo dell’andamento ritmico e della suddivisione del testo tra le voci, molteplici soluzioni. In alcuni di questi, come nel sonetto Ninfe, prole del ciel, donne e regine (n. 5) o nella canzonetta Se tu sei bella (n. 9), a sezioni in cui le due voci di Soprano procedono in modo omoritmico, a distanza di una terza minore, o in cui il testo viene cantato da una sola voce (come avviene in Ninfe, prole del ciel, batt. 29-37, in corrispondenza dei vv. 7-8), si alternano misure in cui il verso viene intonato inizialmente da una sola

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voce ma subito ripreso dall’altra: nella maggior parte dei casi quest’ultima lo intona a una distanza di terza minore o di quarta giusta (superiore o inferiore) rispetto alla prima (Es. 12), altre volte si tratta invece di un vero e proprio canone (Es. 13)

Es. 12, G.B. DA GAGLIANO (1623), Se tu sei bella, batt. 1-3

Es. 13, G.B. DA GAGLIANO (1623), Ninfe, prole del ciel, donne e regine, batt. 43-46

Gagliano fa però sempre in modo, in questi come in altri brani a due voci, che la parte finale del verso venga eseguita omoritmicamente dalle due cantanti: seguendo quanto tipico del nuovo stile, ciò permette che, anche in quei brevi passaggi in cui la ripetizione di porzioni di verso o l’entrata sfalsata delle due voci rendono il dettato poetico meno comprensibile alle orecchie dell’ascoltatore, non venga del tutto a mancare l’intelligibilità del testo.

Non sono assenti anche in queste pagine veri e propri madrigalismi: nel madrigale Ecco che pur s’arriva (n. 18), dopo una sezione in cui il testo viene cantato da una sola voce o da entrambe in modo sillabico e omoritmico (batt. 17-28), in corrispondenza dell’ultimo endecasillabo, «precipitoso cade, e senza aita», i due Tenori procedono intonando il verso in maniera sfalsata e ‘precipitando’ velocemente, mediante crome e biscrome in ritmo puntato, per grado congiunto discendente, per due volte consecutive (Es. 14).

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Es. 14, G.B. DA GAGLIANO (1623), Ecco che pur s’arriva, batt. 29-37

Relativamente al basso continuo, nei 25 brani in cui viene utilizzato questo è caratterizzato in genere da poche note legate e da figurazioni di minime e semiminime; non mancano esempi di andamento più mosso (come nei brani nn. 8, 11, 23), in cui il basso si articola in una serie consecutiva di crome che procedono per grado congiunto (nei tempi ordinari in ) o in semiminime (nei tempi in proporzione) (Es.15).

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Il musicista non si serve in questa sede di bassi ostinati; da un punto di vista armonico non sono inoltre presenti progressioni inusuali né artificiose dissonanze tra voce e continuo.

In coda al libro trovano posto i tre brani più complessi della raccolta (nn. 24, 25, 26), complessità che non riguarda tanto specifiche scelte musicali quanto l’aspetto più propriamente formale. Al già analizzato Ecco ch’io verso il sangue (n. 24) segue O notte amata (n. 25), la sola canzonetta intonata secondo un principio non esclusivamente strofico il cui testo viene tratto, come già osservato, dal Gran Natale di Christo di Cicognini. È scritta per due voci, Alto e Tenore (con ogni probabilità i due pastori che cantano questo testo nel dramma sacro di cui sopra) su sostegno del continuo. Ai primi quattro versi, affidati a entrambe le voci, seguono quattro misure esclusivamente strumentali (batt. 9-12). I vv. 5-8 vengono invece suddivisi tra le due voci: i primi due al Tenore, i successivi all’Alto; i vv. 9-10, che concludono la prima strofa, sono affidati nuovamente alle due voci. Dopo un nuovo intervento strumentale ha inizio la seconda stanza, affidata, in corrispondenza dei vv. 11-18, su una diversa linea melodica, alla sola voce di Alto; come nella strofa precedente, ai primi quattro versi segue il medesimo interludio delle misure 9-12. I vv. 19-20 vengono cantati dalle due voci sullo stesso modulo musicale dei vv. 8-10: il ritorno di una melodia si accompagna quindi al ripresentarsi di un medesimo testo;48 segue, infine, l’intervento strumentale già udito al termine della prima strofa. La canzonetta ha un andamento in ³²½: soltanto in corrispondenza dei vv. 9-10 e 19-20 Gagliano opta per il tempo , determinando un cambio di passo molto ben percettibile (Es. 16).

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Es. 16, G.B. DA GAGLIANO (1623), O notte amata, batt. 13-26

Il fatto che il compositore scelga questa diversa e singolare modalità di intonazione per una canzonetta non è dovuto a ragioni interne al testo; si può forse ipotizzare che tanto la sua brevità (due sole strofe, e non tre o più come avviene in tutte le altre canzonette del libro) quanto la sua destinazione scenica abbiano indotto il compositore a rinunciare a una piana stroficità e a cercare piuttosto una veste musicale più articolata e interessante. Questo tipo di soluzione permette infatti di porre maggiormente in risalto il testo (in cui i due pastori, «cercando del Presepio», cantano rivolgendosi alla notte in cui è nato il Salvatore) e di enfatizzarne il contenuto, rendendolo più denso e incisivo rispetto a quanto non sarebbe avvenuto utilizzando il mero principio strofico. Gagliano sceglie infine di inserire un brano a 5 voci senza basso continuo (Gioite, o selve, o colli, n. 26) a conclusione del libro: un esempio di scrittura polifonica che alterna sezioni omoritmiche a misure in cui il testo, sebbene suddiviso o ripetuto tra le diverse voci, risulta comunque

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comprensibile nel suo complesso e non viene sottoposto a significative disgregazioni.

La ricca vicenda biografica di Gagliano e la varietà di soluzioni musicali prospettata da questo libro portano a supporre che in esso, che vide le stampe solo nel 1623, siano confluiti, come accadeva spesso all’epoca, brani scritti in epoche precedenti e già eseguiti. Nonostante si tratti del solo volume di musiche a una o più voci e basso continuo nella produzione di un musicista che, sulla scia del più noto fratello Marco, fu attivo soprattutto nelle principali sedi della vita religiosa fiorentina e si dedicò prevalentemente alla produzione di musica sacra, la stampa del 1623 mostra come, in linea con le tendenze musicali del tempo, Giovanni Battista da Gagliano seppe conciliare la conservazione di una prassi compositiva polifonica legata alla sua attività di maestro di cappella prima presso l’Arcangelo Raffaello, quindi in San Lorenzo, con le esigenze stilistiche suggerite dall’affermazione del nuovo stile recitativo, sia in àmbito cameristico sia in quello drammatico. Le sue Varie Musiche ben esemplificano inoltre la varietas contenutistica di molti dei libri di questo tipo di questi anni: dalla presenza di diversi generi poetici intonati (madrigali, canzonette, sonetti, stanze di canzone), con sperimentazioni metriche e ritmiche applicate nella forma maggioritaria della canzonetta ‘alla Chiabrera’, a intonazioni tanto di tipo durchkomponiert quanto strofiche, a brani a una e due voci con continuo che non escludono, talvolta, la presenza di un breve intervento polifonico, e ancora a testi dai contenuti profani che convivono a fianco di un discreto numero di poesie spirituali, alcune delle quali provenienti dal contesto drammaturgico di àmbito spirituale, in cui Gagliano fu impegnato attivamente come musicista.49 Composizioni destinate quindi ad ambienti e a occasioni diverse, talvolta addirittura traslate da un contesto a un altro. Forse solo un piccolo assaggio di un genere, quello del nuovo canto a una o più voci e basso continuo, al suo interno assai ricco e variegato, che vale la pena di essere ancora indagato, trascritto e soprattutto eseguito, perché possa rivivere ed essere valorizzato nella sua varietà e complessità.

49 Scrisse infatti le musiche per quattro drammi di argomento sacro, le cui musiche sono andate perdute; si

conservano solo i libretti, editi a Firenze: La benedizione di Iacob (G. M. Checchi, 1622); Il gran Natale di Christo (J. Cicognini, 1622); La celeste guida (J. Cicognini, 1624); Il Martirio di Sant’Agata (J. Cicognini, 1624).

PARTE TERZA

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Edizione delle

Varie Musiche di Gioambattista da Gagliano.

Libro primo (1623)

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I.1 Fonti

Stampato a Venezia da Alessandro Vincenti nel 1623, il primo e unico libro a stampa a una e due voci e basso continuo di Giovanni Battista da Gagliano, Varie musiche di Gioambattista da Gagliano. Libro primo. Novamente composto, et dato in luce. Con privilegio, reca una dedicata a Baccio da Sommaia datata Firenze, 1 giugno 1623.

Si tratta di un volume in 4°, costituito da 38 pagine. Altri esemplari della medesima edizione si trovano presso la Bibliothèque du Conservatoire Royal de Musique di Bruxelles, la Biblioteka Uniwersytecka di Wroclaw (Breslau) e nella Newberry Library di Chicago. Non risultano, al momento, tetimonianze in forma manoscritta. Per l’edizione dei testi poetici e delle musiche abbiamo utilizzato l’esemplare conservato a Firenze presso la Biblioteca Nazionale Centrale (RISM A/I G 100) con segnatura Mus. Ant. 9. Per i criteri di edizione si rimanda alle note specifiche.

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