Come ha dimostrato recentemente Elisa Goudriaan, tra il 1600 e il 1660 la vita culturale (inclusa dunque quella spettacolare) fiorentina non era legata esclusivamente agli esponenti della famiglia Medici né dipendeva totalmente da costoro. Molti membri del patriziato fiorentino, che spesso ricoprivano incarichi quali funzionari di Stato, ambasciatori e senatori del governo, collaborarono infatti in maniera sostanziale con la vita spettacolare tanto della corte quanto in generale della città, contribuendo ad arricchire il clima culturale di Firenze.62
Vari documenti relativi al casato mediceo attestano inoltre attività spettacolari e musicali che si svolgevano all’interno delle residenze private delle nobili famiglie ruotanti attorno ai granduchi.63 Tra le principali incontriamo quelle dei Corsi, Guicciardini, Rinuccini, Rucellai, Riccardi, in alcune delle quali (si pensi in primo luogo alla famiglia Corsi) era presente una tradizione e una continuità di attività musicali già dal Cinquecento.64 Sebbene la musica rappresentasse una delle componenti più importanti della cultura di molti
62 Si veda GOUDRIAAN 2015. Goudriaan dimostra che il ruolo più rilevante fu quello ricoperto dagli
ambasciatori medicei, come emerge dai carteggi di Giovanni Niccolini (1544-1611) e di Piero Guicciardini (1569-1626), oggetto dell’indagine della studiosa olandese.
63 Come ha sottolineato Donatella Pegazzano, a partire dalla fine del Cinquecento «i patrizi fiorentini
diventano cortigiani del principe e soprattutto coloro che riusciranno a legarsi ai signori medicei, grazie ai più svariati incarichi svolti presso la corte, manifesteranno in alto grado l’adeguamento ai costumi, ai gusti estetici ed artistici scaturiti dalla casa dominante» (PEGAZZANO 2010, p. 7). Sul rapporto tra il patriziato e la dinastia medicea nel periodo tardo rinascimentale si vedano gli studi di Furio Diaz (in particolare DIAZ 1980) e BIZZOCCHI 1994; molta bibliografia su queste tematiche è citata in CONTINI 1997.
64 Sulla committenza e il collezionismo della famiglia Corsi si vedano CARTER 1991 e soprattutto i
recenti contributi PEGAZZANO 2009 e 2010, e ancora Quadrerie e committenza nobiliare a Firenze 2015, pp. 69-124.
45
patrizi fiorentini, essendo da tempo una disciplina fondamentale nell’educazione del gentiluomo, e nonostante che anche queste famiglie, proprio come i Medici, disponessero di strumenti musicali all’interno delle loro case (e delle loro collezioni), la presenza di una tradizione musicale non costituiva un elemento comune alla maggior parte di queste.
In modo diverso da quanto è avvenuto per l’ambiente romano, relativamente al quale molti studiosi hanno indagato circa l’esecuzione di musiche (in particolare di cantate, a partire dal secondo quarto del Seicento) nelle dimore private delle famiglie aristocratiche,65 nessuno fino a questo momento si è soffermato sui luoghi dedicati alla musica nei palazzi delle nobili famiglie fiorentine nel corso del secolo XVII.66 Ciò è dovuto innanzitutto alla diversa situazione politica che caratterizzava le due città: essendo infatti assente a Roma una corte, le singole famiglie aristocratiche costituivano di fatto tante piccole corti, i cui archivi sono stati oggi in gran parte spogliati. A Firenze, l’attenzione è stata invece prima di tutto rivolta all’ingente mole di documenti medicei e alle altrettante numerose notizie relative alla spettacolarità di corte ivi presenti; solo secondaria è stata pertanto l’attenzione rivolta a questa dimensione presso altre famiglie.
Servendosi in questa sede esclusivamente di carte medicee, tra le esecuzioni spettacolari e musicali documentate presso alcune nobili abitazioni troviamo ad esempio quelle avvenute presso il Palazzo Della Gherardesca in Borgo Pinti,67 ove risiedeva Ugo Rinaldi:68 come ricordano i Diari del Tinghi, il
65 Oltre al noto e fondamentale contributo La musica a Roma attraverso le fonti d’archivio 1994, si ricordano
gli studi sulle famiglie romane dei Barberini, Borghese, del Monte, Ludoviti, Mattei, Montalto, Orsini a opera dei musicologi Bianca Maria Antolini, James Chater, John Walter Hill, Frederick Hammond, Valerio Morucci, Margaret Murata, Arnaldo Morelli, Franco Piperno. Silvia Bruno ha proposto in più occasioni un approccio interdisciplinare tra arte e musica-teatro in ambiente romano (BRUNO 2005 e 2008).
66 Tra i pochi studi si ricorda il già citato PEGAZZANO 2010.
67 Si tratta dell’attuale Via Giusti, oggi sede del Museo di Storia Naturale di Firenze.
68 Il grande palazzo (e il relativo parco di 4,5 ettari) si trova a Firenze nell’attuale Borgo Pinti, 99. Fu
eretto su progetto di Giuliano da Sangallo sugli ampi terreni posseduti dall’Ospedale degli Innocenti, acquistati nel 1473 da Bartolomeo Scala, cancelliere della Repubblica sotto Lorenzo il Magnifico, diplomatico e cólto umanista. Nel 1585, per volontà di Giulio Scala, nipote di Bartolomeo, l’edificio passò ai Medici, nella persona del Cardinale Alessandro (futuro papa col nome di Leone X); quindi, nel 1606, fu ereditato dalla sorella Costanza, vedova di Ugo Della Gherardesca. Il figlio di Costanza, Simone, ne divenne proprietario alla morte della madre e i Della Gherardesca lo mantennero per tre secoli, arricchendolo di opere e compiendo diverse modifiche strutturali. Dopo numerosi passaggi di proprietà avvenuti a partire dalla fine dell’Ottocento (tra cui quello, dal 1883 al 1885, a Ismail Pascià, ex viceré d’Egitto, con l’intento non riuscito di trasferire qui il suo harem), il palazzo ha subìto un
46
24 ottobre del 1610 si tenne in un’altra residenza Rinaldi, quella di via Larga, «un festino di ballare dalle ore 22 perfino alle 24 ore», cui presero parte i granduchi, don Francesco de’ Medici e Paolo Giordano Orsini. In quelle stesse mura venne poi rappresentata, in occasione del carnevale del 1616, l’Aminta di Torquato Tasso, i cui cinque intermedi (Orfeo dolente)69 furono composti dal fiorentino Domenico Belli: il musicista era legato, oltre che alla corte, proprio al mecenatismo di Ugo Rinaldi, la cui casa di Borgo Pinti, come testimonia lo stesso Belli nella dedica all’Orfeo dolente, aveva spesso accolto esecuzioni musicali:
Il debito di devotione, che porto a V.S. molto illustre arricchito dalle continue gratie, e favori, con li quali mi ha sempre honorato, et il gusto accompagnato dall’intelligentia che ella tiene della Musica, e non piccol testimonio ne fanno molti concerti, che l’anni addietro s’è dilettato in publico far sentire, per se stessi sono stati bastanti a lasciarmi pigliar ardire sì di mandare alle stampe queste mie Musiche, come anco di aggrandirle com lo splendore del suo nome assicurandomi che spinte dalla dolce aura di quello, gratissime sieno per comparire al theatro del Mondo, per durarvi col capital della Gloria.
Fu ancora Belli a comporre le musiche, oggi perdute, per la favola marittima Andromeda, i sei intermedi su testo di Jacopo Cicognini che intervallavano una non identificata pastorale recitata nel marzo 1618 nel medesimo palazzo dagli accademici Storditi, in occasione della visita dell’Arciduca Leopoldo d’Austria: serata, quest’ultima, in cui intervennero anche i granduchi, nonché altre famiglie del patriziato fiorentino.70 Ancora in casa Rinaldi si tenne, durante il carnevale del febbraio 1623, la festa d’armi e di ballo Le fonti d’Ardenna, su testo di Andrea Salvadori e musiche (oggi perdute) di Marco da Gagliano.71 Non sappiamo con precisione dove si svolgessero
radicale restauro in occasione dell’apertura (giugno 2008) di un hotel di lusso della catena Four Seasons, che tutt’oggi ospita. Sulla storia dell’edificio dall’antichità a oggi si vedano GINORI LISCI 1972, I, pp. 529-536, PELLECCHIA 1989 e i due recenti testi, a cura di Marco Ferri, Palazzo Scala-Della Gherardesca 2010 e Una Dimora Storica 2011.
69 Il titolo che compare sulla stampa è Orfeo dolente. Musica di D. B. Diviso in cinque Intermezzi con li quali il
Signor Ugo Rinaldi ha rappresentato l’Aminta, favola boschereccia del Sig. Torquato Tasso. All’altezza delle messe
in scena di Aminta / Orfeo dolente (ma anche dell’Andromeda di Cicognini pochi anni dopo, nel 1618) il proprietario del palazzo era Simone Maria Della Gherardesca (1588-1646), Conte, Cavaliere e gran Cancelliere dei Cavalieri di Santo Stefano, oltre che gentiluomo di camera del granduca Cosimo II. Cfr. MECATTI 1754, I, p. 177.
70 Documenti, Lettere, nn. 27, 28. Sugli eventi spettacolari organizzati per la visita dell’Arciduca Leopoldo
d’Austria e sui luoghi in cui essi si svolsero si veda MAMONE-PAGNINI 2013.
71 Le fonti d’Ardenna festa d’arme, e di ballo fatta in Firenze da dodici signori Accademici Rugginosi il carnevale
47
queste rappresentazioni, se il palazzo disponesse cioè di un teatro interno o di un salone adibito per l’occasione a luogo di spettacolo; se l’edificio accolse questo tipo di rappresentazioni e vide tra i suoi ospiti nomi di importanti compositori di brani nel nuovo stile, è assai probabile che nelle sue stanze si tenessero anche esecuzioni di musiche in stile recitativo, proprio come a corte.
Un nome che ricorre molto frequentemente, tanto negli epistolari medicei quanto nelle notizie concernenti l’attività spettacolare di corte, è quello di Alessandro Del Nero (1568-1650), Barone di Porcigliano. Appartenente alla nobile famiglia dei Del Nero da tempo legata ai Medici,72 nipote del Cardinale Francesco Maria del Monte, Alessandro fu un personaggio importante nell’ambiente sia politico sia cortigiano della prima metà Seicento: fece parte infatti di alcuni dei principali organi di governo cittadini quali il Consiglio dei Duecento e il Senato dei Quarantotto, e ricoprì diverse importanti cariche per i Medici, tra cui quelle di funzionario e diplomatico di corte.73 Mecenate e committente di pittori quali Francesco Furini (cognato di Andrea Salvadori) e Stefano della Bella,74 fu il dedicatario del libro di Musiche a voce sola di Domenico Visconti del 161675 e delle Varie Musiche a 1-2 voci (opera sesta) del
d’Urbino Federico Ubaldo della Rovere; il testo venne messo in scena da dodici accademici Rugginosi, tra i
quali lo stesso padrone di casa, Ugo Rinaldi, nel ruolo di Alceste. Sullo spettacolo di Andrea Salvadori negli anni 1621-1628 si veda la tesi di laurea SARÀ 2001.
72 I Del Nero appartennero fin dal Trecento alle arti fiorentine e parteciparono alla vita pubblica della
città, ma furono Francesco (1487-1563) e Agostino (1504-1576), intorno alla metà del Cinquecento, a consolidare la fortuna della loro famiglia. Francesco fu, tra l’altro, tesoriere generale di Clemente VII Medici, mentre Agostino fu prima tesoriere di Romagna, poi della Marca di Ancona e nel 1568 acquistò il feudo baronale di Porcigliano, nel territorio romano. Una volta tornato a Firenze e nominato senatore da Cosimo I, nel 1552 acquistò il palazzo che i Nasi avevano iniziato a costruire sulla piazza dei Mozzi, e ne continuò l’edificazione. Il figlio di Agostino, Tommaso, assunse poi la direzione della fabbrica e vi fondò l’Accademia degli Alterati, che si riuniva proprio in una camera del palazzo di piazza dei Mozzi, a piano terra. Furono però i fratelli di Tommaso, Nero (1548-1605) e Francesco (1552-1599, padre di Alessandro) a dare seguito alla famiglia. I Del Nero si estinsero nel 1816, determinando il passaggio ai Torrigiani: Ottavia di Giovan Battista Guadagni, infatti, che aveva sposato il vedovo Cerbone Filippo Del Nero († 1816), esponente della sua famiglia, passò l’eredità del patrimonio Del Nero ai figli del fratello Pietro, ormai Torrigiani.
73 Alessandro di Francesco Del Nero nacque a Firenze l’8 agosto 1568 da Francesco di Agostino e
Ottavia di Rinieri Del Monte. Si distinse in particolare come ambasciatore in due momenti: nel 1621 comunicò la morte di Cosimo II nelle città di Massa, Lucca, Genova e in Savoia; nel 1639, in occasione della nascita del figlio di Luigi XIII, il granduca Ferdinando II lo inviò come ambasciatore straordinario a Parigi per complimentarsi con i sovrani. Per altre notizie biografiche si rimanda alla voce di Diana Toccafondi, Del Nero, Alessandro, in Dizionario biografico degli italiani, vol. XXXVIII, 1990,
pp. 169-170 (disponibile online all’indirizzo <www.treccani.it/enciclopedia/alessandro-del- nero_(Dizionario_Biografico)/>).
74 CATALUCCI 2014a, pp. 157-158.
75 Dalle prime righe della dedicatoria emerge l’interesse di Del Nero per la musica: «Leggesi che il
48
1621 di Raffaello Rontani (musicista fiorentino, a quell’altezza temporale ormai trasferitosi in ambiente romano); il Del Nero fu anche uno dei protettori di Jacopo Peri: musicista, quest’ultimo, che frequentò abitualmente la casa del Barone («in casa del quale egli era domestichissimo»).76 Insieme a Giovanni de’ Bardi, Alessandro Del Nero fu protettore della rappresentazione di Andrea Cicognini La celeste guida, su musiche di Giovanni Battista da Gagliano;77 durante la sua vita partecipò inoltre a numerose feste a Firenze,78 e rivestì ruoli in alcuni balli in maschera: il 21 dicembre 1628 risulta ad esempio tra i partecipanti a una delle quattro quadriglie di cavalieri che animarono gli intermedi di Mercurio e Marte, una fastosa opera-torneo con testi di Claudio Achillini e musiche di Claudio Monteverdi che andò in scena per l’inaugurazione del teatro Farnese di Parma avvenuta in occasione dei festeggiamenti per le nozze tra il sedicenne Odoardo I Farnese e Margherita de’ Medici, figlia dei granduchi di Toscana Cosimo II e Maria Maddalena d’Austria.79 Casa Del Nero fu inoltre in più occasioni sede di rappresentazioni musicali, balli e mascherate: la Mascherata di Covielli nel 1618,80 la già citata festa Le fonti d’Ardenna nel 1623, e ancora la Mascherata di vecchi innamorati, ballo danzato e cantato dagli accademici Rugginosi nel 1627.81 In molte lettere medicee si parla inoltre di veglie di gioco, commedie, commedie all’improvviso, carnevali e generici «festini», come vengono chiamati, che furono ospitati nel salone situato al primo piano del palazzo dei Del Nero,82 e
virtù di essi con maggior felicità terminavua le fortissime imprese. V. S. Illustriss. rende anch’ella glorioso tal nome, e forse perché dalla Musica vengon più eccitati i suoi generosi pensieri, e però sommamente amatrice di sì nobile arte».
76 CARTER – GOLDTWAITE 2013, p. 338.
77 Si veda CANCEDDA – CASTELLI 2001, p. 45. Sul patronage musicale di Giovanni de’ Bardi cfr.
CARTER 2000b.
78 Tra cui barriere e molte giostre del Saracino in cui «corse in cappa», come dimostrano i Diari del
Tinghi.
79 Per la descrizione di questo spettacolo, che vide tra i cantanti presenti anche Giulio Caccini, si veda
DONATI 1817, pp. 73-79 (in particolare p. 76 per Alessandro Del Nero).
80 Mascherata di Covielli, ballo danzato nel Palazzo del Sig. Alessandro del Nero, Zanobi Pignoni, Firenze,
1618.
81 Mascherata di vecchi innamorati, ballo danzato e cantato dagli Accademici Rugginosi in casa de’ Signori del Nero,
Pietro Cecconcelli, Firenze, 1627.
49
a cui parteciparono talvolta gli stessi granduchi;83 in un caso si parla addirittura di alcune «barriere» che avrebbero avuto luogo in casa Del Nero.84
Anche i Diari del Tinghi documentano numerose esecuzioni di musiche e commedie nelle stanze della residenza di Alessandro Del Nero e della moglie Maddalena.85 Dagli studi fino a oggi effettuati sugli inventari della famiglia, di cui sono state trascritte soltanto le voci propriamente relative a oggetti artistici o a manufatti artisticamente interessanti, non è possibile attestare la presenza nel palazzo di strumenti musicali. Una testimonianza dell’interesse e del coinvolgimento di Alessandro Del Nero nell’attività spettacolare cittadina è data dal suo testamento, datato 31 gennaio 1650, nel quale raccomanda ai figli i suoi tanti abiti fatti cucire «con molta spesa» per feste e funzioni pubbliche, chiedendo che ne venga stilato poi un inventario.86 Sappiamo ancora che insieme a uomini come Antonio Antinori, Giovanni Del Turco, Ottavio Rinuccini, Piero Strozzi e altri, Alessandro fu tra i «principalissimi signori e gentil’huomini» dell’Accademia degli Elevati, fondata a Firenze nel giugno 1607 sotto la protezione del Cardinal Ferdinando Gonzaga.87
Quanto all’ubicazione del palazzo, questo si trovava a Firenze nell’attuale piazza dei Mozzi.88 In un’epistola del 164589 si fa riferimento inoltre a una conversazione di Dame che si tenne «in villa del Signor Alessandro Del Nero alla Quiete»: si tratta in questo caso di Villa La Quiete
83 Tra questi, i balli che il Del Nero dette in onore delle sue nozze con Maddalena Bartoli nel
novembre e dicembre 1603 (Documenti, Diari di Cesare Tinghi, nn. 2, 3). Per gli altri esempi si vedano
Documenti, Lettere, nn. 45, 46, 47, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 65. Il più delle volte si parla della casa di
Alessandro Del Nero o, in generale, di casa Del Nero; più raramente di quella della moglie Maddalena Del Nero (ovvero Maddalena di Camillo Bartoli). Diversamente da CATALUCCI 2014a, che riporta solo documenti tratti dai Diari del Tinghi nella trascrizione di Angelo Solerti, in questa sede sono state rinvenute notizie riguardanti la spettacolarità di casa Del Nero anche in altri passi degli stessi Diari, nonché in diverse lettere.
84 Documenti, Lettere, nn. 45, 56. La barriera era un gioco caratterizzato da un combattimento tra uomini
armati con una sbarra nel mezzo, assai diffuso a corte soprattutto nel periodo del regno di Cosimo II. Cfr. ALBERTI 1999.
85 Documenti, Diari di Cesare Tinghi, nn. 3, 4, 16, 84. 86 CATALUCCI 2014a, pp. 158 e 174, nota n. 105.
87 CARTER – GOLDTWAITE 2013, p. 361. Sull’Accademia degli Elevati si veda STRAINCHAMPS 1976. 88 Il palazzo, attualmente noto come palazzo Del Nero-Torrigiani, si trova in piazza dei Mozzi, 5.
Edificato da Baccio d’Agnolo per Roberto Nasi e lasciato incompiuto, fu acquistato e terminato di costruire dai Del Nero nel 1552, che ne furono proprietari fino al 1816; divenne quindi patrimonio degli eredi Torrigiani, che lo ampliarono. Su questo palazzo e sulle collezioni dei Del Nero si vedano CATALUCCI 2014a e 2014b.; i Del Nero possedevano inoltre un Casino (su cui si veda qui la nota n. 92).
50
(oggi nota con il nome di Conservatorio della Quiete), situata nei dintorni di Firenze, sulle colline di Careggi, ai piedi di Monte Morello.90 A quell’altezza temporale Alessandro risiedeva infatti in questo complesso, non di sua proprietà, per essere pronto agli ordini di don Lorenzo de’ Medici, di cui era Maestro di Camera, che dimorava nella vicina Villa La Petraia;91 è ipotizzabile dunque che, oltre che luogo di conversazioni, anche questo ambiente sia stato sede di esecuzioni spettacolari e musicali.92
L’interesse di Alessandro per il teatro e la musica si concretizzò poi in aiuti pratici per alcuni allestimenti spettacolari cittadini: come emerge da una lettera scritta da Giovan Carlo de’ Medici all’Arciduca Leopoldo nel 1628, ad esempio, in occasione della visita a Firenze dell’Arciduca d’Austria, il Del Nero si occupò dell’illuminazione del teatro che venne allestito nel cortile di Palazzo
90 Ricordata per la prima volta nel catasto fiorentino del 1427, la villa deve il suo nome alla posizione
appartata e tranquila che godeva sin dai tempi della sua costruzione. Appartenuta inizialmente ai fratelli Orlandini, dal 1438 la proprietà passò al capitano di ventura Niccolò da Tolentino, quindi a Filippo Taddei, a cui fu confiscata; nel 1593 fu comprata da Pier Francesco de’ Medici e in seguito pervenne a Cosimo I che la destinò ai commendatori dell’Ordine di Santo Stefano (1561). Il complesso si trovava in una zona particolarmente amata dalla famiglia dei Medici, che aveva nei dintorni numerose dimore (Villa di Castello, Villa la Petraia, Villa di Careggi). Nel 1627 la Villa fu acquistata da Cristina di Lorena, che la abbellì e vi dimorò a lungo, dando così inizio agli anni di maggior splendore di questo luogo: fu lei a commissionare a Giovanni da San Giovanni l’affresco della
Quiete che tiene incatenati i venti (1632), dal quale la villa prese in seguito il nome, e a far edificare un
passaggio sospeso che giungeva fino a un vicino monastero camaldolese, dedicato a San Giovanni Evangelista di Boldrone. Cristina avrebbe voluto legare il destino del complesso alle future granduchesse medicee ma le sue volontà testamentarie non furono rispettate: alla sua morte, avvenuta nel 1636, la villa passò in eredità al granduca Ferdinando II che la concesse in uso al principe Lorenzo Medici, il quale tuttavia preferì risiedere nella vicina Villa della Petraia. Venne in seguito venduta a Eleonora Ramirez di Montalvo, una nobile di origini spagnole alla ricerca di una sede al di fuori della città per la Congregazione delle “Minime Ancelle della Santissima Trinità”, da lei fondata nel 1647 e destinata all’educazione culturale e spirituale delle giovani nobili e di buona famiglia. Dal 1650 la villa divenne dunque sede del “Conservatorio delle Signore Montalve”. Nel 1659 Vittoria della Rovere, amica di Eleonora, prese sotto la sua protezione l’istituto, promuovendo l’edificazione della chiesa (1688) e, grazie all’aiuto dei domenicani di Santa Maria Novella, di una farmacia. Nel 1724 Anna Maria Luisa, più nota come l’Elettrice Palatina, ultimo esponente della famiglia Medici, vi trasferì la propria residenza, arricchendola con preziosi oggetti provenienti da Palazzo Pitti e Palazzo Vecchio. Avvalendosi dell’esperienza di Sebastiano Rapi, giardiniere di Boboli, realizzò inoltre lo splendido giardino all’italiana e l’acquedotto che lo irrigava. Anna Maria Luisa Medici continuò a condividere il complesso con le montalvine le quali, resistendo alle soppressioni leopoldine e napoleoniche, continuarono a svolgere il proprio ruolo di educatrici fino alla seconda metà del Novecento. Proprietà della Regione Toscana, la villa è attualmente gestita dall’Università degli Studi di Firenze e diventerà un polo museale, culturale e inderdisciplinare parte del sistema museale del suddetto Ateneo. Si veda Villa
La Quiete 1997; per le restanti informazioni si rimanda al sito <http://www.villalaquiete.unifi.it/>.