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Parte II: i diversi aspetti della rappresentanza esterna

2. Gli accordi inter-istituzionali

L’attuazione del principio di leale cooperazione riguarda essenzialmente la prassi degli accordi interisituzionali. La funzione dell’accordo interisituzionale nell’ordinamento dell’Unione “consiste principalmente nel dettare regole

condivise per assicurare che l’esercizio delle competenze di ciascuna istituzione avvenga secondo un metodo di reciproca cooperazione e non in modo competitivo e conflittuale. L’equilibrio istituzionale che ne dovrebbe derivare, in quanto fondato sul consenso, dovrebbe essere connotato da una maggiore effettività

L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e la Commissione 459

rispetto a quello realizzabile al di fuori di un accordo”. Gli accordi inter-460 istituzionali hanno assunto varie forme: da semplici dichiarazioni comuni a scambi di lettere o codici di condotta o ancora accomodamenti.

Il collegamento tra il principio di leale cooperazione e la conclusione di accordi interisituzionali è stato per la prima volta evidente nella Dichiarazione relativa all'articolo 10 del trattato che istituisce la Comunità europea contenuta nell’Atto finale della Conferenza di Nizza. In questa dichiarazione si dispone infatti che “il dovere di cooperazione leale che deriva dall'articolo 10 del trattato

che istituisce la Comunità europea e che regola le relazioni tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie regola anche le relazioni tra le istituzioni comunitarie stesse. Per quanto riguarda le relazioni tra le istituzioni, allorché risulta necessario, nel quadro di tale dovere di cooperazione leale, agevolare l'applicazione delle disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione possono concludere accordi interisituzionali. Tali accordi non possono né modificare né completare le disposizioni del trattato e possono essere conclusi unicamente con l'accordo di queste tre istituzioni”.

Questa dichiarazione, a cui è attribuito valore interpretativo , individuava nel 461 principio di leale cooperazione tra istituzioni, ora contenuto nell’art. 13.2 TUE, la base giuridica generale per la conclusione di accordi interisituzionali. Oltre a questa disposizione esistevano delle norme che costituivano delle basi giuridiche speciali, contenute in ambiti specifici o nei regolamenti interni delle istituzioni . 462

La prassi degli accordi interisituzionali pre-Lisbona può dividersi in tre fasi che ne caratterizzano l’andamento evolutivo. Nella prima fase questi erano essenzialmente accordi informali, come ad esempio le dichiarazioni in risposta a

Ibid., pag. 359. 460

R. BARATTA, La dichiarazione relativa agli accordi interisituzionali allegata all’Atto finale del 461

Trattato di Nizza, in DUE, 2004, pag. 744.

“Una valutazione globale delle norme comunitarie che contemplano gli accordi interistituzionali 462

consente di individuare tre categorie di norme. Anzitutto vi sono le norme che offrono una base giuridica generale per la stipulazione di questi accordi. A loro fianco si può collocare la categoria di norme che stabiliscono un fondamento specifico per la conclusione di taluni accordi in settori speciali dell’azione delle istituzioni comunitarie. Una terza categoria di norme è rappresentata dalle disposizioni che con varie metodologie recepiscono o codificano accori interistituzionali già stipulati. Quest’ultima categoria è prevalentemente contenuta nelle disposizioni dei regolamenti interni e si avvale generalmente della tecnica del rinvio a tali accordi”, L. SBULCI, Conflitti tra istituzioni

una richiesta del Parlamento di partecipare al processo decisionale . Nella 463 seconda fase essi hanno assunto la forma di dichiarazioni comuni, come la dichiarazione sui diritti fondamentali e quella sul miglioramento delle procedure 464 di bilancio . Nella terza fase queste intese hanno assunto la qualificazione di 465 accordo interisituzionale, che da quel momento ha rappresentato la denominazione più usata. Ciò è avvenuto con l’accordo del 1988 sulla disciplina di bilancio . 466

Il Trattato di Lisbona ha tuttavia introdotto una base giuridica apposita per gli accordi interisituzionali: l’art. 295 TFUE. Secondo questo articolo “il Parlamento

europeo, il Consiglio e la Commissione procedono a reciproche consultazioni e definiscono di comune accordo le modalità della cooperazione. A tale scopo, nel rispetto dei trattati, possono concludere accordi interisituzionali che possono assumere carattere vincolante”. L’introduzione di questa norma giustifica da un

punto di vista formale una pratica istituzionale ben consolidata e che ha rappresentato la più sviluppata forma di leale cooperazione istituzionale. L’art. 295 rappresenta quindi un’applicazione dell’art. 13.2 TUE.

La disciplina degli accordi interisituzionali non appare modificata a seguito dell’aggiunta dell’art. 295. Infatti, questo articolo richiama il contenuto della Dichiarazione sull’art. 10 CE in quanto prevede che le tre istituzioni politiche possano concludere questo tipo di accordi e, come si avrà modo di vedere, codifica la giurisprudenza della Corte secondo cui gli accordi interisituzionali possono essere vincolanti.

Come previsto dalla dichiarazione interpretativa, questi accordi non possono modificare o completare le disposizioni dei Trattati. Essi possono quindi attuare le disposizioni dei Trattati ed essere conformi agli stessi. Le ragioni di questi limiti sono chiare se si considera la sostanziale rigidità dei Trattati e il principio di attribuzione delle competenze. Per quanto riguarda il requisito soggettivo di chi può concludere i suddetti accordi, l’art. 295 chiarisce la non particolarmente felice formulazione della dichiarazione interpretativa sull’art. 10 CE secondo cui le J. MONAR, Interinstitutional agreements: the Phenomenon and its new Dynamics after Maastricht, 463

in CML Rev, 1994, pag. 696; altri esempi sono l’istituzione delle procedure “Luns” e “Westerterp” relative alla stipulazione degli accordi internazionali della Comunità europea, vedi L. SBULCI, Conflitti

tra istituzioni, cit., pag. 368.

Dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione del 5 aprile 464

1977, GU C 103 del 27 aprile1977.

Dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione del 30 giugno 465

1982, GU C 194 del 28 luglio 1982.

Accordo interisituzionale sulla disciplina di bilancio e sul miglioramento della procedura di bilancio 466

intese potevano essere concluse solo con l’accordo delle tre istituzioni politiche. In realtà, come è stato sostenuto in dottrina una tale formulazione non escludeva la 467 validità degli accordi interisituzionali bilaterali, ma si preoccupava di garantire che gli accordi bilaterali non andassero a detrimento delle competenze della terza istituzione esclusa.

La Corte ha affrontato la tematica degli effetti degli accordi interisituzionali in occasione di una sentenza nell’ambito delle relazioni esterne, la sentenza FAO . 468 Secondo la Corte, l’accomodamento tra Consiglio e Commissione ha carattere vincolante perché “dai termini dell’accordo risulta peraltro che le due istituzioni

hanno inteso impegnarsi reciprocamente” . Essa ha inoltre affermato che il 469 Consiglio“ha violato il punto 2.3 dell’accomodamento che era tenuto a

rispettare” e “si deve pertanto annullare la decisione del Consiglio” . Di 470 471 conseguenza, “l’eventuale carattere vincolante di questi accordi pare dipendere

non tanto dal loro oggetto quanto dall’intenzione delle istituzioni che li concludono” . 472

Il nuovo assetto istituzionale dell’azione esterna ha tuttavia richiesto l’utilizzo di una nuova modalità di intese che non coinvolgono solo le istituzioni politiche, ma anche gli organi ibridi come l’AR e il SEAE. È quindi opportuno chiedersi se queste intese siano accordi interisituzionali o quale sia la loro natura giuridica. Esempi di questo tipo sono gli accordi a livello di servizio conclusi dal SEAE e dalla Commissione e tra l’AR e la Commissione . 473 474

I primo luogo occorre considerare che gli accordi interisituzionali possono, come previsto dall’art. 295 TFUE, essere conclusi dalle istituzioni politiche dell’Unione. Nonostante la Corte di Giustizia abbia affermato che alcune norme che riguardano le istituzioni possono essere applicate anche nei confronti degli

R. Baratta, La dichiarazione relativa agli accordi interisituzionali, cit. 467

Causa C-25/94, Corte di Giust., Consiglio contro Commissione, 19 marzo 1996. 468 Ibid., par. 49. 469 Ibid., par. 50. 470 Ibid., par. 51. 471

G. GAJA, A. ADINOLFI, Introduzione al diritto dell’Unione europea, Editori Laterza, Roma/Bari, 472

2010, pag. 182.

Working Arrangements Between Commission Services and the European External Action Service 473

(EEAS) in Relation to External Relations Issues, SEC(2012)48, 13 gennaio 2012;

Joint Decision of the Commission and the High Representative of the Union for Foreign Affairs and 474

Security Policy on Cooperation Mechanism concerning the Management of Delegation of te European Union, JOIN(2012)8 final, 23 marzo 2012; Operational guidelines for the preparation and conduct of negotiations for framework agreements with third countries involving both the European Commission and the High Representative of the Union for Foreign Affairs and Security Policy (HR).

organismi dell’Unione, la specificità dell’art. 295 non sembra includere altri soggetti all’infuori delle tre istituzioni politiche. A dimostrazione di ciò, il suddetto articolo non si riferisce genericamente alle istituzioni, elencate peraltro all’art. 13 TUE, ma esclusivamente al Parlamento, alla Commissione e al Consiglio.

Al fine di comprendere la natura giuridica delle intese che coinvolgono gli organi ibridi è opportuno soffermarsi su due elementi che caratterizzano gli accordi interisituzionali: la possibilità di avere carattere vincolante e di essere sottoposti al giudizio di legittimità della Corte.

Come precedentemente ricordato, la Corte ha ricondotto la possibilità che un accordo interisituzionale abbia effetti vincolanti all’esistenza di una volontà delle parti in tal senso. La volontà delle parti, tuttavia, non può essere l’unico requisito in quanto occorre allo stesso tempo che una norma “conferisca all’accordo

interisituzionale l’idoneità a produrre effetti giuridici” . Prima dell’introduzione 475 dell’art. 295, questa norma era rappresentata dal principio di leale cooperazione ex art. 10 TCE, ora art. 13.2 TUE. L’obbligo di leale cooperazione può quindi essere considerato idoneo a “imprimere efficacia vincolante agli atti che siano adottati

per stabilire le modalità della sua attuazione” . Queste intese, adottate per dare 476 attuazione all’obbligo di cooperazione imposto dall’art. 3 della Decisione SEAE , che costituisce, come si vedrà nel prossimo paragrafo, un’applicazione 477 dell’art. 13.2 TUE, possono avere carattere vincolante alle stesse condizioni degli accordi interisituzionali, in altre parole l’esistenza di una volontà delle parti in tal senso. Tuttavia, anche nel caso in cui si contestasse la natura giuridica dell’art. 3 come applicazione dell’art. 13.2, quest’ultima disposizione rappresenterebbe comunque la base giuridica degli obblighi di cooperazione imposti implicitamente agli organi ibridi dalla natura dei compiti e delle funzioni loro attribuite dai Trattati.

Per quanto riguarda l’attitudine ad essere sottoposti al giudizio di legittimità della Corte, le intese in oggetto pongono alcune problematiche. Innanzitutto occorre ricordare che né l’AR né il SEAE sono istituzioni. Il loro status crea L. SBULCI, Conflitti tra istituzioni, cit., pag. 382, l’autore sostiene che non si potrebbe attribuire una 475

rilevanza esclusiva all’intenzione delle parti di assumere obblighi giuridici, ma che “questa intenzione

dovrebbe essere collegata ad una norma dell’ordinamento comunitario che conferisca all’accordo interisituzionale l’idoneità a produrre effetti giuridici”.

Ibid. 476

“Il SEAE può concludere accordi a livello di servizio coni pertinenti servizi del segretariato 477

generale del Consiglio, della Commissione o altri uffici o organi interisituzionali dell’Unione europea”, art. 3.3 della Decisione che fissa l’organizzazione e il funzionamento del SEAE.

quindi una sorta di asimmetria nel procedimento davanti alla Corte. Se infatti da un lato la Corte può, ai sensi dell’art. 263 TFUE, esercitare un controllo di legittimità sugli atti degli organi e degli organismi dell’Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi, questo controllo può avvenire solamente nel caso in cui ad impugnare l’atto sia un’istituzione, in questo caso la Commissione. L’AR o il SEAE, quindi, potrebbero partecipare al procedimento solo come convenuti ma non potrebbero ad esempio impugnare l’accordo nei confronti della Commissione. Questa asimmetria dei poteri è riconducibile alla natura sostanzialmente amministrativa del SEAE e al ruolo non indipendente dell’AR, ma è potenzialmente foriera di anomalie nel quadro degli equilibri istituzionali dell’Unione e, soprattutto, rischia di inficiare l’efficacia dell’azione dei suddetti organi e quindi l’azione esterna dell’Unione.

Di conseguenza, pur non rientrando nella categoria degli accordi interisituzionali, le intese concluse dalla Commissione e dagli organi ibridi possono avere carattere vincolante e, con qualche limitazione, essere sottoposti al controllo giurisdizionale della Corte in quanto rappresentano una forma di attuazione degli obblighi di leale cooperazione previsti dall’art. 13.2 TUE.

3. La natura giuridica dell’art. 3 della Decisione del Consiglio che fissa