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Il problema del contenuto dell’art 13.2 TUE

Parte II: i diversi aspetti della rappresentanza esterna

1. Il problema del contenuto dell’art 13.2 TUE

il SEAE. - 4. Principio di leale cooperazione e principio dell’equilibrio istituzionale: differenze e rapporto. - 5. Bibliografia.

1. Il problema del contenuto dell’art. 13.2 TUE.

Il principio di leale cooperazione nella sua accezione orizzontale, quindi avente ad oggetto gli obblighi spettanti a ciascuna istituzione nei confronti delle altre istituzioni, è stato codificato per la prima volta nel Trattato di Lisbona. L’art. 13.2 TUE prevede infatti che “le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione”.

Prima della codificazione, esso era considerato un “principio generale

ricavabile per induzione dai Trattati” . Nonostante non fosse esplicitato in 446 norme specifiche, quindi, se ne poteva ipotizzare il “carattere strutturale perché

fondato sull’esigenza, implicita nel sistema, che le istituzioni funzionino in modo efficiente” . 447

In alcune occasioni la Corte ha ricondotto il principio di leale cooperazione tra istituzioni nell’alveo del principio di leale cooperazione “verticale”. In particolare, essa ha affermato che il principio di leale cooperazione ex art. 10 TCE (ora art. 4.3 TUE) si applica anche al ai rapporti tra istituzioni . Nel caso Grecia contro 448 Consiglio, la Corte ha osservato che nell’ambito del dialogo tra istituzioni

“prevalgono gli stessi obblighi reciproci di leale cooperazione che, come la Corte ha osservato, disciplinano i rapporti tra gli Stati membri e le istituzioni

R. BARATTA, La dichiarazione relativa agli accordi interistituzionali allegata all’Atto finale del 446

Trattato di Nizza, in DUE, 2001, pag. 746.

Ibid. 447

Vedi causa C-230/81, Granducato del Lussemburgo contro Parlamento europeo (1983) ECR I-258; 448

causa C-204/86, Repubblica ellenica contro Consiglio (1988) ECR I-5354; causa C-65/93, Parlamento

comunitarie” . Inoltre, nella causa Parlamento europeo contro Consiglio , essa 449 450 ha respinto un ricorso del Parlamento volto ad annullare un regolamento adottato dal Consiglio per violazione di forme sostanziali sulla base della violazione del principio di leale cooperazione. Secondo la Corte, infatti, “nell’ambito del dialogo

interistituzionale sul quale si basa essenzialmente la procedura di consultazione, la Corte ha ritenuto che prevalgano gli stessi obblighi reciproci di leale cooperazione che disciplinano i rapporti tra gli Sati membri e le istituzioni comunitarie” . E ancora “adottando un simile comportamento il Parlamento è 451

venuto meno al proprio obbligo di leale cooperazione con il Consiglio” . 452

Secondo alcuni autori, un’applicazione del principio di leale cooperazione nell’ambito delle relazioni esterne pre-Lisbona era rappresentata dall’art. 3.2 TUE, il quale disciplinava la cooperazione tra Consiglio e Commissione nell’ambito dell’azione esterna. Secondo tale disposizione “l’Unione assicura in particolare la

coerenza globale della sua azione esterna nell’ambito delle politiche in materia di relazioni esterne, di sicurezza, di economia e di sviluppo. Il Consiglio e la Commissione hanno la responsabilità di garantire tale coerenza e cooperano a tal fine . Essi provvedono, nell’ambito delle rispettive competenze, ad attuare dette 453

politiche”. Il Consiglio e la Commissione dovevano dunque garantire la coerenza

dell’azione esterna e avevano l’obbligo di cooperare a tal fine. L’introduzione dell’obbligo di leale cooperazione nella sua accezione verticale dopo il trattato di Amsterdam rafforza il contenuto dell’art. 3 TUE, il quale “mirrors and

supplements the principle of cooperation binding the Member States and Community institutions under Article 10 CE” . Tuttavia, diversamente dall’art. 454 10 CE, l’art. 3 TUE non rientrava nella giurisdizione della Corte di Giustizia , il cui ruolo in relazione ai rapporti tra CE e UE erano limitato al controllo della

“consistency”, quindi all’assenza di antinomie tra le differenti azioni della CE e

dell’UE, sulla base dell’art. 47 TUE. Nonostante l’assenza di un’azione interpretativa della Corte paragonabile a quella sulla base dell’art. 10 CE, si poteva

Causa C-204/86, Repubblica ellenica contro Consiglio, cit. para. 16. 449

Causa C-65/93, Parlamento europeo contro Consiglio (1995) ECR I-643. 450

Ibid., para. 23. 451

Ibid., para. 27. 452

“cooperano a tal fine” aggiunto dal trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997. 453

C. HILLION, cit. nota 16, pag. 31. 454

secondo questi autori prospettare l’esistenza di obblighi procedurali in capo alle istituzioni, ad esempio obblighi di informazione e consultazione . 455

Tuttavia, ciò che non era chiaro allora e continua a non essere chiaro oggi è il contenuto dell’obbligo di leale cooperazione ai sensi dell’art.13.2 TUE. È dubbio in particolare se gli obblighi di cooperare siano di risultato o di comportamento o in quali casi alle istituzioni siano imposti obblighi di risultato e in quali quelli di comportamento . La giurisprudenza della Corte non ha infatti mai fatto luce su 456 questo aspetto, limitandosi ad affermare che alla norma in questione sono estesi gli obblighi che disciplinano i rapporti tra gli Stati membri e le istituzioni. Questi obblighi, come si è avuto modo di vedere, sono però di diversa intensità, a seconda ad esempio che si tratti di competenza esclusiva, concorrente o competenza degli Stati membri. Oppure che si tratti della conclusione di accordi internazionali o della manifestazione della posizione dell’Unione nelle altre organizzazioni internazionali. L’operatività del principio di leale cooperazione verticale varia quindi a seconda della competenza e del contesto nel quale agisce.

Queste difficoltà rendono particolarmente complessa l’applicazione della giurisprudenza sull’art. 4.3 TUE e la ricostruzione del contenuto dell’art. 13.2 TUE. Tuttavia, appare comunque opportuno svolgere una analisi che abbia come punto di riferimento il principio nella sua accezione verticale. Infatti, non solo la Corte si è espressa nel senso che l’interpretazione del principio di leale cooperazione orizzontale si deve ricondurre, mutatis mutandis, al suo omonimo principio verticale, ma quest’ultimo rappresenta l’unico elemento che può guidare questo tipo di analisi.

Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona l’art. 3 TUE è stato sostituito nella sostanza da tre articoli: l’art. 7 TFUE , l’art. 13 e l’art. 21 TUE. L’art. 13 457 458 contiene, oltre alla codificazione del principio di leale cooperazione, il principio dell’equilibrio istituzionale secondo cui “ciascuna istituzione agisce nei limiti

Ibid. 455

In questo senso E. NEFRAMI, L’action extérieure de l’Union européenne, cit., “en l’absence de 456

jurisprudence, nous ne pouvons pas affirmer la nature, de résultat ou de comportement, d’une telle obligation. Dans la pratique, la cohérence matérielle dépendra des priorités établies par le Conseil et la Commission, mais aussi de la contribution du Parlement européen et des organes préparatoires, comme le COREPER ou le Comité politique et de sécurité”.

“L'Unione assicura la coerenza tra le sue varie politiche e azioni, tenendo conto dell'insieme dei 457

suoi obiettivi e conformandosi al principio di attribuzione delle competenze”.

“L'Unione assicura la coerenza tra i vari settori dell'azione esterna e tra questi e le altre politiche. 458

Il Consiglio e la Commissione, assistiti dall'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, garantiscono tale coerenza e cooperano a questo fine”, art. 21.3 TUE.

delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste”. In particolare, l’art. 21.3 TUE e l’art. 220.2

TFUE rappresentano delle applicazioni del principio di leale cooperazione 459 orizzontale nell’ambito delle relazioni esterne. Obblighi di cooperazione possono essere previsti anche da atti di diritti derivato, come ad esempio l’art. 3 della Decisione del Consiglio che fissa l’organizzazione e il funzionamento del SEAE, che sarà esaminato più avanti nella trattazione.

In generale, qualunque disposizione che preveda la cooperazione tra le istituzioni al fine di raggiungere un certo obiettivo previsto dai Trattati rappresenta un’applicazione dell’art. 13.2. Ci sono tuttavia dei casi in cui anche in mancanza di una norma espressa, l’applicazione del principio in oggetto è implicita e risulta dalla competenza attribuita dai Trattati e dagli obiettivi che una certa istituzione o organo deve raggiungere. In altre parole, il principio di leale cooperazione si applica anche quando, per svolgere i compiti e gli obiettivi assegnati dai Trattati, è implicitamente necessaria la cooperazione tra istituzioni. Questo aspetto “implicito” ha assunto un’importanza fondamentale a seguito della riforma istituzionale dell’azione esterna, soprattutto con la creazione dell’AR e del SEAE. Nonostante, infatti, il diritto primario e talvolta quello secondario non prevedano esplicitamente obblighi di cooperazione, questi possono essere ricavati dall’esistenza stessa degli organi ibridi. I compiti e gli obiettivi loro attribuiti dai Trattati presuppongono infatti degli obblighi di cooperazione con le altre istituzioni.