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A partire dagli anni novanta l’Italia ha concluso numerosi accordi bilaterali di riammis-sione che, ad oggi, costituiscono uno dei principali strumenti delle politiche di contrasto all’immigrazione irregolare. L’art. 11, comma 4, del Testo Unico sull’immigrazione preve-de che “il Ministero preve-degli Affari Esteri e il Ministero preve-dell’Interno promuovono le iniziative occorrenti, d’intesa con i Paesi interessati, al fine di accelerare l’espletamento degli accer-tamenti ed il rilascio dei documenti eventualmente necessari per migliorare l’efficacia dei provvedimenti previsti dal presente testo unico, e per la reciproca collaborazione a fini di contrasto dell’immigrazione clandestina”.

Gli accordi mirano ad ottenere la collaborazione delle autorit`a del Paese terzo nelle operazioni di rimpatrio dei migranti non autorizzati sottoposti a provvedimento di

espul-12 Art. 23, comma 1, T.U.

13 Ibidem, art. 23, comma 3.

sione o di respingimento alla frontiera, in particolare ai fini dell’ammissione sul territorio, previo eventuale concorso nell’identificazione dei soggetti qualora questi siano privi di do-cumenti di riconoscimento ufficiali che ne attestino identit`a e nazionalit`a certe. L’Italia ha intensificato notevolmente negli ultimi anni la conclusione di tali accordi con i principali Paesi di origine o di transito dei migranti15, quale parte integrante della propria politi-ca migratoria, tesa all’obiettivo di dare maggiore esecutivit`a possibile ai provvedimenti espulsivi intimati, mediante la collaborazione delle autorit`a dei Paesi contraenti.

La stipulazione di tali accordi avviene generalmente in forma semplificata con conse-guente sottrazione degli stessi alla procedura parlamentare di autorizzazione alla ratifica prevista dall’art. 80 della Costituzione. In dottrina, tuttavia, sono stati manifestati dub-bi circa la legittimit`a costituzionale degli accordi in esame, poich´e `e stato rilevato che si tratta di accordi di natura politica che, pertanto, necessitano delle leggi di autorizzazione alla ratifica16. Come incentivo alla conclusione di tali accordi, il Testo Unico prevede l’at-tribuzione, nell’ambito della politica di programmazione dei flussi, di quote preferenziali a favore dei Paesi terzi con i quali il Ministro degli affari esteri, di concerto con quelli dell’interno e del lavoro e della previdenza sociale, abbia concluso accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi d’ingresso e delle procedure di riammissione17.

Per ci`o che concerne il contenuto, gli accordi di riammissione di cui `e parte l’Italia, al pari di quelli stipulati da altri Paesi membri, prevedono l’obbligo di riammissione dei cittadini delle parti contraenti. Essendo la cittadinanza un presupposto della riammissio-ne, gli accordi e gli atti volti a facilitarne l’esecuzioriammissio-ne, come intese e protocolli adottati anche successivamente, indicano gli strumenti e i documenti per l’accertamento di questo presupposto nonch´e, spesso, i criteri che consentono di presumerne l’esistenza. Essi,

inol-15 Attualmente sono stati conclusi trentadue accordi di riammissione, dei quali sette devono ancora entrare in vigore. Inoltre, il Ministero degli Affari esteri ha avviato i negoziati con altri sedici Paesi. Il primo accordo di riammissione `e stato concluso dal governo italiano con la Polonia e risale al 1994. Gli accordi di riammissione di cui `e parte l’Italia sono elencati nel sito http://www.integrazionemigranti.gov. it/Normativa/documenti/Pagine/Accordi-Italia.aspx.

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Sull’argomento cfr. F. Pastore, L’obbligo di riammissione in diritto internazionale: sviluppi recenti, cit., p. 974; C. Favilli, Quali modalit`a di conclusione degli accordi internazionali in materia di immigrazione?, in Rivista di Diritto Internazionale, 2005, p. 156 ss.

tre, contemplano la collaborazione diplomatica o consolare in materia e un meccanismo di tutela dello Stato richiesto, operante nel caso di riammissione effettuata sulla base di presupposti errati o inesistenti.

Oggetto degli accordi bilaterali di riammissione sono generalmente i cittadini degli Stati contraenti che “non soddisfano o non soddisfano pi`u le condizioni di ingresso o di soggiorno applicabili nel territorio della parte contraente richiedente”. Pertanto, `e ragione-vole ritenere che la richiesta di riammissione presupponga l’esistenza di un provvedimento di allontanamento fondato sull’accertata violazione delle norme in materia di immigrazio-ne dello Stato richiedente, implicitamente richiamate dalla disciplina in esame18, anche se ci`o non `e obbligatorio. La riammissione di cittadini di Stati terzi in situazione irregolare pu`o riguardare le persone che abbiano soggiornato nel, o siano transitate dal, territorio della parte richiesta, nonch´e coloro che siano in possesso di un visto o di un titolo di soggiorno in corso di validit`a rilasciati dalla parte richiesta. Nel primo caso gli accordi disciplinano gli elementi comprovanti il soggiorno o il transito nel territorio della parte richiesta, o che consentano di presumere che ci`o sia accaduto.

Una caratteristica comune a tutti gli accordi di riammissione `e l’individuazione di alcune clausole ostative all’insorgere dell’obbligo o alla decadenza del medesimo: nel caso in cui lo Stato richiedente, prima di presentare la domanda di riammissione, ma dopo la partenza del cittadino straniero dal territorio della parte contraente richiesta, ha rilasciato alla persona in questione un visto o un titolo di soggiorno; nel caso in cui la persona di cui `e richiesta la riammissione ha soggiornato sul territorio della parte richiedente per un periodo superiore a un tempo massimo individuato; nel caso in cui lo Stato richiedente abbia riconosciuto lo status di rifugiato in applicazione della Convenzione di Ginevra del 195119 alla persona di cui `e richiesta la riammissione ed, infine, nel caso in cui le persone interessate siano cittadini di uno Stato confinante con il territorio di quello richiedente.

18

Sulle procedure di riammissione, ordinarie e accelerate, si veda K. Hailbronner, Readmission Agreements and the Obligation on States under Public International Law to Readmit their Own and Foreign Nationals, cit., p. 1 ss.; F. Pastore, L’obbligo di riammissione in diritto internazionale: sviluppi recenti, cit., p. 90 ss.

Al fine di facilitare l’esecuzione di un provvedimento di allontanamento o respingimen-to della parte richiedente, gli accordi bilaterali di riammissione generalmente prevedono l’istituto dell’“ammissione in transito”, in base al quale ciascuna parte contraente si impe-gna ad autorizzare il transito sul proprio territorio delle persone oggetto del provvedimen-to20. L’applicazione di tale istituto, le cui modalit`a di attuazione sono diverse a seconda dell’accordo considerato, pu`o insorgere a seguito della valutazione della parte richiedente sull’opportunit`a e la convenienza di procedere al rimpatrio dello straniero seguendo un determinato itinerario geografico. Ne consegue che la parte richiedente si assume ogni responsabilit`a in merito all’esito e ai costi dell’operazione. Attraverso l’ammissione in transito, lo Stato richiesto coopera di fatto all’esecuzione di una misura di allontanamen-to adottata dallo staallontanamen-to richiedente e pertanallontanamen-to i limiti che il diritallontanamen-to internazionale pone all’espulsione dello straniero, come il gi`a citato principio di non-refoulement21, dovrebbe-ro gravare anche sullo Stato di transito. Pdovrebbe-roprio con riferimento a tali limiti, gli accordi di riammissione prevedono la possibilit`a per lo Stato richiesto di rifiutare l’autorizzazione al transito ove sussista un rischio di persecuzione per lo straniero nel Paese di destinazione, nonch´e ove la persona rischi di essere imputata o condannata in base alla legislazione di quello stesso Stato per fatti anteriori al transito.

Gli accordi bilaterali fin qui analizzati disciplinano anche gli obblighi di riammissione tra Stati membri, fatta eccezione per alcune norme che regolano fattispecie particolari22. In primis, l’attribuzione da parte di uno Stato membro dello status di soggiornante di lungo periodo e il rilascio del titolo di soggiorno ai familiari dello stesso costituiscono un collegamento tra quello Stato e le persone indicate, che viene in rilievo per stabilire l’obbligo di riammissione nel caso in cui un secondo Stato membro rifiuti il rinnovo del titolo di soggiorno o lo revochi23. Inoltre, analogamente a quanto previsto negli accordi

20

Per un approfondimento sull’argomento si veda K. Hailbronner, Readmission Agreements and the Obligation on States under Public International Law to Readmit their Own and Foreign Nationals, cit., p. 30; F. Pastore, L’obbligo di riammissione in diritto internazionale: sviluppi recenti, cit., p. 1002 ss.

21 V. nota 92 del Capitolo 1.

22 L’Italia ha concluso accordi di riammissione con alcuni Stati membri dell’Ue, tra cui Austria (1998), Polonia (1994), Slovenia (1997), Spagna (2001), Francia (1999) e Grecia (2001).

bilaterali per l’ammissione in transito, `e previsto l’obbligo di riammissione dello Stato membro richiedente il transito in altri Stati membri di una persona espulsa, in particolare, nel caso di fallimento dell’espulsione24. Infine, assumono particolare rilievo le disposizioni che contemplano obblighi di riammissione per categorie di persone considerate meritevoli di protezione in senso lato. In questi casi alla riammissione `e tenuto lo Stato membro cui compete quella protezione, in base alla disciplina applicabile.