5.3 Programmi di ritorno volontario assistito
5.3.1 Cenni sull’attuazione in Italia
L’immigrazione in Italia `e un fenomeno relativamente recente, che ha raggiunto dimen-sioni significative nei primi anni settanta, per poi divenire un fenomeno caratterizzante la demografia italiana nei primi anni del XXI secolo. Nel 2010 l’Italia era il quinto Paese europeo per numero assoluto di stranieri residenti (4,2 milioni), dopo Germania (7,1 mi-lioni), Francia (6,7 mimi-lioni), Spagna (5,7 milioni) e Regno Unito (4,4 milioni). L’entit`a numerica dei cittadini di Paesi terzi irregolarmente presenti sul territorio non `e certa, ma stime attendibili parlano di circa 400 mila persone15, considerando anche coloro che fanno ingresso con un regolare visto che poi non viene rinnovato alla scadenza, ma anche di
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F. Marta, M. Montefalcone, G. Costantini, Migrazioni e ritorno, risorse per lo sviluppo, cit., p. 53 ss.
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700 mila, se ci si basa sulle ultime regolarizzazioni di lavoratori immigrati in posizione irregolare.
L’Italia `e altres`ı interessata dall’arrivo dei cosiddetti “flussi migratori misti”, carat-terizzati dalla presenza di push factor differenti: migranti che fanno ingresso in modo irregolare, solitamente via mare, e che sono in cerca di lavoro o in fuga da guerre, carestie o persecuzioni. Nel 2008 sono stati registrati circa 36 mila arrivi via mare, seguiti nel 2009 da un calo sensibile dovuto agli accordi stipulati con la Libia per poi riprendere nel 2011 con quasi 65 mila arrivi, in occasione della cosiddetta “primavera araba” e del conflitto civile in Libia.
Tuttavia, l’incremento della popolazione straniera in Italia non `e mai stato tanto flebile come negli ultimi anni. Questa flessione `e da ricollegarsi all’attuale crisi economica con riferimento agli ingressi per lavoro che si sono decisamente ridotti, mentre rimangono sostenuti quelli per ricongiungimento familiare, per richiesta asilo e per motivi umanitari. Si emigra sempre meno verso l’Italia e soprattutto si emigra sempre meno per motivi di lavoro. Rispetto ai flussi in uscita, durante il 2011 il numero degli stranieri cancellati dalle anagrafi `e aumentato solo lievemente rispetto al 2010 per rientri nei Paesi d’origine o per emigrazioni in uno Stato terzo, ma, al di l`a delle informazioni ufficiali, recenti statistiche indicano un crescendo delle intenzioni di tornare in patria e soprattutto di trasferirsi in un Paese terzo entro dodici mesi dall’arrivo in Italia. In base ai risultati di un’indagine condotta nel 2012, a fronte dei soli 33 mila stranieri residenti che hanno ufficialmente lasciato l’Italia durante il 2011, `e probabile che l’entit`a reale dei flussi in uscita possa aver superato le 400 mila unit`a, comprendendo non solo gli stranieri residenti cancellatisi dalle anagrafi nazionali, ma soprattutto i regolari non residenti e gli irregolari, pi`u colpiti dalla crisi economica, mai iscritti in anagrafe, la cui mobilit`a tra Paesi non `e rilevabile dai dati ufficiali16. Pertanto, si osserva come il fenomeno dei flussi in uscita indotti dall’attuale crisi sia tuttora vivo e potenzialmente in grado di accrescersi ulteriormente, specie con riferimento alla componente pi`u fragile, disoccupata o irregolare, e tanto pi`u
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Fondazione Ismu, Dodicesimo Rapporto dell’Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicit`a (ORIM), Milano, 2012.
se le condizioni del mercato del lavoro continueranno ad aggravarsi.
Sin dai primi anni 2000, l’opzione del ritorno volontario assistito (RVA) `e divenuta una componente importante nel contesto della gestione migratoria a livello europeo, come testimonia la Direttiva 2008/115/CE che, come abbiamo visto in precedenza17, incoraggia il maggior ricorso all’RVA, quando possibile e nei casi previsti. In Italia il ritorno volon-tario assistito, introdotto con la Legge Turco-Napolitano, era indirizzato inizialmente alle vittime di tratta. La legge Bossi-Fini del 2002 ha provveduto ad ampliare le categorie di persone beneficiarie includendo richiedenti asilo, rifugiati e titolari di permesso di soggior-no umanitario. Il recepimento della “direttiva rimpatri”, infine, ha permesso d’estendere ulteriormente la misura a tutti i migranti, anche vulnerabili e in posizione irregolare.
Le attivit`a di RVA in Italia hanno inizio su base sperimentale negli anni novanta e si rivolgono principalmente all’assistenza dei migranti temporaneamente accolti sul territorio o approdati sulle coste dell’Adriatico per effetto del crollo del regime di Hoxha, della crisi economica in Albania e dei conflitti in Bosnia Herzegovina e in Kosovo. Negli anni duemila l’OIM, unico service provider del governo italiano nel campo, inizia a realizzare programmi di RVA a favore di vittime della tratta di esseri umani, di persone vulnerabili, di migranti malati o in stato di indigenza. I primi progetti pilota di RVA prevedono anche un contributo al processo di reintegrazione nel Paese di origine, corrisposto in denaro all’arrivo che successivamente si consolida in un tutoraggio tecnico di sei mesi da parte delle missioni OIM e nell’erogazione del supporto sotto forma di beni e servizi.
Essendo la volontariet`a un elemento centrale delle azioni di RVA, nel corso degli anni sono state potenziate le attivit`a di informazione e orientamento: in questo senso un ruolo chiave `e svolto dalla rete RIRVA18sul territorio e dalle rappresentanze diplomatiche estere, prefetture, questure, associazioni di migranti ed altri enti.
Dal 1990 ad oggi sono oltre 8000 i migranti assistiti dall’OIM nell’ambito di programmi di ritorno volontario assistito. Nel 2008, anno di istituzione del Fondo Europeo Rimpatri19,
17 Si veda il par. 3.3.1 del Capitolo 3.
18 Par. 5.5.1 del presente capitolo.
i posti a disposizione erano esigui, mentre nel 2009 e 2010 solamente 160 persone hanno potuto usufruire di questa opzione. Dal 2011 invece il trend `e aumentato, complice anche la crisi economica, raggiungendo 507 partenze nel 2011 e 846 nel 2012. Come si vedr`a in seguito, rispetto alla tipologia di migranti, vi `e una netta prevalenza di coloro che possiedono un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o attesa occupazione rispetto ai beneficiari di protezione internazionale e ai cittadini irregolari.