• Non ci sono risultati.

Il “termalismo” è un elemento con varie sfaccettature, la medicina termale è una delle forme più antiche di cura, sfruttando il bene “acqua” che è l’elemento fondamentale. L’Italia, con i suoi innumerevoli stabilimenti termali, contati in circa 130, è uno dei paesi dove l’idroterapia ha sempre avuto notevole importanza fin dall’epoca dei Romani. Si ritrovano stabilimenti termali dal nord al sud del paese, ma dobbiamo dire che la Toscana è una delle regioni più ricche di acque termali. I principali campi di applicazione della medicina termale sono la dermatologia, la pneumologia, la medicina vascolare, la ginecologia e la riabilitazione fisica. Il nostro interesse è proprio per questo aspetto della medicina termale, il cosiddetto termalismo fisiatrico o crenocinesiterapia. Numerosi fattori fanno della stazione termale un ambiente particolarmente idoneo alla riabilitazione: il clima, le acque, l’ambiente rilassante, il tempo a disposizione da dedicare alla propria salute. La riabilitazione in acqua ha un preciso ruolo nel contesto delle strategie riabilitative per pazienti affetti da patologia croniche o in fase di recupero dopo infortuni o interventi d’elezione. L’acqua viene usata in vario modo: esercizio terapeutico in acqua, massaggio idrico, fanghi, irrigazioni, bagni in vasche attrezzate e con ausili specifici. La poltiglia ottenuta dal miscuglio tra fango e acqua ipertermale rappresenta un’indicazione elettiva per le patologie degenerative osteoarticolari. L’acqua viene quindi usata con l’integrazione di vari mezzi fisici per raggiungere prima e meglio gli obiettivi del percorso riabilitativo. Oggi la conoscenza e la razionalizzazione delle proprietà terapeutiche dell’acqua unite ai progressi della tecnologia fondano le basi dell’idrocinesiterapia come indispensabile branca della Medicina Fisica e Riabilitativa: la possibilità di lavorare in parziale assenza di gravità permette di affrontare gli esercizi riabilitativi con uno sforzo notevolmente ridotto, registrando ottimi risultati in breve tempo. Con la medicina termale si integra l’esigenza sempre più crescente di una cura della malattia come ricerca di salute e benessere e non fine a se stessa.

La medicina termale è sempre stata classicamente appannaggio dei paesi del centro-sud e dell’est europeo ed è sempre stata vista con scetticismo dal mondo anglosassone, che peraltro è relativamente priva di stabilimenti termali. A conferma di ciò vediamo una grande tradizione termale in Grecia, che tra l’altro ha portato alla creazione di una società ellenico-italiana di riabilitazione termale.

Casciana Terme, nell’ambito delle terme di Toscana, rappresenta una delle più antiche località. Ci sono diversi studi che dimostrano che le acque delle terme di Casciana fossero già conosciute in epoca romana, ma la costruzione del primo stabilimento termale fu ad opera di

Federico da Montefeltro, Signore di Pisa nel 1311. L’origine è avvolta in una romantica leggenda che risale ai tempi di Matilde di Canossa. La nobildonna aveva un vecchio merlo rattrappito e dolorante che si allontanava ogni giorno dalla sua dimora e vi ritornava sempre più vispo: si tuffava infatti sempre in uno stagno di acqua calda e la contessa capì che era quella la ragione del ringiovanimento dell’animale. Così anche la contessa prese a tuffarsi in quelle acque e lenì così i suoi acciacchi e la sua malattia articolare, la gotta. A parte la leggenda, Matilde dette impulso allo sviluppo delle terme e quindi allo sfruttamento dei poteri di quelle acque, costruendo infrastrutture e opere di abbellimento. E’ per la sua opera di promozione del luogo che l’acqua di Casciana venne denominata Mathelda.

Nel 1460 lo stabilimento venne restaurato per la prima volta dal Granduca di Toscana Leopoldo I e quindi nel 1596 vennero apportati ulteriori miglioramenti. Nel 1824 Ferdinando III di Lorena modificò l’architettura degli stabilimenti, quindi nel 1870 il progetto fu affidato al famoso architetto Poggi; da qui inizia il periodo di maggior successo delle terme. Casciana diventa una delle stazioni termali più rinomate d’Italia tanto da essere definita la “perla” termale d’Italia. La pregevole struttura neoclassica della facciata ha mantenuto ad oggi gli stessi caratteri originari; tutto ciò fino ai nostri giorni. È negli anni ’60 che vengono rinnovati gli stabilimenti termali, che si compongono di piscina esterna ed interna, delle strutture adiacenti per i fanghi e le inalazioni. Negli anni ’80 la crisi del termalismo nazionale colpiva inesorabilmente anche le nostre Terme. Gli amministratori di allora decisero di puntare sulla

diversificazione dell’offerta di Casciana e individuarono, oltre al settore del benessere, anche

il settore della riabilitazione quale principale obiettivo.

Il Centro di riabilitazione fu inaugurato nell’estate del 1991, dopo soli due anni di lavoro che portarono alla costruzione di un edificio di circa 13.000 metri cubi su un’area di 2.000 metri quadri.

Fin dall’inizio le autorità sanitarie della Regione e gli amministratori delle ASL vicine e direttamente interessate dimostrarono grande sensibilità cogliendo l’occasione per poter offrire ai propri pazienti un servizio all’avanguardia concordando con le Terme una convenzione per la riabilitazione neuro-motoria. Ad oggi il Centro di Riabilitazione si avvale di diverse palestre, una piscina coperta, diversi ambulatori medici e per le diverse terapie fisiche e 25 posti letto residenziali, centro termale accreditato con il SSN nella cura di diverse patologie.

Per idrocinesiterapia si intende il programma riabilitativo basato sull’utilizzo delle varie caratteristiche fisiche offerte dall’ambiente acquatico a sostegno del recupero motorio.

L’acqua di per se stessa ha diverse proprietà: la massa esprime l’inerzia al moto di un corpo e non si modifica con la gravità. Il peso è la forza che la gravità esercita su una qualsiasi massa, quindi dipende dall’accelerazione di gravità a cui è sottoposta. La densità è la massa dell’unità di volume di una sostanza, mentre il peso specifico (densità relativa) è il rapporto tra la massa di un dato volume di una sostanza e quella di un uguale volume di acqua. La densità dell’acqua cambia se è pura (1 g/cm3 a 4°), se è di mare (1,024 g/cm3), se termale (in media 1,059 g/cm3 con il corpo umano a minore densità, 0,95 g/cm3).

La tensione superficiale esprime la forza di attrazione delle molecole superficiali di un fluido: tale forza è parallela alla superficie e varia in proporzione al volume del corpo che si muove attraverso la superficie del fluido, quindi un corpo che si muove attraverso la superficie del fluido compirà un lavoro maggiore rispetto ad un corpo completamente immerso.

La viscosità è l’attrito che si crea tra le molecole di un fluido, determinando la resistenza al movimento del corpo immerso, che è proporzionale alla velocità di movimento del corpo e all’area di superficie del corpo in movimento; ciò spiega l’uso di attrezzature specifiche come pinne, tavole, palette per aumentare l’intensità dell’esercizio e il lavoro muscolare.

La rifrazione è la deviazione dei raggi luminosi subita al passaggio da un mezzo a densità maggiore (l’acqua) ad un mezzo a densità minore (l’aria) e viceversa. A causa di ciò la profondità dell’acqua della piscina appare minore e gli arti appaiono distorti e piegati lontano dalla linea perpendicolare al suolo, quindi si possono verificare maggiori difficoltà nel controllo dei movimenti per l’alterazione dell’informazione visiva.

In acqua l’esercizio terapeutico si fonda sull’effetto idrostatico, sull’effetto idrodinamico e sull’effetto idrotermico.

L’effetto idrostatico è dovuto a due leggi, il Principio di Archimede e la Legge di Pascal. Secondo il Principio di Archimede un corpo riceve una spinta verticale, dal basso verso l’alto, pari al peso del fluido spostato: ciò consente il galleggiamento. Questa proprietà fisica dà al paziente un senso di relativa assenza di peso e di scarico articolare che consente l’esecuzione di movimenti con maggiore facilità. Il peso del corpo in acqua varia rispetto al peso reale in funzione del livello di immersione: il 7% a livello del collo, il 20% alle ascelle, il 33% alla linea mammillare, il 50% all’ombelico, il 66% ai trocanteri, l’80% a metà coscia, il 95% al polpaccio; questi valori del resto dipendono dalla morfologia del soggetto: infatti un obeso galleggia sempre e meglio di uno magro con minor tessuto adiposo. Il tessuto adiposo dà un maggior contributo al galleggiamento, infatti questo ha un peso specifico di 0,900, molto minore di quello del tessuto osseo (1,560) e del muscolo (1,060). Dipendono anche dal riempimento di ossigeno dei polmoni, da eventuali patologie respiratorie in atto (enfisema,

edemi), dal tipo di acqua in cui il soggetto è immerso (una maggiore densità dell’acqua comporta un miglior galleggiamento, che è migliore nelle acque mineralizzate), dalla temperatura dell’acqua: infatti il galleggiamento aumenta diminuendola.

La Pressione idrostatica è quella propria dell’acqua esercitata sui corpi immersi. Secondo la Legge di Pascal la pressione esercitata da un fluido su un corpo immerso è uguale su tutte le superfici del corpo stesso. Aumentando la densità dell’acqua e il livello di immersione aumenta anche la pressione idrostatica. L’aumento della pressione idrostatica, riducendo il calibro dei vasi venosi superficiali, attiva il ritorno venoso, favorendo il drenaggio di edemi e versamenti. Quindi si ottiene un aumento della volemia, che inibisce il rilascio di ADH da parte della neuroipofisi, diminuendo così il riassorbimento idrico dei tubuli renali e aumentando l’escrezione idrica per contrastare l’aumento volemico. Abbiamo poi per effetto della pressione idrostatica un aumento della pressione intraddominale con risalita del diaframma e aumento del lavoro dei muscoli respiratori, rendendo così difficoltosa l’inspirazione e favorendo l’espirazione. Tutte queste caratteristiche illustrate finora contribuiscono al meccanismo di galleggiamento. L’attività motoria in immersione è molto diversa rispetto a quella a secco. Infatti abbiamo una riduzione delle afferenze propriocettive e una ridotta stimolazione dei barocettori e dei recettori sensibili alla trazione. Lo schema corporeo si esula dal peso, in quanto questo in acqua si riduce molto. Abbiamo perciò conseguenze dirette sulla posizione e sulla coordinazione motoria, quindi sull’equilibrio. In acqua abbiamo una maggiore stimolazione dei recettori cutanei di tutta la superficie corporea e con ciò una migliore percezione della posizione degli arti. Altro importante effetto della pressione idrostatica è lo stimolo dei barocettori intrarticolari con riduzione del dolore articolare.

Per quel che riguarda l’effetto idrodinamico abbiamo che il movimento in acqua è condizionato dalla resistenza del mezzo. Quest’ultima è direttamente proporzionale alla densità e viscosità del liquido, alla superficie del corpo in movimento, all’inclinazione del corpo in movimento e alla differenza tra la velocità dello spostamento del corpo e quella del liquido che lo circonda.

Tutto ciò si può tirar fuori dalla formula R= k S sen V2, dove R è la resistenza, K è una costante che dipende dalla natura del fluido, soprattutto dalla sua densità e viscosità, S è la superficie di attacco del corpo in movimento e V la differenza algebrica tra la velocità dello spostamento del corpo e quella del liquido che lo circonda. Perciò se si aumenta la superficie del corpo in movimento, con l’aiuto di specifici attrezzi, aumenta la resistenza opposta dal mezzo e proporzionalmente aumenta il lavoro dei muscoli. Dipendentemente dallo sforzo

desiderato, si offrirà una superficie maggiore o minore. Più il movimento è veloce maggiore sarà la resistenza al movimento. Movimenti rapidi e irregolari andranno a creare movimenti rotatori occasionali chiamati vortici, espressione del flusso turbolento. La resistenza dell’acqua agli spostamenti e i vortici suddetti amplificano le informazioni esterocettive e propriocettive, stimolando il soggetto immerso a controllare la posizione dei propri segmenti corporei e a compiere aggiustamenti corporei da cui consegue un controllo posturale continuo e un intenso lavoro muscolare.

Per quel riguarda l’effetto idrotermico, questo è determinato dalla temperatura dell’acqua. In generale bisognerebbe mantenere la temperatura dell’acqua al cosiddetto “gradiente di indifferenza” (26° aria e 31° in acqua) che è uguale alla temperatura ambientale alla quale l’organismo a riposo mantiene la sua temperatura centrale senza usare i meccanismi termoregolatori. La temperatura centrale in acqua si abbassa sotto i 26° e si innalza significativamente sopra i 35°. In genere l’acqua delle piscine riabilitative viene mantenuta tra i 34° e i 36°. A questa temperatura l’acqua ha infatti un effetto miorilassante e antalgico. L’azione miorilassante, diminuendo il tono muscolare, facilita la mobilizzazione; il calore agisce direttamente sui fusi neuromuscolari, resi meno sensibili allo stiramento, con riduzione delle fibre alfa e detenzione muscolare conseguente. Il calore poi, stimolando i termocettori cutanei, indirettamente riduce la contrattura muscolare. L’azione antalgica si ha per aumento della soglia del dolore, che consente di fare esercizi più aggressivi rispetto a quelli a secco. Il paziente deve essere comunque sempre monitorato dal punto di vista cardiovascolare, in quanto l’acqua calda provoca vasodilatazione periferica, modesto abbassamento della pressione arteriosa e modesto aumento del lavoro cardiaco. Inizialmente comunque le sedute non dovranno essere prolungate eccessivamente perché si avranno presto sensazioni di fatica. Abbiamo una serie di modificazioni biochimiche, enzimatiche ed ormonali durante l’immersione in acqua calda; abbiamo la produzione di due enzimi lisosomiali, la beta- glicuronidasi e la N-acetil-beta-glucosaminidasi, che agiscono come idrolasi sull’acido glicuronico, sull’acido ialuronico e sull’eparansolfato, componenti della sostanza fondamentale del connettivo. Attivandosi questi enzimi si ha un rimaneggiamento del connettivo con neoformazione vasale, nuova sintesi di glicosaminoglicani, cellularità. Tutto ciò giustifica l’applicazione dell’idrocinesiterapia in acqua calda per patologie dove c’è un alterato scambio tra microcircolo e tessuti come in quelle muscolo-scheletriche.

CRENOCHINESITERAPIA

Per crenocinesiterapia si intende un programma idrocinesiterapico in una vasca o piscina con acqua termale. L’uso di quest’acqua rispetto a quella pura ha diversi valori aggiunti dovuti alle caratteristiche specifiche dell’acqua termale. Le acque, in base al residuo fisso, vengono distinte in oligominerali (fino a 0,2 g/l), medio minerali (0,2-1 g/l), minerali (sopra 1 g/l). Quasi tutte le acque termali hanno un elevato residuo fisso, infatti aumentando la salinità aumenta la densità e quindi il galleggiamento, facilitando l’esecuzione dei movimenti. In base al contenuto di ioni si possono classificare in bicarbonate (se il tenore di bicarbonato è superiore a 0,6 g/l), solfate (se il tenore di solfati è superiore a 0,2 g/l), clorurate (se il tenore di cloro è superiore a 0,2 g/l), calcica (se il tenore di calcio è superiore a 0,15 g/l), magnesiaca (se il tenore di magnesio è superiore a 0,05 g/l), fluorurata (se il tenore di fluoro è superiore a 0,001 g/l), ferruginosa (se il tenore di ferro bivalente è superiore a 0,001 g/l), sodica (se il tenore di sodio è superiore a 0,2 g/l).1 In gran parte le acque usate a scopo terapeutico sono clorurate. L’acqua di Casciana Terme, detta acqua Mathelda, è un’acqua solfato-calcica- magnesica, carbonica, con 2949 mg/l di salinità, modeste note di radioattività e temperatura di 35,7° alla sorgente. La sua composizione determina un’alta densità del fluido con aumento conseguente della pressione idrostatica, il che porta ad un maggior lavoro articolare in scarico. In più questa tipologia di acqua ha anche un effetto drenante osmotico e quindi permette il trattamento degli edemi periferici.

In acqua termale lo stress termico attiva diverse reazioni neuroendocrine, si parla infatti di “reazione da stress”; il calore stimola la liberazione di ACTH, prolattina, di FSH e LH, quindi anche della beta-endorfina plasmatica, che ha effetto analgesico e miorilassante. Si ha quindi riduzione di PGE2 e di LT4 con riduzione del processo infiammatorio. Abbiamo poi riduzione delle citochine condrolesive come IL1 e TNF alfa e un aumento di fattori protettivi come IGF1 e alcune sostanze antiossidanti.

Da non sottovalutare poi gli effetti psicologici della riabilitazione in acqua. La possibilità di muoversi con maggiore scioltezza, la diminuzione del dolore e l’effetto di per sé “euforizzante” delle acque termali consentono un approccio migliore alla riabilitazione

La crenocinesiterapia deve comunque essere sempre complementare ad altre metodiche. Ci sono anche qui delle controindicazioni al tipo di terapia; si possono suddividere in tre categorie, Assolute, Relative e Temporanee.

Le controindicazioni assolute all’idrocinesiterapia sono lo scompenso cardiaco grave, la cardiopatia ischemica acuta o instabile, le aritmie ad elevato rischio e le altre gravi patologie cardiache, l’ipertensione arteriosa non controllata, le flebiti, le infezioni attive presenti in tutto il corpo, l’otite cronica mucosa purulenta con perforazione del timpano, l’incontinenza fecale. Ci sono poi delle controindicazioni alla terapia in acqua termale (crenocinesiterapia): gli stati febbrili, le neoplasie in atto, gli interventi recenti per malattie neoplastiche (entro il quinto anno), gli stati di immunodeficienza, l’insufficienza renale e una grave patologia d’organo (cirrosi ecc.).

Le controindicazioni relative sono l’epilessia, i gravi disturbi della deglutizione, l’incontinenza urinaria.

Le controindicazioni temporanee sono le lesioni cutanee e qualsiasi genere di malattia dermatologica, le congiuntiviti, le eruzioni cutanee non cicatrizzate, i timpani aperti e le malattie infettive dell’infanzia, nonché il “pudore e la paura” dell’acqua.

APPARECCHIATURA DI SOSPENSIONE LOMBARE

Documenti correlati