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La pianificazione di un progetto riabilitativo rivolto al paziente lombalgico deve tener conto dei contenuti espressi nelle linee guida europee per la lombalgia (Cost B13 Working group on Guidelines, 2006). Esse forniscono raccomandazioni per il trattamento della lombalgia in ambito preventivo, acuto, subacuto e cronico. In tutte le fasi della lombalgia l’approccio riabilitativo richiede un intevento multidisciplinare, in cui siano previste collaborazioni costruttive tra fisiatri, fisioterapisti, psicologi che abbiano intenti omogenei di intervento terapeutico.

Prevenzione della lombalgia

Per quanto riguarda la prevenzione della lombalgia bisogna dire che prevenire il primo episodio di lombalgia rappresenta un obiettivo difficilmente perseguibile, al contrario, tenendo conto della storia naturale della lombalgia, la prevenzione delle ricorrenze dolorose assume un ruolo di grande importanza.

Le decisioni in ambito preventivo devono essere prese in funzione del contesto: target primario è la popolazione generale, che include soggetti con età diverse, soggetti sintomatici e asintomatici, soggetti con lombalgia specifica e aspecifica, soggetti pensionati, in età lavorativa e in età scolastica.

A livello della popolazione generale, esercizi e attività fisica sono raccomandati nella prevenzione delle ricorrenze del dolore lombare, sebbene non vi siano ancora precise evidenze di quali tipi di attività fisica e di quali tecniche rieducative siano preferibili, incluse la frequenza e l’ intensità.

Educazione, informazioni e consigli a proposito della natura della lombalgia sono fortemente raccomandati, in particolare se basati su principi di natura biopsicosociale. Possono essere proposti interventi di “Back School” che comprendano principi educazionali, occupazionali ed esercizi.

La Back School venne introdotta nel 1969 con la finalità di ridurre il dolore e di prevenire le ricorrenze dello stesso. Il metodo originale consisteva nel dare informazioni circa anatomia, biomeccanica, corretta postura, ergonomia ed esercizi vertebrali. I pazienti venivano seguiti in piccoli gruppi per un totale di quattro sessioni di 45 minuti e per due settimane. Da allora il contenuto e la durata delle sessioni rieducative di Back School si sono evolute, infatti la vera essenza del metodo Back School è di rendersi modificabile in funzione del tempo e delle esigenze, essendo plasmabile in base alle conoscenze del rieducatore e individualizzabile sul

paziente. L’unico denominatore comune tra le diverse “scuole della schiena” deve comunque rimanere la capacità di educare.

L’utilizzo di corsetti lombari non è raccomandato così come non lo è l'utilizzo di specifiche sedie o materassi, sebbene sia indicato l'utilizzo di materassi di media consistenza nei soggetti con sintomi algici persistenti e ricorrenti.

In ambito occupazionale si raccomanda l’ esecuzione di esercizi e di attività fisica per prevenire la ricorrenza di episodi algici lombari. Sono, inoltre, raccomandati interventi multidimensionali che forniscano elementi di conoscenza della storia naturale della lombalgia e nozioni ergonomiche.

In età scolastica, nonostante siano molte le evidenze empiriche circa l'utilizzo degli zaini, di aule più funzionali e di indicazioni per una valida educazione fisica, la forza delle evidenze non permette ancora di predeterminare quali siano gli interventi preventivi migliori a livello educazionale, inclusi gli stili di vita raccomandabili, e a livello di attività fisica.

Terapia della lombalgia acuta

È fondamentale, nel trattamento della lombalgia acuta, che le informazioni date ai pazienti e le scelte terapeutiche siano in armonia e che gli operatori coinvolti siano in collaborazione tra loro, in ambito multidisciplinare.

Il trattamento della lombalgia acuta presenta i seguenti obiettivi:

- fornire adeguata informazione e una spiegazione completa e comprensibile della lombalgia, illustrandone caratteristiche e prognosi;

- fornire al paziente i principi educazionali ed occupazionali; - fornire sollievo dai sintomi;

- stimolare il soggetto a rimanere attivo ritornando il prima possibile alle normali attività quotidiane e alla propria occupazione.

Il riposo a letto prolungato deve essere evitato perché non favorisce recupero e porta con sé effetti collaterali quali rigidità articolare, debolezza muscolare, demineralizzazione ossea e tromboembolismi venosi, favorendo altresì cronicizzazione e disabilità.

Se le condizioni dolorose lo permettono, il consiglio di rimanere attivi diviene essenziale, così come è fortemente raccomandato rimanere a lavoro o tornarvi il prima possibile.

Per il sollievo sintomatologico è consentito l'utilizzo dei farmaci. Per i riscontri di efficacia e per i moderati effetti collaterali, vi è un consenso generale che il paracetamolo debba

considerarsi il farmaco di scelta per la lombalgia acuta. Se il dolore persiste è consigliato l'utilizzo di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Nei casi in cui la somministrazione del solo paracetamolo o del solo FANS non fornisca gli effetti desiderati è permessa la combinazione di FANS con oppiacei leggeri, la combinazione di paracetamolo con oppiacei leggeri e la combinazione di FANS con miorilassanti. L'uso dei miorilassanti deve comunque essere limitato nel tempo a causa degli effetti collaterali e del rischio di assuefazione. La terapia farmacologica va sospesa con una gradualità proporzionale alla risoluzione della sintomatologia.

L'attuale evidenza scientifica non considera l'uso degli esercizi tra le opzioni terapeutiche in fase acuta. Gli esercizi possono, invece, essere introdotti all'interno di un programma multidisciplinare a partire dalla fase subacuta.

Appena possibile, deve essere considerato un approccio attivo al dolore mentre i trattamenti passivi dovrebbero essere limitati poichè a rischio di favorire comportamento patologico e cronicizzazione.

Si raccomanda l'uso delle manipolazioni vertebrali da parte di professionisti sanitari esperti, in assenza di segni neurologici manifesti o chiaramente evolutivi. Il sollievo ottenuto nel breve termine migliora dolore e funzione. Il massaggio, utile nel ridurre il dolore causato dallo spasmo muscolare localizzato, può essere considerato propedeutico a manipolazioni vertebrali ed esercizio.

Terapia della lombalgia cronica

In considerazione della complessità terapeutica le scelte riabilitative devono essere compiute in ambiente strettamente specialistico e devono possedere un carattere multidisciplinare, comprendendo le seguenti competenze: fisiatra esperto di patologie vertebrali, psicologo esperto di gestione del dolore cronico, fisioterapista esperto di patologie vertebrali, terapista occupazionale, laureato in scienze motorie. L’efficacia terapeutica si basa necessariamente su una comunicazione multidisciplinare attiva e continuativa nel tempo, in cui l’integrazione culturale tra i componenti del team e l’unitarietà di messaggio appaiono indispensabili (Kovacs et al., 2004).

Gli aspetti terapeutici risiedono nel graduale recupero delle abilità fisiche e nel progressivo condizionamento dei fattori psicosociali che caratterizzano il lombalgico cronico.

In passato la riabilitazione della lombalgia si è maggiormente concentrata sul rinforzo muscolare e sul recupero articolare. Con il tempo, la conoscenza del quadro clinico del

paziente lombalgico ha determinato una profonda evoluzione dell’approccio a base di esercizi inserito nel più ampio contesto di recupero fisico delle capacità motorie.

Quindi la riabilitazione funzionale deve prevedere un allenamento delle capacità motorie ed ergonomiche attraverso esercizi finalizzati a:

- recupero delle forza e resistenza muscolare; - recupero della articolarità del rachide lombare; - recupero del corretto allineamento vertebrale; - recupero dell’elasticità muscolare;

- miglioramento dell’ equilibrio, coordinazione e propriocezione; - miglioramento delle capacità cardiorespiratorie .

In quanto il recupero di queste funzioni è alla base del:

- miglioramento della capacità stabilizzante la colonna lombare (attraverso il rinforzo dei muscoli addominali e spinali, soprattutto il multifido);

- miglioramento della capacità articolare lombare e lombo pelvica; - correzione dei disturbi posturali;

- miglioramento del controllo posturale neuromotorio (Van Tulder et al, 2000). - miglioramento della disabilità e la disfunzione psico-fisica;

- miglioramento le capacità occupazionali e il livello di partecipazione sociale, riducendo l'impatto del dolore.

Al fine di evidenziare la ricchezza terapeutica a disposizione per il raggiungimento di questi obiettivi, vengono brevemente illustrate alcune delle principali metodiche utilizzate, mettendo in risalto le specificità di ognuna e i concetti teorici che le sottendono La scelta della tecnica rieducativa dovrebbe sempre nascere da una attenta e multi specialistica valutazione del paziente e dalle sue risposte sebbene non vi è evidenza di quale tecnica rieducativa sia migliore.

La chinesiterapia tradizionale assume un ruolo fondamentale e si impone come obiettivo il miglioramento globale della funzionalità vertebrale, attraverso un ricondizionamento muscolare, correzioni posturali, tecniche di rilassamento e stretching.

Durante le sedute di chinesiterapia tradizionale il rieducatore imposta il piano di recupero fisico, attraverso esercizi per il recupero della forza e resistenza muscolare (distensione e contrazione dei muscoli addominali, delle natiche e del dorso). Essi tendono a rafforzare e a stabilizzare il rachide riducendo il carico sui dischi intervertebrali, proteggendo così la colonna e i suoi legamenti.

La rieducazione posturale globale di Souchard si basa sui seguenti principi:

- i muscoli antigravitari hanno un’attività continua che li predispone all’accorciamento e alla retrazione, favorendo la compressione articolare. Posizioni mantenute a lungo (lavoratori e sportivi) fanno contrarre i muscoli dominanti.

“Occorre allungare i muscoli della statica e i muscoli sospensori, accorciando nel contempo quelli della dinamica”.

- le strutture aponeurotiche che fasciano la muscolatura contribuiscono alla formazione di catene muscolari, necessarie alla coordinazione e al mantenimento dell’equilibrio con minor dispendio energetico. Ogni tentativo di allungare un gruppo muscolare irrigidito comporta l’accorciamento compensatorio in un altro gruppo della catena muscolare alla quale esso appartiene e rende vani gli stiramenti analitici: “essere globali significa correggere tutto contemporaneamente. Solo la simultaneità delle correzioni permette di far emergere la causa”. - “un muscolo troppo rigido è un muscolo debole”. La mancanza di forza non è dovuta alla reale debolezza muscolare, ma all’eccessiva tonicità o rigidità per cui solo delle posture attive in allungamento, progressivamente sempre più globali, permettono di restituire ai muscoli la loro forza, lunghezza, elasticità”.

La catena muscolare posteriore comprende i muscoli del polpaccio, gli ischiocrurali, i glutei e gli spinali. La catena muscolare anteriore sospende il torace, il centro frenico e i visceri. È formata dai muscoli scaleni, dallo sternocleidomastoideo, dal diaframma e si prolunga attraverso i muscoli ileopsoas , gli adduttori e i muscoli anteriori della gamba. La predominanza di una catena sull’altra determina degli squilibri posturali. Si tratta di un metodo propriocettivo che consiste nel ricercare, attraverso il mantenimento di alcune posture, la posizione che determina dolore e nel farla regredire mano a mano che le tensioni muscolari diminuiscono. La costante ricerca del rilasciamento e dell’allungamento mediante la contrazione isometrica muscolare nella sua posizione di massimo allungamento è una prerogativa della rieducazione posturale globale.

Il metodo Mezieres si basa sull’osservazione anche prolungata delle posture alterate assunte dal paziente e, dopo attenta analisi, attraverso l’uso dell’allungamento delle catene muscolari cura le problematiche posturali alla base del dolore. Secondo Mezieres alla base del dolore ci sono i compensi che si instaurano nel corpo e che determinano il blocco delle catene muscolari. Prima di avvertire dolore, il corpo stesso si difende assumendo una posizione antalgica che presto o tardi causerà dolore in altre regioni del corpo, determinando così alterazioni delle funzioni posturali e motorie.

Il metodo McKenzie si basa sulla classificazione dei disturbi del paziente in tre sindromi: - Sindrome da postura. Compare dopo aver trascorso un periodo di tempo in una posizione scorretta e scompare quando si cambia postura o si assume una posizione più corretta.

- Sindrome da disfunzione. Il dolore è dovuto allo stiramento di tessuti adattativamente accorciati, in relazione a posture scorrette prolungate o a lesioni guarite in assenza di movimento. Secondo l’autore il dolore si genera da un’alterazione delle funzioni motorie di due vertebre che posizionate in maniera innaturale, stirano eccessivamente i tessuti circostanti. - Sindrome da “derangement”. Secondo McKenzie il 95% delle algie lombari è determinato da questa disfunzione. Egli sostiene che la sintomatologia può essere causata da uno spostamento del materiale nucleare all’interno del disco, tale da determinare un aumento della pressione sulle fibre nocicettive presenti nel terzo più esterno dell’anulus.

Già negli anni ’70, McKenzie attraverso i libretti offre la possibilità di eseguire esercizi specifici secondo schemi di risposta al dolore. Questa risposta è conseguenza dei movimenti evocati ed è alla base di un immediato feedback da parte del paziente circa l’utilità o meno delle posizioni testate in tutte le direzioni del movimento. Una volta individuata la direzione di movimento che non evoca dolore anzi produce beneficio, il suo uso strategico è alla base di un programma di esercizi individualizzato, essendo cura del paziente evitare direzioni del movimento che provocano dolore, vanificando i progressi ottenuti (Udermann et al., 2004).

Il trattamento consiste nella correzione della postura nella sindrome da postura. Nella sindrome da disfunzione l’obiettivo è quello di allungare le specifiche strutture accorciate. Per una disfunzione in flessione si utilizzano esercizi in flessione, per una disfunzione in estensione si utilizzano esercizi in estensione.

Nella sindrome da derangement l’obiettivo è quello di ridurre lo spostamento di materiale nucleare all’interno del disco mediante movimenti che evidenziano una preferenza direzionale. A seconda dei casi, ci si avvale di esercizi in flessione, in estensione, di movimenti laterali o tridimensionali, sempre nella stessa direzione finchè la risposta sui sintomi è ritenuta soddisfacente.

Un’altra caratteristica peculiare del metodo è quella di prediligere l’autotrattamento.

La manipolazione è la mobilizzazione passiva di un capo articolare che tende ad essere

portato al di là del suo abituale gioco funzionale, fino al limite massimo possibile dell’articolarità dello stesso. Il rachide viene sottoposto a movimenti di rotazione, lateroflessione, flessione o estensione isolata o combinata, del segmento vertebrale prescelto per la manipolazione. Il suo inventore è il medico francese Maigne. La manipolazione è un gesto medico ed è importante definire indicazioni e controindicazioni attraverso un esame anamnestico ed obiettivo generale del paziente.

Le trazioni vertebrali determinano, attraverso l’applicazione di forze meccaniche sul rachide, l’allontanamento di una vertebra dall’altra, con una decompressione dei segmenti mobili intervertebrali e una distrazione delle strutture muscolari e legamentose perirachidee, con ampliamento dei forami di coniugazione.

L’obiettivo di questo trattamento è facilitare la lubrificazione articolare, la decoattazione articolare e rilassare la muscolatura, per avere un effetto sulla sintomatologia dolorosa.

La loro realizzazione può essere manuale o servirsi di mezzi meccanici di trazione che, in questi ultimi casi, richiedono la diretta sorveglianza del medico.

La trazione manuale viene effettuata dal fisioterapista e viene normalmente applicata per periodi di pochi secondi o mediante una veloce ed improvvisa spinta, ciò mette il terapista in grado di "sentire" la reazione del paziente.

Per la trazione lombare meccanica passiva possono essere utilizzati 2 sistemi:

• un lettino speciale diviso in due parti dotate di imbracature. La parte superiore, fissa, “ blocca “ il paziente tramite un corsetto; quella inferiore , mobile, è fissata al bacino. Lo spostamento delle due parti del lettino tramite un sistema manuale o elettrico assicura la trazione vertebrale lombare.

• Panca gravitazionale che permette al paziente di posizionarsi con la testa in basso e le gambe in alto in modo da concentrare il peso del corpo nella parte superiore ed allentare la pressione in quella inferiore.

Le trazioni lombari meccaniche spesso effettuate sul tavolo di elongazione, possono essere praticate in forma continua al letto del malato, in ambiente ospedaliero.

Quando l'infrastruttura lo permette, le trazioni in immersione associano all'elongazione gli effetti benefici del calore e dell'assenza di forza di gravità. Se necessario, si associa in decubito supino un effetto cifotizzante lombare normalmente positivo nelle iperlordosi dolorose.

Altra variante delle trazioni lombari è quella definita Autotrazione Lombare.

L'idea di questa sorta di "trazioni attive" venne alla dottoressa Gertrud Lind, che nel 1974 fece di questo nuovo metodo da lei inventato , l’oggetto di una tesi. Questo metodo per il trattamento delle lombalgie e delle lombo sciatalgie di origine radicolare si valeva di un apposito lettino di trattamento il cui piano era diviso in due parti, che potevano alzarsi e abbassarsi ciascuna di circa 15°; la parte craniale poteva anche ruotare su un asse longitudinale, di circa 10°.

I movimenti dei piani del letto, mosso manualmente, servivano per trovare una posizione totalmente antalgica del paziente ivi disteso, supino, prono o su un fianco. A questo punto il

paziente, fissato al letto mediante una cintura lombare, si tirava con le braccia e/o si spingeva con le gambe su due sbarre di apposita forma, situate alle due estremità del letto, mentre l’operatore muoveva i piani del letto, verso una “controposizione” opposta a quella iniziale, effettuando una mobilizzazione bidimensionale.

Le sedute, da 10 a 15, duravano circa 1 ora e i pazienti, trasportati a casa in ambulanza, dovevano stare a letto fino a 10 giorni e poi riprendere l’attività portando un corsetto.

E.Natchev nel 1984 costruì un tavolo mosso da un sistema elettro-idraulico e il cui piano poteva sollevarsi da 0 a 90° permettendo così anche un trattamento in trazione per gravità e un carico graduale, alla fine della seduta, mentre il paziente segnava il passo su una piattaforma. Le altre caratteristiche erano identiche, ma questo letto permetteva di evitare gli inconvenienti del primo. Il paziente non necessitava più di riposo, né di corsetto (salvo casi particolari) e il letto era molto maneggevole senza fatica per l’operatore.

L.Tesio nel 1996 ha costruito un nuovo letto mosso solo elettricamente, con le stesse caratteristiche ma senza la possibilità di sollevarsi e quindi di usare la trazione per gravità, e ha denominato questo metodo “Trazione lombare attiva” (TLA). Questo metodo utilizza l’esercizio di “tirarsi“ del paziente durante i movimenti del letto, ma soprattutto nella pausa tra un movimento e l’altro.

La forza di trazione deve essere adeguata alla regione trattata e modulata a seconda della reazione immediata del soggetto. Coadiuvante della trazione possono essere il massaggio, il calore in tutte le sue forme oppure può esserci anche la trazione in immersione .

La messa in trazione e il ritorno della trazione devono in tutti i casi essere realizzati in maniera progressiva, per evitare una reazione muscolare riflessa.

Le modalità di trattamento delle trazioni lombari meccaniche possono essere raggruppate in quattro grandi gruppi:

1. posizioni fisse in trazione per gravità che vengono modificate di seduta in seduta(gravity traction, GT);

2. posizioni in trazione per gravità in cui si eseguono movimenti con i piani del letto, mentre il paziente rimane passivo;

3. il paziente si tira con le braccia e/o si spinge con le gambe alle apposite sbarre. Nella pausa tra questi esercizi l’operatore muove i piani del letto verso una posizione opposta a quella di partenza (AT);

4. mentre il paziente si tira e /o spinge , l’operatore muove i piani del letto come descritto in precedenza.

La Trazione Lombare attiva è dunque un trattamento meccanico del dolore lombare che agisce mediante ritmiche e forti contrazioni dei muscoli paraspinali lombari, che aumentando la pressione all’interno dei dischi intervertebrali comportano una decongestione del plesso venoso epidurale di Batson e un micro-rimodellamento del profilo erniario.

È crescente il consenso a favore dell'utilità degli esercizi di ricondizionamento funzionale, uniti a nozioni cognitivo comportamentali.

L’approccio comportamentale si occupa non del dolore ma delle sue conseguenze a livello comportamentale (comportamento associato a malattia). Obiettivo primario è imparare a conoscere i comportamenti legati al dolore, evitandoli progressivamente, promuovendo il comportamento associato a salute, che comprenda l’esecuzione regolare di esercizi e il ritorno al lavoro.

Il condizionamento reattivo psicofisiologico ha come obiettivo interrompere il circolo vizioso di dolore-tensione-dolore, attraverso tecniche che prevedono lo spostamento dell’attenzione dal dolore (camminare, parlare, fare esercizi,..); tecniche di rilassamento (al paziente viene chiesto di creare uno stato di tensione in tutto il corpo che aumentando il dolore può ridurlo attraverso il rilassamento progressivo di ogni singola struttura dell’apparato locomotore); tecniche di imagery (il paziente si concentra su un’immagine che non è il dolore); il biofeedback attraverso informazioni visive ed uditive consente di modificare situazioni, soprattutto posturali, che causano dolore.

Nelle prime fasi della rieducazione del paziente lombalgico si raccomandano trattamenti rieducativi individuali, estendendo la possibilità di eseguire gli esercizi in gruppo e a domicilio durante le successive fasi terapeutiche.

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