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L’adeguamento delle norme antisismiche tra studi scientifici e principio di precauzione.

Amministrazione tra violazione del principio di precauzione e mancata attuazione degli obbligh

5. I doveri di protezione della Pubblica Amministrazione e le funzioni della Protezione Civile.

5.3. L’adeguamento delle norme antisismiche tra studi scientifici e principio di precauzione.

La legislazione antisismica attualmente in vigore costituisce il risultato di valutazioni discrezionali del legislatore operate all’esito di un ragionevole bilanciamento tra le imprescindibili esigenze di garantire la sicurezza delle persone e quelle, altrettanto rilevanti, di assicurare il rispetto di diritti

246 Crosetti, La normativa antisismica quale strumento preventivo

dell'incolumità pubblica, in Rivista giuridica dell'edilizia, 2011, 261.

247 Il Ministro delle Infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'Interno e

con il Capo Dipartimento della Protezione Civile emana il 14 gennaio 2008 il Decreto Ministeriale che approva le nuove norme tecniche per le costruzioni, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2008 - Suppl. Ordinario n. 30. L’applicazione di tali norme diventa obbligatoria dal 1 luglio 2009, come previsto dalla legge n.77 del 24 giugno 2009.

160 costituzionalmente riconosciuti, quali la tutela del patrimonio

artistico e dell’ambiente248. Occorre poi considerare che le

misure di sicurezza adottate in campo antisismico - così come accade in altri settori esaminati – costituiscono un compromesso attuato secondo i canoni della ragionevolezza e della proporzionalità tra il raggiungimento di un livello di protezione delle persone adeguato ed un sostenimento di costi ragionevole. Una volta individuato un livello di protezione quale può essere quello attualmente delineato dalla legislazione antisismica si potrebbe ritenere che i limiti individuati dalle norme tecniche costituiscano il parametro in funzione del quale valutare la responsabilità civile dei soggetti privati e della Pubblica Amministrazione per i danni cagionati dalla rovina degli edifici a seguito di eventi sismici. In questa prospettiva, quindi, si potrebbe affermare che nel caso in cui la legislazione sulla sicurezza antisismica degli edifici sia rispettata non possa configurarsi una responsabilità in capo al costruttore o alla Pubblica Amministrazione249.

248 Con particolare riferimento all’attuazione del bilanciamento tra valori

costituzionali si veda Morrone, Il custode della ragionevolezza, cit., 298, il quale sottolinea la “primarietà” dei diritti inviolabili tra cui figura senz’altro anche il diritto alla conservazione dell’ambiente. A tal proposito si vedano anche Simoncini e Longo, sub art. 32 Cost., in Commentario alla

Costituzione, cit., 661.

249 La responsabilità della Pubblica Amministrazione dovrebbe espandersi

in funzione delle regole preventive che costituiscono i presupposti e i limiti degli obblighi risarcitori. In questo senso si esprime Mantelero, Il ruolo dello

Stato nelle dinamiche della responsabilità civile da danni di massa. Tre variazioni sul tema: uranio impoverito, emoderivati e Vajont, cit., 161,

formulando riflessioni che, seppure riferite al caso del Vajont, in cui emerge la relazione tra illecito omissivo della Pubblica Amministrazione e responsabilità civile di quest’ultima, possono ritenersi valide in termini generali.

161 Diversamente la responsabilità civile dei soggetti appena indicati

potrebbe configurarsi nel caso in cui risultino violazioni della disciplina che governa la sicurezza antisismica degli edifici. Per quanto concerne la Pubblica Amministrazione i profili di responsabilità potrebbero appuntarsi sulla violazione della disciplina antisismica nei casi in cui sia la stessa Pubblica Amministrazione a rivestire la qualità di costruttore e appaltatore o proprietario degli edifici in questione. In tal caso in capo ad essa graverebbero una molteplicità di doveri e, segnatamente, quello di rispettare la disciplina antisismica nella fase dell’individuazione dei terreni su cui costruire250, in quella della

costruzione dell’immobile, in quella successiva nella quale il proprietario è chiamato ad eseguire una corretta manutenzione o eventuali lavori di adeguamento rispetto ad obblighi sopravvenuti, nonché a rispettare la particolare disciplina prevista per la gestione delle emergenze negli immobili adibiti alla frequentazione da parte del pubblico251.

In altre situazioni la responsabilità civile della Pubblica Amministrazione viene in considerazione sotto un differente profilo. Quando si tratta di edifici appartenenti a soggetti privati, infatti, la Pubblica Amministrazione può risultare responsabile

250 Barone, Pianificazione territoriale e principio di precauzione, cit., 27. 251 Le considerazioni appena svolte possono trovare applicazione con

riferimento a fattispecie di danni provocati da edifici pubblici adibiti a plessi scolastici, come, ad esempio, occorso nella recente vicenda del crollo del Liceo Darwin. In proposito si veda Cass. pen. 22 marzo 2016, n. 12223, in

Danno e Responsabilità, 2016, 976, con nota di Arnone, Il crollo del liceo Darwin approda in Cassazione, che, pur concentrandosi sui profili

penalistici, fornisce importanti indicazioni riguardo alla responsabilità civile della Pubblica Amministrazione derivante da colpevole omissione delle misure di sicurezza necessarie al fine di fornire un’adeguata protezione agli occupanti dell’edificio.

162 per i danni subiti da privati nella misura in cui essi dipendano dal

mancato rispetto della legislazione antisismica di cui la Pubblica Amministrazione stessa non abbia controllato l’ottemperanza omettendo un’attività di sorveglianza doverosa o svolgendola secondo un livello di diligenza non adeguato.

Le questioni sin qui prospettate erano accomunate dalla valutazione della condotta della Pubblica Amministrazione, colpevole del mancato rispetto delle regole della normativa antisismica o, quantomeno, dell’omesso o non diligente controllo del loro rispetto da parte dei privati.

Altro genere di questioni si pone qualora venga in considerazione il problema di adottare misure di prevenzione dei rischi non specificamente previste dalla legge, ma che possano apparire ragionevoli sulla base di considerazioni fondate su scoperte scientifiche sopravvenute alla predisposizione degli standard di sicurezza legislativi o anche sulla base dell’osservazione comparatistica che consenta di riscontrare l’adozione di misure di sicurezza dotate di un maggior grado di efficienza ed affidabilità adottate in altri sistemi giuridici. In altre parole, occorre domandarsi se la responsabilità civile della Pubblica Amministrazione possa configurarsi anche per la mancata adozione di misure di sicurezza ulteriori rispetto a quelle esplicitamente imposte dalla legge. Sotto questo profilo occorre considerare ancora una volta la rilevanza assunta nel nostro ordinamento dal principio di precauzione252. Detto

principio - come già ricordato in altre sedi - impone alla Pubblica Amministrazione di adottare misure di protezione delle persone anche a fronte di rischi solo potenziali e non pienamente dimostrati, nonché di avvalersi compatibilmente con il canone

252 Barone, Pianificazione territoriale e principio di precauzione, in Trattato

163 della proporzionalità e della ragionevolezza di tutte le soluzioni

tecniche maggiormente funzionali alla tutela della vita e della salute umana. In concreto, quindi, potrebbe configurarsi una violazione del principio di precauzione nell’ipotesi in cui la classificazione del rischio sismico nelle diverse zone del territorio - già effettuata secondo metodi previsti dalla legge e validati dalla scienza ufficiale - possa essere svolta sulla base di metodi innovativi rivelatisi maggiormente sofisticati ed efficienti, ma non ancora contemplati come obbligatori dal legislatore. Ancora una violazione ipotetica del principio di precauzione potrebbe ravvisarsi qualora il legislatore e la Pubblica Amministrazione continuino a richiedere il rispetto di standard antisismici previsti dalla legge nonostante il sopravvenire di nuove modalità costruttive che risultino maggiormente protettive della sicurezza delle persone ed economicamente convenienti. Modalità che, per ipotesi, potrebbero risultare imposte dal legislatore e largamente impiegate in altri ordinamenti, ma non ancora contemplate dalla legislazione nazionale. Le questioni brevemente tratteggiate sembrano poter essere risolte facendo ricorso al principio di precauzione come criterio ermeneutico funzionale alla valutazione dell’attività della Pubblica Amministrazione. In quest’ottica, pertanto, potrebbero essere riproposte tutte le considerazioni già formulate nei contesti nei quali il principio di precauzione ha trovato applicazione al fine di delimitare la responsabilità civile della Pubblica Amministrazione.

Le considerazioni appena svolte, del resto, trovano un puntuale riscontro nella giurisprudenza amministrativa che, con riferimento alle materie regolate dal Piano per l'Assetto

164 Idrogeologico (PAI)253, ha, in più occasioni, esplicitamente

richiamato il principio di precauzione al fine di giustificare le scelte delle amministrazioni locali che, anche in presenza di classificazioni del territorio in aree di rischio non elevato ad opera del richiamato Piano per l'Assetto Idrogeologico (PAI), hanno negato l’edificabilità dei terreni motivando i provvedimenti restrittivi dell’iniziativa economica privata sulla base di studi riferiti in concreto alla specifica peculiarità dei territori e sottolineando la necessità di attribuire assoluta prevalenza alla tutela della salute e dell’ambiente anche a fronte di rischi solo potenziali254.

253 Il Piano per l'Assetto Idrogeologico (o PAI) è uno strumento

fondamentale della politica di assetto territoriale delineata dalla legge 183/89, viene avviata in ogni regione la pianificazione di bacino, esso ne costituisce il primo stralcio tematico e funzionale. Il Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico, di seguito denominato Piano Stralcio o Piano o P.A.I., redatto ai sensi dell'art. 17, comma 6 ter, della L. n. 183/89, dell'art. 1, comma 1, del D.L. 180/98, convertito con modificazioni dalla L. n. 267/98, e dell'art. 1 bis del D.L. 279/2000, convertito con modificazioni dalla L. 365/2000, ha valore di Piano Territoriale di Settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni, gli interventi e le norme d'uso riguardanti la difesa dal rischio idrogeologico del territorio.

254 T.A.R. Catanzaro, 17 novembre 2016, n. 2217, in Redazione Giuffrè

amministrativo, 2016, ove si legge che “In tema di edificabilità,

l'inserimento da parte del PAI di porzioni del territorio in aree di rischio non elevato e, segnatamente, in aree di rischio medio non esclude che i comuni, sulla base degli studi in concreto condotti, possano prevedere una disciplina urbanistica che impedisca l'edificazione. I comuni non sono tenuti a una ricezione meccanicistica delle indicazioni di piano, dovendole adattare alle concrete condizioni territoriali; il principio di precauzione impone di dare assoluta prevalenza, nel bilanciamento degli interessi coinvolti, alla protezione della salute e dell'ambiente, anche nelle ipotesi in cui il pericolo di rischio idraulico sia solo potenziale”. In senso analogo Cons. Stato 24

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6. Responsabilità della Pubblica Amministrazione per la