Amministrazione tra violazione del principio di precauzione e mancata attuazione degli obbligh
4. Le calamità naturali, il sistema di regole preventive e la responsabilità civile della Pubblica Amministrazione.
Complessi problemi relativi alla responsabilità civile della Pubblica Amministrazione possono emergere nelle ipotesi in cui si verifichino eventi catastrofali determinati da cause naturali o dal concorso dell’uomo230. In queste fattispecie infatti non di
rado la Pubblica Amministrazione è chiamata ad assumere un pregnante ruolo di controllo su tutte le misure necessarie a prevenire eventi dannosi e quindi ad assicurare un adeguato livello di protezione alle persone231. Profili di responsabilità
civile derivanti dall’omesso svolgimento di tale attività o dall’adozione di misure non idonee sono emersi in molteplici ipotesi. Un recente studio monografico232 ha ricostruito i
lineamenti della responsabilità civile della Pubblica Amministrazione assumendo come termini di riferimento alcuni eventi catastrofali accaduti in epoche differenziate, quali il crollo
229 Cons. Stato 31 agosto 2016, n. 3767, in Rivista Giuridica dell'Edilizia,
2016, 825.
230 Sul risarcimento del danno da catastrofe si veda Riva, Il danno da
catastrofe, in Il danno esistenziale, a cura di Cendon e Ziviz, Milano, 2000,
687 ss.
231 In proposito Napolitano, Le Funzioni, in Istituzioni di diritto
amministrativo, a cura di Cassese, cit., 49, osserva che uno dei compiti
principali dei pubblici poteri consiste ormai da tempo nella pianificazione razionale e nella conservazione del territorio, nonché nella tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
232 Mantelero, Il ruolo dello Stato nelle dinamiche della responsabilità civile
da danni di massa. Tre variazioni sul tema: uranio impoverito, emoderivati e Vajont, cit., 147.
148 della diga del Vajont ed il caso Seveso233. In quest’ottica sono
stati ricostruiti principi elaborati dalla giurisprudenza che possono trovare applicazione anche in fattispecie più recenti, quali, ad esempio, quelle nelle quali il problema della responsabilità civile della Pubblica Amministrazione si è posto a seguito di eventi sismici che hanno evidenziato l’inidoneità del sistema di prevenzione e di allerta volto a prevenire effetti di un futuro sisma, nonché l’inadeguatezza delle strutture architettoniche e, infine, della manutenzione e della conservazione dell’integrità del territorio. A tale riguardo l’attenzione si soffermerà sulle vicende occorse nel terremoto de L’Aquila e nella frana di Sarno.
I profili di responsabilità civile configurabili in capo alla Pubblica Amministrazione a seguito della violazione di regole preventive funzionali a limitare gli effetti dannosi di calamità naturali sono, in linea di principio, riconducibili alle norme generali sulla responsabilità civile (art. 2043 c.c. e art. 2050 c.c.). L’analisi di fattispecie collocate in periodi temporali tra loro molto lontani evidenzia come il problema del risarcimento dei danni alla persona è stato affrontato nel corso del tempo secondo
233 Al Mureden, La responsabilità per esercizio di attività pericolose a
quarant’anni dal caso Seveso, cit., 647; Blasi, Il caso Seveso: ampliamento della risarcibilità del danno non patrimoniale e riflessi sulla nozione di bene-ambiente, in Rivista quadrimestrale di Diritto dell'Ambiente, 2010, 20;
Pomini, Danno "morale" e danno "esistenziale" da illecito ambientale: il
caso Seveso dopo la pronuncia a Sezioni unite n. 26972, in Rivista giuridica dell'ambiente, 2009, 1005; Cacace, L'estate di san Martino a Seveso, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2009, 890; Ead., Seveso, atto ennesimo: sì al danno morale "presunto" seppur in assenza di lesioni alla salute, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2006, 920; Feola, Il risarcimento del danno morale nel caso "Seveso", in Responsabilità civile e previdenza, 2004, 808.
149 modalità differenziate. Questa prospettiva costituisce un
emblematico punto di osservazione dell’evoluzione giurisprudenziale in materia di responsabilità civile della Pubblica Amministrazione. In prima approssimazione è possibile osservare che nei casi del Vajont e di Seveso il problema del risarcimento del danno non patrimoniale doveva essere risolto in un contesto nel quale era ancora prevalente l’orientamento secondo cui le possibilità di risarcimento erano limitate alle ipotesi previste dalla legge e, in definitiva, a quelle nella quale l’illecito generatore del danno potesse essere ricondotto ad una fattispecie di reato234. In altri termini, quindi,
il risarcimento dei danni non patrimoniali era condizionato all’accertamento di una condotta qualificabile come reato posta
234 Un’accurata e lucida lettura del diritto vivente in materia di danno
biologico si rinviene in Franzoni, Il danno risarcibile, cit., 391 ss., il quale, dopo aver ripercorso l’evoluzione degli orientamenti giurisprudenziali che hanno caratterizzato l’ultimo trentennio, ricostruisce i lineamenti attuali del danno alla salute come “categoria di razionalizzazione fra le diverse voci di danno” (in part. Franzoni, Il danno risarcibile, cit., 441 ss.) e propone una lettura che, muovendo dal danno alla salute, conduca ad una “nuova idea di danno non patrimoniale” (Franzoni, Il danno risarcibile, cit., 489 ss.). Nell’ambito di tale ricostruzione si segnalano inoltre questioni controverse inerenti il cosiddetto “«vecchio» danno morale”. Interessanti considerazioni sul contesto creatosi tra la fine degli anni Settanta e gli anni Novanta sono formulate da Castronovo, Danno biologico. Un itinerario di diritto
giurisprudenziale, Milano, 1998 e nella successiva opera dello stesso A. (Id., La nuova responsabilità civile, cit., 53 ss.). Sul punto, sempre con
riferimento al quadro precedente la decisione delle Sezioni Unite del 2008, si vedano anche Bona e Monateri, Il nuovo danno non patrimoniale, Milano, 2004; Bona, Il danno alla persona: ambito, riferimenti normativi e
documenti europei, in Il danno alla persona, a cura di Monateri, Torino,
2000, 3 ss.; Id., Il danno biologico, ivi, 33 ss.; Peccenini, La liquidazione del
150 in essere dal danneggiante. Ponendo a confronto queste
fattispecie con quella del terremoto de L’Aquila si riscontra un epocale mutamento d’indirizzo da parte della giurisprudenza di legittimità, in ragione del quale il risarcimento del danno non patrimoniale non dipende più solamente dalla qualificazione in termini di reato del fatto illecito dannoso, ma può fondarsi anche sul solo presupposto della violazione del diritto costituzionalmente rilevante235. Le tipologie di danno non
patrimoniale risarcibile si sono arricchite anche di una categoria di danno individuata da pronunce che, pur occupandosi del caso Seveso, si collocano in un momento temporale successivo agli anni 2000 e, sulla scorta di una crescente attenzione alla protezione della salute umana, affacciano per la prima volta la possibilità anche il cosiddetto danno da paura di ammalarsi236.
Questa tipologia di danno, connessa ad un comportamento del danneggiante riconducibile ad un reato, potrebbe conseguire nello scenario giuridico odierno una completa autonomia distaccandosi dall’ipotesi in cui il fatto che le ha dato origine sia qualificabile come un reato e configurandosi, quindi, anche
235 Cass., sez. un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975, con
nota di Franzoni, Il danno non patrimoniale del diritto vivente, cit., 4 ss.; Ponzanelli, Il danno non patrimoniale dopo le sezioni unite tra
giurisprudenza, interventi legislativi e nuove tabelle, cit., 4; Simone, La riscrittura del danno non patrimoniale: il declino del danno esistenziale, e l’ascesa del danno morale, cit., 9; Bonaccorsi, «A volte ritornano»: il danno morale tra diritto vivente e diritto vigente, cit., 17.
236 Per un’attenta analisi delle decisioni in materia di risarcimento del danno
alla salute dei primi anni ‘90 Castronovo, Danno biologico. Un itinerario di
diritto giurisprudenziale, cit., 103 ss. e 191 ss. Un’esaustiva illustrazione
degli orientamenti in materia di danno alla persona successivi alla decisione delle Sezioni Unite si rinviene in Monateri, Gianti e Siliquini Cinelli, Danno
151 come conseguenza di comportamenti rilevanti solo come illeciti
civili. Una simile lettura interpretativa, infatti, potrebbe giustificarsi sulla base di un’intervenuta modificazione dell’ordinamento giuridico interno che ha ormai recepito il principio di precauzione. Da ciò deriva un ampliamento di prospettiva nella ricostruzione dei lineamenti del diritto alla salute che non si limita alla sua protezione da pregiudizi attuali, ma si spinge sino a tutelare la salute rispetto a rischi potenziali e, soprattutto, a quelli lungolatenti, ossia capaci di manifestarsi a molto tempo di distanza dall’accadimento del fatto lesivo della salute o, addirittura, di costituire un pregiudizio per le generazioni future, così da ledere la salute di un soggetto che, pur non potendosi considerare direttamente esposto al fatto generatore del danno, subisca le conseguenze dannose dell’esposizione al rischio maturata dai propri ascendenti237.