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Il modello di analisi di Model, Furstenberg e Hershberg costituisce una possibile via di risposta ad uno dei quesiti che ha da sempre concentrato l'attenzione degli studiosi di questa fase della vita, per divenire oggi un vero e proprio leit motiv del dibattito non solo scientifico: quello della definizione di limiti anagrafici o di indicatori per collocare precisamente il momento del transito all'età adulta. La complessità di questo interrogativo è stata esplicitata da diversi autori, che hanno descritto

l'adolescenza come un periodo ambiguo, segnato da una paradossale condizione di maturità fisica e immaturità sociale. Seguendo Ugo Fabietti (1992), l'adolescenza risulta collocata in una ambigua collocazione fra un “non più”, quello dell'infanzia caratterizzata da dipendenza, incapacità, e limitazioni, e un “non ancora”, quella piena autonomia e responsabilità dell'età adulta. Tale indicazione può fornire, seguendo la riflessione di Cavalli, un primo inquadramento e, al contempo, un elemento di stimolo per l'interrogazione circa i limiti dell'adolescenza e della gioventù e i possibili indicatori del passaggio allo status adulto:

In una prospettiva sociologica si può risolvere il problema terminologico rinviandolo alla definizione di un termine ad quem, considerando cioè come giovani tutti coloro che, se da un lato hanno superato la soglia dell'infanzia, dall'altro non hanno ancora raggiunto appieno lo status di persona adulta. Sono coloro, in altri termini, che sono impegnati nel compito di diventare adulti. Questa definizione non è del tutto soddisfacente perché dice poco sulle caratteristiche della gioventù e insiste solo sulle caratteristiche che ai giovani mancano per essere adulti. (1994: 2)

Adolescenza e gioventù: nuovi limiti ed estensione di una categoria

Usando le coordinate essenziali dell'impianto di ricerca proposto da Model, Furstenberg e Hershberg, un consistente numero di studi sulla situazione giovanile nella società occidentale contemporanea ha affrontato la questione chiave dei limiti anagrafici dell'adolescenza e della gioventù.

In particolare, la letteratura scientifica dagli anni Settanta ad oggi si è concentrata sul fenomeno del progressivo e rilevante allungamento, vera e propria “moratoria” secondo Cavalli (1985), di questa fase della vita. Si tratta di un fenomeno estremamente rilevante che ha catturato l'attenzione di molti studiosi sia nel nostro paese che nel resto del mondo (fra gli altri Flaks 1971 e Keniston 1972), per le conseguenze complessive su tutta la società. Carlo Buzzi, membro dell'equipe di ricerca dello

Istituto di Ricerche Politiche e Socioeconomiche (IARD) che realizza dagli anni Ottanta studi sulla condizione giovanile nel nostro paese, afferma in tal senso che:

Da molto tempo nelle società occidentali si è consolidata una duplice tendenza che da un lato ha avuto l'effetto di restringere il periodo dell'infanzia e dall'altro ha determinato il prolungamento progressivo dei tempi necessari per transitare verso l'età adulta. […] Le indagini IARD hanno analizzato in modo sistematico e diacronico – dalla prima rilevazione del 1983 all'ultima del 2000 – il superamento delle cinque soglie d'ingresso nella vita adulta da parte della popolazione giovanile italiana. É da queste osservazione che nel corso del tempo l'indagine ha dovuto adattare il campione alle mutate condizioni indotte dalla crescente difficoltà dei giovani ad assumere ruoli definitivamente autonomi dalla famiglia d'origine. (2002: 21)

Poco più avanti lo stesso autore non manca di segnalare come tale trasformazione abbia anche ridefinito lo spettro d'analisi degli studi sulla condizione giovanile:

Negli anni Ottanta le prime due rilevazioni IARD si erano basate su campioni rappresentativi di giovani in età compresa tra i 15 e i 24 anni; negli anni Novanta il limite superiore era stato portato a 29 anni di età; nell'ultima edizione del 2000, per poter osservare in quote statisticamente significative del campione il superamento delle ultime tappe di transizione – ovvero l'uscita definitiva dalle mura domestiche, la creazione di una nuova famiglia, la nascita del primo figlio – si è dovuto estenderlo ai trentaquattrenni. (2002: 21)

Quest'ampliamento del raggio di osservazione appare ancora più significativo se paragonato all'intervallo d'età preso in analisi da primi studi che negli studi hanno anticipato il lavoro svolto dai ricercatori dello IARD (Ardigò, 1966, Scarpati, 1973, Altan, 1976; si veda anche Cristofori 2002). Come afferma in una prospettiva storiografica più ampia De Luigi:

Se all'inizio del XX secolo, ad esempio, le prime indagini sui giovani di taglio socio-economico prendevano in esame la popolazione compresa tra i 14 e i 25 anni, negli ultimi venticinque anni [...] si è assistito ad un innalzamento significativo del confine superiore sino all'età di 29 anni. (2007: 51)

La conseguenza diretta di questo allargamento del raggio di osservazione consiste nella proliferazione di categorie costruite per dare conto delle conseguenze del più lento raggiungimento dell'età adulta.

Questo snodo della storia degli studi risulta particolarmente significativo perché il dibattito sociologico sulle caratteristiche distintive e la necessità di differenziare i concetti di adolescenza e giovinezza trova qui uno dei suoi punti essenziali di avvio.

Mantenendo lo sguardo sulla letteratura socio-antropologica, possiamo riprendere quanto affermato dal sociologo francese Olivier Galland, il quale, affrontando alcuni temi analizzati anche da Keniston (1972), afferma che:

Oggi si può senza dubbio avanzare l'ipotesi che la giovinezza si stia differenziando radicalmente dall'adolescenza, mentre nella prima metà del secolo le due categorie erano quasi totalmente coincidenti: quando si parlava di giovani si parlava, di fatto, di adolescenti. (1996: 2)

Più avanti, riferendosi ai dati provenienti da una ricerca di tipo statistico collezionati in Francia nel periodo fra il 1954 e il 1981, egli sostiene che:

Un periodo di considerevole durata si interpone oggi tra i due momenti chiave dell'ingresso nella vita adulta, la fine degli studi da una parte e la formazione della coppia dall'altra. Queste due soglie non solo non sono più simultanee, e nemmeno vicine, ma sono separate da una fase della vita che si estende per diversi anni, per cui sembra possibile affermare che siamo di fronte alla costituzione di una nuova fase del ciclo di vita. (1996: 15)

La distinzione fra adolescenza e gioventù costituisce la cornice entro cui Galland colloca ed analizzare una serie di fenomeni di forte rilevanza sociale nella società francese degli anni '70 e '80, fenomeni rilevanti perché considerati caratterizzanti di una “nuova” condizione giovanile, come l'ampia diffusione della condizione di “single”, o le sperimentazioni nell'ambito delle carriere lavorative.

Una posizione simile circa la distinguibilità di adolescenza e gioventù viene espressa da Alessandro Cavalli, secondo il quale:

hanno messo in luce un fenomeno ormai inequivocabile: tra la fine dell'adolescenza e l'ingresso nella vita adulta si è generalizzata una nuova fase del ciclo di vita, variamente chiamata post-adolescenza o gioventù. (1997: 15)24

La distinzione fra il periodo dell'adolescenza e quello dell'adolescenza costituisce un elemento oggi appurato nella ricerca socio-antropologica. Pasqualin, dopo aver delineato i principali contributi a questo dibattito provenienti sia dall'ambito psicologico che da quello sociologico, afferma che:

Possiamo quindi sintetizzare che, sia da una lettura psicologica, sia sociologica, l'adolescenza appare come un periodo della vita differente dall'infanzia e dalla giovinezza, un periodo del tutto peculiare. Coloro che escono dall'adolescenza non entrano, come in passato, immediatamente nei ruoli adulti, ma vivono una fase di transizione, più o meno prolungata, che chiamiamo giovinezza. (2005: 42)

Al di la del rischio già segnalato da Model, Furstenberg e Hershberg di riproporre letture semplificate ma falsificanti del passato, l'ampia analisi della letteratura sul tema che l'autrice sviluppa permette di affermare che il periodo dell'adolescenza viene oggi considerato sostanzialmente come il periodo della formazione scolare che va indicativamente a coprire il periodo dai 12 ai 18 anni. Questa fase, per quanto propedeutica, viene pensata come distinta e distante rispetto a quello dell'acquisizione dello status adulto. La giovinezza viene invece descritta come l'effettiva fase di avvicinamento allo status adulto, ma proprio questo passaggio costituisce nelle società contemporanee una questione problematica.

Dall'estensione dei limiti alla mutazione qualitativa: la gioventù contemporanea

A partire da questa distinzione fra adolescenza e gioventù, nella letteratura scientifica si è sviluppato un ulteriore dibattito che, affrontando il fenomeno dell'allungamento della fase giovanile nella società contemporanea, fenomeno segnalato dai ricercatori dello IARD già dai primi anni

24 E' utile segnalare che pochi anni più avanti lo stesso autore in un saggio introduttivo sul tema aveva ipotizzato una modalità di distinzione fra le due fasi basata su altri criteri: “Adottando quest'ultima prospettiva, quella che vede adolescenza e gioventù come fasi distinte, la distinzione risulta abbastanza facile se si sottolinea l'importanza delle trasformazioni biosomatiche che accompagnano l'adolescenza. Possiamo infatti dire che questa ha inizio con le prime trasformazioni fisiche dell'organismo dopo l'infanzia (in proposito si parla anche di pubertà) e ha fine quando il corpo ha assunto una fisionomia relativamente stabile (ad esempio la crescita di statura di è conclusa, gli organi sessuali sono in gradi di svolgere le loro funzioni riproduttive, ecc...) . In questo caso giovani sarebbero coloro che sono fisicamente adulti (cioè sostanzialmente capaci di riprodursi) ma socialmente immaturi” (1994: 2). La stessa posizione di può individuare anche nell'opera di Coleman secondo il quale: “[...] l'adolescenza in questa sede viene definita come quella fase del ciclo della vita che inizia con la pubertà e termina quando l'individuo raggiunge la maturità fisica” (1980: 12); in tal senso egli continua la sua analisi fissando fra i 12 e i 18 anni i confini anagrafici di questa fase

Ottanta, ha riguardato la definizione l'individuazione dei tratti distintivi e la produzione di nuove categorie per delineare l'assetto delle fasi della vita nella società contemporanea.

Il sociologo francese Galland, riferendosi a studi empirici condotti negli anni '70, afferma che: Nell'organizzazione del calendario dell'età della vita, la fase di indeterminatezza propria della giovinezza tende dunque ad ad allargarsi a strati che prima la conoscevano poco, e a spostarsi dal periodo scolare a quello di inizio della vita professionale. (in Saraceno 2001: 275)

A partire dall'estensione, in termini temporali, della fase della giovinezza, il sociologo francese propone quindi di scomporre ulteriormente il passaggio dall'adolescenza, alla gioventù, fino all'adultità in cinque tappe: l'adolescenza liceale, la giovinezza da studente, la fase di precariato ancora residente con i genitori, la fase di neoresidenzialità, e la costruzione di una coppia residenziale. La sua analisi prosegue distinguendo i diversi calendari di passaggio fra ragazzi e ragazze e fra borghesi ed operai (1996: 15 e seg.)25.

In relazione a ciò, anche nel dibattito italiano sono state importare e formulate nuove categorie per identificare questa fase della vita, i cui limiti anagrafici si modificano a seconda delle prospettive e degli ambiti di ricerca26 . Inoltre, nel nostro paese in particolare, l'attenzione si è concentrata anche

sui fenomeni in qualche modo causati direttamente e indirettamente da queste trasformazioni: già nel 1992, i ricercatori dello IARD segnalavano come il prolungamento della fase di transizione e il ritardo nell'abbandono della casa dei genitori si riflettessero anche nella struttura familiare, creando quella che è stata chiamata la “famiglia allungata”.

Questa tendenza alla proliferazione e alla specificazione di categorie non riguarda soltanto il nostro paese, ma investono tutti i paesi occidentali con differenza, anche rilevanti, in relazione ai diversi assetti nazionali; in un recente lavoro sulle transizioni all'adultità negli Stati Uniti Johnson, Crosnoe e Elder (2011) si soffermano su fenomeni come l'estensione dell'adolescenza o l'emersione di nuove forme, fino alla cancellazione, dell'adultità, discutendone gli effetti sulla società intera.

25 Galland opera due distinzioni: in primo luogo distingue una modalità borghese di passaggio verso l'età adulta, “dilettantistico” perchè caratterizzato dal rinvio e dalla reversibilità dei mutamenti, da una modalità popolare, definita come “modello di installazione” perchè centrato sulla neo-residenzialità, sul matrimonio e sull'inserimento lavorativo (1996: 5); in secondo luogo, a commento di una serie di lavori di ricerca realizzati in diversi contesti europei, distingue fra un “modello mediterraneo di prolungamento dell'adolescenza, in cui si allungano i tempi della scolarità, della precarietà lavorativa e della coabitazione con i genitori, da un “modello nordico”, in cui la neoresidenzialità rimane comunque precoce, a dispetto di un allungamento dei tempi del matrimonio e della procreazione. Michel Bozon (1990), ripreso dallo stesso Galland, segnala invece il ruolo che svolge l'identità sessuale nel attribuire un valore maggiore o minore a ciascuna delle cinque soglie individuate.

26 Si può prendere ad esempio il recente lavoro curato da Vincenzo Cesareo (2005) nel quale la categoria di “adulti giovani”, viene utilizzata per indicare individui la cui età anagrafica è compresa fra i 25 e i 39 anni di età; cfr. anche Donati e Scabini, 1988 e Rossi, 1998.

Ciò che ci preme sottolineare è che la complicazione del quadro definitorio non deriva soltanto dall'estensione in termini anagrafici della gioventù, ma anche dalla complicazione dei percorsi personali di accesso all'età, e allo status, adulto; una mutazione qualitativa, quindi, che riguarda le modalità sociali in cui si realizza la transizione all'età adulta.

Un primo fenomeno di interesse è quello che De Luigi, riprendendo l'analisi di Galland, definisce sinteticamente con l'espressione “desincronizzazione delle transizioni” (2007: 55), ovvero l'assenza di coordinazione temporale fra quella serie di passaggi che dovrebbero compiersi durante questa fase della vita. Secondo il sociologo la gioventù nella società contemporanea:

[…] è una fase contrassegnata da una molteplicità di “situazioni intermedie” non immediatamente riconducibili né al periodo adolescenziale, ne a quello adulto; una fase caratterizzata, in particolare, da una crescente indeterminatezza sociale, per lo più visibile laddove emergono figure composite, ossia individui che assumono nello stesso tempo ruoli che invece erano peculiari di periodi distinti del corso della vita (2007: 56)27

Lo stesso fenomeno è stato segnalato ed analizzato anche nei succitati rapporti IARD sulla condizione giovanile in Italia. Carlo Buozzi, nel saggio di apertura della quinta indagine IARD, afferma che:

In realtà è la combinazione dei tempi di raggiungimento delle diverse soglie che viene profondamente alterata. [...] Tutto ciò comporta che da una parte il vecchio schema della crescita lineare ordinato per fasi tradizionali venga messo in discussione, dall'altro che l'ulteriore rallentamento dei processi crei sia a livello familiare, sia a livello professionale una serie di situazioni intermedie, socialmente ambigue e di frontiera, a metà strada tra i ruoli adolescenziali e quelli adulti, che possono prolungarsi per parecchi anni. […] è dunque necessario osservare in una logica complessiva i fenomeni di passaggio. A tal fine è stata costruita una nuova tipologia che individua i sette diversi tipi di condizione rispetto alla transizione. (2002: 28-29)

La costruzione di una ulteriore tipologia prospettata da Buzzi rappresenta il tentativo di rispondere non soltanto all'inedita estensione temporale della giovinezza, ma anche alla modificazione qualitativa prodotta dalla sovrapposizione di fenomeni e caratteristiche precedentemente

27 Prost (1981) aveva invece ipotizzato che le diverse soglie di passaggio verso l'età adulta fossero generalmente attraversate in un periodo omogeneo, senza cioè significative distanze cronologiche fra il compimento del percorso formativo, l'accesso sul mercato del lavoro, ecc...

organizzate in maniera lineare ed organica28.

In questa direzione l'analisi sociologica non si rivolge più verso l'individuazione dei fattori strutturali che avrebbero avuto il duplice effetto di posticipare l’attraversamento delle altre fasi della transizione e di allungare il periodo di dipendenza economica dalla famiglia d’origine29, ma delinea

le nuove caratteristiche che assumono nella società contemporanea i percorsi di raggiungimento dello status adulto (Buzzi 2002, Furlong e Cartmel, 1997).

Il fenomeno della desincronizzazione delle transizioni va in tal senso collegato all'idea che nella società contemporanea il passaggio all'adultità non avvenga più secondo un percorso lineare, fatto di tappe ben conosciute dagli individui e socialmente riconosciute, la cui scansione è in sostanza prevedibile. In assenza di un percorso chiaro e di una metà ben riconoscibile, la transizione verso l'adultità assume quindi, secondo Cavalli, un tratto che la distingue dalle esperienze del passato: “Quello che caratterizza la gioventù moderna rispetto alle società tradizionali del passato è che oggi essere giovani vuol dire, per i più, vivere in una dimensione di incertezza e di instabilità” (1997: 15).

La condizione di incertezza e di instabilità che l'individuo sperimenta nella società contemporanea costituisce ormai un topos non solo della letteratura scientifica, ma anche della vulgata sociologica; tuttavia tale fenomeno assume una fisionomia particolare nel momento in cui diviene caratterizzante della fase di transizione. L'incertezza e l'instabilità si proiettano anche sulle trasformazioni che dovrebbero preparare e sancire l'ingresso nell'età adulta, non solo nel senso di slegare e rendere indipendente una dalle altre, ma mutandone il valore e la qualità sociale. Donati e Colizzi (1997) affrontano il tema delle transizioni reversibili, ovvero di quella tendenza riscontrata sia nelle pratiche sociali che negli orientamenti dichiarati, a ridefinire i cambiamenti di status non più come permanenti, ma in termini di tentativi e di scelte provvisorie. I mutamenti che dovrebbero avviare il passaggio di status, si pensi ad esempio all'ingresso nel mondo del lavoro e alla carriera universitaria, assumono oggi una forma precaria, per cui il passaggio di una certa soglia non preclude il rischio di un ritorno all'indietro, ne tanto meno, la possibilità di praticare al contempo

28 La tipologia proposta da Buzzi prevede sette diversi tipi, ciascuno dei quali collocato in una diversa posizione rispetto alla transizione: gli studenti che vivono con i genitori; i giovani già usciti dalla scuola che non lavorano stabilmente e vivono con i genitori;i giovani lavoratori che continuano a vivere con i genitori; i giovani che pur essendosi sposati oppure avendo messo al mondo dei figli continuano a convivere con i genitori; i giovani single; i giovani che pur non lavorando sono usciti di casa rendendosi autonomi e formando una nuova famiglia con o senza figli; i giovani lavoratori del tutto indipendenti che si sono formati una nuova famiglia con o senza figli. (Buzzi 2002:29-31)

29 Fra i numerosi lavori disponibili, segnaliamo quelli di Banks (1992), Dal Lago e Molinari (2001) e Schizzerotto (2002) in cui vengono passate in rassegna, da diversi punti di vista, ma con attenzione sul tema dell'adolescenza e della gioventù, le trasformazioni che contraddistinguono la società post-fordista, da quelle che investono il mercato del lavoro, in particolare per quel che riguarda l'accesso, a quelle del settore formativo, sia in termini di valore assegnato ai titoli di studio che all'esperienza scolastica, fino alle trasformazioni del mercato immobiliare e dell'assetto familiare.

vie fino ad oggi pensate come alternative.

Ciò si riflette anche sul rapporto con il futuro, o, più precisamente con l' “idea di futuro” che alcune ricerche hanno indagato, dando luogo a quello che Buzzi (2002) definisce l'atteggiamento “presentista” dei giovani nella società contemporanea: se, infatti, la meta naturale dei processi di trasformazione di questa fase della vita si allontana progressivamente e il percorso per raggiungerla si fa sempre meno chiaro, si comprende bene che:

Pur non sminuendo la rilevanza delle cose che potranno accadere, la maggioranza dei giovani italiani esprime una chiara ed evidente tensione verso la dimensione presentistica dell'esistenza e una certa difficoltà a prefigurare i propri percorsi per il futuro. […] In una società caratterizzata da ritmi di trasformazione rapidissimi, l'idea di prefigurare il proprio futuro, e con essa la capacità di costruire dei propri processi di crescita, diventa enormemente più complicata ed incerta. (ibidem: 34-36)

Questa indeterminatezza nei percorsi di transito verso l'età adulta mette in luce due fattori che solo superficialmente risultano contraddittori, ma che appaiono invece complementari nel definire l'assetto della società contemporanea: da un lato la condizione di indeterminatezza può alludere ad una rinnovata libertà dei singoli individui, ora liberi di costruire singolarmente i propri percorsi, anche sperimentando prove ed errori o stabilendo un rapporto estremamente laico nei confronti di istituzioni tradizionalmente forti, come ad esempio nel rapporto con il matrimonio. In accordo con Kohli (1985) e con la prospettiva del corso della vita, la contemporaneità appare in tal senso come la fase storica in cui il singolo individuo sembra disporre individualmente dell'intero arco di vita. Ma, dall'altro lato, come lo stesso Kohli non manca di sottolineare, tale idea di libertà individuale si esercita entro un quadro di determinazioni istituzionali, sociali ed economiche che costituiscono comunque i limiti delle possibilità di scelta individuale. Riflettendo proprio su questa